Giuseppe Giannola. - «Guarda che io sono vecchio, ma resterò in vita sinché
tutti i miei commilitoni uccisi non saranno stati ritrovati e torneranno ad
avere un nome e un cognome».
ERA SOPRAVVISSUTO ALLO SBARCO IN SICILIA DEL '43
È sopravvissuto a tre fucilazioni dei soldati americani e ha
combattuto per vedere riconosciuta la verità storica dello sbarco alleato in
Sicilia, fatto di crimini e atrocità verso i nostri soldati. E dopo aver avuto
anche la soddisfazione di essere premiato dal presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano che nel 2012 gli ha conferito l’onorificenza di ufficiale
della Repubblica, Giuseppe Giannola, l’ultimo sopravvissuto dei
militari italiani che combatterono nell’isola nel 1943, è morto a 99 anni nella
sua Palermo.
La storia dello sbarco in Sicilia a lungo è stata raccontata
come l’epopea dei «vincitori»: le truppe alleate che dovevano liberare il Paese
dal fascismo. Ma non ci fu nulla di particolarmente eroico in quella
operazione. Come raccontato recentemente in un libro del senatore Andrea Augello «Uccidete gli italiani»
che ha indagato proprio su quelle vicende, gli atti di eroismo furono invece
tutti dalla parte dei soldati italiani e di piccoli gruppi di tedeschi.
Furono loro che si immolarono davanti a un avversario
superiore per numero, mezzi e armi. E furono loro che, fedeli agli ordini che
avevano avuto, combatterono per difendere metro dopo metro le loro postazioni.
Generale George Patton.... ma chiamatelo come volete
"Non solo spareremo ai bastardi, ma taglieremo loro gli intestini ancora vivi, e li useremo per oleare i cingoli dei nostri carrarmati."
Chi non venne ucciso in battaglia fu brutalmente fucilato.
Perché l’ordine impartito dal generale George Patton era stato
chiarissimo: «Se si arrendono quando tu
sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la
terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito
il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer,
perché i killer sono immortali!».
Giuseppe Giannola era un aviere palermitano in servizio nell'aeroporto di Ponte Olivo, nella piana tra Caltagirone e Acate. Insieme ai suoi compagni riuscì a tenere in scacco le truppe americane che attaccavano la zona per due giorni. Poi, finite le munizioni, non rimase loro altra scelta che arrendersi.
A quel punto, spogliati delle divise, il gruppo fu
incolonnato e affidato al sergente Horace West con 7 militari. Durante il
tragitto si aggiunsero altri 37 prigionieri di cui 2 tedeschi. Dopo circa un
chilometro di marcia furono obbligati a fermarsi e disporsi su due file
parallele mentre West, imbracciato un fucile mitragliatore, aprì il fuoco
compiendo il massacro. Al centro della prima fila c’era proprio Giuseppe
Giannola che fu l'unico superstite.
Lui stesso, in una relazione inviata nel 1947 al Comando
Aeronautica della Sicilia, raccontò quello che era successo: «Fummo avviati nelle vicinanze di Piano
Stella ove fummo poi raggiunti da un altro contingente di prigionieri italiani
del Regio esercito, e questi ultimi in numero circa di 34. Tutti fummo
schierati per due di fronte. Un sottufficiale americano, mentre altri 7 ci
puntavano con il fucile per non farci muovere, col fucile mitragliatore sparò a
falciare i circa 50 militari che si trovavano schierati. Il dichiarante rimasto
ferito al braccio destro rimase per circa due ore e mezzo sotto i cadaveri, per
sfuggire ad altra scarica di fucileria, dato che i militari anglo-americani
rimasero sul posto molto tempo per finire di colpire quelli rimasti feriti e
agonizzanti».
Giannola, quando pensò che gli americani fossero andati via, alzò la testa nel tentativo di allontanarsi, ma da lontano qualcuno gli sparò con un fucile colpendolo di striscio alla testa. Cadde e si finse di nuovo morto. Restò immobile per circa mezz’ora fin quando, strisciando carponi, raggiunse un grosso albero. Vide degli americani con la croce rossa al braccio e si avvicinò. Gli fu tamponata la ferita al polso e alla testa e gli fu fatto capire che da lì a poco sarebbe arrivata un’ambulanza che l’avrebbe trasportato al vicino ospedale da campo.
Poco dopo vide avvicinarsi una jeep e fece segno di
fermarsi. Scesero due soldati e uno di loro gli chiese se fosse italiano.
L’aviere rispose di sì e il militare gli sparò un colpo di pistola al collo.
Poi risalì sull’auto e se ne andò. Ma la fortuna fu ancora una volta dalla sua
parte perché poco dopo arrivò l’ambulanza che lo raccolse trasportandolo
all’ospedale da campo di Scoglitti. Due giorni dopo fu imbarcato su
una nave e portato all’ospedale inglese di Biserta ed altri
del Nord Africa. Rientrò in Italia il 18 marzo 1944 e fu ricoverato
all’ospedale militare di Giovinazzo.
Da allora il suo unico pensiero fu quello di far emergere la verità di quel terribile conflitto. E iniziò presentando, nel 1947, al Comando Aeronautica della Sicilia un resoconto di quanto accaduto. Racconto che rimase inascoltato.
Da allora Giannola ha continuato a combattere la sua
battaglia fino a quando, assistito dal figlio Riccardo, raccontò
tutto al procuratore militare di Padova che aveva aperto un
fascicolo per la storia di un altro sopravvissuto alle fucilazioni dei soldati
americani.
Nel settembre 2009 fu ricevuto al Quirinale dal
Generale Mosca Moschini, Consigliere Militare del Presidente della
Repubblica, al quale consegnò una lettera appello nella quale chiedeva che si
facesse di tutto per individuare il luogo dove furono seppelliti i suoi
commilitoni, per restituire l’onore a chi combattè quella «sporca guerra»,
cancellandoli dall’elenco dei dispersi o, peggio ancora, dei disertori.
E la sua testardaggine è stata finalmente premiata il 14 luglio del 2012 quando, a Santo Pietro, è stata inaugurata una targa di marmo che ricorda i nomi di tutti i soldati italiani uccisi nella strage. Compresi i quattro tedeschi. L’ultima «soddisfazione» è stata quella onorificenza al merito concessa da Giorgio Napolitano. Da quel giorno Giuseppe Giannola sapeva di poter finalmente morire tranquillo.
Fonte: srs di Paolo Zappitelli, da il TEMPO.it el 6 dicembre 2916
GIUSEPPE GIANNOLA
L’aviere Giuseppe Giannola durante la guerra in Sicilia
(archivio Corriere della Sera)
Giuseppe Giannola (Palermo, 1917 – Palermo, 4 dicembre 2016[1])
è stato un aviatore e militare italiano, l'unico
sopravvissuto alla seconda strage del massacro di Biscari, compiuto nel 1943 da
militari statunitensi ai danni di 76 prigionieri italiani e tedeschi[2].
Nato a Palermo nel 1917[3] e cresciuto durante il
ventennio e la seconda guerra
mondiale senza essere fascista,
diviene prima aiuto autista
e poi, con l'approssimarsi dell'invasione della
Sicilia da parte delle truppe alleate,
militare di leva e aviere
scelto della Regia
Aeronautica posto a difesa del Regno d'Italia.[4]
Si ritrova nel 1943 a presidiare l'aeroporto di Santo Pietro
(detto Biscari dagli alleati) presso Caltagirone, con una
piccola guarnigione di avieri comandati dal capitano Mario
Talante[5]. L'11 luglio, cattura con un commilitone due paracadutisti
statunitensi. La sera del 13 luglio si trova col suo gruppo a far fronte
all'avanzata delle truppe alleate.[4]
Dopo intensi bombardamenti, la mattina successiva
l'aeroporto è accerchiato. Gli avieri, la sera prima, erano stati divisi in due
gruppi, uno dei quali è presto catturato. I prigionieri, uscendo dal rifugio
con le mani alzate e sventolando un fazzoletto bianco, vengono privati di
vestiti, scarpe, oggetti di valore e messi in fila per essere fucilati per
ordine del capitano John
Compton[6]. Di questo gruppo solo due militari italiani si
salvano: il caporale Virginio
De Roit e il soldato Silvio Quaiotto, che ai primi colpi si danno alla fuga
nascondendosi presso il torrente Ficuzza.
Un altro gruppo di prigionieri incolonnato per essere
condotto nelle retrovie e interrogato
è affidato al sergente Horace
West con sette militari. Del gruppo fa parte Giannola. Durante il tragitto
si aggiungono altri 37 prigionieri di cui 2 tedeschi. Dopo un chilometro di
marcia il gruppo è fermato e fatto disporre su due file parallele. West,
imbracciato un fucile mitragliatore, apre il fuoco.[7]. Al centro
della prima fila c'è Giannola, l'unico superstite, che nella relazione inviata
successivamente al Comando Aeronautica della Sicilia ricorda:
« Fummo avviati nelle vicinanze di Piano Stella ove
fummo poi raggiunti da un altro contingente di prigionieri italiani del R°
esercito, e questi ultimi in numero circa di 34. Tutti fummo schierati per
due di fronte - un Sottufficiale americano, mentre altri 7 ci puntavano con
il fucile per non farci muovere, col fucile mitragliatore sparò a falciare i
circa 50 militari che si trovavano schierati. Il dichiarante rimasto ferito
al braccio destro (rimase) per circa due ore e mezzo sotto i cadaveri,
per sfuggire ad altra scarica di fucileria, dato che i militari anglo
americani rimasero sul posto molto tempo per finire di colpire quelli rimasti
feriti e agonizzanti. »
|
(Dalla relazione di Giannola del 4 marzo 1947 al Comando Aeronautica
della Sicilia[8].)
|
Giannola, con un polso fratturato da un proiettile, attende
più di due ore prima di muoversi nel tentativo di allontanarsi, ma appena
rialza il capo da lontano un colpo di fucile lo colpisce di striscio alla
testa, facendolo cadere svenuto.[9] Riavutosi, striscia carponi fino
a raggiungere un albero e chiedere assistenza ad altri soldati statunitensi con
la croce rossa al
braccio. Dopo aver ricevuto prime cure rudimentali, gli viene fatto capire che
da lì a poco sarebbe sopraggiunta un'ambulanza per aiutarlo. Vedendo
avvicinarsi una jeep, fa segno
di fermarsi. Ne scendono due soldati che, vedendolo senza uniforme e ferito, lo
scambiano per un inglese, ma nel vederlo non capire si insospettiscono e uno
con un fucile Garand[4] gli domanda se è italiano, alla risposta
affermativa gli spara a distanza ravvicinata, trapassandolo e perforando un polmone, col proiettile che
esce dalla spalla.[9]
Poco dopo sopraggiunge l'autoambulanza che lo raccoglie
trasportandolo all'ospedale da campo di Scoglitti. Due giorni dopo è
imbarcato su una nave e portato all'ospedale inglese di Biserta e poi altri del
Nord Africa. Rientra in Italia il 18 marzo 1944 ed è ricoverato all'ospedale
militare di Giovinazzo.
Inizialmente il Regio
Esercito lo elenca tra i dispersi e poi lo sospetta di diserzione.[4]
Al termine della prigionia, denuncia l'accaduto alle
autorità italiane il 31 dicembre 1945, poi il 21 agosto 1946. Infine, il 4
marzo 1947 presenta al Comando
Aeronautica della Sicilia un dettagliato resoconto di quanto accaduto, ma per
ragioni di opportunità politica rimane inascoltato.[10] Dopo la
guerra svolge l'attività di postino, cercando negli anni di far sentire la sua
voce, ma senza successo, fino a quando nel 2004, assistito dal figlio Riccardo,
racconta la sua storia al procuratore militare di Padova, il quale aveva aperto
un fascicolo per la storia di un altro sopravvissuto al c
rimine di guerra consumato negli stessi luoghi per mano del
capitano Compton.[11][12]
Nel settembre 2009 viene ricevuto al Quirinale dal
consigliere militare del presidente Giorgio Napolitano,
il generale Rolando
Mosca Moschini.[13] Nel giugno 2012, ultranovantenne, viene
insignito dell'onorificenza di ufficiale della Repubblica Italiana, ricevendola
dal prefetto di Palermo nel dicembre dello stesso anno.[14]
Onorificenze.
Note
- ^ Stragi
Alleati in Italia nel 1943, morto a Palermo l'ultimo sopravvissuto: aveva
99 anni, in Repubblica.it, 04 dicembre 2016. URL
consultato il 04 dicembre 2016.
- ^ Le
vittime di Patton - Corriere del Veneto.
- ^ Cultura
Libri - Ignis in Corde, La battaglia degli Iblei - RagusaNews.
- ^ a b c d Storia dell'aviere scelto
Giuseppe Giannola siciliano del capoluogo | l'Occidentale.
- ^ Andrea
Augello, "Uccidi Gli Italiani", Milano, Mursia, 2009, pag
138.
- ^ Andrea
Augello, "Uccidi Gli Italiani", Milano, Mursia, 2009, pag 136:
"Quando la fila degli inermi fu composta, il capitano americano
ordinò al plotone di fucilarli tutti".
- ^ Andrea
Augello, "Uccidi Gli Italiani", Milano, Mursia, 2009, pag 136:
"Nella stessa giornata un altro gruppo di trentasette soldati
italiani prigionieri fu sterminato dal sergente Horace West, che invece
aveva ricevuto l'ordine di scortarli nelle retrovie per farli
interrogare".
- ^ Andrea
Augello, "Uccidi Gli Italiani", Milano, Mursia, 2009, pag 165.
- ^ a b Stragi
Usa, premiato il superstite.
- ^ Palermo:
aviere Giannola riceve onorificenza Ordine al Merito Repubblica (2) |
Palermo la Repubblica.it.
- ^ Andrea
Augello, "Uccidi Gli Italiani", Milano, Mursia, 2009, pag
138-143.
- ^ Gianluca
di Fero, «Sei
un prigioniero italiano? E mi sparò al cuore», Corriere della Sera, 3 marzo 2005.
- ^ il
«Prigioniero» Giannola e il Silenzio sui Caduti di Biscari.
- ^ Palermo:
aviere Giannola riceve onorificenza Ordine al Merito Repubblica | Palermo
la Repubblica.it.
- ^ Sito
web del Quirinale: dettaglio decorato, dal sito della Presidenza della Repubblica
Italiana.
Fonte: Wikipedia
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