lunedì 12 gennaio 2015

ADDIO NEVIO BOTAZZI, FU IL "PERLASCA" BERICO:
 SALVÒ DAI LAGER 11MILA PERSONE

Nevio Bottazzi



Nevio Bottazzi, eletto cittadino illustre, aveva raccontato il suo "segreto" solo qualche anno fa. Aveva cestinato o cambiato indirizzo alle cartoline-precetto


VICENZA - E’ scomparso ieri a Vicenza, all’età di 96 anni, Nevio Bottazzi, uno dei cittadini illustri della città berica. La morte è avvenuta all’ospedale San Bortolo, dove era stato ricoverato da qualche giorno per l'aggravarsi di alcune patologie.

Era considerato il “Perlasca vicentino” in quanto salvò 11 mila persone dai campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale: lo fece con un’idea ingegnosa, buttando via le cartoline-precetto destinate ai vicentini da arrestare e deportare in Germania oppure cambiando gli indirizzi, in modo che il pacco con le cartoline destinate non arrivasse mai a destinazione. La particolarità sta nel fatto che mantenne questo segreto per oltre 60 anni, raccontando pubblicamente questa vicenda solo pochi anni fa.

Dopo questa sua testimonianza, l’attuale sindaco di Vicenza, Achille Variati, lo insignì del titolo di cittadino illustre. I funerali di Bottazzi si terranno domani mattina in città.



Fonte: visto su il gazzettino del 9 gennaio 2014




VICENZA, NEVIO BOTTAZZI “CITTADINO ILLUSTRE”




Nevio Bottazzi, 94 anni, sorride dopo aver svelato il segreto che portava da anni



Vicenza. Il primo riconoscimento, per ora ufficioso ma presto ufficiale, gli arriva dal Comune di Vicenza.
Dopo aver appreso la vicenda di Nevio Bottazzi proprio dalle pagine del Giornale di Vicenza, il sindaco Achille Variati ha deciso di conferirgli il titolo di “cittadino illustre”.  Un premio annunciato e che dovrà essere ratificato dalla giunta comunale, ma il primo cittadino non ha dubbi.
E lo spiega in un comunicato: «Non conoscevo questa storia e mi ha molto colpito. Mi onora sapere che un mio concittadino si sia prodigato, anche a rischio della vita, per salvare migliaia di vicentini altrimenti destinati alla deportazione nazifascista».
Una scoperta condivisa con tutti quelli che domenica mattina hanno aperto la prima pagina di cronaca e letto l'intervista di colui che già in molti chiamano il “Perlasca vicentino”, custode di un segreto conservato gelosamente per oltre 60 anni. Un po' come quei soldati che ogni tanto riappaiono dal profondo di una giungla riportando alla luce date, luoghi e fatti che il tempo sembra aver centrifugato.

Rotto finalmente il riserbo dal cronista, complici un paio di amici, è ora il tempo della memoria e della riconoscenza. Continua Variati: «Molti, in quegli anni, sapevano. Pochi hanno avuto il coraggio di opporsi. Inviterò il signor Bottazzi a palazzo Trissino per ascoltare dalla sua voce questa incredibile vicenda e proporrò alla giunta di attribuirgli il titolo di cittadino illustre. È davvero il minimo che possiamo fare in segno di ringraziamento per la sua azione rimasta per tanto tempo sconosciuta, forse anche a causa della riservatezza così tipica dei vicentini più autentici».
Riservatezza che sorprende anche Giuseppe Pupillo, presidente dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea. «Non conosco questa vicenda - sottolinea con cautela più che per scetticismo - e sarà mia cura prenderne visione. Certo, sarebbe di grande interesse se corrispondesse alla realtà, però francamente non posso dirle niente perché ignota». Contatterà anche lui il signor Bottazzi, per capire e magari aggiungere una nuova pagina nel libro vicentino della lotta partigiana.

Da parte sua Bottazzi aggiunge un nuovo racconto:

«Riuscii a far scappare 30 ragazzi mi sembra di Lugo portati nella caserma di raccolta di Treviso per essere deportati in Germania. Usai uno stratagemma: provocai, con una richiesta di cibo, e poi minacciai con il fucile armato il sergente delle SS che gestiva il luogo, attirando in tal modo l'attenzione delle due giovani guardie fasciste al portone, che lo lasciarono incustodito per una decina di minuti».

Chi si rivede in questo racconto può contattarlo al suo numero di telefono o chiamare la redazione. Di storie di coraggio e di speranza c'è sempre un gran bisogno.   

«Cittadino illustre? Sono cittadino lo stesso. Cos'è, mi vuole “lustrare”?».
Ci ride su Nevio Bottazzi, ma il riconoscimento alla fine gli fa piacere.  

Allora, signor Bottazzi, lusingato?  

«Io ho sempre risposto alla mia coscienza, mi piace aver fatto ciò che ho fatto. Ho sempre cercato di aiutare la gente, anche ora che ho 94 anni vado a fare la spesa ad una signora. Si vede che ho un istinto dentro».  

Lei sdrammatizza. Forse si è tolto anche un peso.

«Non era un peso tenere questo segreto per me, senza divulgarlo».

Cosa pensavano i suoi di quello che faceva?

«Non lo sapevano. Nessuno sapeva nulla, nemmeno mio papà, sfollato alle Maddalene».

Qualcuno di quelli che ha salvato si è fatto vivo?
«Qualche telefonata c'è stata. L'unica cosa che mi dispiace è che uno di quelli che salvai una mattina a San Domenico, mentre andavo al lavoro, non mi abbia mai detto grazie. Era un disertore, aveva documenti falsi e fu beccato, io riuscii a farlo scappare, ma non ha mai detto niente».

Ci pensa mai che avrebbero potuto scoprirla?

«Andai lì perché c'era qualcuno che voleva fare quello ma non aveva il coraggio e così chiamò me, dandomi il suo sostegno. Anche tra i fascisti c'erano brave persone.  Brutta bestia la guerra. Specie quella civile. L'odio tra fratelli è terrificante».

Roberto Luciani



Fonte: da IL GIORNALE DI VICENZA del 1 maggio 2012





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