di Daniele Di Luciano
In Esodo 20,2 Dio rivela il suo nome a Mosè:
“Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto
uscire dalla terra d’Egitto”
La parola tradotta con “il Signore” è il
famoso Tetragramma che gli ebrei non possono neanche pronunciare: “YHWH“,
vocalizzato in diversi modi tra i quali “Yahweh“.
Le quattro lettere ebraiche che lo compongono sono queste: “יהוה“,
yod-he-waw-he.
Ricordiamo che l’ebraico si legge da destra verso
sinistra.
Nel Vangelo di Giovanni, capitolo 19 versetti 16-22,
leggiamo:
“Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò
verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con
lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato
compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù
il Nazareno, il re dei Giudei».
Molti Giudei lessero questa iscrizione,
perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta
in ebraico, in latino e in greco.
I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato:
«Non scrivere: «Il re dei Giudei», ma: «Costui ha detto: Io sono il re dei
Giudei»». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».”
Nonostante il brano in questione sia famosissimo, la scena
che si è svolta davanti a Gesù crocifisso dev’essere stata un po’ diversa da
come ce la siamo sempre immaginata. Giovanni, forse, ha provato a sottolinearlo
ma il lettore, non conoscendo la lingua ebraica, è impossibilitato a
comprendere.
L’iscrizione di cui parla Giovanni è la famosa sigla “INRI“,
raffigurata ancora oggi sopra Gesù crocifisso.
L’acronimo, che sta per il latino “Iesus Nazarenus Rex
Iudaeorum“, significa appunto “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei“.
Ma Giovanni specifica che l’iscrizione era anche in ebraico.
Non solo: in un momento così importante l’evangelista sembra soffermarsi su dei
particolari apparentemente di poco conto:
1
il fatto che molti Giudei lessero questa
iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città,
2
i capi dei sacerdoti che si rivolgono a Pilato
per far modificare l’iscrizione,
3
Pilato che si rifiuta di cambiarla.
Ponzio Pilato, che era romano, probabilmente non capiva che,
senza volerlo, aveva creato un po’ d’imbarazzo – se vogliamo definirlo così –
agli ebrei che osservavano Gesù crocifisso con quell’iscrizione sopra la testa.
Henri Tisot,
esperto di ebraico, si è rivolto a diversi rabbini per chiedere quale fosse l’esatta
traduzione ebraica dell’iscrizione fatta compilare da Pilato. Ne parla nel suo
libro “Eva, la donna” nelle pagine da 216 a 220.
Ha scoperto che è grammaticalmente obbligatorio, in ebraico,
scrivere “Gesù il Nazareno e re dei Giudei“.
Con le lettere ebraiche otteniamo “ישוע
הנוצרי
ומלך
היהודים“.
Ricordiamo la lettura da destra verso sinistra.
Queste lettere equivalgono alle nostre “Yshu Hnotsri Wmlk Hyhudim” vocalizzate “Yeshua Hanotsari Wemelek Hayehudim“.
Quindi, come per il latino si ottiene l’acronimo “INRI“, per l’ebraico si ottiene “יהוה“, “YHWH“.
Ecco spiegata l’attenzione che Giovanni riserva per la
situazione che si svolge sotto Gesù crocifisso. In quel momento gli ebrei
vedevano l’uomo che avevano messo a morte, che aveva affermato di essere il
Figlio di Dio, con il nome di Dio, il Tetragramma impronunciabile, inciso sopra
la testa.
Non poteva andar bene che YHWH fosse scritto lì, visibile a
tutti, e provarono a convincere Pilato a cambiare l’incisione. Ecco che la
frase del procuratore romano “Quel che ho scritto, ho scritto”
acquista un senso molto più profondo.
Sembra incredibile? Pensate che Gesù aveva profetizzato
esattamente questo momento. In Giovanni
8,28 troviamo scritto:
“Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio
dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono”
Per “innalzare” Gesù intende la crocifissione. “Io
Sono” allude proprio al nome che Dio ha rivelato a Mosè in Esodo
3,14:
“Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse:
«Così dirai agli Israeliti: «Io-Sono mi ha mandato a voi»“
Fonte: da losai
del 29 gennaio 2016-04-14
TITULUS CRUCIS
Venerdì Santo. Il nostro sguardo è rivolto al crocefisso.
Vogliamo soffermarci su di un particolare, concentrare la nostra attenzione su
alcuni dettagli che paiono casuali ma che ci aiutano, invece, a scoprire chi
era, ed è, veramente, Gesù.
Prendiamo lo spunto dal vangelo di Giovanni (19, 19-22).
Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla
croce; vi era scritto: “Gesù il
Nazareno, il re dei Giudei”; molti Giudei lessero questa iscrizione, perché
il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico,
in latino e in greco.
I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato:
“Non scrivere: “Il re dei Giudei”,
ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei
Giudei”. Rispose Pilato: “Quel che
ho scritto, ho scritto”.
La scritta in latino presenta una imperfezione: NAZARINUS non è proprio del latino della
vulgata (dal IV sec. d.C. in poi) ma invece appartiene al latino classico.
Alcuni sostengono che sia un errore di chi ha scritto il titulus, altri
invece propendono per una forma più arcaica per indicare la provenienza.
Entrambe le teorie tendono però ad affermare l’autenticità della reliquia in
quanto nel primo caso sarebbe stato del tutto plausibile che chi ha composto
l’iscrizione non avesse la padronanza del latino e nella fretta della vicenda
abbia commesso un tale errore. Come pure l’utilizzo di una forma più arcaica di
latino sosterrebbe la causa dell’autenticità.
La scritta in greco sembra essere una traslitterazione del
testo aramaico.
La frase corretta invece sarebbe Ἰησοῦς ὁ Ναζωραῖος ὁ Bασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων.
Soffermiamo ora la nostra attenzione sulla scritta in
aramaico.
Il testo aramaico è il seguente ישועהנצריומלךהיהודים e suona pressappoco
cosi Yeshu Ha-Nozri, W(u)melech Hajehudim.
Se osserviamo le prime lettere delle parole che
compongono l’accusa notiamo un fatto curioso: le prime lettere (si legge da
destra a sinistra) compongono il tetragrammaton cioè le quattro
consonanti che formano il Nome di Dio.
In ebraico il nome di Dio è יהוה che
traslitterato diventa YHWH questo nome è impronunciabile e viene sempre
reso con Adonai, in greco Kyrios, Signore.
Il nome (Hashem) veniva pronunciato 10 volte durante
l’anno dal solo sommo sacerdote il giorno della purificazione
(Yom kippur) il popolo all’udire il nome faceva una
grande prostrazione.
Molto probabilmente il motivo per cui i sacerdoti chiesero a
pilato di modificare l’iscrizione è stato proprio l’essersi accorti
che il titulus della croce conteneva un’altra prova schiacciante su chi era
realmente Gesù. E questa è anche la testimonianza che la vera identità
di Gesù quale Dio si mostra pienamente e chiaramente proprio sulla
croce.
Fonte: da Simonos Petras del 2 aprile 2010
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