I tre absidi della Chiesa di San Zeno
Verona, sabato 5 aprile. Abbarbicato ad un abbaino di Piazza Corubio, riesco a fare alcune foto delle famose tre absidi rinvenute durante gli scavi archeologici. I sanzenati non hanno dubbi su quel che sono e sull’importanza di quei tre absidi, ma da quando hanno aperto gli scavi, non si sente altro che ripetere: “niente di importante”, “nulla di rilevante” …malgrado questo, sono uscite anche centinaia di tombe.
Ritornato sul bordo della piazza, incontro la sig.ra Veronica, militante ambientalista, e Giorgio Vandelli, storico locale e “free investigator”. Giorgio mi mostra alcuni fogli ed esclama: «Ho scritto persino al Papa! Non è possibile che si possa distruggere, non solo il grande cimitero paleocristiano, ma persino i resti della prima “Chiesa di San Zeno”! Su Piazza Corubio ho praticamente informato tutti, ma proprio tutti, non possono dire di “non sapere” o di essere stati, diciamo, “distratti”. Noi, cittadini, vogliamo prima sapere cos’è venuto fuori e valutare, poi, cosa fare; non spetta solo loro, impresari, soprintendenti, assessori e sindaci, obliterare la nostra storia e le nostre radici ».
Abside di sinistra
Giorgio mi passa gli appunti sui sermoni di San Zeno, e di alcuni Padri della Chiesa Veronese, che descrivono luoghi ed eventi di allora.
«Sono annotazioni, appunti, poche righe, ma per uno storico e un archeologo valgono molto. Se li avessero letti, e confrontati con i resti rinvenuti, qualche “ragionevole dubbio” sulla “non esistenza” della primitiva chiesa di San Zeno in codesta piazza sarebbe dovuto venire, almeno qualche interrogativo.
VEDIAMO QUEL CHE DICONO
San Zeno, in uno dei suoi sermoni, fa il paragone del regno di Dio con la forma della chiesa di San Zeno.
Abside di destra
Abside di destra
«…Esultate, adunque, o fratelli, nel riconoscere da questa novella casa di Dio, la nostra interiore architettura: questa novella casa che avete già resa angusta con il felice numero delle vostre presenze: per ciò stesso invero che non riesce a capirvi questo sacro luogo, vuol dire che la vostra fede vi conquista il Cuore di Dio» (L.1: tratt. 14.2) quando prosegue parlando del tempio di Dio spirituale, la Santa Chiesa Cattolica raffigurata dal tempio materiale, con una immagine una e trina.
« Ha tre membra inestimabilmente preziose concorrenti a formare un tutto unico e solo come uno solo è il secretarium che le aduna: ha dodici porte (finestre) sempre aperte difese da un segno a forma di T ( il segno della croce decussata)»; noi sentiamo nella viva e precisa parola di San Zeno, risuonare la gioia lontana dell’accolito africano, tutto felice di custodire il tempio materiale e nel sacretarium la SS. Eucaristia, onde far progredire la edificazione spirituale, ch’è il regno del Signore nelle anime!
E il ricordo è legato alle più pure scaturigini della tradizione africana
Il suo maestro Tertulliano, su quest’argomento, scrive: « La lettera Tau dei greci, e la nostra T hanno somiglianze con la Croce nostra; epperciò il profeta Ezechiele (9, 4-6) predice che rifulgerà nelle nostre fonti, noi che apparteniamo alla vera e cattolica Gerusalemme» ( Contro Marcione 3, 22).
Così si esprime anche San Cipriano ( Testimoni 2, 22).
Finestre a feritoia nella Chiesa di Sant'Andrea a Sommacampagna
Finestre a feritoia nella Chiesa di Sant'Andrea a Sommacampagna
Riporto ora alcuni passi ricavati da: Ongaro 1938
….dieci anni di vita e di ministero tra noi. Poiché tra otto e dieci varia la serie dei sermoni per varie occasioni annuali.
Tra i suoi trattati, ci sono otto elucidazioni del Profeta Isaia, 8 per la narrazione del banchetto Pasquale, 7 per il passaggio del Mar Rosso, 8 per l'episodio dei fanciulli di Babilonia nella fornace, 8 brevi allocuzioni di preparazione al S. Battesimo, 7 di ringraziamento; 9 trattati per la festa di Pasqua.
Tutto lascia a credere, quindi, che il 12 aprile del 371/2, fu il «dies natalis» il giorno che ci ha tolto un padre sulla terra e ci ha dato un protettore santissimo in cielo.
Subito le ossa di Lui (San Zeno) sono state visitate, e, dopo morte, profetarono (Ecclesiastico 49, 18).
51. Lasciamo ai Santi scrivere dei Santi (1. S. Petronio)
Siamo fortunati di poter udire quello che un Vescovo e un santo, Petronio dì Bologna, disse sulla salma del nostro santo Padre, composto nella pace della sua Chiesa, in uno dei anniversari.
Dopo aver alluso, con vivide immagini, proprie della letteratura del suo tempo, al fatto che i Veronesi non avevano bisogno dei ruscelletti della sua povera eloquenza, già quasi disseccati perché avevano a loro disposizione le fiumane di Zenone, dopo aver alluso alla gravità dei mali che aduggiarono la Chiesa e alla relativa pace conseguita allora, verso il 414, continua: « vi ho detto queste cose, o fratelli carissimi, per l'aiuto del potente nostro Signore, le procelle del male, ritornata la pace, godiamo della luce della liberta, e ne è concesso di rinnovare lo splendore dei sacri templi. Lo prova la sublimità di questo tempio, allargato, dal quale mentre regge nel suo grembo le reliquie del santissimo confessore, si diffonde fragranza soave, per ogni dove. La magnificenza delle sue virtù non può essere ristretta a questi angusti confini, penetra anche i lembi del mondo, e con infaticata ala tocca i cieli più alti. Così il S. Pontefice di Cristo, Zenone, comprovato dalla operazione dei prodigi: moltiplica nel sepolcro quei miracoli che ha fatto durante l’episcopato. Poiché procedono dal suo stesso feretro, varie grazie di riacquistata salute: e colui che giace nel sepolcro, rende la vita ai morti già sfatti, sana gli inferi: il giocondo liquore, erompente dal fonte perpetuo della santità, lava i peccatori somministra le gioie della salute: e quante volte l’umida arca accoglie le preghiere dei supplici, altrettante largisce opportuno rimedio per mille vie»
« Proprio così, il beatissimo Profeta (dottore) S. Zeno, opera oggi nel suo tumulo i miracolo che poté compiere in vita. E’ la ragione si è che lo spirito di Dio, vigila in quella cenere non morta, e procede la vita di là ove crediamo essere un cadavere esamine. Ora poi onoriamo la Chiesa di Dio con il sacrificio della lode, con il canto pubblico delle lodi divine, sia stato introdotto da S. Zeno in Verona, come da Sant’Ilario in Poitiers e da S. Ambrogio in Milano…
52. Lasciamo ai Santi scrivere dei Santi (2. s. Gregorio Il Grande)
Certo segno questo discorso tenuto dal Santo Vescovo che una Chiesa era innalzata fin da quel remoto tempo a Zenone, quale confessore della fede.
Forse quella medesima chiesa, ove avvenne il fastoso miracolo, narratoci da S. Gregorio Papa (590-604): « E passato poco tempo che Giovanni tribuno mi raccontò egli medesimo un fatto prodigioso e me ne fece testimonianza, poiché egli fu presente con il Conte Pronulfo e con il Re Autati: Allora appunto che il Tevere uscì per la città di Roma e innondò moltissimi paesi, cioè cinque anni non ancor passati (589), crebbe l’ Adige presso Verona e venne alla Chiesa di S. Zenone. Stavano aperte le finestre, ma l’acqua non entrò; salì fino alle finestre che erano presso il tetto, così che chiuse la porta e pareva essere solidificata. Quei molti che erano in chiesa, non poterono uscire poiché era tutta circondata dall’acque, e temettero di dovervi morire. Ma venuti alla porta prendevano dell’acqua e bevevano: Potevasi prendete come acqua, ma come acqua non poteva entrare e stava così ritta, a dimostrare a tutti i meriti del Santo» (Dialoghi 3, 19)
Notisi, per valutare la storicità del fatto, come i dialoghi di S. Gregorio, ove è narrato il miracolo, furono dati in dono proprio a Teodolinda, moglie del Re Autari, citato come testimonio oculare.
53. Il Signor custodì le sue ossa (21maggio 804/5)
Non ci resta ora che seguir le vicende del sacro Corpo di Zenone, onde capir bene gl’insegnamenti della divina liturgia del 21 Maggio, giorno della sua traslazione o trasporto, solito a celebrarsi solennemente fino dal sec. IX. Invero noi ne abbiamo testimonianza in un martirologio, uscito dall'officina del grande arcidiacono Pacifico, nell’anno 865.
La traslazione avvenne nell’intervallo di tempo, tra l’elezione del Vescovo Ratoldo (803) e la morte di Pipino, a Milano (8 luglio 810).
Narra l'antico monaco zenoniano, che quando Pipino, Re d'Italia fu a Verona, visitò la chiesa, ove giaceva il corpo di S. Zenone, ma dolendosi assai che sì illustre servo del Signore giacesse in così misero luogo, s’intese col nostro Vescovo Rotaldo di collocarlo altrove…
SI DEDUCE CHE:
A) – La Chiesa di San Zeno è piccola e insufficiente già al momento della inaugurazione.
B) “ Ha tre absidi contigue che si affacciano su uno solo secretarium che le collega fra di loro concorrenti a formare un tutto unico, a forma di grande trifoglio.
C) Ha dodici porte, più probabilmente 12 finestre a feritoia sotto il tetto, sempre aperte, come nella Chiesa di Sant’Andrea di Sommacampagna e quella di San Procolo.
D) San Zeno è morto nel 371/2 in concetto di santità e subito venerato.
E) San Zeno è sepolto nella sua novella chiesa che aveva costruito.
F) E’ tradizione che nel primissimo cristianesimo le chiese erano quasi sempre “Chiese Cimiteriali”.
G) La chiesa era piccola ed è stata allargata.
H) Era una chiesa molto umida e malsana.
I) La tomba viene descritta come un’Arca; è probabile che si intenda un sarcofago in marmo o “pietra di Prun”.
L) Pippino Re d’Italia visita la chiesa, ove giaceva San Zeno, dolendosi assai che sì illustre servo del Signore giacesse in così misero luogo, chiedendo di collocarlo altrove. Dopo 400 anni dalla sua inaugurazione la chiesa benché allargata era considerata troppo umile e misera.
M) La chiesa cessa di esistere nel nono secolo, dopo la traslazione di San Zeno e degli altri vescovi in essa contenuti.
N) Sono giunte voci dagli scavi che, nel perimetro degli absidi” sono state rinvenute tombe “svuotate”, di cui una centrale agli absidi,
O) A proposito dell’alluvione miracolosa, l’assedio dell’acqua fu così lungo che dovettero dissetarsi con l’acqua dell’Adige.
P) Il fatto prodigioso è dato probabilmente, dal “non” innalzarsi del livello dell’acqua. Tempo addietro, durante la battitura delle quote del quartiere di San Zeno per controllare i livelli raggiunti nelle piene storiche, ho scoperto che l’Adige, raggiunta una certa quota, scolmava in direzione Corso Porta Palio e da lì nell'Adigetto in direzione Piazza Cittadella 4/5 metri sotto il livello moderno.
Q) Serve altro? Non credo!
Fonte: da srs di Giorgio Vandelli
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