giovedì 8 novembre 2012

AMOS SPIAZZI, MORTO IL GENERALE DEI SEGRETI


Il generale Amos Spiazzi avrebbe compiuto 79 anni tra un mese  (Trieste, 4 dicembre 1933 – Verona 4 novembre 2012)


MORTO AMOS SPIAZZI, IL GENERALE DEI SEGRETI

STORIE D´ITALIA. All´età di 79 anni, nella sua casa alla Biondella, il generale d´artiglieria, al centro di molti misteri di Stato, si è spento dopo alcuni mesi di malattia. Dalla Rosa dei Venti negli anni Settanta in poi, è stato coinvolto in mille indagini e processi. Dai quali è sempre uscito assolto

Il brigadiere generale Amos Spiazzi di Corte Regia è morto. Ieri mattina tra le braccia di Giulio, uno dei suoi figli. L´ha ucciso un tumore a un polmone, diagnosticato un mese fa, dopo un infarto. E la situazione già compromessa per il primo malore non gli ha dato possibilità di scampo.
 È morto il 4 novembre, avrebbe compiuto 79 anni.
Non poteva avere un giorno diverso, il generale, per lasciare questa terra. È morto il giorno in cui l´Italia festeggia le Forze Armate. Lui che questo Paese ha amato tanto.
Spiazzi è stato sino alla fine servitore di uno Stato che con lui è stato patrigno. Il 4 novembre del 1952 era entrato all´accademia militare di Modena. 
Sempre la stessa data che ricorre. E fu l´inizio di una carriera che gli ha portato più tormenti che soddisfazioni, ma che gli ha consentito di stringere legami e amicizie forti e duraturi.


Amos Spiazzi con Vittorio Emanuele di Savoia


Da una settimana la situazione clinica del generale era peggiorata. Ieri mattina, nella casa della Biondella, accanto alla moglie Aduana Pavanello, ai figli avuti dalla prima moglie (deceduta anche lei per un tumore) Eugenio, Giulio e Jader, il generale è spirato.

Non sono stati facili gli ultimi due mesi per il generale. Ma finchè ha avuto voce non ha fatto altro che ripetere che era stato perseguitato. Gli ultimi interrogatori quelli dello scorso gennaio e di giugno lo avevano fortemente scosso.
Aveva subito 19 processi con altrettante assoluzioni. Ha subito complessivamente sei anni di carcerazione preventiva e 18 di sospensione precauzionale dall´impiego venendo poi assolto perché il fatto «non sussiste» con conseguente ricostruzione di carriera. Ma era ancora in attesa del risarcimento per i danni morali e materiali.

Il 4 dicembre 1998, ancora il 4, era transitato in riserva per limiti di età. Ma lui la divisa non l´aveva mai tolta. Persino durante la carcerazione aveva ottenuto di poterla indossare. E anche a casa, negli anni, sempre con il verde militare addosso, simpatico cruccio di Aduana che di questo si lamentava sorridendogli.
Aveva iniziato a stare poco bene quest´estate, Spiazzi, dimostrando una stanchezza che non era da lui. Aveva in mente di scrivere un altro libro e continuava ad avere il vezzo di prendere appunti in vista della stesura definitiva.  Dopo la prima detenzione aveva pubblicato «Il mistero della Rosa dei venti», saggio che si era aggiudicato il primo premio letterario della narrativa edita Tito Cassini per il 1996. Ha scritto anche «La casa degli onesti».
Era pieno di interessi l´artigliere Spiazzi, laureato in scienze strategiche, in filosofia e in genealogia araldica.
Gli ultimi incontri con i magistrati a gennaio e a giugno lo avevano fortemente destabilizzato ed erano tornati gli spettri del passato: «Non capisco perché insistano nel volermi sentire. Non ho niente da aggiungere rispetto a quanto già dichiarato in passato. Mi continuano a fare domande di cui neanche capisco il senso, a chiedermi di persone che non conosco. Davvero mi sento perseguitato», diceva Spiazzi, «non è loro bastato farmi subire tutto quello che ho subito negli anni?».



Amos Spiazzi con gli integralisti cattolici


Il generale se n´è andato e con lui i segreti di Stato, misteri che nessuno è riuscito mai a dipanare. O non ha voluto, scegliendo la via più comoda, costruendo teoremi che si sono sbriciolati, lasciando stragi senza colpevoli e vite devastate. A cominciare dalla sua.
«Mai e poi mai avrei commesso una strage o avrei partecipato a essa. Mai e poi mai avrei ucciso dei civili innocenti. E la sola accusa è per me un´infamia», diceva amareggiato quando raccontava le note vicende, lui che s´era messo contro i Servizi perché in Alto Adige stavano facendo morire di fame una bambina per poter catturare suo padre ritenuto un terrorista. E Spiazzi la liberò. Forse i suoi problemi cominciarono allora, chissà. Nemmeno lui se lo spiegava il perché di tanto accanimento. 
I funerali del generale verranno celebrati domani pomeriggio alle 15, nella chiesa di San Pio X.

LE INCHIESTE:  DAL GOLPE BORGHESE A PIAZZA DELLA LOGGIA

Spiazzi nel 1991, sempre in tenuta militare, con alcuni studenti

Per quasi quarant´anni è stato interrogato dai magistrati su tutte le vicende più oscure del Paese. Arrestato nel 1974, nel 1977 condannato a 5 anni, assolto nel 1984. Un anno fa fu sentito dai pm di Brescia

Tutto ebbe inizio con la Rosa dei Venti, una organizzazione sulla quale indagò il magistrato Giovanni Tamburino negli anni Settanta ritenendola vicina a ambienti della destra eversiva italiana, delle forze armate e dei servizi segreti e assolutamente segreta, probabilmente anche collegata con la Nato per tenere lontano il comunismo dall´Italia. Nelle indagini sulla Rosa dei Venti, organizzazione ritenuta vicina al golpe Borghese, spuntò per la prima volta il nome dell´allora tenente colonnello d´artiglieria Amos Spiazzi. Ma l´ufficiale veronese ha sempre sostenuto di aver bloccato con una telefonata a Valerio Borghese il tentativo di colpo di Stato.

Arrestato il 13 gennaio 1974 a margine delle indagini della magistratura relative al cosiddetto «Golpe Borghese», subì complessivamente sei anni di carcerazione preventiva, di cui quasi quindici mesi di cella d´isolamento e di «carcere duro» e diciotto di sospensione precauzionale dall´impiego Non poté partecipare alle esequie della madre, venuta a mancare nel 1975 e - con molte restrizioni - partecipò a quelle della prima moglie Graziella (mancata nel 1983), in quanto detenuto «pericoloso». 

Il processo fu inaugurato il 30 maggio 1977, ma dei 78 imputati i più compromessi, tra cui Remo Orlandini ed il medico reatino Adriano Monti, erano latitanti. Il 14 luglio 1978, la sentenza di primo grado si risolse in 30 assoluzioni, ma anche per i condannati caddero i più gravi capi d´accusa, come l´insurrezione armata contro i poteri dello Stato, e restò solo il reato, relativamente attenuato, di cospirazione politica. Vennero dunque inflitti 10 anni a Remo Orlandini, 8 a Rosa, De Rosa e al colonnello dell´Aeronautica Giuseppe Lo Vecchio, 5 anni a Stefano Delle Chiaie e al colonnello dell´Esercito Amos Spiazzi di Corte Regia, quattro a Sandro Saccucci. Uscirono, invece, assolti «perché il fatto non sussiste» Vito Miceli, Luciano Berti, Adriano Monti.

Il 29 novembre 1984, dopo due giorni di camera di consiglio, la Corte d´Assise d´Appello assolse tutti gli imputati, derubricando il programma golpista come un «conciliabolo di quattro o cinque sessantenni», ed anche la Cassazione conferma tale interpretazione il 24 marzo 1986. Dunque, assolto definitivamente in cassazione «perché il fatto non sussiste».
Processi, assoluzioni e interrogatori come persona informata dei fatti sulla strage di piazza della Loggia, hanno martoriato la vita del generale Amos Spiazzi di Corte Regia. Nell´ultimo anno il generale Spiazzi venne convocato sempre come persona informata sui fatti dalla procura di Venezia, ma venne anche sentito nella caserma di via Salvo D´Acquisto dai sostituti bresciani Avezzù e Omboni, sempre su vecchie questioni: Ludwig e piazza della Loggia.


Fonte: srs Alessandra Vaccari,  da L’Arena di Verona di lunedì 05 novembre 2012 CRONACA, pagina 8




LETTERE A L’AREA DI VERONA:  LUIGI BELLAZZI

Ebbi modo di conoscere l´allora capitano spiazzi nel lontano 1972. A seguito delle quotidiane scazzottate tra camerati e compagni, in un processo serviva alla difesa di un giovane (allora) camerata un perito balistico. Diavolo trovarne uno, a quel tempo, di periti balistici per assistere la difesa di un fascista. spiazzi, ufficiale di artiglieria e appassionato collezionista di armi, accettò con entusiasmo l´incarico di perito di parte. Senza titubanza per i rischi alla carriera. In quel lavoro peritale Amos ci mise l´anima, non si curò della canea antifascista e fu determinante per ottenere la piena assoluzione del giovane camerata. Per l´attività prestata, considerandola militanza politica, spiazzi non chiese un solo centesimo di compenso. Di lì a poco doveva poi iniziare (siamo nel 1974) il calvario giudiziario dell´allora maggiore spiazzi. Abbandonato dall´Esercito, ignorato dai parlamentari del Msi (ne temevano la possibile concorrenza elettorale per la grande notorietà assurta), spiazzi divenne il mostro da massacrare mediaticamente e giudiziariamente. Famiglia distrutta, ridotta alla fame. spiazzi rimosso dal grado si mantenne stentatamente diventando insegnante di filosofia, grazie alla laurea conseguita in carcere. Un calvario giudiziario con sei anni di carcere di cui due in isolamento assoluto. Assolto. Il "certificato penale" del pluriinquisito Generale Amos spiazzi di Corte Regia reca il timbro con la scritta: "Nulla". Ci sarà mai "un giudice a Berlino" (basterebbe l´ultimo ragioniere della Corte dei Conti attento alle trasferte ed ai rimborsi spese... e ai denari per i "confidenti") che voglia indagare sulle montature giudiziarie create contro Amos spiazzi? Il soldato, il milite, l´insegnante è asceso nel Paradiso degli Eroi. 

Luigi Bellazzi 
(VERONA)

Fonte: srs di Luigi Bellazzi, da L’arena di Verona di martedì 06 novembre 2012, LETTERE, pagina 23.



L´ADDIO AL GENERALE SPIAZZI 
«RIPOSA TRA I COMBATTENTI»


L´arrivo del feretro alla chiesa di San Pio X alla Biondella (FOTOSERVIZIO FADDA)

IL FUNERALE. Chiesa gremita alla Biondella per l´ultimo saluto al militare che fu al centro di clamorosi casi giudiziari.  Il ricordo dei figli: «Ci insegnò il rispetto per le idee degli altri» Pochi i politici sul sagrato Letta la sua ultima preghiera

«Mio padre è stato additato in vita come uomo di parte, ma la sua grande qualità è stata invece l´essere al di sopra delle parti. Ha sempre dialogato con tutti, è stato amico di tutti, ha dato una mano a tutti e questa chiesa gremita di persone di tutte le estrazioni sociali e di tutti i credo politici ne è la dimostrazione lampante».

Davanti alla semplice bara di legno chiaro coperta dal drappo con l´aquila imperiale, stemma di famiglia, e da un cuscino di rose bianche, è questo l´inedito ritratto che il figlio Eugenio ha tracciato del padre, il generale Amos Spiazzi, morto lo scorso 4 novembre a causa di una grave malattia. 

All´arrivo sul sagrato il feretro viene accolto dalle note del silenzio fuori ordinanza. C´è molta commozione. Gli fanno ala le bandiere e i labari delle associazioni d´Arma.
 A scortarlo dentro la chiesa di San Pio X, alla Biondella, ci sono la Guardia d´onore alle tombe dei Reali del Pantheon, un omaggio all´alto ufficiale e al conte rimasto sempre fedele alle proprie idee monarchiche, e il gagliardetto dell´Ordine di Gran Cancelliere dell´Aquila Romana


I funerali del generale Amos Spiazzi: sulla bara lo stemma di famiglia 


Mescolati alla folla alcuni esponenti politici, dalla comune militanza a destra, come l´ex senatore Paolo Danieli, l´assessore provinciale Samuele Campedelli, l´assessore regionale Massimo Giorgetti, l´ex assessore comunale Marco Padovani.
Sulla bara, in chiesa, i familiari stretti attorno alla moglie Aduana, depongono l´elmetto da artigliere del generale. In molti fanno il saluto militare.
Poi, un altro dei suoi tre figli, Jader, legge la preghiera scritta dal padre nei suoi ultimi mesi di vita. Parole di speranza e di fede, ma dalle quali emerge anche tutta l´angoscia e il dolore per le vicende che l´hanno coinvolto in passato.
«Fate che il resto della mia vita terrena che vorrete concedermi sia priva di peccato e di colpe e conforme al vostro volere, che possa superare con la stessa forza che infondeste in me nei passati tragici anni, le dure difficoltà che mi opprimono per la mia famiglia, per quelle dei miei figli e per tutta la discendenza...».

L´ultimo saluto ad un militare, la cui vita è stata costellata di processi e sempre di altrettante assoluzioni e al centro di sospetti e indagini su alcuni dei fatti più oscuri della storia della Repubblica, si svolge in un clima di estrema sobrietà.


L´elmetto da artigliere


Il parroco don Alberto Carcereri commenta il brano biblico tratto dal libro del profeta Amos appena letto dal figlio Giulio. «Anche in questo nostro fratello Amos, nella sua vita», afferma il celebrante, «riscontriamo l´amore della giustizia e della verità. I suoi ultimi mesi hanno mostrato anche tutta la mitezza che era in lui e la serenità nell´affrontare la malattia: da come uno muore si vede che persona è. È la verifica finale di una vita. La nostra preghiera di ringraziamento è per averlo incontrato, per aver condiviso un tratto di strada e anche tante fatiche».
Alla consacrazione si alzano i labari delle associazioni degli Artiglieri, dei Marinai, dell´Aeronautica, dell´Unione ufficiali, dei Fanti dell´XI Divisione del Brennero, dei familiari dei Caduti e dei dispersi di guerra, dei reduci d´Africa, degli Alpini, dei Granatieri, dei Bersaglieri, dell´Istituto del Nastro azzurro di cui Spiazzi fu presidente provinciale, delle crocerossine. In mezzo anche il gagliardetto dell´Hellas.

Alla fine della cerimonia Eugenio - lo stesso nome del nonno, comandante dell´Ottavo reggimento di artiglieria alla caserma Passalacqua e protagonista della prima forma di resistenza ai nazisti dopo l´8 settembre 1943 - lascia un ultimo ricordo del padre Amos. «Combattete sempre per le vostre idee, ci diceva, ma rispettate sempre le idee degli altri e in questi ultimi tristissimi giorni la solidarietà di tanti, sopra le parti, sopra gli schieramenti, se di schieramenti possiamo ancora parlare, ci hanno sollevato e hanno sollevato anche lui... Ora lo pensiamo combattente insieme ai combattenti di tutte le guerre e ai caduti per un ideale, da una parte e dall´altra». Un applauso accompagna le sue parole. Poi la preghiera dell´artigliere «per un mondo più libero e più giusto» e di nuovo il «silenzio» prima dell´ultimo viaggio del generale.

Fonte:  srs di Enrico Santi, da L’Arena di Verona di mercoledì 07 novembre 2012 CRONACA, pagina 15




SI È SPENTO AMOS SPIAZZI, DIFENSORE DELL’ITALIA OLTRAGGIATO DALL’ITALIA




Giorni fa è scomparso Amos Spiazzi di Corte Regia.  Il suo nome è noto solo a chi non è proprio più un ragazzino: il colonnello Spiazzi negli anni ’70 era stato accusato praticamente di ogni nequizia (o di ogni progetto di nequizia) che ha interessato la penisola. È stato considerato uno dei capi della misteriosa Rosa dei Venti (organizzazione golpista), è stato tirato in ballo per il Golpe Borghese, per tutte le stragi attribuite ai fascisti, fino – non poteva mancare – alla Gladio.  Spiazzi si è fatto 6 anni e mezzo di galera, ha avuto la vita e la carriera militare (a 40 anni era il più giovane tenente colonnello dell’esercito) completamente devastata: per le vicende connesse alla sua persecuzione ha perso la madre e la moglie, si è rovinato economicamente ed è morto in dignitosissima povertà.

Spiazzi era stato inquisito e processato 19 volte e ogni volta assolto con formula piena. Dopo ogni assoluzione gli è arrivata puntuale una nuova incriminazione, con il solito doloroso corollario di carcere, processi, umiliazioni e additamenti alla pubblica esecrazione. Spiazzi è stato per anni il primo,  più pericoloso ed esecrabile mostro da sbattere in prima pagina, il pericolo pubblico da additare all’odio di chiunque amasse con tenerezza la democrazia. Alla fine, dopo 32 anni di calvario, nel 2005, Spiazzi era stato definitivamente assolto in Cassazione da ogni accusa. Era stato reintegrato nel grado (ma subito congedato),  e salutato senza neppure una lettera di scuse. Si è rivolto alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ha ovviamente condannato la Repubblica italiana a una multa per le vergognose lungaggini con cui Spiazzi è stato finalmente prosciolto. Lo stesso Tribunale è stato coinvolto per costringere lo Stato a un risarcimento che fino alla fine ha rifiutato di riconoscergli sulla base di odiosi cavilli procedurali.

Il calvario di Spiazzi era iniziato quando, ufficiale in servizio in Sud Tirolo, aveva colto sul fatto un paio di attentatori separatisti che – portati in caserma – si sono rivelati essere degli italianissimi agenti provocatori.  Caldamente consigliato di “lasciar perdere” e di girarsi dall’altra parte, Spiazzi aveva voluto fare fino in fondo quello che gli dettava il suo onore di soldato. I suoi guai giudiziari sono cominciati dopo poco.

Dello Stato italiano aveva un’idea romantica di onestà, rettitudine e senso del dovere: per rispettare ordini e gerarchie non ha mai voluto rivelare dettagli che forse gli avrebbero risparmiato un po’ di sofferenze.  La sua patria ha ripagato la sua fedeltà in maniera vergognosa: ciò nonostante non ha mai voluto rinunciare ai suoi ideali.  La sua italianità orgogliosa lo poneva su posizioni assai distanti dalle nostre ma la sua onestà e coerenza ci impongono oggi di ricordarlo con grande rispetto.  Se ne è andato uno straordinario galantuomo davanti a cui si devono inchinare tutte le persone per bene. Di sicuro non lo onoreranno tutti quelli che usano il suo stesso tricolore per coprire le loro nefandezze. Quelle vere.

Fonte: srs di GILBERTO ONETO, da L’indipendenza del  7 novembre 2012










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