“Non c’è un domani”
sotto la ribellione di Al Qaeda sponsorizzata dalla NATO.
Mentre si insediava un
governo ribelle “a favore della democrazia”, il paese è stato distrutto.
CONTRO IL FONDALE DI
UNA GUERRA DI PROPAGANDA, I SUCCESSI ECONOMICI E SOCIALI DELLA LIBIA DEGLI
ULTIMI TRENT’ANNI HANNO BRUTALMENTE MUTATO DIREZIONE:
La [Jamahiriya Araba Libica] aveva un alto livello di vita e
un robusto apporto calorico pro capite, pari a 3144 chilocalorie. Il paese
ha fatto passi avanti in campo sanitario e, dal 1980, i tassi di mortalità
infantile sono calati da 70 a 19 nascite su 100.000 nel 2009. L’aspettativa di
vita è passata da 61 a 74 anni nello stesso lasso di tempo (FAO, Roma Libya, Country Profile)).
Secondo i settori della “sinistra progressiva” che hanno
appoggiato il mandato R2P della NATO, per non parlare dei terroristi che sono
senza riserve considerati e “Liberatori”:
“L’umore in tutta la Libia, in modo particolare a Tripoli, è
assolutamente quello di un sentimento euforico. La gente è incredibilmente
eccitata di ricominciare da capo. C’è un senso di rinascita, l’impressione che
le loro vite stanno iniziando di nuovo.” (DemocracyNow.org, 14
settembre 2011)
“RICOMINCIARE DA
CAPO” DOPO LA DISTRUZIONE?
Paura e disperazione, incommensurabili morti e atrocità,
ampiamente documentate dai media.
Niente euforia… È avvenuto un rovesciamento storico dello
sviluppo sociale ed economico. Le conquiste sono state azzerate.
In Libia l’invasione della NATO e l’occupazione hanno
segnato la “rinascita” degli standard di vita rovinosi. Questa è la verità
vietata e non detta: un’intera nazione è stata destabilizzata e distrutta, il
suo popolo costretto alla povertà abissale.
L’obbiettivo dei bombardamenti della NATO sin dall’inizio
era di distruggere i livelli di vita della nazione, la struttura sanitaria, le
sue scuole e gli ospedali, il sistema di distribuzione dell’acqua.
E POI “RICOSTRUIRE”
CON L’AIUTO DI DONATORI E CREDITORI AL TIMONE DEL FMI E DELLA BANCA MONDIALE.
I diktat del “libero mercato” sono una
precondizione per l’istituzione dei una “dittatura
democratica” di stile occidentale.
Circa 90.000 missioni, di cui decine di migliaia su
obbiettivi civili, zone residenziali, edifici governativi, impianti per la
fornitura di acqua ed elettricità (vedi Comunicato della NATO, 5 settembre
2011. 8140 missioni dal 31 marzo al 5 settembre 2011)
È stata bombardata un’intera nazione con gli armamenti più
avanzati, anche con le munizioni rivestite di uranio.
Già in agosto l’UNICEF aveva avvertito che i massicci
bombardamenti della NATO delle infrastrutture idriche della Libia “avrebbero
potuto provocare un’epidemia senza precedenti” (Christian Balslev-Olesen
dell’Ufficio per la Libia all’UNICEF, Agosto 2011).
Nel frattempo gli investitori e i donatori hanno trovato la
propria collocazione. “La guerra fa bene agli affari”. La NATO, il Pentagono e
le istituzioni finanziarie internazionali con sede a Washington operano in modo
coordinato. Quello che in Libia è stato distrutto verrà ricostruito finanziato
da creditori stranieri sotto l’egida del “Washington Consensus”:
Specificamente alla
Banca [Mondiale] è stato chiesto di valutare le necessità per le riparazioni e
la ricostruzione dei settori dei servizi idrici, energetici e dei trasporti
[bombardati dalla NATO] e, in cooperazione con il Fondo Monetario
Internazionale, di sostenere una preparazione del bilancio [misure di
austerità] per aiutare il settore bancario a rimettersi in piedi [la Banca
Centrale Libica è stata uno dei primi edifici governativi a essere bombardato].
La creazione di lavoro per i giovani libici è da considerarsi una necessità
urgente che la nazione deve affrontare.” (World
Bank to Help Libia Rebuild and Deliver Essential Services to Citizens)).
I RISULTATI DELLO SVILUPPO LIBICO
Qualunque opinione che si possa avere di Gheddafi, il
governo libico post-coloniale ha svolto un ruolo fondamentale per eliminare la
povertà, per migliorare la salute della popolazione e per sviluppare le
strutture per l’educazione. Secondo la giornalista italiana Yvonne de Vito,
“diversamente da altre nazioni che hanno avuto una rivoluzione, la Libia viene
considerata la Svizzera del continente africano, è molto ricca e le scuole sono
gratuite. Gli ospedali sono gratuiti. E le condizioni delle donne sono molto
migliori rispetto ad altri paesi arabi.” (Russia Today,
25 agosto 2011)
Questi risultati sono in netto contrasto con quello che le
nazioni del Terzo Mondo sono riuscite a “raggiungere” sotto la “democrazia” e
il “governo” di stile Occidentale nel contesto standard dei Programmi di
Aggiustamento Strutturale del FMI e della Banca Mondiale.
CURA DELLA SALUTE
La cura della salute in Libia prima dell’”intervento
umanitario” della NATO era la migliore in Africa. “La tutela della salute è
[era] a disposizione di tutti i cittadini senza costi applicati dal settore
pubblico. La nazione si fregia del più alto tasso di alfabetizzazione e di
iscrizione alle scuole del Nord Africa. Il governo sta [stava] incrementando in
modo sostanziale i fondi per lo sviluppi dei servizi sanitario (OMS, Libya,
Country Brief)
Come confermato dalla Food and Agriculture
Organization (FAO), la malnutrizione era meno del 5%, con un apporto
calorico giornaliero pro capite di 3144 chilocalorie (i dati sull’apporto
calorico indicano la disponibilità e non il consumo).
La Jamahiriya Araba Libica forniva ai suoi cittadini quello
che viene negato a molti statunitensi: l’assistenza sanitaria gratuita e
l’educazione gratuita, come confermato dall’OMS e dall’UNESCO.
Secondo l’OMS, le aspettative di vita alla nascita era di
72,3 anni (2009), tra le più alte del mondo sviluppato.
Il tasso di mortalità al di sotto dei cinque anni è calato
dal 71 per mille nel 1991 a 14 per mille nel 2009. Vedi Libyan
Arab – HEALTH & DEVELOPMENT.
Informazioni generali sulla Jamahiriya Araba Libica
Dati del 2009:
Popolazione totale
|
6.420.000
|
Tasso di crescita della popolazione (%)
|
2,0
|
Popolazione 0-14 anni (%)
|
28
|
Popolazione rurale (%)
|
22
|
Tasso di fertilità totale (nascite per donna)
|
2,6
|
Tasso di mortalità infantile (per mille nascite)
|
17
|
Aspettativa di vita alla nascita (in anni)
|
75
|
PIL pro capite in dollari US
|
16.502
|
Crescita del PIL (%)
|
2,1
|
Interessi sul debito in % al GNI
|
0
|
Bambini in età di scuola primaria che non vanno a
scuola(%)
|
2,0 (1978)
|
Fonte: UNESCO, Libya,
Country Profile
Aspettativa di vita alla nascita (anni)
Aspettativa di vita maschile alla nascita (anni)
Aspettativa di vita femminile alla nascita (anni)
Nati sottopeso (%)
Bambini sotto peso (%)
Tasso di mortalità perinatale ogni 1000 nati
Tasso di mortalità neonatale
Tasso di mortalità infantile (per 1000 nati)
Tasso di mortalità sotto i 5 anni (per 1000 nati vivi)
Tasso di mortalità materna (ogni 10.000 nati vivi)
|
72,3
70,2
74,9
4,0
4.8
19.0
11,0
14,0
20,1
23,0
|
EDUCAZIONE
Il tasso di alfabetizzazione degli adulti era dell’89%
(2006, 94% per i maschi e 83% per le femmine). Il 99,9% degli adulti è
alfabetizzato (dati UNESCO 2006, vedi UNESCO, Libya
Country Report).
I dati delle iscrizioni alla scuola primaria era del 97% per
i ragazzi e del 97% per le ragazze (vedi (vedi le
tabelle dell’UNESCO).
Il rapporto tra insegnanti e alunni nella scuola primaria
della Libia è pari a 17 (dati UNESCO del 1983), il 74% di chi ha finito la
primaria viene iscritto alla secondaria (dati dell’UNESCO del 1983)
Analizzando dati più recenti, che confermano un incremento
significativo delle iscrizioni scolastiche, il Tasso di Iscrizione Lordo (GER)
nelle scuole secondarie era del 108% nel 2002. Il GER indica il numero di
alunni iscritti a un dato livello scolastico senza considerare l’età espresso
con la percentuale della popolazione nella fascia di età teorica per quel
livello di educazione.
Per le iscrizioni alla scuola terziaria (post-secondaria,
college e università), il Tasso di Iscrizione Lordo (GER) era del 54% nel 2002
(52 per i maschi, 57 per le femmine).
(Per ulteriori dettagli, vedi Education
(all levels) profile - Libian Arab Jamahiriya).
DIRITTI DELLE DONNE
Per i diritti delle donne i dati della Banca Mondiale
mostrano miglioramenti significativi:
In un periodo di tempo
relativamente breve, la Libia ha ottenuto l’accesso universale alla formazione
primaria, con un’iscrizione lorda pari al 98% per l’educazione primaria e il
46% per quella terziaria. Nello scorso decennio, le iscrizioni femminili sono
incrementate del 12% in tutti i livelli di formazione. Nell’educazione
secondaria e terziaria, le ragazze superano i ragazzi del 10%.
CONTROLLO DEI PREZZI PER I GENERI ALIMENTARI
ESSENZIALI
Nella gran parte dei paesi in via di sviluppo, i prezzi dei
cibi essenziali sono saliti alle stelle a causa della deregolamentazione del
mercato, l’abolizione del controllo dei prezzi le l’eliminazione dei sussidi
per seguire i consigli del “libero mercato” forniti da Banca Mondiale e FMI.
Negli ultimi anni gli alimenti basici e i prezzi dei carburanti hanno sempre
più alti per gli scambi speculativi sulle maggiori commodity.
La Libia era uno dei pochi paesi del mondo in via di
sviluppo che ha mantenuto un sistema di controllo dei prezzi per i cibi
fondamentali.
Il presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, ha
riconosciuto nell’aprile del 2011 che i prezzi dei cibi fondamentali era
incrementato del 36 per cento nel corso dell’ultimo anno. Vedi i Robert
Zoellick, Banca Mondiale.
La Jamahiriya Araba libica ha introdotto un sistema di
controllo dei prezzi sugli alimenti di prima necessità che ha mantenuto fino
allo scoppio della guerra guidata dalla NATO.
Mentre i prezzi degli alimenti nelle vicine Tunisia ed
Egitto ha causato le rivolte sociali e il dissenso politico, in Libia il
sistema dei sussidi in agricoltura è stato mantenuto in vigore.
Questi sono i fatti confermati da numerose agenzie
specializzate delle Nazioni Unite.
“DIPLOMAZIA DEI
MISSILI” E “LIBERO MERCATO”
La guerra e la globalizzazione sono intimamente collegate.
Il FMI e la NATO lavorano in tandem, in accordo ai think tank di
Washington.
Le nazioni che sono riluttanti ad accettare i proiettili
placcati di zucchero delle “medicine economiche” del FMI saranno eventualmente
oggetto di un’operazione umanitaria R2P della BATO.
Déjà Vu? Sotto
l’Impero Britannico, la “diplomazia delle cannoniere” era un sistema per
imporre il “libero scambio”. Il 5 ottobre 1850 l’inviato inglese nel Regno del
Siam, Sir James Brooke, raccomando a Sua Maestà che:
“nel caso in cui
queste richieste [per imporre il libero scambio] vengano rifiutate, una forza
si paleserà immediatamente per sostenerle nella rapida distruzione delle difese
del fiume [Chaopaya]. […] Il Siam potrebbe dover subire una lezione che da
tempo sta provocando; il suo governo potrebbe venire rimodellato, un re meglio
disposto potrebbe essere insediato al trono e verrebbe stabilita un’influenza
nella nazione che sarebbe di estrema importanza per l’Inghilterra” (La Missione
di Sir James Brooke, citata in M.L. Manich Jumsai, Re Mongkut e Sir John
Bowring, Chalermit, Bangkok, 1970, p. 23).
Oggi lo chiamiamo “cambio di regime” e “Diplomazia dei
Missili” che invariabilmente prende la forma di una “No Fly Zone” sponsorizzata
dall’ONU. Il suo obbiettivo è quello di imporre la terribile “medicina
economica” del FMI a base di misure di austerità e di privatizzazioni.
La Banca Mondiale ha finanziato i programmi per la
“ricostruzione” dei paesi distrutti sono coordinati con la pianificazione Stati
Uniti-NATO. Vengono invariabilmente formulati prima dell’avvio della campagna
militare…
LA CONFISCA DEI BENI FINANZIARI LIBICI
Gli asset finanziari libici congelati oltre oceano
sono stimati nell’ordine di 150 miliardi di dollari, con i paesi Nato che ne
hanno più di 100.
Prima della guerra la Libia non aveva debiti. All’opposto.
Era una nazione creditrice che investiva nella vicine nazioni africane.
L’intervento militare R2P aveva l’obbiettivo di costringere
la Jamahiriya Araba Libica in una camicia di forza rendendola una nazione
indebitata per il proprio sviluppo, sotto la sorveglianza delle istituzioni
basate a Washington.
Con una punta di ironia, dopo aver derubato la ricchezza
petrolifera della Libia e aver confiscato i suoi beni finanziari, la “comunità
dei donatori” ha promesso di prestare il denaro (rubato) per finanziare la
“ricostruzione” post-conflitto.
Il FMI ha promesso altri fondi per 35 miliardi di dollari ai
paesi in cui si sono avute le rivolte della Primavera Araba e ha formalmente
riconosciuto il consiglio ad interim che è al potere in Libia come un
potere legittimo, aprendo la porta a una miriade di prestatori internazionali
quando il paese [la Libia] cerca di ricostruirsi dopo una guerra durata sei
masi.
Avere il riconoscimento del FMI è importante per i dirigenti
temporanei libici dato che permette l’offerta di finanziamenti da parte delle
banche internazionali per lo sviluppo e da altri donatori come la Banca
Mondiale.
Le dichiarazioni pronunciate a Marsiglia sono giunte solo
alcuni giorni dopo che i leader mondiali si erano accordati a Parigi
per sbloccare miliardi di dollari in asset congelati [denaro rubato] per
aiutare [attraverso prestiti] i governanti ad interim della Libia per
ripristinare i servizi vitali e per ricostruire dopo il conflitto che ha posto
fine alla dittatura durata 42 anni.
L’accordo finanziario sancito dal G-7 più la Russia ha lo
scopo di sostenere gli sforzi per le riforme [gli aggiustamenti strutturali
sponsorizzati dal FMI] al termine delle rivolte in Nord Africa e in Medio Oriente.
I finanziamenti sono principalmente sotto forma di prestiti,
e non di sovvenzioni, e sono forniti per metà dal G8 e dai paesi arabi, e
l’altra metà da vari prestatori e dalle banche per lo sviluppo.
Fonte originale: http://www.globalresearch.ca
20.09.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a
cura di SUPERVICE
Fonte: visto su Come Don Chisciotte.org/ del 22 settembre 2011
Link: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=9021
LIBIA, QUEL CHE RESTA
DELLA “RIVOLUZIONE”
Pochi mesi fa è stato celebrato in sordina il secondo
anniversario della “rivoluzione” del 17 febbraio che ha provocato la caduta del
regime di Gheddafi. E poco meno di un anno fa sono state indette le prime
elezioni “libere” in Libia. Oggi, da come viene trattata la questione libica
nei media mainstream, si potrebbe pensare che il paese sia entrato nella
“normalità” e che i vari episodi di violenza siano effetti collaterali della
fase di transizione verso la democrazia.
In realtà, questa “normalità” è un po’ simile a quella
dell’Iraq, che sta durando da 10 anni, dove regna il caos totale e dove si
continua a morire nell’indifferenza della “comunità internazionale”. Il paese è
devastato dai jihadisti e gli attentati mortali vengono registrati dai media
come fatti di cronaca. Ed è questa la “normalità” drammatica nella quale si
trova la Libia.
Prima della cosiddetta “rivoluzione”, in Libia vivevano 6,5
milioni di persone, di cui più di 2 milioni erano immigrati (lavoratori con
famiglie). Oggi quasi tutti gli immigrati e più di un milione di libici ha
lasciato il paese. La guerra della Nato del 2011 ha distrutto gran parte delle
infrastrutture, l’economia è regredita drasticamente ed ecco povertà e
disoccupazione in un paese che fino a ieri era il più ricco dell’Africa.
Le tribù, armate fino ai denti, si ammazzano tra di loro per
accaparrarsi “l’appalto” per la protezione di pozzi di petrolio e di gas
naturale e cercano di imporre il pizzo al “governo” libico e alle
multinazionali. Qualche mese fa ci fu uno scontro mortale a Zintan e Zuara per
aggiudicarsi la “protezione” dell’impianto di petrolio e gas di proprietà della
Mallitah, una joint-venture tra la National Oil Company libica e l’Eni.
La Libia è diventata un grande bazar mondiale per lo smercio
di armi: utilizzate all’interno del paese da milizie, bande criminali e
jihadisti; altre trasportate all’estero per armare i mercenari e i jihadisti
impegnati nella destabilizzazione di altri paesi, come la Siria.
L’International Crisis Group ha pubblicato il 17 aprile un
rapporto sulla Libia in cui si parla di uno stato di insicurezza generale. Il
sistema giudiziario è paralizzato. Brigate armate, la cui creazione è stata
approvata a suo tempo dal Consiglio nazionale di transizione, gestiscono
numerose prigioni dove impongono la loro giustizia sommaria fatta di torture e
omicidi.
A marzo, Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto in cui
denuncia la pulizia etnica a Tawergha, da dove 40mila libici (in maggioranza
neri) sono stati costretti a fuggire. Tawergha è diventata una città fantasma e
molti dei suoi abitanti sono stati detenuti arbitrariamente, torturati e
assassinati. La vasta rappresaglia contro la popolazione nera, accusata di
essere stata complice di Gheddafi, è avvenuta dopo l’assassinio di quest’ultimo
il 20 ottobre 2011.
E le cose vanno peggiorando. Ad aprile gruppi armati hanno
invaso la sede del parlamento e quella di diversi ministeri. Milizie che
dettano oggi le regole. E gli sponsor della guerra contro la Libia sembrano
perdere il controllo del gioco. L’attentato contro l’ambasciata francese il 23
aprile scorso e la riduzione del personale dell’ambasciata britannica a maggio
per motivi di sicurezza, sono ulteriori prove della gravissima instabilità
causata dall’intervento Nato in Libia. Il 17 febbraio 2011 i francesi e i
britannici erano a Bengasi a sostenere gli insorti – o, meglio, a impartire
ordini – oggi invece la loro presenza non sembra gradita dai gruppi armati,
anzi sono diventati anche loro potenziali vittime del terrorismo che hanno
utilizzato per distruggere la Libia.
E il prezzo più alto lo stanno pagando gli Usa. Il 12
settembre 2012 l’ambasciatore americano Stevens ha perso la vita in un
attentato a Bengasi. La reazione ambigua di Washington ha suscitato
interrogativi ad oggi ancora irrisolti. È più che legittimo chiedersi come mai
dopo quasi un anno gli Usa non hanno fatto nulla riguardo a quell’attentato.
Cosa c’è dietro questa faccenda?
Stando alle recenti audizioni del Congresso Usa, sembrerebbe
che ci sia stata un’operazione di insabbiamento riguardante la ricostruzione
della dinamica dell’attacco. Secondo l’ex vice ambasciatore Gregory Hicks, le
forze speciali americane sarebbero potute intervenire ma avrebbero avuto
l’ordine di non muoversi. Inoltre, il generale David Petraeus si sarebbe opposto
alla decisione di escludere dalla dichiarazione ufficiale il fatto che pochi
giorni prima c’era stato un allarme attentato contro l’ambasciata. Due mesi
dopo Petraeus ha dovuto dimettersi dal posto di direttore della Cia (a causa di
una relazione extraconiugale)…
La versione della protesta contro il video amatoriale a
danno del profeta Mohammed sembra una cartina fumogena per sviare l’attenzione
su una faccenda poco chiara, di cui forse un giorno la storia ci rivelerà i
contorni.
di Mostafa El Ayoubi
Fonte: visto su STAMPA LIBERA del 10
luglio 2013
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