Contessa di Castiglione
Virginia Verais Oldoini Rapallini, nota come contessa di Castiglione, che il cugino Cavour incaricò di sedurre l’imperatore francese Napoleone III perché appoggiasse l’aspirazione dei Savoia di conquistare l’Italia intera
La più bella escort dell’ Ottocento si chiamava Virginia Oldoini Rapallini, moglie del conte di Castiglione e amante di una quantità sterminata di vip.
Gli amici la chiamavano “Nicchia”. Bella, piacente, elegante, raffinata nei gesti e sofisticata per le conoscenze culturali, si trovava naturalmente aperte le porte della buona società. E lei cercava di approfittarne. In quegli anni che prepararono la “Seconda guerra d’Indipendenza”, la partecipazione sabauda alla spedizione in Crimea e gli accordi di Plombières non sarebbero bastati per assicurarsi l’appoggio di Parigi.
Per convincere Napoleone III a intervenire contro l’Austria più che i tavoli diplomatici, funzionò l’impresa di “pubbliche relazioni” di “Nicchia” che mise a disposizione anche la sua camera da letto. Lei tenne fermo nell’imperatore francese il proposito di aiutare i Savoia a diventare re d’Italia. «Riuscite, cara cugina - benedisse l’operazione quel furbacchione di Cavour - usate i mezzi che vi pare... ma riuscite!». .
IL TRICOLORE NEL LETTO
Era la più affascinante delle donne dell’Ottocento, sapeva, di poter contare sulle sue qualità di chantosa e non si vergognava di farlo, Doveva “circuire politicamente” Napoleone III, civettare con lui e, se necessario, “sedurlo”. Badò al sodo: lo sedusse e di avventurò in un flirt patriottico dove le lenzuola e il tricolore sembravano la stessa cosa.
“Nicchia” ( di amanti ne aveva da buttare, fin da quando aveva 11 anni) considerò l’avventura con il padrone di Francia una specie di esame di laurea che, tuttavia, dal punto di vista squisitamente erotico, finì per lasciarla abbastanza delusa. Quando calano le braghe e restano nudi, anche i potenti si mostrano per come sono.
Gli studiosi ortodossi sminuirono sempre il ruolo svolto dalla nobildonna che quasi finì per essere del tutto cancellata dalla storia
La prima volta avvenne a Compiègne. Lei, stupenda come al solito, con una toilette che le spingeva in alto i seni e le scopriva la schiena, era stata invitata per assistere a una specie di inaugurazione di una giostra di cavalli di legno che allora poteva essere montata soltanto nel Palco della reggia imperiale. Uno spettacolo: vedere quelle sculture che si rincorrevano, seguendo il ritmo di un carillon. Forse girarono troppo in fretta e, quando il meccanismo si arrestò, era la testa di “Nicchia” che continuava a girare. Napoleone non perse l’occasione per sorreggerla e consigliarla: Camminate un poco, appoggiatevi a me. Lui, alto, si piegava appena per tuffare il naso nei suoi capelli in modo da aspirarne il profumo di ciclamino e approfittare per infilare gli occhi nella scollatura. Lei faceva la ritrosa ma, certo, esagerava quel suo stordimento per farsi soccorrere più del dovuto. «Va meglio?». Andava meglio. Un bacio sulla fronte poi, più giù, sulle labbra e, infine; l’invito che aveva tanto desiderato: «A stasera... ».
La servitù le fece occupare la “camera azzurra”, evidentemente destinata all’amore dell’imperatore. Era arredata con un letto al centro disposto da sembrare un monumento, non molto alto, ma appoggiato sopra un gradino. In una parete, a lato, si distingueva il segno dell’intelaiatura di una porta: era quella che usava Napoleone III per non farsi vedere in giro per il corridoio in vestaglia da camera. Si apri il battente e la luce, da dietro, disegnò il profilo dell'uomo più potente di Francia che avanzò di un passo, chiuse la porta scalciandola con un calcagno e torno a muoversi con andatura più prudente per l’oscurità. Inciampò in uno sgabello ma poi trovò le braccia di “Nicchia” .
Lei scrisse tutto sul diario con una precisione sopraffina, inanellando un particolare dopo l’altro, senza trascurare dettagli e impressioni, parlando di se stessa non come la protagonista di un incontro d’amore ma come se si trattasse di descrivere le scene di un film di cui era stata spettatrice. «Si abbassò, io chiusi gli occhi e il destino si compi». Stornata di tutti gli orpelli e liberata dalle suggestioni del personaggio, aggiunse: «Quando se ne andò via distinsi il pendolo che suonava le due…aveva suonato l’una e mezza quando arrivò…»
Gli storici negano qualunque Influenza della contessa di Castiglione nelle questioni dell’indipendenza italiana. Poco ci manca che dicano che non è nemmeno esistita. Ma questo accade perché gli storici di professione vogliono i protocolli, le carte, almeno le fotocopie dei documenti autentici, i timbri e le marche da bollo che, in questo caso, ovviamente, non si trovano, E non si trovano anche perché, alla morte della donna, i servizi segreti francesi setacciarono la sua casa di Parigi e bruciarono tutto quello che non piaceva fosse conosciuto. Contemporaneamente, i servizi segreti italiani fecero la stessa cosa nella casa di La Spezia che, per la verità, anche precedentemente, era già stata visitata due volte da ladri assai bizzarri: preoccupati di rubare soltanto libri e quaderni e bruciarli sul posto dove li avevano trovati.
La passione del sovrano francese divenne oggetto di dispacci diplomatici: al congresso di pace di Parigi il plenipotenziario austriaco Hubner definì «pericolosa» la liaison del monarca
Invece, è ovvio ritenere che la contessa di Castiglione spianò la strada della collaborazione fra i Savoia e Napoleone III. E’ risaputo, quanto a risultati che le lenzuola valgono dieci, cento, mille “colazioni di lavoro”. Tutto ciò manda all’aria le trame dei “tessitori”, gli eroi e i martiri del Risorgimento? Lei, senza chiedere niente per se, cingendo, a suo modo, l’elmo di Scipio, ce la mise tutta: con entusiasmo e - si presume - con spirito patriottico. Anche se volle scegliersi il campo di battaglia sul quale si sentiva più a suo agio.
Durante la convenzione di pace della guerra di Crimea, a Parigi, l’ambasciatore britannico CowIey informò il ministro Clarendon dell’ “interesse” che l’imperatore francese dedicava alla bellissima Virginia “Nicchia” di Castiglione. Secondo lui, quella era una liaison che influenzava enormemente l'esito del congresso. Ancor più preoccupato, il plenipotenziario austriaco Hubner che denunciò al suo Governo «la pericolosa passione di Napoleone III».
Lei, in quel momento, frequentava l’ambasciata di Torino in Francia, usava i codici cifrati per mandare comunicazioni e riceveva posta nella sede del Governo piemontese. Urbano Rattazzi che, nelle questioni sentimentali, non era quel gentiluomo capace di addolcire le parole, la chiamava: «La vulva d’oro del nostro Risorgimento» .
L’avventura segnò il passo quando l’imperatore, il 2 aprile 1857, venne aggredito da un sicario sul pianerottolo di casa della sua amante che stava andando a visitare. Probabilmente si trattava di un agguato organizzato direttamente dall’imperatrice Eugenia che cominciava a essere stanca di quella storia e voleva mettere l’alt al marito. Se quella era la sua intenzione ci riuscì, perché i rapporti fra i due cominciarono ad allentarsi fino a spegnersi del tutto. “Nicchia” continuò a frequentare il mondo della hight society ma utilizzando le armi della sua avvenenza con maggiore parsimonia
L’ALFABETO DEL SESSO
Le scriveva Matilde Poniatowski, moglie di un principe decaduto: «Mettimi a disposizione la tua cosina ma non fargliela toccare finché il nostro affare non sarà concluso».
Lei si divertiva e, nel suo diario, traduceva le sue emozioni in un personale alfabeto dell'amore.
“E” stava per embrassement, “b” per kaiser, “f” per il resto. “Pr” significava “pure revenche” e indicava una sua vendetta sentimentale, “ff” indicava fifty fifty e significava che l’aveva fatto un po’per passione e un po’ per convenienza.
SPECULAZIONI SPERICOLATE
Certo, durante la “Seconda guerra d’lndipendenza”, prima e con la “Terza”, qualche anno più tardi, fu un crocevia di speculazioni spericolate. Un gran numero di ufficiali le scriveva dal fronte, tutti i giorni, dandole notizie di prima mano che; qualche volta, il Governo avrebbe conosciuto con una settimana di ritardo. Non tutti i corrispondenti erano sollecitati soltanto dal suo fascino. Un suo zio. il generale Enrico Cigala, già troppo avanti negli anni per avere velleità erotiche, le mandò 65 lettere in cinquantacinque giorni, spiegandole le strategie militari e indicandole i dettagli della campagna di guerra: Al momento dell’annuncio della vittoria, i banchieri avevano già realizzato i guadagni di cui sono capaci, approfittando delle cose del mondo.
Napoleone III comunque compì quella spedizione in Italia che Cavour e Vittorio Emanuele speravano fosse il risultato fondamentale degli sforzi della contessa
Quando “Nicchia” morì, scoprirono che non voleva «nessuna croce, nessuna messa, nessuna chiesa, nessun prete, nessun fiore, nessuna preghiera». Non costò nulla accontentarla. Chiese anche di essere sepolta con i due cani che aveva imbalsamato, con alcuni gioielli e con la camicia da notte che aveva indossato a Compiègne. E, qui, non la accontentarono. Gli animali impagliati li buttarono via, i gioielli preferirono venderli all’orefice più generoso e la tunichetta di seta vaporosa che lei - come la Monica Lewinski di Clinton - si era tenuta per cimelio, non venne trovata e la si credette perduta. Decenni più tardi, nel castello piemontese di Santena, la trovò un antiquario, piegata in sei come un tovagliolo, custodita in un’urna di cristallo, sigillata con fermagli d’argento.
Napoleone III, comunque, venne in Italia e portò le sue truppe a combattere contro l’Austria. Fu uno scontro tremendo nel corso del quale proprio lui e i suoi uomini sostennero, quasi per intero, lo sforzo del combattimento, pagando migliaia di morti.
(7 – continua)
Fonte: srs di Lorenzo Del Bocca; da La Padania di sabato 03 ottobre 2009, pag. 12 - 13.
1 commento:
Forse sarebbe meglio studiare un po' di più la storia nel suo complesso (anche quella più remota) prima di definire la Contessa una "escort" e sapere per bene chi sono le escort.
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