Eugenio Benetazzo è soprannominato ormai come il predicatore dell’economia dell’economia”. Il suo live show itinerante, denominato “BLEKGEK (Preparati al peggio)” ha toccato ormai numerose piazze italiane, l’ultima a Bassano del Grappa, dove era presente un nostro collaboratore.
E’ stato acclamato a gran voce dalla critica dei principali canali di informazione come un sensazionale ed inedito evento di informazione ed indagine economica finanziaria indipendente. Secondo il parere di alcuni esperti in economia Eugenio Benetazzo è abituato a spararle grosse. Lo abbiamo avvicinato
L’intervista
Iniziamo col chiederle: in questo momento lei è sereno?
«Sì, perché mi sono reso conto che il modello dell’economia mi ha fatto comprendere quello che mi aspetta nei prossimi anni. A differenza di tanti analisti economici che stanno svendendo tranquillità pur sapendo la verità».
Le piace la definizione “Il Beppe Grillo dei poveri” che le hanno dato?
«Non troppo, mi ritrovo in quella di predicatore finanziario».
Eppure anche lei è uno che “specula in borsa”.
«Speculiamo tutti quando cioè andiamo a fare la spesa, la benzina o andiamo in banca. Io sono gestore di patrimoni e sono sincero quando dico che a speculazione è uno dei pilastri che ha sorretto l’evoluzione sulla civiltà umana. Due sono i grandi sentimenti motori della storia: l’avidità di denaro e la paura di perderlo!».
Sono già passati gli anni più felici per il Veneto e i vicentini?
«Certo».
Lei è un vicentino DOC (Sandrigo) e conoscerà il continuo lamentarsi che fa parte della nostra cultura..
«Fa parte della cultura degli italiani, non solo dei vicentini, fare il “brontolo o pisolo” della situazione. Io passo quattro mesi all’anno in un paese anglosassone e vedo come lì ci sia più la propensione ad arrangiarsi. In fondo il motivo del nostro vero disagio socio economico resta quello di delegare gli interventi sociali sempre a terzi soggetti».
Secondo Lei “si stava meglio quando si stava peggio”?
«I nostri veci... Il tessuto sociale del Veneto di allora è fondamentalmente diverso da quello di oggi. Allora eravamo più salutari e robusti sul piano umano. Oggi abbiamo abbandonato quegli insegnamenti per un miglioramento in termini di efficienza del nostro vivere quotidiano. Quelle abitudini invece, serviranno per farci fare le spalle più grosse».
Come sta l’economia italiana?
«Sarà la prossima Argentina».
Quella veneta?
«Siamo un Paese debole per il fatto che vi sono due regioni (Veneto e Lombardia) che trainano la produzione e il benessere nazionale. Tutto il resto da noi non compete con lo scenario europeo. La nostra regione ha sì una storica vocazione imprenditoria, ma oggi ha una penosa capacità imprenditoriale».
Quella vicentina?
«Questo vale soprattutto per i vicentini che hanno aziende avviate da generazioni e s’illudono che quella attuale sia una crisi di natura ciclica. In realtà il mutamento epocale colpirà anche loro».
Crede che sia finito il grande sviluppo del Nordest? E dunque diventeremo più poveri?
«Lo siamo già più poveri: una piccolissima parte è ricca, mentre la maggioranza è indebitata. Lo dice il “Financial Time” o le società di analisi internazionali. Il quadro sul nostro Paese è ben definito. Noi abbiamo accettato che i governi precedenti e di oggi invece di attrarre capitali nel nostro Paese, abbiano aiutato i grandi industriali a chiudere gli stabilimenti per andarsene in altri Paesi. Questa migrazione di competitività la si pagherà presto!».
Dicono che noi “abbiamo il portafoglio pieno, ma spesso il cervello vuoto”. Le sembra così?
«A Vicenza c’è tanto spirito d’impresa, ma ripeto, non basta più! I mercati sono saturi e non è sufficiente conservare una buona idea o spirito d’iniziativa. E’ necessaria una profonda analisi sul nostro futuro. Non siamo poi tanto ricchi come ci credevamo: ne è la prova il fenomeno della svendita di beni al banco dei pegni per pagare le bollette…».
Lei crede più alla recessione o alla redenzione ad un modello più sostenibile di economia?
«Credo alla depressione economica. Se qualcuno potesse scrivere la crisi che stiamo vivendo, direi che adesso stiamo leggendo solo la prefazione!».
Lei è considerato un predicatore contro corrente dell’economia. Cosa crede sia mancato al nostro modello di sviluppo?
«Non sono controcorrente, ma indipendente. Io non sono pagata da banche, società o testate giornalistiche. Mi limito ad analizzare il mercato sulla base degli studi indipendenti che fino ad oggi hanno mostrato la bontà e autorevolezza del mio modo di pensare e analizzare a dispetto dei grandi predicatori ottimisti, ora diventati tutti improvvisamente e per convenienza pessimisti, cavalcando l’onda d’urto mediatica. Per questo dico che non dobbiamo dare grande credibilità alla stampa economica italiana».
Di chi sono le colpe di questo tracollo economico?
«Sulla banalizzazione mediatica fatta ad arte, il vero responsabile unico è la WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) con le sue delocalizzazioni selvagge che hanno contribuito a distruggere il tessuto socioeconomico globale, distruggendo la capacità di risparmio della piccola e media borghesia, senza che si favorisse la concorrenza leale tra merci occidentali e orientali».
Gli italiani c’entrano?
«I governi italiani centrano con le loro delocalizzazioni di ditte italiane all’estero!».
Dia alcuni consigli sul come raggiungere la serenità economica.
«Comprate Titoli di Stato tedeschi. Oro. Cercatevi poi come partner bancario un piccolo istituto che abbia dimensioni territoriali come il credito cooperativo. Risparmiate eliminando il superfluo. Poi fate un piccolo investimento, comprando il libro “Best Before, preparati al peggio” che vi farà capire i prossimi decenni. Si dica però che la nostra serenità avrà il contagocce».
Visto che lei sviscera le previsioni globali, la sfido qui a darmi un pronostico sull’andamento dei mercati da qui al prossimo 2009.
«L’andamento degli indici di borsa rappresenta l’andamento degli utili attesi per le società che vi sono quotate.
Lo scenario depressivo europeo individua una contrazione profonda dei fatturati delle aziende. Penso che questo basti per capire».
Cosa teme di più?
«La stagnazione dei consumi e l’inflazione galoppante».
Per finire, se oggi le venisse dato il Ministero delle Finanze, cosa farebbe e cosa no per migliorare la situazione economica degli italiani?
«Magari ne avessi la possibilità! Vorrei però il Ministero del Tesoro e attuerei un provvedimento per la creazione di una Banca Nazionale del Popolo Italiano per ripristinare il principio sovrano di emettere cartamoneta. Imporrei subito un fenomenale embargo WTO a tutte le merci che arrivano dall’oriente o Paesi con profonda differenziazione rispetto a noi».
srs di di Antonio Gregolin
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