di CRISTIAN MERLO*
Forse non tutti sanno che il mai troppo compianto Prof. Miglio, ormai 20 anni fa, diede
alla stampe uno straordinario pamphlet, dal titolo più che eloquente: “Disobbedienza
Civile”.
In questo scritto, Miglio andò alla riscoperta di una figura
tanto affascinante, quanto negletta, nell’ambito dell’asfittico contesto
italiota: quell’Henry David Thoreau,
che, in nome del diritto alla resistenza individuale e della disobbedienza
civile, affermò, nei fatti peraltro, che è del tutto ammissibile non rispettare
le leggi quando esse vanno contro la coscienza e i diritti dell’uomo. Thoreau è
un classico del pensiero libertario, che influenzò, in seguito, anche
personaggi del calibro di Gandhi e Martin L. King. Miglio se ne servì
quale formidabile prisma, per formulare delle radicali e profondissime
riflessioni sullo stato di prostrazione, morale prima ancora che economica, in
cui versava questo simulacro di Paese all’indomani del ciclone di Tangentopoli.
Quando, per dirla tutta, si stava ancora bene…
Ma quel che ancora, forse, in meno sanno è che qualche anno
più tardi, nel 2001 per la precisione, venne edito un bellissimo e storico
numero di una rivista, “Quaderni
Padani” (num. 37 e 38), dedicato allo straordinario spessore
intellettuale del Professore lariano, venuto a mancare qualche mese prima.
Il titolo era emblematico: “Gianfranco Miglio: un uomo libero”. Si trattava di una
bellissima raccolta di saggi, di scritti, di punti di vista e suggestioni che
onoravano e omaggiavano la statura, scientifica ma forse ancor più morale, di
uno dei più grandi scienziati della politica, cui questo disgraziato Paese ha
dato i natali. Un’antologia magistralmente curata, da cui traspariva passione,
trasporto, condite da una competenza e da una professionalità fuori dal
comune. Il curatore era un giovane brillante, acuto e di belle
speranze. Al curatore toccò anche la stesura di un pezzo importante ed
impegnativo, che rendesse giustizia alla figura dell’ultimo Miglio, quello, per
così dire, libertario e secessionista. Ne uscì un affresco memorabile,
bellissimo, che ancor oggi, a distanza di anni, mi tocca le corde del cuore e
mi induce ad un continua elaborazione di pensieri e di riflessioni.
Il titolo non poteva essere più azzeccato: “Disobbedire
ai tiranni è obbedienza a Dio. Il diritto di resistenza in Gianfranco Miglio”. Lo
scritto è denso, articolato, argomenta e spiega con dovizia di particolari: si
parla di diritto alla resistenza, si ricostruisce la coeva situazione italiana,
si introducono i concetti di resistenza civile e di sciopero fiscale. Ma, per
darvi un’idea del respiro dell’opera conviene forse citare qualche passo, preso
qua e là, dall’ autore. Ma ciò non rende comunque ancora l’idea delle emozioni
che il testo veicola.
Tutte le riflessioni finora svolte hanno un grande peso
nella determinazione dei rapporti che devono intercorrere tra il cittadino e le
istituzioni politiche. Affermare che quello ha dei diritti, significa anche
riconoscere che queste hanno dei limiti.
D’altra parte, non ha alcun senso né pare ragionevole
scagliarsi contro gli antichi sovrani “per diritto divino” e poi
riconoscere ai moderni parlamenti poteri ancora superiori, solo perché
legittimati dal voto. Tale convinzione, infatti, non intacca minimamente la
legittimità delle prerogative della corona, ma si limita a mutarne la fonte: in
passato Dio, oggi quel dio volubile e capriccioso che si chiama “maggioranza”.
Difendere il diritto
del singolo a ribellarsi contro un governo tirannico, d’altra parte,
conduce analogamente ad affermare il diritto delle comunità politiche a non
essere oppresse da un lontano governo centrale. Nel momento in cui tale riflessione
si innesta sul corpus delle teorie neofederali, si perviene a una nuova
immagine del diritto di secessione: visto come estrema forma di resistenza da
parte di una comunità locale contro l’invadenza dello Stato.( p. 104)
La forma migliore in
cui la disobbedienza civile può manifestarsi ai giorni nostri, secondo
Miglio, è quella dello “sciopero fiscale”: i cittadini si rifiutano di
finanziare, attraverso le proprie tasse, uno Stato non avvertito più come
legittimo, anche ammesso che tale condizione si sia mai verificata. Questa
pratica gode infatti di tutti i requisiti sopra esposti (in particolare quello
della non-violenza) e ha il pregio non solo di puntare l’indice contro un
comportamento illecito del governo, ma anche di mettere in discussione i mezzi
con cui quest’ultimo persegue i propri scopi. Infine, lo sciopero fiscale può
essere uno strumento davvero efficace, in quanto – se riceve ampia adesione –
può perfino privare lo Stato della forza economica necessaria a porre in
atto qualche forma di repressione. (p. 102)
È del tutto evidente, insomma, che l’Italia presenta una
situazione particolare. Da un lato, non vi è, perlomeno in un senso
stretto, una dittatura – se non quella, dal sapore molto orwelliano, del
sistema, della burocrazia, delle procedure. D’altra parte, è pur vero che i
cittadini sono sottoposti a un regime politico e fiscale insostenibile,
soprattutto in quelle regioni che sono “esportatrici
nette” di tasse. Lo scontro in atto nel paese, insomma, è quello tra tax payers e tax consumers. Le due “fazioni”, però, sono piuttosto ben delineate
anche da un punto di vista geografico, ed entrambe subiscono con insofferenza
l’immane mole di leggi e regolamenti che quotidianamente il Parlamento e i
ministeri (e tutti gli altri centri di potere) emanano. (p.99)
E poi, forse in uno dei passaggi più belli e suggestivi, il
nostro autore, nonché curatore del volume, giunge ad affermare: In altre
parole, ognuno dovrebbe essere vincolato
a pagare unicamente in funzione di quanto effettivamente fruisce dei beni forniti
dallo Stato; e non dovrebbe parimenti essere contemplata la possibilità di
sottoporre a balzelli altro che questo.
Anzi, nel momento in cui il fisco mette gli occhi sul bene
per eccellenza visibile e non occultabile, la voce di Miglio si alza forte e
chiara: «affermo che su tali beni il
fisco non deve pretendere nulla: perché essi costituiscono, per così dire,
una estensione fisica e un complemento necessario della persona che li possiede
e li usa. In caso contrario, tanto varrebbe sottoporre a imposta la salute o la
bellezza di un cittadino»” . (p. 102)
E sapete di cosa stava parlando il Profesur? Della casa,
non importa se prima, o seconda, di tutti quegli immobili abitati dai
proprietari, che stavano per subire una prima forma di taglieggiamento con
quella che, nel 1992, ad opera del giammai troppo venerato “statista” Giuliano
Amato, si presentò come la progenitrice della futura ICI. Stiamo parlando della
ISI, Imposta straordinaria sugli immobili (ISI).
Orbene, per Miglio, il problema non era quello di negare “a
chi comanda il potere di tassare: ma di discutere la struttura e l’incidenza
del sistema impositivo, e , soprattutto
la legittimità di talune imposte. È il caso, che qui intendo sollevare,
dell’Imposta Straordinaria sugli Immobili (ISI), e in generale, della
tassazione sulle abitazioni”.
Se siete arrivati sin qui, e vi siete appassionati alla
storia, vi sembrerà perlomeno strano una cosa: che non abbia ancora
nominato il nome di “giovane brillante, acuto e di belle speranze”. Sì, chi
sarà mai ad aver profuso sì belle ed accorate parole?
Forse è meglio troncare qui il discorso, perché, ancorché si
dica che sono solo gli stupidi a non cambiar mai idea, il solo pensiero che chi
ha scritto, affermato, argomentato tali cose possa essersi “venduto l’anima al
diavolo” mi fa raggelare il sangue. È un autentico colpo da ko, una fucilata
nelle spalle, una pugnalata al cuore. Soprattutto se chi, mentre oggi
implora Letta di non toccare l’IMU, chiosava così la sua introduzione al
volume.
Questo numero dei Quaderni Padani è stato realizzato da
costoro per i loro simili; da uomini liberi per altri uomini liberi. Con la
speranza che nessuno che non appartenga a tale categoria allunghi mai le mani
sulla memoria del Vecchio Professore, che invece costituisce un’eredità
irrinunciabile per tutti noi. Nemesi storica, verrebbe da dire. E nel
giorno, peraltro, del 100º anniversario della nascita di Leoni, al quale fu
intitolato un istituto che il nostro giovane ha contribuito a
fondare. Oggi entrambi non troveranno pace, e non se ne capaciteranno.
Riposino in pace.
*Vista la polemica
innescata in questi giorni, in cui qualche ente locale ha deciso di far pagare
l’IMU sugli immobili scolastici di proprietà della Chiesa (sulla base di una
sentenza della magistratura), rilanciamo
questo articolo puntuale, ed anticipatore del dibattito odierno, su
come le tasse sulla casa siano a dir poco immorali, per insistere sulla nostra
battaglia contro ogni forma di tassazione.
Fonte: da
miglioverde del 2015
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