lunedì 28 marzo 2011

Napoleone Bonaparte, il più grande ladro del mondo! Depredando la Padania ha salvato la rivoluzione francese



Napoleone, figlio di Carlo noto capo rivoluzionario anti genovese,  quando  nel  1789 scoppiò la Rivoluzione era sottotenente d'artiglieria.  L'economia francese entrò in grave crisi negli anni successivi, dato che, nel cosiddetto “periodo del “terrore", l'unica macchina che lavorava era la ghigliottina! Tuttora non si sa quante teste siano cadute, ma il  risultato fu che Parigi rimase senza intellighentia e il  popolo rimase senza pane e lavoro!
Per far finire il "terrore", all'ultimo dovettero tagliare la testa anche a Robespierre!  Era inevitabile che l'economia francese  entrasse in crisi.

Per tamponare la situazione, la flotta militare fu messa in disarmo a Tolone, poiché mancavano i soldi per pagare gli equipaggi, l'esercito fu smobilitato e molti ufficiali mandati a casa.  Napoleone, trattenuto a Parigi, si salvo perché  aveva un santo protettore: il deputato corso Antoine Saliceti, il cui nome di battesimo era Cristoforo, amico e compagno di lotta del padre contro gli odiati genovesi.

Nell'inverno del 1795, Parigi era diventata una città allucinante, popolata solo da "miserabili", alla ricerca di un tozzo di pane con cui sfamarsi. Tanti morirono di fame e di freddo, e non se ne è mai saputo il numero preciso perché il Direttorio si guardò bene dal dirlo.  Lo  stesso Napoleone il 18 ottobre 1976 stroncò una sollevazione popolare a Parigi.  

Ormai  la rivoluzione francese aveva imboccato un vicolo cieco quando a Napoleone ed al Saliceti venne in mente, per salvare il Direttorio giacobino, di recuperare i "Luigi d'oro" dati dal Re, al Banco di San Giorgio, per la cessione "temporanea" della Corsica.
La proposta fu approvata dal governo rivoluzionario poiché ero l'ultima carta da giocare. Ai due corsi fu data perciò carta bianca!

Per intimorire il  Doge genovese, ci voleva un comandante di origine  corsa.  Il corso più alto in grado e fidato era Napoleone Bonaparte  che, avendo solo 27 anni, era appena capitano d'artiglieria.  Il Saliceti propose al Direttorio di fargli saltare i gradi intermedi, nominandolo subito generale di brigata!
Napoleone quindi  fu nominato comandante dell'armata d'Italia e mandato a Nizza, nel gennaio 1796, con solo 38.000 soldati, mentre a Genova fu mandato un certo Faypoult.

La Repubblica di Genova era uno degli stati più ricchi d’Europa, e possedeva il Banco di San Giorgio la più importante banca europea. L'organigramma della struttura diplomatica era imponente: aveva nel 1796, sei  ambasciate (Londra, Madrid, Roma, Vienna, Torino, Parigi) e ben 58 consolati in tutto il mondo!

Dopo due settimane, quando l'invasione di Nizza era nota a tutti, arrivò a Genova un strano personaggio:  era il  9 febbraio 1796 e prese alloggio in Piazza Fontane Marose, era il ministro delle Finanze Guillaume Faypoult,  ciò dimostra l'eccezionale importanza della missione del ministro  che doveva salvare dalla bancarotta il  governo francese.

A Parigi soldi non ce n'erano più. Non c'era lavoro, ma solo fame e miseria. La Rivoluzione stava finendo nella vergogna e nel ridicolo.  Compito estremo del Faypoult:  farsi “prestare” i soldi della Corsica “spontaneamente” dai genovesi stessi.  Poi, possibilmente, fare il colpo di stato e quindi nominare un capo fidato e servile alla Francia stessa.  Faypoult mica poteva stare in eterno a Genova.

Lo scaltro ministro prese contatto col comitato cittadino filo-giacobino, facendo spargere la voce che il generale "Corso" Napoleone era in attesa di suoi ordini per occupare la Liguria.
Quando si diffuse tale notizia, successe un vero pandemonio a Genova: i popolani, entusiasti, aspettavano Napoleone come i comunisti aspettavano Stalin nel dopoguerra! Per le strade i nobili venivano salutati col gesto delle ghigliottina! Anche il clero era intimidito!

La presenza dell'armata di Napoleone, a Nizza, serviva da deterrente nei colloqui tra Faypoult e il doge. Infatti il ministro francese assicurò il doge che la Francia avrebbe rispettato la sicurezza della nazione se, in cambio avesse ottenuto un prestito di circa 40 milioni di lire, necessari a risolvere la grave crisi economica seguita alla rivoluzione. 

Il doge riunì il Minor Consiglio, il quale decise di non concedere il prestito, anche perché i governi inglese ed austriaco supplicarono il Genova, il Piemonte e Venezia, di entrare a far parte di un’alleanza anti-francese. La proposta fu accettata dai Savoia, ma non dalle due Repubbliche Marinare che, con questo gravissimo errore, perderanno l'indipendenza. Esse preferirono proclamare la "neutralità disarmata",  trovata ridicola da Napoleone.

Informato dal doge sul voto negativo del Minor Consiglio, Faypoult chiese un prestito di almeno 6 milioni di lire, più i 4 dati dal re di Francia per l’acquisto della Corsica, ritenuti abusivi dal governo giacobino. In caso contrario l'armata napoleonica avrebbe invaso la Liguria.

In questo tira e  molla, Napoleone, con il famoso proclama di Nizza del 31 marzo del 1796,"Siete nudi e mal nutriti. Il governo ha con voi molti obblighi e nulla può fare per voi. La pazienza, il valore mostrato fra queste montagne sono mirabili, ma non vi procacciano gloria, né illustrano il vostro nome. Io vi condurrò nelle più fertili pianure del mondo; città grandi, doviziose province, verranno colà, in vostra mano; colà troverete onore, gloria, ricchezze ....”,  rompe gli indugi e  invade la riviera di ponente arrivando a Savona, trionfalmente accolto dalla popolazione, già avvisata dalla divulgazione di volantini, distribuiti dai massoni locali.

Siccome Napoleone aveva dato la parola d'ordine ai soldati: "C'est L'argent qui fait la guerre" , tutte le chiese, le case signorili e i municipi incontrati furono spogliati di tutti gli averi e le argenterie mandate alla zecca di Parigi, da sette anni inattiva ...

Se gli storici si fossero premurati di conoscere la situazione della zecca parigina, avrebbero scoperto ch'essa era chiusa da anni per mancanza di metalli pregiati. Le ultime monete coniate furono i «Luigi d'oro" del 1789.
La coniazione fu riattivata nel 1796, quando fu stampato un nuovo pezzo d'argento del peso di 5 grammi.

Questa strana coincidenza, tra le razzie francesi in Italia e la riattivazione della zecca parigina, dimostra in maniera lampante che l'idolatrato Napoleone aveva predisposto reparti speciali per impossessarsi delle argenterie nostrane che venivano spedite a Parigi per essere fuse in lingotti  e coniate in tanti sonanti franchi da 5 grammi! Perciò tutte le monete datate 1796 furono fatte con vasellame razziato in Italia!

Dal rendiconto emesso a fine anno 1796 dalla zecca parigina, risulta che furono coniate monete d'argento  per un valore di 51 milioni di lire oro  che salvarono il Direttorio dal baratro finale.

Napoleone, da Savona, andò in Val Padana  poiché fu avvertito che la Repubblica aveva spedito 6 milioni di lire in contanti a Parigi. Però i conti col doge rimasero aperti, dato che la cospirazione contro di lui continuava lo stesso. 

Contemporaneamente  un esercito alleato austro-piemontese si preparò a Cairo Montenotte per sbarrare la strada all'armata francese; però fu battuto facilmente dato che molti soldati, anziché combattere, si arrendevano, poiché anche loro sobillati da volantini contro i ricchi e i nobili dei loro paesi.

Nel frattempo il diabolico “commissaire Saliceti”  aveva preparato le insurrezioni di Milano, Brescia, Modena, Reggio Emilia, Bologna, Ferrara e la Romagna, tutte insorte per aspettare l'arrivo del liberatore dei popoli, dalla schiavitù dei ricchi  ma, al passaggio dell’esercito,  furono sequestrati nei cascinali:  cavalli, carri, bestiame, sacchi di grano, vettovaglie e persino i vestiti dei contadini, ai quali furono lasciati soltanto gli occhi per piangere  in cambio di semplici buoni di carta pagabili al più presto possibile. Cosa poi non avvenuta.
 Arrivato Napoleone,  quelle città furono depredate di tutto dalle soldataglie francesi  che spogliarono le casse comunali, musei, chiese, case agiate, etc ...
Ed il tutto mandato a Parigi, per attenuare la carestia della capitale, trasformata in una città di miserabili.

In tutte le città italiane liberate  si formarono governi liberi, in apparenza, ma in realtà nominati dalle logge massoniche, dipendenti dalla loggia madre di Parigi. Fu fondata la Repubblica Cisalpina, che servirà a procurare al Bonaparte tributi, soldati e vettovaglie gratis per le future campagne napoleoniche. In realtà i padani  diventeranno vassalli e servili alla politica imperiale francese.

Antoine Saliceti, insediatosi nella Prefettura di Milano, dove tirava i fili delle logge italiane, dichiarò che scopo della framassoneria era quello di fare un'Italia unita, ponendo fine allo Stato Pontificio ed alle Repubbliche di Genova e Venezia.

Circa l'entità delle somme estorte note troviamo: 30 milioni dal papato (per evitare l'invasione dello Stato Pontificio) 20 milioni a Milano, 10 a Modena, 6 a Genova e Venezia, 4 a Bologna e Ferrara, 2 a Parma; per non parlare dei saccheggi dei magazzini cittadini, dei negozi, delle argenterie delle chiese e case signorili.

Da un resoconto del commissario Garrau, l'esercito francese avrebbe rastrellato 45 milioni di lire più altri 12 in ori, argenti ed oggetti preziosi vari. La valle padana fu depredata da un esercito inesorabile di briganti.  E’  il tutto mandato a Parigi, per attenuare la carestia della capitale,  appena in tempo per evitare la controrivoluzione che avrebbe tagliato la testa ai massoni-giacobini.

Intanto a Genova, il neo presidente Corvetta, studiò il sistema per mandare a Parigi altri capitali.
Con decreto datato 12 febbraio 1798, varò una tassa incredibile: quella sulle "finestre" (erano esenti i liguri che avevano meno di 5 finestre),  che però diede un introito modesto di sole L. 350.000, cifra irrisoria per Napoleone che stava preparando la spedizione per conquistare l'Egitto.
Così Corvetto varò un'altra operazione assurda: «Date l'oro alla Patria ». Anche essa con scarsi risultati: pochi ingenui portarono l'argenteria di casa all'ammasso, situato a Palazzo Nazionale (così era stato ribattezzato Palazzo Ducale).

Visto il  fallimento dell'operazione “oro alla patria” e pressato dal Direttorio parigino (sempre in grave crisi finanziaria), il Direttorio giacobino genovese, nel mese di aprile 1798, promulga una clamorosa delibera: la requisizione di ori, argenti e gioie di tutte le chiese, monasteri, conventi, oratori, e opere pie della Liguria, per i bisogni dello Stato, lasciando solo gli oggetti sacri strettamente necessari a ciascuna chiesa.

Prima di dare inizio a questa incredibile rapina, era indispensabile impaurire il Cardinale Lercari.  Il  Cardinale fu convocato perentoriamente a Palazzo Nazionale, dove il  Corvetto  lo minacciò di far chiudere gli edifici religiosi  se i rettori non avessero ottemperato alle disposizioni governative. Il Cardinale dovette acconsentire, ordinando al clero ligure di obbedire ai "cittadini requisitori".

Come si sia svolta la raccolta degli oggetti sacri non è dato sapere.
E' ragionevole supporre che i comitati requisitori  abbiano fatto il giro delle chiese del loro entroterra portando il  tutto in prefettura.  Oltre all'argenteria furono asportate le campane di bronzo, che sarebbero state fuse in Francia per farne tanti cannoni ...
Ai parroci furono rilasciate generiche ricevute per un sollecito rimborso.  Evidente anche la presa in giro.
Risulta comunque che tanti parroci dell'entroterra  riuscirono a salvare oggetti e campane, nascondendoli nei campi circostanti.

Inoltre, con la scusa di false opposizioni, furono soppressi un centinaio di monasteri liguri, espellendo brutalmente frati e suore.  Una volta chiusi, essi furono completamente spogliati di ogni bene, compresi quadri di grande valore, finiti al Louvre di Parigi.

Ma i soldi da inviare a Parigi non bastavano mai: nel 1797 - sparisce anche il tesoro della repubblica . Era conservato nell' “Ufficio di Moneta” e serviva per pagare, oltre gli impiegati statali, anche tutte le grandi opere edili da Ventimiglia a Spezia. Mancando i fondi, tutte le imprese addette fallirono buttando sul lastrico migliaia di lavoratori.

Quanto ci fosse in cassa, Luigi Corvetto, presidente del governo, non lo ha mai dichiarato, però possiamo immaginare dove siano finiti quei soldi poiché, pochi mesi dopo, Napoleone si finanziò la famosa “Campagna d’Egitto”.

Incredibile a dirsi, a Parigi e in tutta la Francia non esisteva un istituto bancario, poiché il Tesoro del Regno era custodito nella reggia di Versailles.
Dopo il colpo di Stato del dicembre 1799, quando Napoleone diventò dittatore della Francia, egli si rese conto che, se voleva creare un impero superiore a quello inglese, doveva fondare nella capitale, una City come quella di Londra, per ottenere gli ingenti capitali occorrenti. E così il 18 gennaio 1800 fondò, a Parigi, la prima banca di Francia, come società per azioni.  I primi azionisti furono nove: gli otto tra fratelli e sorelle Bonaparte e l'onnipresente Antoine Saliceti! Essi speravano che tanti banchieri europei  trasferissero i loro capitali da Genova a Parigi, ma ciò ebbe poco successo.

Cosa vi era di meglio di mettere le  mani sul Banco di Genova?

1802 - COMINCIA LA RAPINA DEL BANCO SAN GIORGIO

È stata la più colossale rapina di tutti i tempi, senza che nessuno se ne sia accorto! Svanirono nel nulla migliaia di lingotti d'oro custoditi nella tesoreria del Banco San Giorgio, che godeva di extraterritorialità riconosciuta da tutti gli Stati europei.

La Repubblica Ligure, essendo aggregata alla francese perse il diritto a controllare il ricco Banco San Giorgio, obiettivo massimo del tandem Napoleone  Saliceti, sin dal l797. Intanto, sulla Gazzetta di Genova, cominciarono ad essere stampati articoli inquietanti sulla conduzione dell'istituto bancario, che definivano i 4 Protettori degli incapaci in materia economica!  
Ci voleva un grande economista del calibro di Luigi Corvetto per salvare il famoso Banco genovese ... E così un brutto giorno, il doge fantoccio, esautorò i 4 Protettori (dei quali mai si seppe il nome) e sostituì ad essi il Corvetto, nominato direttore unico e nello stesso tempo “giudice supremo del tribunale” .

Ad organizzare la rapina fu ovviamente l'ambasciatore Saliceti che fece arrivare, a più riprese, chiatte francesi attraccate in porto nottetempo e i lingotti prelevati dagli stessi fidati marinai, dopo che fu aperto loro il portone da chi ne possedeva la chiave: il direttore Luigi Corvetto! Le chiatte potevano risalire il Rodano fino a Digione, a soli 250 km da Parigi.

Una volta arrivati nella capitale, per smerciare i lingotti in Europa per ricavare valuta pregiata, occorreva un esperto e discreto banchiere che si chiamava James Rothschild, collegato con tre suoi fratelli che avevano sedi bancarie a Francoforte, Vienna e Londra.

Ad ogni modo, risulta che, nel corso del 1804, piano piano, tutte le settimane partivano carri militari da Palazzo San Giorgio pieni di pesanti bauli e dei "Cartulari" dell'istituto che comprendevano gli schedari di tutti i ricchi clienti europei, trasferiti alla neonata banca di Napoleone a Parigi ... Nessuno di costoro mai protestò, poiché trovò nella capitale francese i suoi capitali intatti ...
In data 28 dicembre 1804, il doge Gerolamo Durazzo, dichiarò fallito il Banco dopo cinque secoli ininterrotti di proficui guadagni.

Guarda caso, i fratelli Rothschild diventarono, di colpo, dopo la caduta del Banco genovese, la maggior potenza finanziaria del mondo e dopo, per 150 anni, la storia della celebre casata israelita è stata la storia segreta d'Europa!

Per averne un’idea, possiamo fare un paragone con il 1860, quando Garibaldi trovò nel Banco di Napoli il Tesoro del regno borbonico: 443 milioni di lire - oro, anche questi spariti per far bella Torino.  Siccome i due Tesori genovesi potevano avere una dotazione 10 volte superiore (come minimo),  possiamo stimare la somma di circa 4.500 milioni di lire - oro, sufficiente a costruire metà della Parigi di allora!

Delle malefatte di Napoleone i nostri libri parlano poco e gli italiani, non sanno ch'egli definì il popolo italico vile ed ipocrita, che doveva essere dominato con forza e durezza!

PS. Bisogna  sfatare un altro grosso falso storico ormai radicato, il quale dice che, mentre la Rivoluzione bolscevica fu proletaria, la Rivoluzione francese fu borghese.
In realtà, la Rivoluzione francese  fu solo  “demenziale e disperata",    era una rivoluzione  senza capo ne coda che, ormai fallita economicamente, fu salvata con i soldi genovesi e padani.
Bisogna invece dare merito, a quel genio di un ladro di Bonaparte, di aver inventato lui,  il primo governo borghese del mondo, che diventerà poi il modello per i paesi democratici occidentali.     

Fonte: liberamente tratto da srs di Vittorio Giunciuglio


Nessun commento: