Dal testo di Francesco Zanotto
"Era in
Venezia, in que' dì, convenuta una moltitudine di marinai, dedotti dall'Istria
e dalla Dalmazia, affine di armare la flotta che destinata era a recarsi in sul
Po. Quella moltitudine impertanto, in segno di gioia, si die' allo stravizzo, e
quindi fatta calda dal vino, si pose a scorrere la città con faci accese,
facendo baldoria. Mancata la materia al
fuoco recato, cercandone invano, giunsero in piazza, e colà si diedero ad
abbruciar le botteghe ... "
ANNO 1437
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Prosegue per
Venezia l'impegno bellico contro il Visconti. A dar man forte alle truppe della Serenissima
anche un migliaio di marinai dalmati e istriani che alla notizia di una vittoria si lasciano un pò troppo
trasportare dall'euforia ...
LA SCHEDA STORICA - 71
Dopo la morte del Carmagnola nel 1432 venne siglata una
nuova pace tra Venezia e il signore di Milano (seconda pace di Ferrara -1433).
Più che di veri e propri trattati di pace - la loro rilevanza era soprattutto da ascriversi alle
assegnazioni o ridefinizioni territoriali in essi contenute -, si trattava in realtà
di brevi, vitali, tregue che davano giusto il tempo agli eserciti dei due
schieramenti di riorganizzarsi e prepararsi a nuove iniziative e quindi a nuovi
scontri.
Non solo durante i brevi periodi delle tregue - mai per la
verità del tutto tranquilli - gli eserciti potevano "tirare il
fiato", ma spesso in quei brevi mesi si verificavano anche improvvisi ed
imprevisti ribaltamenti di alleanze con inaspettati passaggi di forze da un
fronte all'altro.
Fu il caso di Genova, per esempio, che dopo questa tregua si
trova sorprendentemente alleata di Venezia per essersi momentaneamente liberata
dal giogo visconte o che la voleva naturalmente schierata contro la
Serenissima; oppure era il caso ancora, dell'imperatore Sigismondo che solo
qualche anno prima con le sue truppe devastava i territori veneziani in Friuli
e ora combatteva a fianco della repubblica veneta contro il Visconti. Per non
parlare, infine, dei protagonisti per eccellenza di quei convulsi e feroci anni
di guerra: i capitani di ventura.
Carmagnola, infatti, fu solo uno dei tanti, certo, in quel
momento il più famoso, il più abile e quindi il più richiesto. Dopo la sua
esecuzione il campo, perciò, si era improvvisamente liberato per lasciare spazio
a un altro di questi personaggi destinato a sedere sul trono del ducato di
Milano, inaugurando una delle più celebri dinastie italiane, quella degli
Sforza. Francesco Sforza, al soldo di Filippo Maria Visconti, passò
successivamente al servizio della repubblica fiorentina ed infine a quello
della stessa Serenissima in un continuo e repentino cambiamento di parti a
seconda delle proprie e personali ambizioni ..
Lo scontro con i Visconti
Le nuove ostilità tra gli eserciti della Lega anti-viscontea
e il duca di Milano Filippo Maria Visconti, intanto, ripresero su grande scala
nel 1436 con un andamento subito favorevole alle prime guidate proprio dallo
Sforza che arrivò a minacciare la stessa Milano. Il Visconti, a quel punto,
cercò disperatamente la pace con Venezia e tentò, inutilmente, di riportare lo
Sforza dalla sua parte (il condottiero infatti, così come il Carmagnola circa
dieci anni prima, se ne era andato sbattendo la porta dopo un acceso diverbio
con il duca). Falliti entrambi i tentativi, la guerra proseguì con altre
numerose battaglie combattute dai due eserciti nelle pianure lombarde per buona
parte del 1437. Nell'estate di quello stesso anno i due eserciti nemici si
scontrarono duramente.
A guidare gli opposti schieramenti, due dei più valorosi
capitani di quel tempo: Niccolò Piccinino per le forze viscontee, Erasmo da Narni,
detto il Gattamelata, le truppe veneziane.
Originario appunto di Narni (Terni) dove era nato nel 1370,
il Gattamelata venne presto così soprannominato per la sua scaltrezza unita
però a una più che rara ed eccezionale dolcezza dei modi che facevano di lui
più un cavaliere che un rude soldato. Già nel 1434 con il consenso del
pontefice Eugenio IV che lo aveva arruolato, passò al servizio di Venezia
contro Filippo Maria Visconti. Quando poi, Gianfrancesco Gonzaga, signore di
Mantova, tradì Venezia per passare definitivamente al duca di Milano,
Gattamelata venne nominato capitano generale della Serenissima, titolo che
mantenne fino alla morte avvenuta a Padova nel 1443. Dal momento dell'alta
nomina, il condottiero prese a muoversi con i suoi uomini in Veneto e in
Lombardia attuando una guerra tattica di movimento che gli consentì di tenere a
bada in diverse circostanze le superiori forze viscontee.
A volte si esagera
In uno scontro, in
particolare, tuttavia, proprio nell'estate del 1437, l'esito rimase incerto
fino all'ultimo momento. Anzi, pare proprio che in quell'occasione non vi
fossero stati propriamente nè vinti nè vincitori. Gattamelata si ritirò intanto a Brescia mentre
il Piccinino ripiegava su Cologna Monzese.
Accadde, tuttavia, che per rincuorare probabilmente gli
animi dei veneziani, si provvide a far diffondere la notizia (falsa o comunque
non del tutto vera) della vittoria delle armi venete su quelle lombarde. La
notizia giunse così bella e impacchettata a Venezia il 17 agosto del 1437 per
bocca di Andrea Donato.
In quei giorni a Venezia, intanto, si era radunata una
moltitudine di marinai provenienti dall'Istria e dalla Dalmazia per portare il
loro aiuto alla Serenissima nella sua guerra contro il Visconti. L'attesa e la
notizia della vittoria rese particolarmente euforici i marinai che si
lasciarono andare a pubbliche e certamente poco composte manifestazioni di
giubilo. Sotto l'effetto dell'abbondante alcool ingurgitato, gli uomini si
diedero presto ad ogni sorta di vandalismo bruciando o distruggendo i banchi di
legno dei fruttaioli e dei panettieri che si trovavano allora in Piazza S. Marco.
Invano le guardie tentarono di arginare
l'ondata devastatrice.
Per farlo, ci volle infatti tutta l'autorità e il carisma
del Procuratore di S. Marco Pietro Loredan, il vincitore dei Turchi a Gallipoli
e di tante gloriose battaglie, certamente uno dei personaggi pubblici più amati
a Venezia. Alla sua comparsa i marinai avvinazzati - così almeno si racconta -
si ricomposero immediatamente e rientrarono composti nei loro quartieri.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 3, SCRIPTA EDIZIONI
Nessun commento:
Posta un commento