Oggi, 1° marzo, ricorre la festività del Capodanno Venziano ed io desidero ricordarlo con una poesia di un poeta dello scorso secolo, Diego Valeri, dedicata alla sua città per antonomasia, Venezia, “città di pietra e di luce”.
C’è una città di questo mondo,
ma così bella, ma così strana,
che pare un gioco di fata morgana
o una visione del cuor profondo.
Avviluppata in un roseo velo,
sta con sue chiese palazzi giardini
tutta sospesa tra due turchini,
quello del mare, quello del cielo.
Così mutevole! A vederla
nelle mattine di sole bianco,
splende d’un riso pallido e stanco,
d’un chiuso lume, come la perla;
ma nei tramonti rossi affocati
è un’arca d’oro, ardente, raggiante,
nave immensa veleggiante
a lontani lidi incantati.
Quando la luna alta inargenta
torri snelle e cupole piene
e serpeggia per cento vene
d’acqua cupa e sonnolenta,
non si può dire quel ch’ella sia,
tanto è nuova mirabile cosa:
isola sacra misteriosa,
regno infinito di fantasia…
Cosa di sogno, vaga e leggera;
eppure porta mill’anni di storia,
e si corona della gloria
d’una grande vita guerriera.
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