martedì 29 giugno 2010

INTERVISTA ALL’ARCHEOLOGA PREISTORICA VERONESE LAURA LONGO

La Dottoressa Laura Longo  (nata a Verona nel 1961)    è qualificata come archeologo preistorico e svolge la professione di Conservatore di Preistoria presso il Museo di Storia Naturale di Verona. La abbiamo intervistata per voi.

D. Qual’è stato il suo percorso formativo?

R. Laurea in Scienze Naturali presso l’Università di Ferrara, Master in Archeologia all’University College di Londra, un primo Dottorato in Antropologia presso l’Università di Bologna, Master in Tecnologia Preistorica e Archeologia Sperimentale, presso l’Accademia delle Scienze di S. Pietroburgo, un secondo Dottorato in Sc. Della Terra e Preistoria presso l’Università di Siena.

D. E il suo percorso professionale?

R. Post-doc all’Università di Milano e presso la Southern Methodist University di Dallas; Borsista UE progetti FP3 e FP4 per 3 anni (in varie sedi europee, Valbonne, Tarragona, Atene, Lisbona), e dal 1998 Conservatore di Preistoria al Museo di Storia Naturale di Verona.

D. Di cosa si occupa attualmente?

R. Paleoantropologia, Analisi Funzionale, Archeologia Sperimentale, Museologia.

D. Per quali enti o istituzioni lavora?

R. dal 1998 sono Funzionario (Conservatore di Preistoria) al Comune di Verona – Il Museo è civico.

D. Il progetto più importante su cui ha lavorato?

R. Vari. Recentemente, dal 2005 ad oggi: Dmanisi (Georgia) sono responsabile della ricerca sulla tracce d’uso delle industri di 1.8 milioni di anni fa; sono il coordinatore del progetto “Fossili Umani Veronesi” (pubblicato anche su Science e ricerca Break Through of theYear 2007); sono il coordinatore del progetto SELCE, materie prime del territorio veronese; partecipo al progetto internazionale “Risorse Vegetali nel Paleolitico” che ha permesso di riconoscere la più antica macinatura di farina risalente a 30.000 anni fa.

D. Il prossimo impegno lavorativo?

R. E’ un lungo elenco… ma quello più accattivante è l’organizzazione di un Festival dell’Archeologia che partirà nel 2010.

D. Ha collaborazioni all’estero? Se no, prevede di averle?

R. Sono inserita in almeno 5 progetti di livello europeo, 2 con istituzioni USA.

D. Il suo sogno nel cassetto?

R. Troppi!! Ma quello che più mi sta a cuore, e non è poi tanto nel cassetto, è di contribuire a salvare il Museo di Storia Naturale di Verona – il più antico del mondo!!! – dalla penosa voragine di insensibilità e oblio scientifico in cui è precipitato negli ultimi 10 anni.

Archeologia italiana

D. Cosa pensa dello stato attuale dell’archeologia italiana?

R. Pur essendo un consigliere nazionale dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria (II mandato) sono estremamente preoccupata per la situazione attuale, ma soprattutto per quella in prospettiva. Non credo che quello che lascia l’attuale classe dirigente (e mi riferisco agli archeologi) sia un buon viatico per le future generazioni.

D. Quali sono le tre emergenze che andrebbero risolte?

R. Assoluta necessità di maggiori competenze scientifiche e aggiornamento per gli ispettori di Soprintendenza (ricordiamoci che può accedere ai ruoli di Archeologo SOLO chi ha un curriculum umanistico!!!).
Non c’è alcuna sensibilità ne tanto meno competenza per i beni paleontologici.
Risolvere il grande problema della conservazione. Lo stoccaggio è il vero nervo scoperto dell’archeologia italiana con conseguente “dissanguamento”  delle collezioni … troppo è il materiale dei magazzini di cui si “perdono” le tracce.
L’altro grande problema è la ricerca sui materiali. Che senso ha spendere tanto denaro pubblico e privato per scavare reperti che poi vengono ri-seppelliti (e, a volte, perduti) nelle cantine di Soprintendenze e Musei? Insomma un po’ come mettere la sordina alla tromba di Louis Armstrong!
Ultima nota dolente. Non c’è abbastanza attenzione a condividere con il pubblico i risultati della ricerca (fatta con i soldi pubblici… ergo di tutti e non di pochi eletti che in modo assolutamente autoreferenziale si concedono il privilegio di negare l’accesso ai più!!). Questo è un vero scandalo.

D. E quali le tre peculiarità da valorizzare?

R. L’immenso patrimonio di giacimenti di fossili che abbiamo (che però prima vanno tutelati);
Incentivare le piccole realtà locali, mettendole in rete;
Estendere la possibilità di visitare i siti archeologici;
Aggiornare le esposizioni dei Musei… ben che vada il rinnovamento delle esposizioni permanenti avviene ogni 20/25 anni… insomma si può proprio parlare di notizie di prima mano!

D. Cosa dovremo imparare dall’estero?

R. La grande capacità di fare una divulgazione corretta scientificamente e doverosa dal punto di vista sociale.
Pretendere personale scientificamente adeguato e culturalmente preparato per gestire le strutture che si occupano di tutela e di valorizzazione.

D. Cosa possiamo invece insegnare loro?

R. Abbiamo la normativa più avanzata del mondo, la legge italiana assicura la massima tutela del patrimonio archeologico… purtroppo dalle parole ai fatti la strada è molto lunga.

D. Chi dovrebbe dare di più, e cosa, per aiutare l’archeologia italiana?

R. Sicuramente il giusto e adeguato coinvolgimento dell’imprenditoria privata sarebbe una chiave di volta. Così come viene fatto ora l’intervento dei privati ha un potenziale immenso (quasi 3 miliardi di euro all’anno, cfr dati Camera di Commercio di Monza e Brianza, settembre 2009) ma decisamente poco efficace e totalmente scoordinato. In totale una cifra enorme che però non dà risultati tangibili a livello nazionale.

D. Scavare e pubblicare: ci vorrebbe un limite massimo di tempo per farlo?

R. Assolutamente SI !! ma l’uso di tenere i materiali nei cassetti per “studiarli quando andrò in pensione” … è purtroppo troppo frequente in Italia. E quello che è più grave, a mio avviso, è che questa perversione è permessa, e non viene mai sanzionata. In realtà la legge già prevede che dopo 10 anni di inattività da parte dello”Scavatore” su quei materiali ci sia la possibilità di accesso da parte di altri che ne facessero richiesta. Ma come ho detto un conto è la legge – peraltro molto buona – un altro è la sua applicazione, che è nelle mani onnipotenti di Soprintendenti, Ispettori, Dirigenti di Musei…!

Musei

D. La sua opinione sui musei italiani?

R. I materiali che contengono sono assolutamente magnifici… meriterebbero ben altri gestori! Quasi tutti i musei sono brutti, desueti, sporchi, mal gestiti, dimenticati… In breve: poco amati.

D. Come aumenterebbe il numero dei visitatori?

R. Una domanda che necessiterebbe un trattato… Mi limito all’essenziale: dotarsi di staff scientificamente all’altezza delle moderne necessità di conservazione e ricerca; controllo sulla divulgazione mediata dagli operatori didattici (vanno preparati e controllati e vanno soprattutto aggiornati continuamente dal personale scientifico). Gli allestimenti vanno aggiornati, resi accattivanti… insomma meno autocelebrazione dei vari tipologi e più attenzione ai dati scientifici e alle informazioni sui cambiamenti del comportamento dell’uomo nell’arco del tempo. E’ questo che vuole il pubblico. Il Museo è per il pubblico, non per la glorificazione del tale o talaltro studioso… Tanto è vero che i ricercatori non vanno certo a vedere i materiali esposti, ma chiedono di vedere le collezioni in magazzino.

D. La cultura deve essere a pagamento o sul modello British Museum?

R. A pagamento: Si, assolutamente Si. La Cultura è un bene prezioso che appartiene alla comunità, che costa e quindi va mantenuto e sostenuto da tutti. Come gli stadi di calcio… Sono costruiti dagli Enti pubblici, con i soldi pubblici… ma il biglietto viene pagato alle ricche e private società di calcio e nessuno si lamenta … perché dovrebbe essere diverso per i Musei?

D. Ritiene utile la “realtà virtuale” nei musei? Se si, in che misura può esserci?

R. Ben dosata e saggiamente gestita dal punto di vista di una corretta comunicazione, è uno strumento mediaticamente formidabile.

D. Archeologia e informazione. Come vede questo rapporto?

R. Purtroppo è un rapporto perverso. Prima di tutto viene la tutela del patrimonio. Se tutti si mettessero a divulgare siti e ritrovamenti senza che questi siano dovutamente tutelati…il rischio di perdita del patrimonio sarebbe troppo alto. Una volta che sia assicurata la conservazione, trovo che sia assolutamente un must da parte degli archeologi fare corretta e accattivante divulgazione. Anche attraverso giornalisti preparati e sensibili alle problematiche. Su questo aspetto dobbiamo imparare molto dall’estero!
Ma ripeto, prima di ogni altra cosa viene la tutela del patrimonio che è di tutti.

D. Gli archeologi italiani sanno divulgare?

R. Alcuni, pochi purtroppo, si.

D. E le riviste, fanno buona divulgazione archeologica?

R. Cercano di fare il possibile. Ma c’è ancora troppa “archeologia vecchia maniera” e troppo poca tensione a far parlare le ricerche veramente significative. Quelle che restano nei libri di storia, quelle che danno da pensare e da discutere. La via già aperta è una strada facile da percorre… fare della buona divulgazione vuol dire essere in grado di distinguere tra le varie proposte. Non sempre e non tutte le notizie pubblicate fanno strappare i capelli. E il pubblico, che oggi è sempre più difficile da accontentare, si annoia.
Beni culturali e privati

D. Cosa pensa dell’affidamento dei beni archeologici ai privati?

R. Cosa si intende per “affidamento ai privati”? Un direttore, un ispettore che non concede le collezioni in studio… pur essendo un dipendente pubblico, pagato con denaro pubblico… non ne fa un uso assolutamente privato?

D. Ritiene la Ronchey una buona legge?

R. Ottima!

D. I fondi a disposizione dell’archeologia italiana sono sufficienti?

R. I fondi, per definizione, sono sempre troppo pochi considerando l’enormità del patrimonio archeologico italiano. Detto questo, forse una maggior oculatezza nella loro spesa, magari concentrandoli verso le ricerche che scientificamente valgono veramente … potrebbe fare la differenza. In realtà anche dove c’è un certo virtuosismo di spesa… vanno sempre accontentati i vari ispettori o potenti del territorio, con conseguente dispersione dei pochi fondi in mille inutili rivoli.

D. Meglio continuare a scavare, o studiare e valorizzare quel che c’è nei magazzini?

R. Senza dubbio si deve lavorare sulle collezioni. Ci sono tanti archeologi a spasso… apriamoli questi magazzini! Dei fossili umani dimenticati e impolverati del Museo di Storia Naturale di Verona ho la presunzione di pensare di averne fatto decisamente buon uso! La notizia che il Neandertal veronese aveva i capelli rossi ha fatto il giro del mondo, è stata pubblicata su Science nel 2007 e ha avuto la copertina del National Geographic internazionale – quello che va in tutto il mondo! – nel 2008. Certo, la ricerca ha bisogno di essere sempre aggiornata e quindi lo scavo mirato, di siti significativi è assolutamente imprescindibile.

D. E’ giusto rendere fiscalmente vantaggiose le donazioni per la cultura?

R. ASSOLUTAMENTE SI. E’ necessario anzi direi vitale per il futuro di tutti i beni culturali, non solo per l’archeologia. Io sto organizzando un grande convegno proprio dedicato a questo tema.



Fonte: Autore: Martina Calogero da  ArcheoRivista del  27 settembre 2009


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