Nello Stato pontificio, quando il Papa era anche il Re, le prostitute c’erano eccome, venivano chiamate “donne curiali” perchè dipendevano da una licenza rilasciata dalla Curia romana o dal tribunale del Cardinale Vicario.
Nel
1500 si calcola fossero circa 13.000 con un’eccezionale concentrazione nella
stessa Roma vaticana, e visto che la
Roma di all'ora aveva 100.000 abitanti
esse erano una buona percentuale.
Comunque
non si dica mai che in Italia la prostituzione è vietata a causa della Chiesa, perchè la morale cattolica sulla prostituzione
è sempre stata molto elastica e realistica.
"Sottrai le prostitute al genere umano e ogni
cosa sara' sconvolta dalle passioni della lussuria" scriveva sant'
Agostino.
E ancora: "Esse hanno una vita del tutto impura, tuttavia le leggi dell' ordine
assegnano loro un posto, sia pure il piu' vile".
Un
manuale medievale per confessori recita: "La Chiesa permette l' esistenza delle prostitute e dei loro clienti
affinche' non si diffonda una passione sempre piu' grande".
E
il domenicano Tolomeo da Lucca: "La
donna pubblica e' nella societa' cio' che la cloaca e' nel palazzo: togli la
cloaca e l' intero palazzo ne sara' infettato".
Lo
stato pontificio investiva i soldi ottenuti con le tasse sulle prostitute in
opere pubbliche, moltissimi monumenti e chiese sono stati finanziati con i
soldi della prostituzione, che alla fine quindi qualcosa di buono ha prodotto.
Pio IV costruì
Borgo Pio con i soldi delle "curiali". Viene spiegato con tutta
chiarezza in una bolla dello stesso Papa.
Il Ponte di Santa Maria, l'odierno Ponte
Rotto (come racconta Costantino Maes nel suo "Curiosità Romane",
Grotta del Libro editore) fu restaurato «similmente, merce' questa sozza, ma
pur legittima imposta».
Nell'archivio
della Reverendissima Camera Apostolica si conserva il volume che spiega quanti
soldi di tasse furono prelevati alle prostitute per quei lavori.
Altri libri
raccontano che la strada presso il Tevere, prossima alla Porta del Popolo, era
il principale ingresso alla città fino al XIV secolo. Scorreva in mezzo ai
campi, maltenuta e piena di buche. Eppure, presso il Porto di Ripetta c'era un
gran traffico di commerci e una strada acconcia sarebbe stata ben vista e
utile.
Provvide Leone
X: raddrizzò l'attuale via di Ripetta, tagliandola in mezzo ai terreni
circostanti e asfaltando tutto. La strada prese il nome del Papa, ma poi tornò
a chiamarsi di Ripetta. Dove furono presi i soldi per i lavori? Dalla tassa
sopra ai lupanari. Lo racconta l'amministratore signor Corvisieri nelle sue
"Posterule Tiberine".
Il veneziano
Domenichi, nel suo "Facetie, motti e burle"( Venetia 1588) spiega da
dove erano venuti i soldi per la strada asfaltata e narra di una lite tra due
donne.
Una era
"Giulia la ferrarese", molto nota nella zona e benvoluta da tutti.
L'altra era, invece, una nobildonna di una famiglia conosciuta.
La Giulia aveva
urtato la nobildonna che aveva reagito con una serie di insulti che tutti
avevano sentito. Allora la "ferrarese", senza scomporsi, aveva
aggiunto con tutta naturalezza: «Madonna perdonatemi, ch'io so bene che voi
avete più diritto di me su questa via che non ho io». Insomma, l'aveva
insultata ricordando con che soldi era stata lastricata la strada. E se lo
aveva detto lei che era del "mestiere", non rimaneva che farsi grandi
risate. Così avevano fatto quelli che avevano assistito allo scambio di battute.
Aggiungo anche
che nei vecchi libri sulle tasse alle prostitute, si davano anche indicazioni
precise su dove certe ragazze "esercitavano".
Ecco uno degli
indirizzi: "La signora Margaritta fiorentina, rossa, a fronte S. Rocco
sopra l'arco…".
Fonte: liberamente tratto da srs di Wladimiro Settimelli,
l’Unita’ del 27 luglio 2004
p.s
Per finire, nel cinquecento, non dobbiamo dimenticare che
dopo il selciato di Piazza del
Popolo, anche la Basilica di San Pietro fu finanziata da una imposta sulla
prostituzione che fruttò una somma quattro volte superiore a quella ricavata
dalla vendita di indulgenze.