Dal testo di Francesco Zanotto
"Camminava
frattanto l'esercito de' Veneziani per una via praticata in mezzo ad un padule
che nel verno veniva allagato, ed allora appariva sparso di virgulti e di
piante palustri, a fronte del quale scoprivasi larga e coltivata pianura dove potevasi giungere
agiatamente in tempo di estate, ma per vie oblique, le quali furono dal
Carmagnola, in certi punti, munite di armati. E poichè vide essere i nemici
disposti a combattere, fece passare quetamente intorno al padule, Nicolò da
Tolentino con 2000 cavalli, affine di assaltar l'oste alle spalle allorchè
fosse impegnata la zuffa ... "
ANNO 1427
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Nella famosa
battaglia si scontrano senza esclusione di colpi milanesi e veneziani, questi ultimi condotti alla
clamorosa vittoria dal conte di Carmagnola, che ha la capacità tattica di muovere
le truppe in un territorio difficile ma conosciuto ...
LA SCHEDA STORICA - 69
Nel 1423, poco dopo aver pronunciato il suo discorso, moriva
il doge Tommaso Mocenigo. Gli succedeva sul trono ducale proprio Francesco
Foscari, colui che mai il defunto doge avrebbe voluto quale successore.
Del resto la situazione alle spalle di Venezia si evolveva
con una tale rapidità - e non certo in termini tranquillizzanti per la
Repubblica -, che si rendeva indispensabile un radicale mutamento della linea
politica adottata fino ad allora dal prudente Mocenigo.
Questi, difronte all'inarrestabile dilagare della potenza
viscontea - erano cadute nella sua rete anche le città di Reggio, Imola, Parma
e Faenza, Brescia e Bergamo -, aveva opposto una politica di congeniale intesa
con lo stesso Filippo Maria Visconti nonostante il parere già allora fortemente
negativo del senatore Francesco Foscari. Con lui, una volta diventato doge,
l'atteggiamento di calcolata prudenza del Mocenigo, venne infatti
progressivamente abbandonato.
Inizialmente anche il nuovo doge si attestò su di una
posizione sostanzialmente neutrale nei confronti dello strapotere del Visconti,
malgrado gli appelli di Bologna e di Firenze per costituire al più presto una
lega contro il potente signore milanese. Appelli che si fecero particolarmente
disperati da parte di Firenze dopo la sua sconfitta a Zagomera a seguito della
quale si sentiva ormai direttamente minacciata. Anche allora il governo
veneziano non si mosse, limitandosi a chiedere un chiarimento al Visconti circa
le sue reali intenzioni nei confronti della repubblica fiorentina.
Solo nel 1426 Venezia si decise ad entrare a far parte di un
vasto fronte anti-visconteo voluto anzi con tutte le forze dallo stesso doge.
Da quel momento iniziò per Venezia un lungo, interminabile periodo di guerre,
guerricciole e sporadici scontri con le truppe del Visconti. Una triste sequela
destinata fra pause e fragili paci a durare per più di trent'anni.
Le parole del doge Mocenigo che con il Foscari quale nuovo doge
Venezia si sarebbe ritrovata presto in guerra, dovettero sembrare allora una
fatale profezia. Venezia, del resto, non aveva alcuna alternativa o comunque
non venne presa in considerazione.
La prima fase del conflitto si concluse il 30 dicembre del
1426 con una pace che assegnava a Venezia la provincia e la città di Brescia.
La Serenissima aveva valicato i confini veneti mettendo per la prima volta
piede sul suolo lombardo. Era sicuramente un bel colpo per il governo del
Foscari, ma l'incalzare della guerra voleva Venezia ancora in armi appena pochi
mesi dopo con un'emorragia finanziaria che era appena ai suoi inizi.
Il denaro infatti, non sembrava mai sufficiente per pagare i
veri protagonisti di questa guerra: i capitani di ventura. Mercenari al soldo
del miglior offerente, veri e propri professionisti della guerra, sono loro con
il loro cinismo e la loro insaziabile sete di denaro a definire e spesso
determinare le sorti di una battaglia.
E proprio uno di questi capitani, forse il più famoso e
conteso dell'epoca, aveva assoldato la Serenissima nel 1425. Il suo nome era
Francesco Bussone, più comunemente noto ieri come oggi come conte di
Carmagnola. Con il doge Foscari fu uno dei più accaniti sostenitori
dell'ingresso di Venezia nella Lega anti-viscontea.
Eppure il Carmagnola aveva fatto la sua fortuna e costruito
la sua fama proprio combattendo al servizio di Filippo Maria Visconti per il
quale aveva conquistato fra il 1415 e il 1420 numerose città piemontesi e
lombarde (Alessandria, Como, Cremona, Bergamo e Brescia ... ).
Nel 1421, poi, con l'altro grande condottiero visconteo,
Guido Torelli, aveva realizzato l'antico sogno dei Visconti: la conquista di
"Genova.
E proprio a Genova il Carmagnola si vide praticamente
relegato solo un anno dopo dal suo duca, seppur con l'alto incarico di
governatore della città. Il motivo sembra da ricercarsi nelle feroci gelosie ed
invidie che la totale fiducia del Visconti nel Carmagnola e i suoi straordinari
successi militari avevano scatenato a corte e fra gli altri condottieri.
Alla fine del 1424, forse a causa di alcune voci relative ad
una congiura anti-viscontea nella città di Genova che avrebbe visto partecipe
lo stesso conte, il Carmagnola venne richiamato a Milano al cospetto del duca.
Fra i due fu subito uno scontro verbale durissimo alla fine del quale il
Carmagnola se ne andò sbattendo la porta. Da allora iniziò a tessere
incessantemente le fila della sua vendetta contro il Visconti e che lo avrebbe
portato ben presto proprio in braccia a Venezia.
Dal governo veneziano venne nominato niente meno che
capitano generale delle milizie ducali che presto dovettero muoversi ancora una
volta contro il signore di Milano che aveva già mobilitato, dal canto suo,
15.000 uomini al comando di Carlo Malatesta, signore di Rimini.
Gli uomini della Serenissima, nella loro avanzata, si erano
intanto attestati nel cremonese, presso Maclodio oggi in provincia di Brescia.
I veneziani procedevano attraverso una via aperta fra i canneti di una palude,
attorno alla quale il Carmagnola aveva fatto distribuire 2.000 uomini a cavallo
al comando di Nicolò Tolentino mentre i fanti erano dislocati nel canneto.
L' 11 ottobre del
1427 il Carmagnola decise finalmente di muovere contro il nemico. L'esercito
milanese pagò duramente in quell'occasione l'imperizia del suo comandante che
spinse troppo avanti i suoi uomini verso la palude ritrovandosi praticamente
accerchiato: di fronte la fanteria veneziana che sbucava dai canneti, alle
spalle invece la cavalleria. In aiuto dei milanesi accorsero anche Torello e
l'altro grande capitano di ventura destinato a diventare da lì a pochi anni il
nuovo signore di Milano, Francesco Sforza, il cui fratello intanto venne fatto
prigioniero dai veneziani. L'arrivo dei rinforzi arrivò comunque troppo tardi o
giusto in tempo per vedere i veneziani trionfare. Era il 12 ottobre del 1427.
Il Carmagnola non solo aveva portato a termine la sua
segreta, personale vendetta contro il suo ex signore, ma al tempo stesso aveva
procurato a Venezia gloria e prestigio. Carmagnola era in quel momento l'eroe
della repubblica veneziana.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 3, SCRIPTA EDIZIONI
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