La pratica del digiuno era conosciuta sin dai popoli
primitivi, che la attuavano sia in senso fisiologico, per guarire dalle
malattie, sia in senso religioso, per purificarsi ed entrare in contatto
con il divino.
Si può ragionevolmente affermare che il corpo umano sia progettato
apposta per far fronte a periodi anche notevolmente lunghi di astensione dal
cibo: non si potrebbe, infatti, spiegare la sopravvivenza dell’uomo primitivo
in un contesto ambientale in cui la disponibilità del cibo era assolutamente
casuale e saltuaria.
Il digiuno è una pausa, un riposo, dall’attività nutritiva,
ed è forse la più importante tecnica di guarigione che l’essere umano è
progettato per usare. I principali effetti del digiuno sono:
▪
riposo dell’intero tubo digerente
▪
aumento di almeno il 200% dell’energia del
sistema immunitario per ripulire il corpo dalle cellule malate, dai virus ed
infezioni presenti
▪
eliminazione dei residui metabolici e tossine
accumulate
▪
purificazione dell’intero essere
Persa nel tempo la valenza fisiologica e spirituale del
digiuno, la società contemporanea ha instillato in noi l’idea che
digiunare sia qualcosa di terribile, di punitivo, di improponibile e ogni
giorno ci bombarda con messaggi che hanno fatto diventare quell’atto semplice e
spontaneo della nostra esistenza, l’alimentarsi, un qualcosa di artificioso,
complicato e spesso dannoso. Eppure sono numerose le testimonianze
di persone che hanno digiunato anche per 40 giorni per guarire da
malattie o per motivi spirituali.
L’astinenza dal cibo, anche se terapeutica, è poco popolare
nell’era dei consumi e del boom farmaceutico: se oggi digiuni non dai denaro alle
industrie alimentari e non li darai domani a quelle del farmaco; volente o
nolente queste corporations fatturano più di intere nazioni ed hanno un potere
politico incontestabile. E mentre per millenni il cibo ha garantito all’essere
umano vita, sviluppo, forza, oggi il nostro modo di alimentarci spesso porta
con sé intossicazione e malattia. Obesità, malattie cardiovascolari,
diabete, cancro, malattie neurodegenerative: è sotto gli
occhi di tutti l’aumento esponenziale di queste e altre infermità nel “mondo
evoluto” in cui viviamo.
La sovrabbondanza è all’origine dei nostri mali peggiori,
quelli che le società ricche definiscono elegantemente “le malattie della
civiltà”, siamo arrivati al punto di considerare tali malattie pressoché
‘inevitabili e normali’. Per contrastare tutto questo si pensa, sotto l’ala
protettrice delle grandi e potenti case farmaceutiche, che questo o quel
medicinale, possano farci ritrovare la salute così compromessa e fragile.
Non si considera attentamente il fatto che, nonostante i
progressi della tecnologia, stiamo ancora usando droghe per curare, o meglio
lenire, le sofferenze delle persone malate senza risolvere il problema alla
radice, ma soltanto cercando di sopprimere i sintomi.
Quando usiamo una medicina per ‘bloccare la diarrea’, ad
esempio, non pensiamo che essa impedisce anche l’espulsione di materie
indesiderate dell’apparato digestivo; allo stesso modo, quando assumiamo un
antipiretico, dovremmo ricordare che stiamo interrompendo il processo curativo
avviato dalla febbre, che altro non è se non un mezzo di eliminazione naturale
per bruciare gli scarti, poiché con il rialzo della temperatura il corpo
sconfigge più facilmente i microorganismi. La temperatura infatti sale di un
mezzo grado al di sopra del limite di replicazione del virus stesso,
bloccandola, e dando tempo così al sistema immunitario di essere pronto ad
intervenire efficacemente.
E ancora non ci sfiora minimamente il pensiero che ogni
semplice scelta che facciamo ogni giorno, quello che mangiamo, come reagiamo
allo stress, se fumiamo o meno, quanto esercizio facciamo, in che modo le
nostre relazioni sociali ci sostengono, possa fare una grande differenza per la
nostra salute e il nostro benessere, persino per la nostra sopravvivenza. Ma
spesso le nostre scelte la fanno.
Così anche la pratica del digiuno può rappresentare
nell’attuale ‘società del benessere’ una scelta importante per riappropriarci
del nostro corpo, per riscoprire quelle potenzialità di autoguarigione che le
grandi lobby farmaceutiche hanno fatto in modo di rimuovere dalla nostra
memoria antica, per ristabilire ritmi e connessioni con la natura, che
lentamente, molto lentamente, stanno tornando a essere sentiti dall’individuo
come vitali. La persone che digiuna si cura e allo stesso tempo prende in mano
la propria salute, sceglie di non considerare il corpo come una macchina che
solo il meccanico può riparare, ma fa affidamento sul potere
di autoguarigione di cui l’organismo è dotato.
Cosa accade quando digiuniamo?
Nelle ore successive all’inizio del digiuno si sfruttano le
riserve di lipidi contenuti negli adiposità (tessuto grasso)
e i carboidrati ricavati dalle riserve di glicogeno conservate nel fegato
e nei muscoli. Prima che siano trascorse 24 ore, tuttavia, il
glicogeno giunge ad esaurimento. Ciò comporta la necessità di un cambiamento
funzionale dal momento che il glucosio è, come abbiamo visto, indispensabile a
qualunque modalità di produzione energetica. Per produrre glucosio possono
essere usate le molecole di glicerolo contenute nei trigliceridi. Questa
possibilità tuttavia non è sufficiente a garantire il regolare svolgimento del
ciclo dell’acido citrico e deve, quindi, essere integrata dall’impiego di
aminoacidi.
L’abbondare di acetil-coenzima A rispetto alla presenza di
glucosio porta alla produzione di corpi chetonici, ossia molecole acide
che si riversano nel sangue abbassandone il pH e sostituendo gli zuccheri come
fonte energetica utilizzata dal sistema nervoso centrale. Tale cambiamento di
‘combustibile’ da parte del cervello, massimo consumatore di glucosio, riduce
la necessità di produrre glucosio dagli aminoacidi con l’avanzare dei giorni di
digiuno. Lo sviluppo dei corpi chetonici è alla base di ogni guarigione come ho
spiegato nell’articolo La dieta chetogenica è
l’alimentazione perfetta per trattare ogni tipo di malattia.
Il digiuno è più potente di qualsiasi altra pratica di
disintossicazione
Difatti una volta immesse nel sangue, le molecole
tossiche tendono a essere inattivate principalmente nel fegato per poi
essere espulse dai reni e dall’intestino, in piccola parte dalla pelle e in
minima parte dei polmoni (quelle volatili). Normalmente, tuttavia, una
percentuale variabile di molecole non può essere metabolizzata e viene
immagazzinata dei tessuti connettivi, in particolare nel tessuto
adiposo, in attesa di essere elaborata ed espulsa. Inutile dire che la persistenza
di tali sostanze nel grasso corporeo comporta un notevole rischio per la
salute.
Durante il digiuno la mobilizzazione massiccia del grasso di
deposito promuove la liberazione in circolo delle tossine. Tale
mobilizzazione avviene in una fase in cui il fegato e gli organi emuntori non
sono impegnati a detossificare il sangue dalle molecole che costantemente
ingeriamo con l’alimentazione ed è quindi possibile smaltire il ‘lavoro
arretrato’, vecchio, talune volte, anche di anni.
Una prova tangibile che questo meccanismo avviene realmente
e non solo in teoria è rappresentato dall’esperienza raccontata in molte
occasioni dagli ex-fumatori in digiunoterapia. Essi raccontano che dopo alcuni
giorni dall’inizio del digiuno hanno sperimentato la sensazione di sentire
sulla lingua il sapore delle sigarette abbandonate ormai da anni. Simili
esperienze hanno riguardato pazienti che erano stati sottoposti a terapie
farmacologiche pesanti e che sono tornati a percepire il gusto sgradevole
delle medicine assunte anni prima.
Ricordiamo, a tal riguardo, la presenza di nausea
durante i primi giorni di digiuno; la nausea è data dal fatto che il corpo
legge la presenza di tossine come una intossicazione, mentre il significato
reale è che la presenza di queste nel sangue precede la loro eliminazione.
Uno studio diretto dal ricercatore americano Jeremy
Reiter ha evidenziato ulteriormente come la pratica del digiuno nelle
persone affette da diabete è sicura e non è gravata dal rischio di
ipoglicemia nel primo giorno di digiuno legata certamente alla sospensione
della terapia; tuttavia nei giorni successivi tale condizione si riassorbe
completamente e la glicemia si stabilizza su valori normali. Anzi ci sono
numerose testimonianze di persone guarite
dal diabete con il digiuno.
Il digiuno previene le malattie autoimmuni
Secondo la teoria molecolare proposta dal medico americano Eric
Yarnell, alimentarsi durante l’infezione da microrganismi produttori di
neuraminidasi, una proteina utilizzata da virus e batteri per infettare le
cellule, esporrebbe al rischio di sviluppare una patologia autoimmune. In
particolare, il modello proposto da Yarnell prende in considerazione
l’insorgenza del diabete melato di tipo 1.
Lo stato infettivo induce le cellule del pancreas a esporre
sulla loro superficie delle particolari molecole proteiche (lectine),
molecole che sono molto simili a proteine assunte con la dieta. Una potenziale
risposta immunitaria rivolta contro le molecole simili alle lecite assunte con
il cibo può portare alla produzione di auto-anticorpi che distruggeranno le
cellule beta del pancreas.
Astenersi dal cibo durante stati febbrili di origine
infettiva è quindi un fattore di prevenzione importante verso il diabete
giovanile e verso tutte quelle condizioni di autoimmunità in cui avvengono
fenomeni di mimetismo molecolare simile a quello sopra descritto.
Proprio nelle patologie di natura autoimmunitaria
ritroviamo l’ennesima forte indicazione della digiunoterapia: infatti, l’artrite
reumatoide risponde benissimo alla deprivazione calorica, tanto che è
nostra esperienza la riduzione ai minimi termini della sintomatologia
infiammatoria, tale da giustificare la fine del trattamento con cortisonici.
Nel campo degli stati infiammatori dolorosi a carico delle articolazioni, il
digiuno è in ogni caso di rapida e potente efficacia. Difatti la scomparsa o la
forte riduzione di gonfiori e dolori sia di recente che di vecchia insorgenza è
uno dei più chiari effetti che otteniamo già dai primi giorni di digiuno.
Le spiegazioni di questo fenomeno le individuiamo sia nell’effetto
antiossidante sia in quello depurativo; infatti, molti casi di infiammazione
cronica articolare sono supportati anche da una forte componente tossica
locale di cui, ad esempio, le calcificazioni e le crisi gottose sono le
conseguenza estreme.
L’autofagia cellulare: la chiave della salute e della
longevità
La scienza ha scoperto, ormai da tempo, un meccanismo
biologico fondamentale; l’autofagia cellulare, inducibile attraverso la
riduzione delle calorie alimentari ottenuta tramite la pratica costante di un
digiuno controllato di breve durata. Tale meccanismo permette infatti, in modo
naturale, l’auto riparazione e la rigenerazione delle
componenti cellulari danneggiate dall’azione dei radicali liberi
(lo stress ossidativo), stress chimico alla base della grande maggioranza delle
malattie che ci affliggono e causa precoce di invecchiamento delle
cellule e dell’intero organismo.
Che cosa lega la riduzione delle calorie alimentari al
mantenimento della salute e alla maggior longevità? E, se esiste, qual’è
il meccanismo biologico che è direttamente responsabile della riparazione
dei danni alle cellule e che ne ritarda il decadimento, favorendo benessere
e longevità all’intero organismo? E’ l’autofagia cellulare il fenomeno alla
base delle relazioni precedenti, l’evento fisiologico che collega tra loro gli
effetti benefici ed anti-invecchiamento della riduzione delle calorie
alimentari, la riparazione dei danni da “stress ossidativo”, il rallentamento
del ritmo di divisione delle cellule e quindi la longevità degli organismi
stessi, uomo compreso.
Caratteristiche dell’autofagia: riciclo e
“ringiovanimento” delle cellule
L’autofagia (dal greco “mangiare se
stessi”) o “autolisi”, è un fenomeno a livello cellulare, conosciuto da più di
quarant’anni, che gioca un ruolo importante nella fisiologia e nella patologia
di tutte le cellule eucariote (cioè quelle dotate di un vero nucleo e di vari
organelli), è un fenomeno onnipresente nelle forme viventi superiori (dai
lieviti, alle piante e agli animali, compresi i mammiferi).
Essa è il principale meccanismo cellulare per la
degradazione delle proteine, di parti della membrana cellulare o degli organuli
del citoplasma; si attiva in presenza di organuli cellulari danneggiati dallo
“stress ossidativo” (come ad esempio i mitocondri o i perossisomi logorati), di
“aggregati intracellulari” ingombranti di proteine, e si mette in moto anche
nel caso che risultino carenti le indispensabili sostanze energetiche, cioè il
carburante cellulare.
Essa costituisce quindi un processo essenziale per la
sopravvivenza cellulare in periodi di limitata disponibilità di sostanze nutritive,
provvedendo in tal caso a procurare le sostanze energetiche necessarie
attraverso la degradazione e il riciclo di costituenti cellulari già esistenti.
Il suo scopritore, il premio Nobel belga Christian de
Duve, descrive bene questo fenomeno:
“Col passare degli anni, le cellule hanno distrutto e
ricostituito centinaia, se non migliaia di volte, la maggior parte delle
proprie molecole costitutive. Le cellule distruggono e ricostituiscono
continuamente i propri componenti, ad una velocità elevatissima. Assomigliano a
quelle case antiche che conservano esattamente lo stesso aspetto di quando
furono costruite, ma che, a causa di numerosi restauri non hanno più alcun
vetro, tegola, mattone o solaio originale. tuttavia, se per una casa questo
processo richiede secoli, per una cellula vivente è solo questione di giorni.
Per auto-ripararsi, la cellula smantella e si nutre delle proprie parti
danneggiate, digerendole. Dopo aver disfatto le proprie strutture
“pericolanti”, essa si ricostruisce con materiali nuovi e sani… grazie al
rinnovamento, le cellule sostituiscono continuamente i loro componenti con
altri appena sintetizzati, realizzando così qualcosa di molto vicino alla
“giovinezza eterna”.”
Quindi questo processo di distruzione di strutture usurate,
danneggiate o in eccesso, chiamato appunto autofagia, prevede la sostituzione
delle parti malate e logore delle cellule da parte di componenti nuove create
dall’organismo stesso, in un sorprendente processo (un buon esempio di riciclo
ecologico!) durante il quale il corpo “si mangia da solo” per rigenerarsi e
ringiovanire.
Il digiuno è molto più di un metodo terapeutico per trattare
problemi di salute: è un metodo eccezionale per migliorare l’umore
complessivo e per vivere in salute. Il digiuno ha fatto parte integrante della
dieta dell’uomo per milioni di anni e quindi il nostro corpo deve
interrompere l’assunzione del cibo periodicamente. Spesso arriva a mettere
chi lo pratica in grado di riprendere il controllo della propria vita in
situazioni di rischio e di imprimerle una nuova direzione.
Digiuno di un giorno e correlazioni astrologiche
Secondo alcuni, il digiuno realizzato in un certo giorno
della settimana ci mette in risonanza con il flusso sottile astrale della
pianeta che influenza in modo dominante quella giornata. Realizzare con
regolarità il digiuno in quella giornata della settimana porta nel tempo
all’assimilazione nel proprio essere degli aspetti benefici corrispondenti alla
rispettiva sfera di forza e influenza planetaria.
▪
Il digiuno fatto martedì (giorno situato
sotto l’influenza sottile planetaria di Marte): Amplifica la mascolinità
ed elimina le situazioni di vita che implicano violenza.
▪
Il digiuno fatto mercoledì (giorno
situato sotto l’influenza sottile planetaria di Mercurio): Permette il successo
materiale
▪
Il digiuno fatto venerdì (giorno situato
sotto l’influenza sottile planetaria di Venere): Favorisce l’assimilazione
degli aspetti che riguardano l’amore, l’armonia, la pace interiore e la
felicità
▪
Il digiuno fatto domenica (giorno situato
sotto l’influenza sottile del Sole): Conferisce uno stato di solarità
E’ indicato realizzare un digiuno più lungo di 3 giorni
sotto la guida di un medico naturopata. Il digiuno non è consigliato alle
persone sottopeso, con una scarsa vitalità e ghiandole surrenali affaticate,
ipo-tese, con gravi carenze di minerali e vitamine, in questi casi sono da
preferire le cure con succhi di frutta e verdura. Le informazioni contenute in
questo articolo sono da considerarsi puramente come divulgative ed educative e
non costituiscono un invito all’autodiagnosi o automedicazione.
Bibliografia
“Il digiuno come cura e prevenzione” (Massimo Melelli Roia)
“Digiuno, Autofagia e Longevità. Come rinnovare le cellule
per vivere più a lungo in salute” (Ulisse Franciosi)