Monsignor Alberto Piazzi, da 28 anni prefetto della Biblioteca Capitolare, tra i libri della Sala Maffeiana
L'INIZIATIVA. La collezione più antica d'Europa presto sarà anche in versione digitale. In memoria di Luigi Righetti la Banca Popolare finanzia il piano informatico: schedari codici e i testi più rari si vedranno sulla rete e si potranno consultare con un clic.
Verona. Come nel Nome della rosa, qui ci sono codici miniati, pergamene, antichi e misteriosi manoscritti; ma si devono calzare guanti bianchi di cotone, prima di toccarli: nessuno rischia di avvelenarsi al contatto con inchiostri venefici, come nel romanzone di Umberto Eco. La Biblioteca Capitolare annuncia un'altra forma di consultazione ancora più sicura, per i delicatissimi testi, e più comoda, per gli studiosi di tutto il mondo: i codici saranno liberamente consultabili su internet, dove appariranno in alta risoluzione fotografica sul sito: http://www.capitolareverona.it/
L'operazione è resa possibile da un finanziamento della Banca Popolare di Verona: 50mila euro per il primo anno, stanziati «per onorare la memoria di Luigi Righetti», come annuncia monsignor Alberto Piazzi, prefetto della Capitolare.
Lui se lo ricorda qui tra i manoscritti, l'avvocato Righetti, consigliere della Banca Popolare, presidente dell'Athesis editrice dell'Arena, «ma soprattutto uomo di cultura, innamorato della sua città», dice Piazzi. «L'ultima volta venne quest'estate, poco prima di morire. Gli mostrai le sale, anche quelle chiuse al pubblico, dove umidità e temperatura sono controllate costantemente per evitare sbalzi che sarebbero nocivi alla conservazione: undicimila pergamene, di cui molte inedite, e 5.000 su famiglie storiche veronesi, tutte da aprire. Lui ne svolse una, un atto notarile del 1502, e cominciò a leggerla. Mi ricordo ancora le parole», si emoziona il monsignore, «perché sono le ultime che ho sentito da lui: "Anno millesimo quingentesimo secundo, in nomine Sanctae Individuae Trinitatis..." Ripose la pergamena e "quando vado in pensione, vengo qui ad aiutarvi", concluse».
Parola mantenuta: in nome di Righetti, nasce la biblioteca digitale della Capitolare. Un assaggio si può già avere visitando il sito (vedi l'articolo nella pagina qui a destra), ma l'obiettivo finale è mettere in rete tutti gli schedari, con le indicazioni delle opere conservate, e le riproduzioni fotografiche dei codici, che si potranno ingrandire fino a mettere in risalto i particolari.
Per monsignor Piazzi è una grande soddisfazione, che corona 28 anni alla direzione della Capitolare. Un'istituzione, come dice il nome, emanazione del Capitolo canonicale: l'ex «Senato ecclesiastico» che i vescovi avevano imparato a temere. Nel secolo ottavo i permalosi canonici si ribellarono al vescovo di Verona, assoggettandosi piuttosto a quello di Aquileia. Secessione rientrata, ma una lapide alla Capitolare la ricorda ancora.
Piazzi invece ha obbedito al mandato del vescovo che lo volle qui, Giuseppe Amari: «Mi disse di aprire la biblioteca alla città, e ci ho provato: decine di pubblicazioni, convegni, le visite guidate per le scuole». E ora la divulgazione su internet.
Tutti, seppur virtualmente, potranno accedere a una realtà unica: la biblioteca più antica d'Europa, «la regina delle collezioni ecclesiastiche», come la definì il paleografo Elias Avery Lowe. «Perché», spiega monsignor Piazzi, «se altrove il lavoro degli scrivani si interruppe, qui non cessò mai, nemmeno nei periodi più tempestosi del medio evo. Lo prova il codice dell'amanuense Ursicino, che conclude di copiare un testo di san Girolamo datandolo Verona, primo agosto 517: dominava Teodorico, re degli Ostrogoti».
Il lavoro di officina scrittoria — diventato febbrile ai tempi dell'Arcidiacono Pacifico, quando Verona era «l'Atene d'Italia» — terminò con l'arrivo della stampa, ma alla Capitolare si respira ancora il clima del laboratorio. C'è questo foglietto appeso in segreteria: un'incisione antica su una colonna romana ad Arbizzano. Un monogramma? Chi l'ha visto l'ha portato in Capitolare, perché da qui prima o poi passa qualcuno in grado di interpretarlo. Probabilmente ha ragione.
I testi, che presto tutti potranno vedere su internet, fanno la storia della Capitolare avvincente come un romanzo storico.
C'è il codice XXVIII De Civitate Dei di sant'Agostino più antico: scritto all'epoca dell'autore, metà del secolo quinto. Il palinsesto (pelle raschiata e riscritta) numero XV, Fonte del diritto privato romano: unico al mondo. Lo cercava nel 1712 Scipione Maffei, insieme con le lettere di Cicerone ad Attico che aveva consultato a Verona il Petrarca. Ma non si trovava più nulla, finché l'umanista — scena da Sean Connery — non buttò giù tramezzi e non si mise a rovistare dietro gli armadi: lì riscoprì i codici perduti. Era successo che, ai tempi della peste Manzoniana del 1630, il bibliotecario monsignor Agostino Rezzani aveva nascosto i testi, per paura dei lanzichenecchi (o dei muratori? Non si sa cosa sia peggio). Ma la peste aveva portato via, con due terzi dei veronesi, anche il monsignore e il suo segreto.
L'episodio ha insegnato qualcosa: i testi antichi temono l'acqua (l'alluvione del 1882, quando l'Adige invase anche la Capitolare, ha lasciato i suoi segni su libri e manoscritti), temono il fuoco (le bombe del 4 gennaio 1945: 1.250 volumi e schedario perduti), ma il pericolo più grande è l'ignoranza. Non sapere cosa va custodito, dov'è e com'è. Oggi questo rischio non si corre. Lo schedario, rifatto a mano dopo il bombardamento del 1945, ora sarà gradualmente passato a una banca dati informatica, consultabile via internet.
«Cominceremo dal fondo antico», spiega Lorenzo Antonini, che ha avviato il lavoro, «cinquecentine e seicentine della Sala Turrini, poi passeremo alla Sala Ratoldo, dove ci sono gli incunaboli».
Senza scomodare Guglielmo da Baskerville e Adso, già compaiono indizi di antichi delitti: dove sono i 29 codici presi da Napoleone? E i corali del 1300, che erano 18 e ora sono 17?
Fonte: srs di Giuseppe Anti da L’Arena di Verona di Martedì 12 Ottobre 2010, CULTURA, pagina 56
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