Cementificazione di Milano
Inquinamento, caccia e incendi dolosi sono mali minori. Senza
interventi nei prossimi vent’anni si perderanno 75 ettari al giorno
MILANO - L’inquinamento, la caccia, gli incendi
dolosi sono i mali minori contro i quali la natura in Italia si trova a dover
fare i conti. Il peggiore? È il consumo di suolo: la copertura di terreni
vergini o agricoli con asfalto e cemento per costruire case, industrie, strade
o grandi arterie autostradali. In Emilia Romagna tra il 1954 e il 2008 sono
spariti 9 ettari di suolo al giorno. In Sardegna l’incremento di terreno
urbanizzato è cresciuto del 1.154% rispetto agli anni Cinquanta. E le città
continuano a ampliarsi nonostante migliaia di residenti scelgano ogni anno di
andare a vivere altrove: per ogni abitante «perso» la città cresce invece di
800 metri quadrati. Se il processo non verrà governato, nei prossimi vent’anni
si perderanno 75 ettari al giorno.
L'ITALIA CHE SCOMPARE – A lanciare l’allarme su
questo fenomeno sono i risultati del dossier Terra rubata–Viaggio
nell’Italia che scompare: un progetto di ricerca svolto dall’Università
degli studi dell’Aquila e promosso dal Fondo ambiente italiano (Fai) e dal Wwf
e presentato martedì mattina, a Milano. «Il territorio è sottoposto a una
minaccia spaventosa di cui pochi si rendono conto», ha detto il presidente
onorario del Wwf Fulco Pratesi, mentre Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente
onorario del Fai, ha sottolineato la necessità di «affrontare il domani e non
solo l’emergenza, perché poi si paga se nell’emergenza si è agito nella maniera
sbagliata. Mi auguro che il governo Monti, che pure ha dovuto affrontare
emergenze che risalgono all’epoca dei nostri padri fondatori, consideri anche
il domani che seguirà alle sue scelte».
CEMENTIFICAZIONE - Una «dissennata cementificazione»
ha già fatto diminuire il turismo in Italia: «Tutto il territorio italiano è
un'opera d'arte creata dall'uomo con l’agricoltura, che, se fatta bene, è
un’opera d’arte», ha detto Crespi, ricordando un’ulteriore minaccia che
riguarda proprio gli imprenditori agricoli: l’Imu sui terreni, che secondo una
stima di Confagricoltura costringerebbe circa 600 mila aziende a cessare le
attività, oppure a utilizzare i campi per installare pale eoliche, impianti a
biomasse, pannelli fotovoltaici. La ricerca, prima nel suo genere, ha
riguardato undici regioni che coprono il 44 per cento della superficie
italiana: Umbria, Molise, Puglia, Abruzzo, Sardegna, Valle d’Aosta, Lazio,
Liguria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia. Intorno al secondo dopoguerra,
queste regioni avevano tassi molto contenuti di densità di urbanizzazione:
dall’1 al 4 per cento. Oggi alcune arrivano al 10%. «In Italia non si può
tracciare un cerchio del diametro di 10 km senza intercettare un nucleo
urbano», ha detto Costanza Pratesi, responsabile ufficio Ambiente e paesaggio
del Fai. Si tratta di una crescita a macchia di leopardo e senza
pianificazione, che non è più legata a un contesto storico particolare, come lo
era nel dopoguerra, ma che procede costantemente senza essere guidata: alcune
leggi vigenti risalgono al 1942.
MANCANZA DI PIANIFICAZIONE - Il risultato? «Mentre
negli insediamenti storici c'è vicinanza tra abitazioni e servizi urbani, in
quelli urbani moderni la lontananza genera necessità di infrastrutture e
ulteriore consumo di territorio», spiega la Pratesi. Un esempio, a questo
proposito, è la Legge Obiettivo del 2001, che in dieci anni ha fatto salire il
numero delle opere previste da 115 a 390 (nel 45 per cento dei casi si tratta
di strade), anche se, a oggi, solo l’1 per cento delle infrastrutture previste
è stato ultimato. Alla mancanza di una pianificazione si aggiunge la deriva
illegale della cementificazione, con l’abusivismo, lo smaltimento dei rifiuti
nelle cave e i condoni. «In occasione delle tre normative del 1985, 1994 e 2003
sono stati richiesti 4 milioni 5oo mila condoni», spiega Gaetano Benedetto,
direttore politiche ambientali del Wwf. «Sappiamo però che molte di queste
pratiche, soprattutto al Sud, sono ancora giacenti. Due terzi si concentrano in
cinque regioni: Campania, Calabria, Lazio, Puglia e Sicilia».
ROAD MAP ANTICEMENTO - Il settore edilizio è,
tuttavia, molto importante per l’occupazione: ci lavorano tra gli 8 e i 10
milioni di persone, che rappresentano tra il 14 e il 17% della popolazione.
Come far convivere le necessità di questo settore con la salvaguardia
dell’ambiente? Fai e Wwf propongono una road map. Il primo passo sarebbe
una «moratoria delle nuove edificazioni su scala comunale e il censimento degli
effetti dell’abusivismo edilizio su sala comunale. Inoltre, dare priorità al
riuso dei suoli anche utilizzando la leva fiscale per penalizzare l’uso di
nuove risorse territoriali e permettere il cambio di destinazione d’uso di un
terreno se coerente con le scelte in materia di ambiente, paesaggio, trasporti
e viabilità». Indispensabile, poi, «rafforzare la tutela delle nostre coste,
estendendo da 300 a mille metri dalla linea di battigia il margine di
salvaguardia e difendere i fiumi non solo attraverso il rispetto delle fasce
fluviali, ma con interventi di abbattimento e delocalizzazione degli immobili
situati nelle aree a rischio idrogeologico». Questo dovrebbe evitare il
ripetersi di esondazioni dagli esiti tragici come quella che ha colpito qualche
mese fa le Cinqueterre.
Fonte: srs di Giovanna Maria Fagnani, da
Il Corriere della Sera.it, del 31 gennaio 2012
Nessun commento:
Posta un commento