martedì 27 gennaio 2009

Isotta Nogarola (1418-1466)







Isotta e la sorella Ginevra erano figlie di una donna colta Bianca Borromeo che aveva voluto per le figlie una educazione moderna secondo il nuovo curriculum umanistico.
Per educare le figlie Bianca aveva assunto un allievo della celebre scuola di Guarino Veronese ( Martino Rizzoni). Le due ragazze suscitavano lo stupore di illustri dotti che le avevano conosciute.


L'umanista Giorgio Bevilacqua da Lazise così si indirizzava scrivendo alle due sorelle e diceva dopo averle viste fra i libri di Cicerone che " la dottrina che in un uomo era semplicemente lodelove, in una donna suscitava ammirazione".


Questo e altro scambio di lettere vale al pena notare che sono animate da una chiara e ostentata
coscienza femminista. Citando come sempre nelle discussioni sull'eccellenza muliebre le Amazzoni, Isotta ricorda che esse crearono la loro repubblica senza l'aiuto degli uomini e che le quindi ci confermano nell'opinione che "le donne superano gli uomini [...] in eloquenza e virtù"(I, pag.257)


( Le fonti principali di Isotta Nogarola sono a cura di Eugenius Abel, Isottae Nogarolae Veronensis opera quae supersunt omnia, accedunt Angeale et Zenevrae Nogarolae epistolae et carmina, 2 voll, apud Gerold et socios, Vienna; apud Friedericum Kilian, Budapest, 1886.)

Ginevra si sposò e abbandonò gli studi. Isotta invece continuò e non smise per tutta la vita, tuttavia le sue speranze di fare parte della società dei litterati andranno deluse.


Nel 1437 decide di scrivere a Guarino Veronese che le avevano detto aveva elogiato i suoi talenti.


L'umanista non rispose. Le donne di Verona misero in ridicolo la Nogarola. Isotta gli scrive una seconda volta, lamentandosi del sesso maschile. Risentito e sprezzante, il brano è modellato sull'Aulularia di Plauto, dove un asino pretende di fare il paio con un bue "un pover'uomo rifiuta di dare in sposa la figlia a un ricco paragonando se stesso a un asino e il prospettato sposo a un bue...Nella sua versione, il tema è piuttosto quello dell'abisso tra i due sessi. Le donne di Verona, di cui aveva dovuto subire i punzecchiamenti, sono gli asini, il mondo degli umanisti di sesso maschile è la categoria dei buoi; ella è vittima di entrambi, fatta a pezzi per la colpa di avere cercato di uscire dall' "ordine" degli asini per associarsi a quello dei buoi".


Guarino rispose immediatamente e propose a Isotta di dissociarsi dal suo sesso per diventare un uomo. Questo tipo di associazioni lo ritroviamo in altri corrispondenti di Isotta. Lauro Quarini si congratula con lei riconoscendo che aveva superato la sua stessa natura. D'altra parte nota M. King che Isotta professa verso gli uomini la sua inadeguatezza, addirittura "il timore reverenziale e il tremore che mi corre nelle ossa, tanto più se penso che sono nata femmina, che infrango le parole piuttosto che pronunziarle". E così si rivolge al cardinale Cesarini.
"Dunque un umanista di sesso maschile poteva professare modestia sulla base delle sue manchevolezze personali. Isotta professa la propria inadeguatezza a cagione del suo sesso"


Questo è il commento della King che persegue un ideale di uguaglianza fra i sessi. Non accetta la grandezza delle parole di Isotta che rovescia l'inconscio maschile come un guanto, mostrando l'inverosimile somiglianza di un sapere che si dichiarava universale, umanista, comprensivo della sapienza di tutti i tempi con l'unica identità maschile. Isotta ha ben chiara l'identità propria, non ignora di essere una donna e si espone con tutto il suo corpo. La potenza delle parole sono degne dell'incontro. Qui c'è un tracciato di storia che la soggettività femminile vive con la pienezza della coscienza. La soggettività vive in grande e patisce. Oltre il giudizio o lo stupore dell'altro, il maschio che si accorge di una stravaganza ma che non coglie il segno epocale. Lo coglie per l'altro Isotta che non si sente una donna malriuscita ma una femmina che chiede di usare la cultura che possiede. Come commenta M.King gli umanisti esaltavano queste donne per escluderle.


" I loro elogi esagerati facevano delle sorelle dei bizzarri prodigi, dei geni alieni che non avrebbero mai potuto appartenere alla società degli eruditi che attirava queste donne speranzose e intelligenti"

Isotta acconsente anche a atteggiamenti di sfida. Certo è che in tutte le lettere analizzate e citate da M.King compare la questione della misoginia, la cultura femminile definita dagli uomini "un veleno e una peste pubblica".
Infine Isotta Nogarola si ritirerà nel suo studio a vivere come una monaca di casa per non rinunciare ai suoi studi ma anche dedita allo slancio e alla devozione. 


Un numero piuttosto esiguo di lettere raccontano la vita di Isotta dopo il suo ritiro. Si stacca fra le altre l'unica ammiratrice Costanza Varano della quale è rimasta una lettera. Anch'essa un altro esempio di donna allevata nella tradizione degli studia humanitatis. In questa lettera elogia l'erudizione di Isotta e la incoraggia a continuare nella sua missione. Per Costanza Isotta ha superato tutte le donne erudite del passato e anche gli uomini dotti del suo tempo "Hac aetate viros superas celeberrima doctos" (II pag.7). Costanza elogia l'ascetismo di Isotta nel quale ravvisa la decisione di dedicarsi alle cose della mente, decisione rara fra le donne del loro tempo eppure nulla potrebbe essere più proficuo che accantonare gli agi del corpo. 


"Costanza Varano la sollecitava a rivestire non il ruolo tradizionale della donna religiosa, ma quello nuovo e ardito della donna"intellettuale".


Un'altra corrispondenza di Isotta Nogarola è con il "colto, eloquente e intelligente Ludovico Foscarini" giurista e umanista che nel 1451 era podestà di Verona quando Isotta lo avvicinò.


Per Foscarini invece Isotta <> Quando Isotta ormai trentacinquenne riceve una proposta di matrimonio dal napoletano Antonio Cugnano, chiede consiglio a Foscarini che <>.


Dopo dieci anni si interrompe questa amicizia. Di questo periodo creativo rimane il dialogo sulla responsabilità di Adamo ed Eva nella caduta del genere umano dallo stato di grazia.


E' un 'interpretazione femminile della tragedia dell'Eden, ( cfr. Masaccio Cappella Brancaccio)
contrapposta a quella maschile. 


M. King ha studiato e commentato il dialogo
 "In questo testo fondamentale dell'esperienza dell'umanesimo femminile, ciascuno dei due interlocutori parla in nome del proprio sesso: Foscarini rappresenta l'implacabile tribunale maschile che condanna la donna colpevole di essere stata causa del peccato; Isotta Nogarola rappresenta la difesa femminile, basata sull'argomento che, essendo più debole, Eva non può essere considerata responsabile dei suoi atti. [...]
"

"Quando Dio creò l'uomo, sin dall'inizio lo fece perfetto, e gli diede una maggiore comprensione e conoscenza della verità, nonchè una più profonda saggezza "

(II pag.199)
Eva peccò meno gravemente di Adamo perchè era debole per natura, creata da Dio per essere ignorante e incostante, fragile e strumento di piacere (II, pag 190 "propter fragilitatem [...] et voluptatem)...
Per Foscarini d'altro canto, eva non aveva peccato per debolezza ma per orgoglio...Foscarini considera la natura di Eva fondamentalmente perfetta e adeguata per la salvazione, ma pervertita dall'orgoglio. mentre la Nogarola sostiene la debolezza di Eva per difenderla, Foscarini ne sostiene la forza per condannarla"


Molto interessante perchè anche in questi passi vediamo come agisce la differenza sessuale in Isotta e non nel suo alter ego maschile. Il punto di vista è distaccato e Isotta ancora una volta entra letteralmente nella coscienza di un uomo del suo tempo, nella modernità. Non risolve la contraddizione fra una donna debole ma salvata e una donna forte ma condannabile. Quindi fra una differenza rispetto al maschio che dal luogo della perfezione però sbaglia e una inadeguatezza che fa di Eva una creatura più vicina a Dio per imperfezione, mentre per l'uomo l'orgoglio di essere vicina a Dio è desiderio di esserne simile e quindi condannabile


Fonte: Donne e conoscenza storica

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