Verso la metà del secolo IX il patriarca Fozio e il papa Niccolò I rappresentano la nuova situazione in qualità di rappresentanti di due mondi contrapposti.
Coinvolto nel conflitto fra “partiti” rivali, quello degli zeloti “conservatori” e quello dei politikoi “progressisti”, Ignazio, patriarca dall’847 e appartenente al primo gruppo, si dimise nell’858 dopo un contrasto con colui che faceva le veci dell’imperatore, Bardanes (essendo Michele III ancora troppo giovane per governare), e si dimise a patto che i suoi atti compiuti in qualità di patriarca fossero dichiarati validi. A succedergli legittimamente fu designato Fozio, capo della cancelleria imperiale. L’elezione di un laico non era nuova; i relativi giudizi negativi degli avversari (soprattutto in occidente) «non possono essere accettati da uno storico» (Dvornik). Fozio è «senza dubbio un uomo eccezionale, dotato di grandi qualità» (W. de Vries). Secondo la prassi usuale, egli comunicò un anno più tardi la sua elezione al vescovo romano mediante la lettera di pace.
Dopo una serie complicata di alti e bassi che portarono Fozio a confrontarsi con Ignazio, nell’861 egli convocò un sinodo a Costantinopoli, a ciò indotto da disordini provocati soprattutto dagli iconoclasti e partigiani di Ignazio. La situazione in ambito costantinopolitano intanto si acutizzò. A questo sinodo parteciparono anche legati papali. Alla fine Ignazio fu dichiarato deposto. Fece ricorso a Roma. E solo dopo di ciò, Niccolò I convocò nell’863 un sinodo in Laterano, che dichiarò nulla la destituzione di Ignazio e, di conseguenza, deposto Fozio.
Ulteriore causa di attrito fu la questione dei Bulgari. Boris, principe dei Bulgari, voleva da Costantinopoli una Chiesa indipendente con un suo patriarca a capo; non vedendosi accontentato, espresse questo suo desiderio a Roma e chiamò chierici franchi nel paese. La loro attività - con l’introduzione di riti occidentali e del Filioque - rese l’atmosfera incandescente. In questa situazione Fozio convocò nell’867 un sinodo, che depose Niccolo I, lo scomunicò e respinse il Filioque. Era lo scisma.
Ma sempre nell’867 le cose cambiarono col nuovo imperatore Basilio I il Macedone (867- 886) – il quale con un colpo di mano da stalliere imperiale era diventato imperatore – il quale depose Fozio e rimise a suo posto Ignazio. Questi convocò nell’869 un nuovo sinodo, cui parteciparono i legati del nuovo papa Adriano II. Fozio fu condannato, ma le richieste papali (per es. il mantenimento della giurisdizione di Roma sui Bulgari e pieno riconoscimento del primato papale) non furono soddisfatte, bensì fu ribadito il principio della pentarchia (posizione preminente dei cinque patriarchi: Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, col vescovo di Roma al primo posto). Il documento inviato dal papa fu tuttavia sottoscritto nel sinodo.
In seguito Fozio tornò dall'esilio e diventò precettore del principe imperiale. Si riconciliò con Ignazio e, dopo la morte di questi, ridivenne patriarca (877). Questa intricata situazione (per es. vescovi deposti ed esiliati) doveva essere risolta da un sinodo orientale dell’879/80, cui parteciparono anche rappresentanti del papa Giovanni VIII (872-882). Più di 380 vescovi si radunarono nell’Haghia Sophia, Fozio fu dichiarato riabilitato e legittimamente tornato al suo posto (già prima dell’arrivo dei legati papali). Per la questione dei Bulgari sollevata da Roma il sinodo si dichiarò incompetente. Tuttavia recepì il Concilio del 787 come ecumenico e confermò di fatto il principio della pentarchia.
Rinunciando a un nuovo horos (definizione) dogmatico, fu da tutti riconosciuta la grande importanza del simbolo niceno-costantinopolitano nella sua redazione (senza aggiunte e cancellature) che venne di conseguenza recepito come unico simbolo ecumenico, cosa che oggi è di nuovo fatta oggetto di crescente considerazione.
La stessa cosa vale della decisione conciliare circa la legittimità delle diverse tradizioni della Chiesa orientale e di quella occidentale. Nella Chiesa cattolica viene considerato fin dal secolo XII come concilio ecumenico quello dell’869/70, anche se esso fu sconfessato da quello dell’879/80. La communio ecclesiale ancora manifesta in quell’occasione fa sperare che in futuro il secondo di questi concili (879/80) venga riconosciuto come ecumenico VIII dall’Oriente e dall’Occidente. Per il resto, Fozio fu nuovamente costretto a dimettersi dall’imperatore Leone VI (886) e morì in comunione con Roma (892).
Costantino-Cirillo e Metodio e l’evangelizzazione degli Slavi
Nell’862 il principe moravo Rastislav aveva inviato una delegazione a Bisanzio, anche per chiedere missionari greci per l’ulteriore educazione religiosa del suo popolo. Quando Fozio ricevette questo invito scelse le persone migliori che aveva a disposizione erano i suoi amici Costantino e Metodio, figli del trungarios (comandante militare) della città greca di Tessalonica.
Dopo la morte del padre ambedue furono chiamati a Costantinopoli da un amico del padre, il logotheta(1) Teoctistos (assai influente e persona potente a corte). Poco dopo Metodio fu nominato arishon (governatore civile) della Macedonia, mentre il più giovane Costantino frequentava l’accademia imperiale, in cui probabilmente Fozio era professore. Finiti gli studi Costantino fu consacrato diacono e nominato chartophylax (segretario-archivista) del patriarca che all’epoca è Ignazio. Scontento di questa sua posizione, si ritira anzi si nasconde in un monastero del Bosforo, senza però farsi monaco. Intanto però anche il fratello maggiore aveva rassegnato le dimissioni e si era fatto monaco in un monastero del monte Olympos in Bitinia, di cui poco dopo divenne igoumenos, cioè abate (2).
Costantino dopo sei mesi fu ritrovato e richiamato nella capitale, ma non più come segretario, bensì come didascalos (insegnante) di filosofia nell’Accademia imperiale. In questa occasione con ogni probabilità conobbe da vicino Fozio, e gli divenne amico. Lo stesso Costantino divenne membro di una legazione politico-religiosa inviata a Baghdad presso il califfo. In questo tempo fece già studi di tipo filologico. Solo dopo l’ascesa di Fozio e l’assassinio del loro maggiore benefattore Teoctistos, i due fratelli si riunirono, in quanto Costantino si ritirò nel monastero dove era igoumenos Metodio, sembra per la delusione provata per gli avvenimenti politico-religiosi della capitale.
Nell’860 si ha una grande offensiva dei Russi contro Bisanzio, la prima che conosciamo. I Russi, di origine vichinga (o meglio “variaga”), dopo aver fondato uno stato nel cuore dell’Europa Orientale (quello che poi diventerà il potente il Ducato di Novgorod), si diressero contro Costantinopoli e arrivarono fin sotto le sue mura. Possediamo un’omelia di Fozio pronunciata proprio in questa occasione per incitare tutto il popolo a collaborare alla difesa della propria patria. Appena respinti i Russi, Fozio mandò di sua iniziativa missionari al seguito di questo popolo, ricevendo ben presto notizie confortanti sul cammino di evangelizzazione. Nel frattempo l’imperatore aveva inviato una delegazione presso i Chazari, un popolo di origine turca che aveva sottomesso una popolazione preesistente slava. Poco dopo un’altra legazione politico-religiosa fu inviata presso questo popolo, diretta proprio da Costantino, che chiamò il fratello ad accompagnarlo.
Durante il viaggio i due cercarono e trovarono miracolosamente in Crimea le reliquie di papa Clemente I, che Costantino poi portò sempre con sé. Non sappiamo quasi niente dell’esito di questa ambasciata presso i Chazari(3). Costantino in seguito proseguì i suoi studi linguistici interessati anche all’ebraico. I delegati bizantini tornarono dopo circa un anno a Costantinopoli, imbattendosi nel ritorno in un gruppo di Ungari.
Siamo nell’862, arriva a Costantinopoli la su citata delegazione morava. Quasi spontaneamente vennero scelti Costantino e Metodio, i quali essendo nati a Tessalonica dove esisteva una consistente colonia slava, fin dall’infanzia conoscevano la lingua di quei popoli. Inoltre come sappiamo Costantino aveva fatto studi linguistici. Non esiste fino a questo momento una scrittura slava: abbiamo solo alcuni documenti in lingua slava scritti in caratteri latini. Neanche sembrava possibile una trascrizione dello slavo in lettere greche, mancando questa lingua di alcune consonanti dello slavo.
Costantino creò un alfabeto slavo di 38 lettere, e con l’aiuto di Metodio iniziò ancor prima di partire la traduzione di testi liturgici e brani della Scrittura. Questa scrittura viene oggi chiamata glagolitica (dal termine slavo glagò, che vuol dire “verbo”). Si tratta di un’opera di ciò che oggi chiameremmo inculturazione; in seguito a questa scelta di Costantino e Metodio si formò quasi subito una letteratura slava di alto livello.
Alla partenza per la Moravia, Costantino era sicuramente già presbitero, mentre Metodio, pur essendo stato igoumenos, non aveva gli ordini maggiori. Cominciarono subito ad istruire candidati moravi al sacerdozio, in conformità anche alle richieste di Rastislav ed alla situazione pastorale: i Moravi conoscevano il Vangelo, ma avevano bisogno di una maggiore istruzione. Del resto la loro evangelizzazione ebbe una risonanza straordinaria: non erano legati ai disegni politici di una potenza straniera, inoltre avendo una perfetta conoscenza della lingua slava per mezzo di essa celebravano la liturgia.
Questa cosa rappresenta una grande innovazione, che sarebbe stata impensabile senza un’esplicita approvazione da parte del loro superiore, in questo caso il patriarca Fozio.
Dentro i confini dell'Impero bizantino mai fu permesso l’uso liturgico di una lingua diversa dal greco. Secoli prima era stato dato il permesso ad alcuni missionari per i territori a sud dell’Egitto di usare l’Etiopico. Ma questo poteva avvenire solamente fuori dall’Impero di Bisanzio.
Rastislav, come analogamente era avvenuto in Bulgaria per i greci rispedì i missionari franchi al mittente, i quali contribuirono ad alimentare il risentimento verso gli intrusi greci.
Allo scoppio della guerra franco-morava dell’864, Rastislav fu costretto ad asserragliarsi nella fortezza di Devin, alla confluenza tra Morava e Danubio. Dovette perciò scendere a patti e riconoscere la supremazia franco-orientale. I missionari bavaresi poterono tornare in Moravia, tuttavia Costantino e Metodio non furono scacciati.
Presto i latini attaccarono Costantino e Metodio sul tema della lingua liturgica: si poteva celebrare il culto solo nelle tre lingue dell’iscrizione della croce (ebraico, greco, latino). Costantino e Metodio risposero chiamando i latini pilaziani e continuarono la loro opera in Moravia, finché i primi allievi non furono pronti per l’ordinazione. Allora si misero in viaggio per Costantinopoli e giunsero al Margraviato di Pannonia, accolti con grandi onori dal figlio di Pribina, Kozel. Furono costretti a fermarsi a causa della salute di Costantino, e lavorarono per un po’ di tempo in Pannonia con grande successo e riscuotendo la stima di Kozel.
Arrivò in questo momento una citazione da parte di papa Nicolò I di presentarsi a Roma per rendere conto del proprio operato. Probabilmente il papa, ostile ai greci a causa delle vicende foziane, conosceva il rapporto di amicizia tra i due fratelli e lo stesso Fozio. Questi due greci si erano recati in missione in terre che incontestabilmente appartenevano al patriarcato romano e pertanto soggette alle missioni portate avanti dai evangelizzatori franchi. Infine era visto come un problema il loro uso liturgico dello slavo. Costantino e Metodio obbedirono e si misero in viaggio verso Roma.
In una sosta a Venezia sostennero una disputa con chierici latini sempre sulla questione del trilinguismo. I presagi non erano incoraggianti, ma giunti a Roma furono accolti con molta solennità dal clero e dal popolo romano, guidati dal papa nel frattempo eletto, Adriano II, a cui era giunta la notizia che Costantino Metodio recavano con sé le reliquie di papa Clemente I. Al riguardo si raccontano numerosi miracoli che sarebbero avvenuti in questa occasione presso coloro che affluivano per accogliere i resti di papa Clemente. Le reliquie vennero portate nell’antica basilica di Clemente(4).
Adriano nei giorni successivi si informò da Costantino e Metodio della Missione tra i Moravi, e li approvò pienamente: prova ne è il fatto che ordinò sacerdote Metodio insieme a due candidati moravi, mentre altri due allievi ricevettero il lettorato. Inoltre il papa diede il permesso di celebrare la liturgia in lingua slava nelle basiliche di san Pietro ed di san Paolo.
Poco tempo dopo Costantino si ammalò gravemente. Prevedendo la fine della vita decise di abbracciare lo stato monastico con, il nome di Cirillo. Chiese a Metodio di non tornare in monastero ma di continuare la missione. Morì a Roma a 42 anni, il 14 febbraio dell’869. Fu sepolto a san Clemente, dove ben presto si cominciò a venerarlo come santo(5).
In questo stesso anno, 869, giunge a Roma una delegazione del margravio Kozel, che chiede al papa di ordinare vescovo Metodio e di mandarlo in Pannonia. Adriano II ordina Metodio arcivescovo di Sirmio (l’attuale Mitronitza) e lo designa come legato pontificio per tutti i paesi slavi. A Metodio, Adriano II consegna una lettera conservata nell’antica Vita Methodii indirizzata a Rastislav ed a suo nipote e correggente Svatopluk, ed a Kozel. In essa il papa dà disposizioni riguardo all’uso liturgico dello slavo: l’epistola ed il Vangelo dovevano essere proclamati prima in latino e poi in slavo. L’avvenire della liturgia slava sembrava assicurato.
Metodio nell’869 soggiornò prima in Pannonia e poi in Moravia dove però era scoppiata una nuova guerra franco-morava. Svatopluk tradì suo zio Rastislav, che fu fatto prigioniero. Fu allora convocata una dieta a Regensburg, dove Rastislav fu condannato a morte, ma per grazia di Ludovico il Germanico fu soltanto accecato e rinchiuso in un monastero.
Anche Metodio dovette comparire davanti a questa dieta. Seguì una lunga discussione con i vescovi bavaresi, che sotto la presidenza di Hanno di Frisinga divennero sia giudici che accusatori. Pare che Ermanric di Passau giungesse a minacciare Metodio con lo scudiscio. Metodio fu così internato in un monastero della Svevia. Sembra che i bavaresi riuscissero a lungo a tener segreta questa vicenda. Solo al papa Giovanni VIII giunse notizia della prigionia di Metodio, subito intervenne con la minaccia della scomunica.
Lo stesso legato papale però proibì a Metodio di continuare ad usare la lingua slava per la liturgia, ma pare che Metodio non osservasse il divieto. Dopo essere stato liberato Metodio andò via Reichenau (grande monastero sul lago di Costanza) in Pannonia, continuando qui a celebrare in slavo. Kozel però morì nell'874; il margraviato slavo di Pannonia autonomo ebbe fine, tornando sotto il controllo diretto del regno franco-orientale(6). Metodio tornò ancora in Moravia.
Nell’879 Giovanni VIII ripeté il divieto della liturgia slava ed intimò a Metodio di andare a Roma. Metodio vi arrivò, nell’inverno tra l’879 e l’880. In queste circostanze Giovanni VIII stava esaminando il problema greco-bulgaro nel contesto della nuova situazione a Costantinopoli per cui ebbe un ripensamento anche della liturgia slava, ed approvò di nuovo, l’opera di Metodio, che fu incaricato di creare una gerarchia episcopale in Moravia. Al suo ritorno però gli fu dato come ausiliare il franco Wiching, che diffuse in Moravia la voce che Giovanni VIII avesse imposto con giuramento di abbandonare lo slavo. Metodio allora scrive a Roma, avendone in risposta una dichiarazione di appoggio.
Conclusione: tra l’885 e l’891, spetta a Stefano V, sotto l’influsso di Wiching, la responsabilità di aver dissolto la chiesa slava di Moravia. Wiching riuscì a convincere Stefano V del fatto che Giovanni VIII, avesse rifiutato l’uso liturgico dello slavo. Allora il papa, diede pieni poteri a Wiching per riorganizzare la chiesa in Moravia, ora che Svatopluk era il feudatario di questo paese. Metodio si ritirò in Bulgaria e forse morì nell’885.
Intanto nella riorganizzazione di Wiching, si stabilì che lo slavo dovesse essere utilizzato solo nella predicazione. Stefano V inviò una missione in questi termini a Svatopluk. A questo punto sacerdoti e fedeli legati a Metodio si trasferirono in Bulgaria, protetti da re Boris, e contribuirono al consolidamento del cristianesimo in quei territori. Nel secolo X proprio in Bulgaria fu creato un nuovo alfabeto per la lingua slava, più semplice e basato sul greco; questa nuova scrittura fu chiamata cirillica in onore di Cirillo, e si diffuse in tutti i popoli slavi.
NOTE:
1) Era un dignitario bizantino che in linea di massima attendeva ai conti e ai bilanci statali, basandosi sull'apparato giuridico vigente, equivalente quindi grosso modo al cancelliere delle monarchie occidentali.
2) Fu probabilmente in questa occasione che prese il nome di Metodio. Prima pare si chiamasse Michele. Era consuetudine cambiare il proprio nome entrando nella comunità monastica, ma la scelta cadeva su un nome che avesse la stessa iniziale: Michele-Metodio, Constantino-Cirillo.
3) I Chazari sono l’unico popolo nella storia di cui consti la conversione alla religione ebraica.
4) Il titulus, che sarebbe poi il “nome” della chiesa, deriva presumibilmente non da papa Clemente I, bensì dal console Clemens Flavius decapitato sotto Domiziano.
5) In seguito all’invasione normanna di Roma per liberare papa Gregorio VII († 1085), asserragliato a Castel S. Angelo, i Normanni depredarono la Città mettendo a fuoco alcune antiche basiliche, tra cui la basilica di s. Clemente. L’attuale basilica, più piccola dell’antica, è stata ricostruita sulle macerie di quella al tempo di Pasquale II (1099-1118). Nella ricostruzione, previo interramento della precedente, fu perso il sito dove era ubicata la sepoltura di Cirillo.
6) La liturgia slava e l’alfabeto glagolitico sopravvissero proprio nei territori dell’antico margraviato, in Croazia, fino agli anni ’20 del XX secolo.
Fonte: Appunti. Biennio filosofico. Anno Accademico 2010-2011
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