Dal testo di Francesco Zanotto
"Alcuni giorni appresso mandò per loro
la Signoria, alla quale si presentarono nella sala delle due Nappe, ed ivi
gittandosi ai piedi del doge Michele Steno, disse il vecchio Francesco: Ho
peccato, signori, abbiate misericordia di me. Tosto il Doge li rilevò
rispondendo: Voi avrete quella misericordia che meritate. Poi sedettero ai lati
di lui, che, ricordate loro le benemerenze della Repubblica ed i benefizi (. ..
) li rimproverò della loro sleale condotta ... "
ANNO 1405
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Dopo la conquista
di Verona, strappata ai carraresi, prosegue nel 1405 lo scontro decisivo fra i
signori di Padova e la
Serenissima per il predominio dell'entroterra veneto. Alla fine anche Padova verrà conquistata
e i due da Carrara tradotti a Venezia come prigionieri.
LA SCHEDA STORICA - 65
Nel 1392, dunque,
Venezia aveva spregiudicatamente aiutato Novello da Carrara a fuggire da una
prigione viscontea e sostenuto lo stesso con armi e denari nella riconquista
della sua città, Padova. La città infatti era stata annessa agli altri
territori che costituivano lo stato del potente signore milanese, Giangaleazzo
Visconti, suscitando crescenti preoccupazioni a Venezia.
Al posto del tradizionale nemico padovano, i da Carrara, la
città lagunare vedeva rafforzarsi ora alle sue spalle, un'altra e forse più
pericolosa minaccia. E così, spinto certamente più da calcolo politico che da
una reale convinzione, il governo ducale decise di recuperare il figlio di
Francesco da Carrara e rimpiazzarlo al governo di Padova per contrastare o
arginare in qualche modo il crescente strapotere dei Visconti nel Veneto.
Aiutando Novello a recuperare la sua città, il governo
lagunare pensava infatti di essersi assicurato un alleato o, quanto meno, un
tranquillo vicino.
Dapprima alleata coi Visconti contro Francesco da Carrara e
successivamente disposta invece ad appoggiare il figlio di questi contro gli
stessi Visconti, Venezia cercava evidentemente di destreggiarsi tra le due
potenze "terrestri" di Padova e Milano, al fine di destabilizzarne o
controbilanciarne l'impeto espansionistico.
Con l'aiuto fornito a Novello, Venezia era già la seconda
volta che aiutava a questo scopo un da Carrara - normalmente suoi mortali
nemici- a recuperare il governo della città patavina.
Nella prima metà del secolo era stata infatti la volta di
Marsilio da Carrara che si era visto sottrarre Padova dal potente signore
veronese Mastino II della Scala. Anche allora, e praticamente per i medesimi
motivi, Venezia scelse di aiutare il signore padovano nel recupero della sua
città.
Ora, era stato il turno di Novello che il 24 novembre del
1392 si presentò dinanzi al doge nella sala del Maggior Consiglio per
ringraziare ufficialmente la repubblica di Venezia per aver restituito ancora
una volta alla sua casta la città di Padova. Erano trascorsi appena 19 anni da
quando nel 1373 lo stesso Novello si era ritrovato in quella stessa sala a
supplicare ai piedi del doge la pace in vece del padre Francesco che non aveva
accettato di sottomettersi alla umiliante richiesta del governo veneziano.
Eppure, già nel 1405, Novello sembrava aver persa la memoria dell'aiuto
ricevuto dai veneziani - la riconoscenza non doveva essere considerata a quei
tempi una gran dote politica!-. In lui come nel padre Francesco evidentemente,
il tarlo del potere risultava molto più forte di quello della propria convenienza.
Non solo Novello si mosse in quell'anno contro i Visconti,
ma iniziò a tramare contro la stessa Venezia. Il signore padovano avrebbe
aiutato i della Scala in esilio a recuperare Verona in cambio della cessione di
Vicenza.
A quel punto il governo veneziano, stanco dei continui
voltafaccia dei da Carrara, si decise a scendere in campo con il proprio
esercito. Da allora fu per Venezia un susseguirsi di clamorose e vittoriose
conquiste. Dopo Vicenza, consegnatasi spontaneamente a Venezia, era stata la
volta di Verona che cadde in mano ai veneziani nel 1405. A quel punto restava
di conquistare a Venezia solo Padova dove intanto Novello si era asserragliato
con il figlio Francesco III.
L'intenzione del da Carrara era naturalmente quella di
resistere, ma soprattutto di guadagnare tempo. Un tempo nel quale il signore
padovano confidava per ricevere nuovi aiuti e poter ribaltare così la
situazione.
Nella città assediata giungevano intanto le prime offerte
per un'onorevole resa, tutte ovviamente respinte dal da Carrara. Le proposte
erano portate a Novello da un altro ben noto personaggio della storia
veneziana, Carlo Zeno, per l'occasione nel ruolo di ambasciatore per conto del
senato veneziano.
Lo Zeno, dunque, portò le proposte del suo governo: liberazione
del figlio Jacopo catturato durante la presa di Verona; la corresponsione di
50.000 ducati d'oro; 30 carri dove mettere tutti i suoi beni quando avrebbe
lasciato la città, traslocco che si sarebbe tenuto completamente a spese della
Serenissima e che avrebbe dovuto portare il da Carrara in un luogo di sua
scelta ma distante almeno 100 miglia da Padova. Ancora una volta l'orgoglioso e
presuntuoso signore padovano rifiutò. Fu la sua ultima occasione per aver salva
la sua vita e quella dei suoi figlioli.
Temporeggiava, il da Carrara, ma nella città, intanto, oltre
al malcontento per i continui rifiuti delle offerte veneziane, iniziava a
dilagare anche la peste. E così iniziarono' in una città affamata e devastata
dal morbo, i primi tradimenti con la consegna nottetempo ai veneziani di una
delle porte cittadine. Il 22 novembre
del 1405 l'esercito veneziano poteva così finalmente entrare anche a Padova.
Fuggito dalla città con il figlio Francesco il da Carrara
venne infine catturato, pare, lungo la strada che lo avrebbe portato a Venezia
per poter trattare personalmente la resa. I due nobili signori vennero invece
tradotti a Venezia quali prigionieri e rinchiusi nella prigione ducale detta
"Orba" (Cieca). Dopo pochi giorni di duro carcere, Novello si piegò a
chiedere udienza al doge Michele Steno. Giunto al suo cospetto, gli si gettò ai
piedi chiedendo pietà e misericordia. Troppe volte i veneziani avevano
conosciuto la natura infida del padovano alle cui parole nemmeno il doge si
piegò. Padre e figlio vennero anzi separati di cella, mentre in un'altra si
trovava già da mesi l'altro da Carrara, Jacopo.
Si doveva decidere, ora, cosa fare dei tre carraresi. Le
discussioni si protrassero da dicembre al mese di gennaio dell'anno successivo,
ma alla fine prevalse la proposta del generalissimo della Repubblica, Jacopo
dal Verme, per una soluzione definitiva e radicale.
I tre da Carrara, così, vennero presto strangolati nelle
rispettive celle.
"Homo morto vera (guerra) finìa" si mormorò tra il
popolo.
Venezia chiudeva dunque in questo modo oggi sentito come
ripugnante, ma allora certamente avvertito come opportuno e necessario, il suo
primo ciclo di conquiste sulla terraferma.
Dopo 900 anni i discendenti dei primi profughi che quella
stessa terra avevano dovuto abbandonare sotto l'urto delle invasioni
barbariche, vi rimettevano finalmente piede da vincitori.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 3, SCRIPTA EDIZIONI
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