Un Modello di
sviluppo atroce, sfuggito dal controllo anche di chi pretende di governarlo, ci
sta schiacciando tutti, uomini e donne di ogni mondo. Proiettandoci a una
velocità sempre crescente, che la maggioranza non riesce più a sostenere, verso
un futuro orgiastico che arretra costantemente davanti a noi - perchè è
lo stesso modello che lo rende irraggiungibile - crea angoscia, depressione,
nevrosi, senso di vuoto e inutilità.
In occidente questo modello paranoico è riuscito
nell'impresa di far star male anche chi sta bene (566 americani su mille fanno
uso abituale di psicofarmaci).
Esportato ovunque, per la violenza dei nostri interessi e
quella, ancor più feroce, delle nostre buone intenzioni, il modello occidentale
ha disgregato popolazioni, distrutto culture, identità, specificità, diversità,
territori, tutto cercando di omologare a sè.
Il marxismo si è rivelato incapace di contenere e di
sconfiggere il capitalismo. Perchè non è che una variante inefficiente
dell'Industrialismo.
Capitalismo e marxismo sono due facce della stessa medaglia.
Nati entrambi in occidente, figli della Rivoluzione industriale, sono
illuministi, modernisti, progressisti, positivisti, ottimisti, materialisti,
economicisti, hanno il mito del lavoro e pensano entrambi che industria e
tecnologia produrranno una tale cornucopia di beni da far felice l'intera
umanità. Si dividono solo sul modo di produrre e di distribuire tale ricchezza.
Questa utopia bifronte ha fallito.
L'Industrialismo, in qualsiasi forma, capitalista o
marxista, ha prodotto più infelicità di quanta ne abbia eliminata. Per due
secoli Capitalismo e Marxismo, apparentemente avversari, in realtà funzionali
l'uno all'altro, si sono sostenuti a vicenda come le arcate di un ponte. Ma ora
il crollo del marxismo prelude a quello del capitalismo, non fosse altro che
per eccesso di slancio.
Su questi temi fondanti però si tace o li si mistifica.
Anche le critiche apparentemente più radicali si fermano di fronte alla
convinzione indistruttibile che, comunque, quello industriale, moderno, è 'il
migliore dei mondi possibile'. Sia il capitalismo sia il marxismo, nelle loro
varie declinazioni, non sono in grado di mettere in discussione la Modernità
perchè nella Modernità sono nati e si sono affermati. Danno per presupposto ciò
che deve essere invece dimostrato.
Stanchi di subire la violenza dell'attuale modello di
sviluppo e il silenzio complice o la sordità di coloro, politici ed
intellettuali, che dovrebbero farci da guida e invece ci stanno portando
all'autodistruzione, in una società che non è più capace di recepire argomenti
ma solo 'coup de theatre' abbiamo quindi pensato, recuperando una antica
tradizione, di ricorrere ad un MANIFESTO in 11 punti
che traccia le linee ideali e culturali di un programma che intendiamo portare
anche in campo politico, extraparlamentare e parlamentare. Vogliamo passare
all'azione .
Levate la testa, gente. Non lasciatevi portare al macello
docili come buoi, belanti come pecore, ciechi come struzzi che han ficcato la
testa nella sabbia. Infondo non si tratta che di riportare al centro di Noi
stessi l'uomo, relegando economia e tecnologia al ruolo marginale che loro
compete.
Chi condivide in tutto o in parte lo spirito del Manifesto
lo firmi. Chi vuole collaborare anche all'azione politica, nei modi che
preferisce e gli sono più congeniali, sarà l'arcibenvenuto. Abbiamo bisogno di
forze fresche, vogliose, determinate, di uomini e donne stufi di vivere male
nel "migliore dei mondi possibili".
MANIFESTO
DELL'ANTIMODERNITÀ
NO alla globalizzazione né di uomini né di capitali
né delle merci né dei diritti.
NO al capitalismo e al marxismo, due facce della
stessa medaglia, l'industrialismo.
NO alla mistica del lavoro, di derivazione tanto
capitalista che marxista.
NO alla democrazia rappresentativa.
NO alle oligarchie politiche ed economiche.
SI all'autodeterminazione dei popoli.
SI alle piccole patrie.
SI al ritorno, graduale, limitato e ragionato, a
forme di autoproduzione e autoconsumo.
SI alla democrazia diretta in ambiti limitati e
controllabili.
SI al diritto dei popoli di filarsi da sè la propria
storia, senza pelose supervisioni umanitarie.
SI alla disobbedienza civile globale, se dall'alto
non si riconosce più l'intangibilità della sovranità degli stati, allora è
diritto di ciascuno di noi non riconoscersi più in uno stato.
Fonte: da Massimo Fini
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