By Judith Bergman, 1/12/2016
In Europa, i governi
stanno diventando il nemico numero uno della cittadinanza.
È sempre più evidente che esprimere anche una blanda opinione
che sia in contrasto con la politica ufficiale di governo può mandare in
prigione o almeno assicurare una visita amichevole da parte della kafkiana
polizia locale. L’Europa è diventata davvero uno Stato di polizia?
Diversi governi europei fanno capire chiaramente ai loro
cittadini che è vietato criticare i migranti o le politiche europee in materia
di immigrazione. Le persone che “oltrepassano i limiti“, secondo le autorità,
vengono arrestate, processate e a volte condannate.
In Olanda, la polizia si è presentata al domicilio di
persone che ingenuamente avevano espresso commenti sui centri di accoglienza
per migranti, pubblicandoli su Twitter nell’ottobre 2015. Nella città di
Sliedrech, la polizia si è recata nell’ufficio di Mark Jongeneel e gli ha detto
che aveva twittato “troppo” e che avrebbe dovuto “moderare i toni” perché i
suoi tweet “potrebbero sembrare sediziosi”. Ma che reato ha commesso? Era stata
organizzata un’assemblea cittadina sull’apertura di un centro profughi nella
regione e Jongeneel aveva postato alcuni tweet. Uno dei suoi messaggi diceva:
“Il college di #Sliedrecht ha proposto di accogliere 250 profughi nei prossimi
due anni. Che cattiva idea”. In precedenza, aveva twittato: “Dovremmo lasciare
che questo accada?!”
E non è stato l’unico a farlo. A Leeuwarden, secondo il
quotidiano “New Europe”, “una ventina di persone che osteggiavano i progetti
[per creare centri di accoglienza per immigrati] nella regione hanno ricevuto
la visita della polizia. È successo anche a Enschede e in alcuni luoghi del
Brabante, dove, secondo i media olandesi, chi aveva criticato l’arrivo dei
profughi e aveva aperto una pagina sui social media sull’argomento è stato
invitato a desistere”.
Un portavoce della polizia nazionale ha spiegato che dieci
unità d’intelligence formate da “detective digitali” monitorano in tempo reale
le pagine di Facebook e gli account Twitter, alla ricerca di messaggi che
“oltrepassano i limiti”, in modo da potersi recare dagli autori per dire loro
“che effetto può avere un post o un tweet su internet”. In altre parole,
l’Olanda pratica la censura governativa, per cui ci si chiede se sia diventata
uno Stato di polizia.
Nel Regno Unito, Scott Clark è stato arrestato nel febbraio
2016 per aver scritto sulla pagine Facebook della Scottish Defense League che i
profughi siriani “conosceranno il nostro lato cattivo”. Secondo un articolo,
Clark si riferiva alle aggressioni sessuali ai danni delle donne di Colonia, in
Germania, perpetrate la notte di Capodanno da uomini dall’aspetto arabo o
nordafricano, come giustificazione per i suoi commenti in rete, del tipo: “Se
succede qualcosa a una qualsiasi ragazza, io sputerò in faccia ai consiglieri
che hanno fatto pressioni per accoglierli qui…”. E in un altro suo messaggio si
legge: “È proprio un’invasione islamica. Sicuramente succederà qualcosa. Ho
appena visto 15 siriani nel pub all’angolo. (…) Fin dall’inizio sono stato
contrario al loro arrivo”.
L’ispettore Ewan Wilson della polizia di Dunoon ha
raccontato al “Guardian”: “Spero che l’arresto di questo individuo invii il
chiaro messaggio che la polizia della Scozia non tollererà alcuna forma di
attività che potrebbe istigare all’odio e provocare commenti offensivi sui
social media”.
In Germania, due coniugi, Peter e Melanie M., sono stati
processati per aver creato un gruppo Facebook che criticava la politica
migratoria del governo. Secondo un articolo, la pagina diceva: “I migranti
economici e i profughi di guerra si stanno riversando nel nostro Paese. Portano
terrore, paura, dolore. Stuprano le nostre donne e mettono a rischio i nostri
figli. Poniamo fine a tutto questo!”
Durante il processo, Peter M. ha difeso i suoi commenti
online e ha dichiarato: “Non si può nemmeno esprimere un’opinione critica sui
rifugiati…”. L’uomo ha asserito che come amministratore del gruppo aveva
rimosso le dichiarazioni nazisteggianti o radicali ma, dal momento che Facebook
aveva cancellato la pagina, non poteva presentare le prove in aula.
Pronunciando il verdetto, il giudice ha detto: “Il gruppo ha
espresso una serie di generalizzazioni chiaramente orientate a destra”. Peter
M. è stato condannato a nove mesi di reclusione con il beneficio della
sospensione condizionale della pena e sua moglie è stata condannata a pagare
una multa di 1200 euro. Il giudice ha aggiunto: “Spero che voi capiate la
gravità della situazione. Se vi vedrò nuovamente qui davanti a me, finirete in
carcere”.
In Germania, criticare i migranti e le politiche migratorie
del governo può avere altre conseguenze drastiche. Nel settembre 2015, “Die
Welt” riportò la notizia che chi diffonde idee “xenofobe” sui social media
rischia di perdere la custodia dei propri figli. Non occorre che un genitore
debba commettere necessariamente un reato penale per indurre un giudice a
stabilire che il benessere dei figli viene messo in pericolo, a limitare il
diritto dei genitori di vedere il proprio figlio, a ordinare a “un educatore”
di presenziare agli incontri tra il genitore e il figlio, con la possibilità di
“intervenire come richiesto”. È anche possibile impedire certe azioni,
espressioni o incontri in presenza del bambino. In ultima istanza, il giudice
può pronunciare la decadenza della responsabilità genitoriale.
Secondo Eva Becker, presidente del gruppo di lavoro sul
diritto di famiglia dell’Associazione degli avvocati tedeschi (DAV), “il
fattore decisivo è il buon senso”. Secondo la Becker, il fatto che un genitore
abbia espresso il proprio malcontento per la presenza di migranti siriani che
vivono nel suo quartiere, non sarebbe un motivo sufficiente per ritenere che il
benessere del bambino sia in pericolo. Invece, un padre o una madre che in
presenza del proprio figlio si lascia andare a minacce verbali contro i
rifugiati “supererebbe chiaramente il limite critico”.
Secondo la legge tedesca, non è nemmeno rilevante se questi
commenti sono “criminali”. In Germania, un genitore può essere accusato di aver
superato il “limite critico” anche se ha espresso un commento che non è
punibile dalla legge. Non è importante se l’azione sia perseguibile penalmente,
ma ciò che conta è se essa “influenza” il bambino in modo da mettere in
pericolo il suo benessere. Se un tribunale stabilisce che il benessere del
minore è a rischio, il genitore può vedersi limitare inizialmente il diritto ad
avere contatti con il bambino.
Le azioni sono ancor più incriminanti delle parole. Secondo
la Becker, parlare in maniera dispregiativa con i conoscenti dei richiedenti
asilo in presenza di un bambino è una cosa, ma portare un bambino a
manifestazioni “xenofobe” è molto peggio.
La Becker si guarda bene dal precisare cosa s’intende per
“xenofobo”. Sembra implicito che si parli di xenofobia a senso unico e non di
xenofobia islamica contro i non musulmani, ad esempio; ma non si è cercato di
definirlo, anche se si tratta chiaramente del nocciolo della questione.
Mentre i normali cittadini europei rischiano di essere
arrestati e processati per osservazioni “xenofobe”, non è così per gli alti
funzionari dell’Unione Europea.
In un discorso pronunciato ad Amburgo nell’ottobre scorso,
Günther Oettinger, commissario UE tedesco per l’economia digitale, ha definito
una delegazione di ministri cinesi in visita a Bruxelles “quelli con gli occhi
a mandorla” (Schlitzaugen), espressione che in genere è considerata razzista.
Oettinger non si è nemmeno preso la briga di scusarsi, ma ha detto a “Die Welt”
che quelle non erano altro che frasi estratte da “un contesto più ampio”.
La Commissione europea si è inoltre rifiutata di scusarsi
per le affermazioni di Oettinger (che a quanto pare sono state omofobe e
sessiste) o di vagliarle. Il portavoce della Commissione UE Margaritis Schinas
ha detto incredulo ai giornalisti: “Noi non abbiamo nulla da aggiungere”; e
alla domanda se ci fosse un’inchiesta in corso sulle frasi incriminate di
Oettinger, ha risposto: “Non abbiamo una sorta di FBI nella Commissione”.
Il 28 ottobre, il presidente della Commissione europea
Jean-Claude Juncker ha promosso Oettinger all’ambita e potente posizione di
vicepresidente con responsabilità sul bilancio UE.
Ovviamente, la legge non è uguale per tutti. I commissari UE
possono fare commenti “xenofobi” e avere una promozione, mentre i cittadini
europei vengono arrestati e processati per aver esercitato il loro diritto alla
libertà di espressione.
Fonte: srs di By
Judith Bergman, da Etnie del 1 dicembre 2016
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