mercoledì 23 marzo 2011

La nave dei veleni vent'anni dopo: la " Jolly Rosso" tra Calabria e inchieste


Tutta la storia della motonave sospettata di contenere “veleni”. Caso aperto e archiviato più volte, l’ultima nel 2009, per insufficienza di prove, ma la prossima riapertura (annunciata dal presidente della commissione parlamentare sulle ecomafie Gaetano Pecorella a gennaio 2011) dell’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi potrebbe creare un effetto domino. Centrale la figura del capitano Natale De Grazia. A confronto il memoriale difensivo della società proprietaria e l’opinione del movimento ambientalista.

Una regione senza memoria è una regione senza futuro: la Calabria è una terra bellissima ma allo stesso modo feudo della criminalità organizzata e crocevia di trame oscure. E a distanza di vent’anni c’è un caso eclatante che fa ancora discutere, un fantasma che continua ad aleggiare.
E’ il 14 dicembre 1990 quando la motonave “Rosso”, di proprietà della società Messina di Genova, si arena sulla spiaggia di Amantea, in provincia di Cosenza. Inizialmente battezzata “Jolly Rosso”, alla fine degli anni ‘80 aveva legalmente trasportato rifiuti tossici dal Libano all’Italia, su mandato del governo italiano. Ma il sospetto, alimentato da più inchieste della magistratura e dei mass media, è che la “Rosso” sia una delle “navi a perdere”, contenente materiale radioattivo, destinata inizialmente ad essere illegalmente affondata in alto mare, spiaggiata a causa di un imprevisto e privata di un contenuto “scomodo” nottetempo nascosto a pochi chilometri. 


La società Messina a proposito si sente infangata e nel 2004 produce un documento rilevante, un dettagliato memoriale difensivo che vi proponiamo integralmente, suddiviso in capitoli salienti, e al quale contrapponiamo la versione del movimento ambientalista tirrenico, rappresentato dal militante e giornalista Francesco Cirillo, uno dei massimi appassionati ed esperti del caso.



Cosa succede, secondo la versione ufficiale, il 14 dicembre 1990 sulla costa di Amantea?

Secondo la versione ufficiale la motonave Rosso subisce una falla all’interno della sua stiva a causa del maltempo che ha sganciato un piccolo elevatore. Il mayday avviene davanti la costa di Falerna, alla distanza di 15 chilometri alle ore 7,55.  I soccorsi partono subito dall’aeroporto di Lamezia Terme che invia due elicotteri a recuperare l’equipaggio. L’evacuazione dell’equipaggio della motonave avviene alle ore 10 ed un quarto. Ma succede un fatto abbastanza insolito: la nave non affonda, le correnti fortissime la spostano verso il nord della Calabria ed alle ore 14 la nave spiaggia ad Amantea in località Formiciche.

Quando, da parte di chi e come nascono i primi dubbi sulla natura del materiale trasportato dalla motonave?
Secondo un rapporto di Greenpeace nel  1989 sono quattro le navi che caricano rifiuti tossici per conto di aziende private o per conto del Governo italiano. Tenga bene a mente questi nomi: una era la Jolly Rosso, l'altra era la “Cunsky”, l’altra ancora la “Vorais Sporadis” e infine  la “Yvonne”. Quest’ultime tre sono le navi che il pentito di ‘ndrangheta Francesco Fonti poi dirà di aver affondato nei mari fra Maratea (Basilicata) e la Calabria. E’ quindi normale che quando questa motonave “Rosso” si arena sulla costa calabrese si crea un allarme nelle popolazioni.

Chi sale sulla motonave la mattina del 15 dicembre?
Molte persone vi salgono, ma non abbiamo potuto mai leggere i verbali e non sappiamo neanche se qualcuno abbia stilato verbali sulle visite sulla nave. Dagli interrogatori resi alla commissione sui rifiuti e dall'inchiesta fatta dal pm Francesco Greco, sappiamo che il comandante della capitaneria di porto di Vibo Valentia Marina, Giuseppe Bellantone  sale su quella nave il giorno dopo lo spiaggiamento e dice di aver visto sulla plancia delle carte nautiche e dei fogli con strani simboli triangolari, come se fosse una “battaglia navale”, questo il termine usato da lui stesso .


Che fine fa la “Rosso” e che fine avrebbe fatto il suo presunto contenuto?
Il contenuto della nave resta un mistero. La società Messina dichiara che nelle stive della nave ci sono solo tabacchi e generi alimentari scaduti. Appena la nave spiaggia nessuno intervenne per isolarla. Le operazioni di controllo e sicurezza avvengono solo dalle ore 7 del mattino successivo. Nella “notte di Santa Lucia” sono parecchi i cittadini che sentono e vedono movimenti attorno alla nave. Ufficialmente il carico finisce in due discariche comunali nei pressi di Amantea. Scarichi che avvengono immediatamente senza alcun controllo diretto da parte delle autorità giudiziarie che si limitano subito a sminuire la portata dell’evento. Difatti a distanza di qualche mese, il Gip Fiordalisi chiude l’inchiesta e dà l’autorizzazione per lo smantellamento, nel giugno 1991, della motonave senza disporre controlli radioattivi su campioni del materiale interno alla nave, senza conservare i pezzi della nave con la presunta falla, senza analizzare per bene tutti i cosiddetti alimenti scaduti all’interno dei vari container. 


Quali nuovi indizi e testimonianze emergono negli anni? Quali sarebbero gli effetti sulla popolazione? 

Nel 2005 viene aperta una seconda inchiesta dal pm Francesco Greco e anche questa è archiviata nel 2009 e convalidata dal gip Carpino. Ma i fascicoli restano secretati e non sono visibili al pubblico. Faccio personalmente richiesta alla Procura di Paola di poter visionare la prima inchiesta, aperta nel 1990, esattamente 21 anni fa e mi viene rifiutato nonostante la legge dica che gli atti dopo l’archiviazione siano consultabili. Cosa si vuole nascondere allora ? Gli effetti sulla popolazione sono abbastanza rilevanti. Si registrano casi di tumore che superano la media nazionale, in un luogo dove non esiste una sola fabbrica inquinante. Il 18 aprile del 2007 la capitaneria di porto di Cetraro emette un ordinanza che vieta la pesca in luoghi del mare, coincidenti con quelli segnalati dal pentito Fonti, dove da indagini fatte dall’Arpacal risulta un eccesso nei sedimenti marini di arsenico, cobalto e alluminio. Questa presenza di metalli pesanti la dice lunga su quanto possa esserci nei fondali del nostro mare.

Chi è Natale De Grazia e perché il suo nome è legato alla "Rosso"? 

Natale de Grazia è un capitano di corvetta che lavora in pool con la Procura di Reggio Calabria, e indaga sulle “navi dei veleni”. Muore improvvisamente il 12 dicembre del 1995 mentre sta andando a la Spezia ed a Genova proprio per seguire il tour fatto dalla motonave "Rosso" e visionare documenti doganali su carico e scarico del lo stesso mezzo. Nella macchina con lui ci sono due carabinieri. Si ferma a mangiare in un autogrill di Campagna a pochi chilometri da Eboli (Salerno) e subito dopo aver intrapreso il viaggio si accascia in auto, ufficialmente colpito da infarto. In suo nome è nato il “Comitato civico De Grazia”, attivissimo nel denunciare le contraddizioni del caso. 


Chi preferisce il silenzio sulla vicenda? 

C’è un partito che si è formato subito dopo le dichiarazioni del pentito Fonti. Un partito trasversale fatto da sindaci, amministratori vari, partiti politici, associazioni: il partito dei “rassicuratori”. Sono quelli che mettono avanti il commercio, il turismo, gli investimenti edili nelle coste calabresi. Per loro è tutto falso, è tutto un complotto contro la Calabria. Nessuno ci ha mai spiegato come fa il pentito Fonti a sapere che in quei punti vi erano delle navi affondate.

Ad oggi qual è la vostra unica certezza e quali sono i margini di riapertura del caso?
Oggi a distanza di tanti anni l’unico dato certo che abbiamo e che il procuratore di Paola, Bruno Giordano, ha più volte evidenziato, è che nella valle dell’Oliva, dove la “Rosso” spiaggia, sono seppelliti 100mila metri cubi di materiale tossico e nocivo. L’unica concreta speranza di riagganciare il caso “Rosso” potrebbe essere la riapertura, possibile, dell’inchiesta su Ilaria Alpi. A gennaio 2011 il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie, l’onorevole Gaetano Pecorella, dichiara di essere intenzionato a riaprire il caso della morte della giornalista dopo aver ascoltato il maresciallo Scimone, collega di De Grazia. Il maresciallo Scimone, ora in pensione, riferisce a Pecorella che doveva andare lui al posto di De Grazia a la Spezia, che invece doveva recarsi a Crotone sempre per la “Rosso”. E Pecorella ascolta anche il cognato di De Grazia. Aspettiamo l’evolversi degli eventi e gridiamo verità. 


Fomte: srs di Armando Acri dal TGCOM del 24 febbraio 2011

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