Fanciulla yazida
In Iraq è caccia agli yazidi, la religione più tollerante e
antica del medio oriente.
Dopo i mongoli, è lo Stato islamico a passarli a fil
di spada. Non credono all’inferno, gli islamisti ne stanno preparando uno per loro
Roma. Due giorni fa il Daily Telegraph ha titolato
così: “Morte di una religione”.
Perché lo yazidismo, che assieme all’ebraismo è la più antica religione del
mondo, è sul punto di scomparire. Dopo i
cristiani di Mosul, lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante ha preso di mira
gli yazidi, “i dualisti maledetti”
come ebbe a definirli il Tamerlano,
il turco convertito all’islam che ne passò a migliaia a fil di spada.
Un detto yazida oggi recita: “Eravamo 17 milioni. Oggi siamo 700 mila”. Molti sono fuggiti
all’estero e in 40 mila sono adesso asserragliati nella montagna irachena di
Sinjar. “Pensate a ‘Hotel Rwanda’ o al compound Onu di Srebrenica: questo è il
monte Sinjar oggi”, scrive un laburista inglese, invocando un intervento
umanitario occidentale a difesa degli yazidi. Gli yazidi (o yezidi) hanno due
alternative: scendere dalla montagna per essere macellati dagli estremisti
islamici che li hanno condannati a morte, o restare e morire di fame e sete. La
montagna-rifugio di Sinjar sta già diventando un cimitero.
I peshmerga curdi sono la loro unica speranza. Il loro
assedio è come quello dei catari nella fortezza di Montségur. Gli eretici si
arresero per fame dopo nove mesi di assedio e il fumo dei loro roghi oscurò il
cielo della regione francese per molti giorni.
“Il mio popolo è stato massacrato”, ha denunciato ieri da
Baghdad Vian Dakheel, parlamentare
yazida. “La nostra religione viene cancellata dalla faccia della terra. Vi
imploro, in nome dell’umanità”. Finora si conterebbero almeno cinquecento morti
fra gli yazidi.
Tahseen Sayid Ali, leader spirituale del popolo yazida, ha
scritto una lettera aperta alla comunità internazionale: “I terroristi islamici hanno chiaramente espresso che vogliono vedere
fiumi di sangue yazida”.
A Tal Afar, gli islamisti avrebbero giustiziato cento
yazidi. Le donne sono risparmiate per convertirle e lasciarle alla mercé
sessuale dei terroristi. Il 3 agosto scorso le milizie dell’Isis, che accusano
gli yazidi di essere “adoratori del diavolo”, hanno massacrato almeno settanta
membri di questa antichissima fede. Lo Stato islamico ha detto che
“continueremo fintanto che questi leader satanici non consentiranno la
conversione di ogni yazido all’islam”.
I prodromi delle stragi si registrarono un anno fa, quando
una madre yazida e tre figli furono sgozzati dai fondamentalisti islamici
perché ritenuti “eretici” nel villaggio di Tel Qutbub, a centoventi chilometri
da Mosul. Lo Stato islamico adesso ha pubblicato sui social network le immagini
della presa di Sinjar. Una di queste mostra sei yazidi a faccia in giù in un
campo, una pistola puntata alle loro teste. “Uccideteli ovunque li trovate”, è
la didascalia.
Tra la cabala e Zoroastro
La parola persiana “yazd”
vuol dire angelo. Infatti gli yazidi
adorano l’Angelo Pavone, Melek Taus.
Ma l’origine degli yazidi è ancora oggetto di dibattiti accademici.
C’è chi li fa risalire al giudaismo cabalistico (riposano di
sabato e accendono le candele). Altri li identificano con i carduchi che
diedero filo da torcere a Senofonte durante la ‘Anabasi’. Gli iraniani li
ritengono parenti degli “adoratori del
sole” che ancora vivono in nuclei sperduti sull’altopiano iranico. I più
antichi documenti che abbiamo dello yazidismo, infatti, sono lamenti per lo
spegnimento forzato dei sacri fuochi zoroastriani e per i massacri subiti
durante l’invasione islamica.
Oggi gli yazidi convivono nelle valli irachene con gli
ultimi gnostici, i Mandei, una delle
più antiche, piccole e meno conosciute tra le minoranze irachene. I Mandei
parlano un aramaico simile al dialetto del Talmud babilonese e sono i cugini
del popolo che produsse i codici di Nag Hammadi (come il Vangelo di San
Tommaso).
A favore dell’invasione americana
Come ha scritto Lawrence Kaplan su New Republic, la
popolazione yazida è stata fin dall’inizio entusiasta del cambio di regime
imposto dagli americani a Baghdad. Anche per questo gli estremisti sunniti li
odiano. Li accusano di essere “collaborazionisti”. Dopo l’avvento al potere del
partito Baath nel 1968 venne emanata una direttiva politica, secondo la quale
gli yazidi dovevano “tornare alle loro origini arabe”. I baathisti ordinarono
l’evacuazione di tutti i villaggi yazidi e la deportazione degli abitanti verso
“centri collettivi”. Fu l’inizio di un genocidio culturale. Sia i villaggi
degli yazidi sia i loro luoghi sacri vennero rasi al suolo.
Saddam Hussein voleva distruggere il loro territorio e la
loro religione reinsediandoli in una zona araba per poterne annientare
l’identità. Ma non ci riuscì. Come non ci è riuscita al Qaida nel 2007,
all’apice del surge americano, quando i terroristi islamici rasero al suolo due
interi villaggi yazidi. 796 morti. Fu il più spaventoso attentato dall’11
settembre: “Le Torri gemelle del Kurdistan”. Le bombe qaidiste sterminarono interi
clan yazidi antichi migliaia di anni. Molti di loro evaporarono letteralmente
per via delle esplosioni. “Un genocidio”, disse il comandante delle truppe
statunitensi nel nord dell’Iraq, il generale Benjamin Mixon.
Accusati di blasfemia, politeismo e apostasia dai fanatici
islamisti, gli yazidi contano “72
genocidi” nella loro storia. Ieri, da Baghdad, la parlamentare Dakheel ha
detto: “Per 72 volte nella storia hanno
tentato campagne genocide contro gli yazidi. E la cosa si sta ripetendo nel XXI
secolo. Un’intera religione rischia di sparire dalla faccia della terra”.
Accademici hanno
calcolato che ventitré milioni di yazidi siano stati decimati in settecento
anni di invasioni e di genocidi.
La “caccia agli angeli” iniziò nel 1170, quando
l’espansionismo musulmano si lasciò alle spalle cinquantamila yazidi. I
mongoli, sotto la guida di Hulagu Khan, nel 1218 raggiunsero gli yazidi e ne
macellarono a migliaia, ma incontrarono una forte resistenza e alla fine si
ritirarono.
Il leader yazida Sheikh Hassan venne ucciso dai musulmani e
il suo corpo, nudo, venne appeso a un cancello di Mosul, dove sarebbe stato
visibile agli altri yazidi. Il tempio più sacro, a Lalish, venne profanato, e
le ossa del più grande santo yazida, lo sceicco Adi, furono prelevate dalla
tomba e bruciate davanti agli increduli suoi correligionari.
Anche gli ottomani li hanno perseguitati. Lo storico turco
Katib Chelebi stima che nel 1915-1918 circa 300 mila yazidi furono massacrati
nei territori dell’Impero ottomano. Eppure gli yazidi sono sopravvissuti alle
invasioni di safavidi e ottomani, che si contesero il controllo di Mosul perché
rappresentava la chiave per il controllo della regione caspiana a oriente.
Gli yazidi sono il popolo più umile del medio oriente, come
dimostrano anche i loro templi, i tetti conici dalla punta dorata, bassissimi,
perché l’uomo deve piegarsi per entrare, non può stare in piedi. Le stanze
yazide sono oscure, le uniche decorazioni sono il sole, la luna e le stelle.
Gli yazidi, il cui nome compare persino nelle antichissime
rovine sumeriche, sono l’unico popolo
mediorientale che non ha mai dichiarato guerra a nessuno. Le loro candele
rituali rischiano adesso di spegnersi per sempre.
Recita un altro detto yazida: “Se incontri una persona che ha bisogno, aiutala senza chiedere la sua
religione”. Loro respingono anche la concezione dell’inferno perché la
ritengono incompatibile con la clemenza divina. Anzi aggiungono qualche cosa di
più umano, e cioè che il fuoco infernale esisteva, ma è stato spento dalle
lacrime del dolore delle generazioni. Per questo sono stati condannati a morte
da chi l’inferno vuole riempirlo di infedeli.
CHI SONO E COSA VENERANO GLI
YAZIDI
Ragazza Yazida
Una minoranza del nord dell’Iraq contraddistinta da un culto
antico, complesso e ricco di influenze
Chi sono
Gli yazidi
sono una comunità etno-religiosa di origine curda, che abita in maggior
parte nel nordovest dell’Iraq (nella fattispecie, la provincia di Ninive), e in
misura minore in Siria. La lingua principale è, per quasi tutti i gruppi
yazidi, il curdo, con la quale tramandano il proprio culto. Alcuni gruppi hanno
come prima lingua, però, l’arabo.
Lo yazidismo affonda le radici nel calderone culturale delle
religioni del
grande
Iran, cioè la regione di influenza storica persiana che, oltre all’Iran
attuale, comprende Armenia, Afghanistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tajikistan e
parti di Iraq, Georgia, Pakistan e Cina. Ha però assimilato elementi
provenienti da altre religioni: giudaismo cabalistico, zoroastrismo, mitraismo,
cristianesimo, islam e culti pre-islamici mesopotamici.
Nella sostanza è una curiosa mescolanza di religioni e
credenze, frutto di un complesso processo di sincretismo, cioè di assimilazione
di pratiche e rituali di diversa origine cominciato nel XII secolo. Secondo gli
studiosi sarebbe stato originato dall’incontro tra un’oscura e antica fede
della zona e la dottrina dell’ordine sufi adawyya, i cui aderenti abitavano
nelle montagne del nord dell’Iraq. Per questo motivo gli yazidi venerano l
o sceicco Adin Ibn
Musafir, fondatore dell’ordine sufi. La sua tomba a
Lalish, a nord di Mosul, è un
luogo sacro.
Caratteri principali della religione
Tawuse Melek
Gli yazidi sono
monoteisti. Il mondo sarebbe stato
creato da un dio primordiale che lo ha consegnato in custiodia a sette entità
sacre, gli Angeli (o anche i Sette Misteri). Tra questi
il più importante
sarebbe il dio pavone
Tawuse Melek (che significa appunto angelo-pavone), venerato dagli
yazidi.
Secondo la tradizione, Tawuse Melek sarebbe stato il primo
dei sette angeli creati da Dio. In virtù di questo privilegio Dio gli avrebbe
ordinato di non inchinarsi mai a nessuno. Gli yazidi lo venerano per questo:
quando Dio creò il primo uomo lo volle mettere alla prova e comandò a tutti gli
angeli di inchinarsi e riverire la nuova creatura. Tawuse Melek si rifiuta,
restando fedele al primo ordine che aveva ricevuto. Dio si congratula con lui e
lo glorifica.
La storia presenta numerose somiglianze con la tradizione
islamica del jinn Iblis: anche lui si rifiuta di inchinarsi di fronte al primo
uomo, ma a differenza di Tawuse Melek viene maledetto, cade dal cielo e diventa
Satana. Per gli yazidi, invece, Tawuse Melek non avrebbe alcun legame con il
male del mondo, che invece avrebbe origine autonoma nel cuore e nella mente
degli uomini.
Uno dei punti cruciali della religione yazida è la reincarnazione
e la trasmigrazione delle anime. La reincarnazione più importante è quella
delle anime dei sette angeli, che in via periodica assumerebbero forma umana.
Queste persone sono i “koasasa”. È prevista la reincarnazione, però, anche per
le anime degli esseri umani normali, in un ciclo che prevede l’esistenza sia
del paradiso che dell’inferno, le cui fiamme però sarebbero state spente
proprio da Tawuse Melek.
Tutto l’insieme delle pratiche e dei rituali sarebbe
conservato in due libri sacri, dal contenuto ancora oscuro:
il Libro della
Rivelazione (Kiteba Cilwe) e il
Libro Nero (Mishefa Res),
anche se i testi pubblicati all’inizio del novecento sono considerati dagli
studiosi dei falsi, scritti da non-yazidi per venire incontro alla curiosità
degli occidentali. Non viene escluso che, in passato, i due libri fossero
esistiti davvero, ma al momento la dottrina religiosa è tramandata per via
orale (anche se negli ultimi anni gli inni sacri sono stati raccolti per
iscritti, trasformando la religione yazida in una religione del Libro).
Pratiche
Gli yazidi si considerano discendenti diretti del primo
uomo. Nella loro tradizione questo spiega la riluttanza a mescolarsi con
persone di religioni diverse. L’endogamia è rigida: la società è
organizzata in tre caste, i cui membri possono sposarsi solo con altri membri
della stessa casta. Chi trasgredisce rischia la morte.
Anche la preghiera rituale, prevista due volte al giorno (la prima in direzione del sole(come i
primi cristiani), la seconda verso Lalish, la loro città santa) non può
avvenire in presenza di stranieri.
In generale, il contatto con non-yazidi è considerato
contaminante: hanno sempre evitato di prendere parte al servizio militare
perché questo avrebbe implicato la frequentazione di musulmani. Inoltre è
proibita la condivisione di bicchieri e rasoi con gli stranieri.
Per gli yazidi il giorno sacro è il mercoledì, ma il
riposo è previsto il sabato. A dicembre sono previsti tre giorni di digiuno. Il
nuovo anno si festeggia in primavera, con canti e danze rituali. Un’altra
festività importante è quella del Tawusgeran
(il giro del pavone), in cui membri del culto visitano i villaggi, consegnano
immagini sacre del pavone, che simboleggia Tawuse
Melek e raccolgono donazioni. La più importante però è la Festa
dell’Assemblea, che dura sette giorni e si tiene a Lalish.
Tomb of Sheikh Adi ibn Musafir in Lalish
Proprio a Lalish è obbligatorio, almeno una volta nella
vita, un pellegrinaggio di sette giorni alla tomba dello sceicco Adi ibn
Musafir.
Sarcofago dello sceicco Adi ibn Musafir.
La società yazida prevede una fitta serie di tabù.
Oltre alla proibizione di contaminarsi con stranieri, è proibito offendere gli
elementi principali (aria, acqua, fuoco e terra), per cui non si può sputare o
versare acqua calda in terra (potrebbe ferire e far adirare gli spiriti) e (non
è chiaro perché) non è possibile vestirsi di blu.
Fonte: cisto su LINKIESTA
del 28 novembre 2014
IRAQ: CHI SONO GLI YAZIDI?
Iraq – Bajed Kadal refugee camp near Dohuk, in northern
Iraq
di Federica Iezzi
Baghdad (Iraq) – Continuano i raid aerei delle forze
americane su Erbil, per tentare di arrestare la superba avanzata dei militanti
dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. In queste ore l’obiettivo del
gruppo jihadista sunnita è lo sterminio del popolo Yazidi.
Dallo scorso giugno, a seguito della conquista dell’antica
città di Mosul, in Iraq, le forze militari dello Stato Islamico dell’Iraq e del
Levante, hanno intrapreso la missione raccapricciante di trasformare il loro
dominio in un unico grande Califfato, sotto il feroce controllo della shari’a.
Le conquiste di Abu Omar al Baghdadi, tra Iraq occidentale e
Siria, sono di circa 270mila chilometri quadrati, con una popolazione stimata
in 18 milioni di persone.
I confini sono ben tracciati da est di Aleppo, in Siria, fino
a Fallujah, a soli 60 chilometri a est di Baghdad. Presa dall’ISIL la città
irachena di Jalawla, a nord-est di Baghdad, iniziando a minacciare anche i
confini meridionali della regione autonoma del Kurdistan.
L’esercito ben organizzato conterebbe circa 10.000
combattenti, di cui tra i 3.000 e i 5.000 di nazionalità straniera, rafforzato
grazie anche alle alleanze strette con le comunità sunnite irachene, avverse al
premier sciita Nouri al Maliki.
Autorevole mossa strategica è stata l’unione ad Albu Kamal,
principale località di frontiera tra Siria e Iraq. L’alleanza permette all’ISIL
di controllare entrambi i versanti del confine, tra Albu Kamal in Siria e
al-Qaim in Iraq.
I guerriglieri jihadisti, nel corso delle sanguinose
occupazioni nella terra irachena, hanno costretto la conversione delle
minoranze religiose, ucciso gli apostati e distrutto santuari.
Obiettivo dell’ISIL è in queste ore lo sterminio della
comunità Yazidi. Gli Yazidi contano circa 70.000 membri, di cui la maggiorparte
è concentrata nel nord dell’Iraq. Minoranze in Turchia, Georgia e Armenia.
La città di Sinjar, nel governatorato di Nineveh in Iraq, è
il loro cuore. La città di Lalesh, il loro simbolo.
Da più di una settimana va avanti la pulizia etnica da parte
degli estremisti islamici, entrati nella città di Sinjar. Uccisi almeno 500
Yazidi.
La popolazione in massa si è riversata e rifugiata sul monte
Sinjar, affrontando estenuanti ore di cammino a piedi.
Attualmente sono circa 30.000 le famiglie sotto assedio sul
monte Sinjar, senza cibo né acqua.
Fuggiti solo in queste ore 20mila degli almeno 40mila Yazidi
intrappolati da giorni sui monti di Sinjar. Ancora critiche le condizioni dei
civili circondati dall’esercito dell’ISIL. Senza cibo, senza acqua, senza cure.
Gli Yazidi hanno abitato le montagne del nord dell’Iraq per
secoli. Luoghi sacri, santuari e villaggi ancestrali sono tutto il patrimonio
posseduto da questa gente. Al di fuori di Sinjar, gli Yazidi sono concentrati
nelle zone a nord di Mosul, e nella provincia curda di Dohuk.
Con l’avanzata dell’ISIL, ora a soli 40 miglia da Lalesh,
gli Yazidi hanno tre scelte: la conversione, la fuga o la morte per esecuzione.
“Un’intera religione viene cancellata dalla faccia della
terra” ha tuonato in modo straziante, nel parlamento iracheno, il leader Yazidi
Vian Dakhil.
Per le loro credenze, gli Yazidi sono stati bersaglio di
odio per secoli.
Lo yazidismo è una fede antica, con una ricca tradizione
orale. Fondata da Adi ibn Musafir, nelle credenze dello yazidismo si mescolano
Islam, alcuni elementi dello zoroastrismo, antica religione persiana, e
mitraismo, religione misterica originaria del Mediterraneo orientale.
A partire dal XII secolo diversi leader musulmani hanno
emesso fatwa contro gli Yazidi. Nella seconda metà del XIX secolo, gli Yazidi
sono stati presi di mira dai leader dei principati curdi sotto controllo
ottomano, e sottoposti a brutali campagne di violenza religiosa. Sono stati
vittime di 72 tentativi di genocidio. Nel 1831, l’esercito turco uccise 100.000
Yazidi.
Nei primi anni del ‘900 iniziano i massacri di yazidi
armeni. Alla fine degli anni ’70, il dittatore iracheno Saddam Hussein ha
lanciato campagne di arabizzazione brutali contro i curdi nel nord.
Ha raso al suolo tradizionali villaggi, costringendo gli
Yazidi a stabilirsi nei centri urbani, come Sinjar, interrompendo il loro modo
di vita rurale.
Nel 2007, in centinaia sono stati uccisi in una serie di
attentati da al-Qaeda. Oggi, dopo la comunità curda, sciita e cristiana, gli
Yazidi sono nel mirino dell’ISIL.
Intanto nel nord dell’Iraq continuano i raid americani e
dell’aviazione governativa a sostegno dei Peshmerga curdi contro i miliziani
jihadisti.
Proseguono anche gli arrivi degli aiuti del governo
regionale del Kurdistan iracheno, destinati alla minoranza Yazidi in fuga sulle
montagne di Sinjar. 130 soldati americani vengono dispiegati in Iraq contro
l’ISIL, mentre i combattenti dalle bandiere nere di morte, distruggono a colpi
di mortaio il sacro tempio Yazidi a Lalesh.
Viene riportato anche il link della parlamentare Yazidi che
in Iraq ha fatto un appello per quello che sta succedendo agli Yazidi per opera
dell'ISIL:
www.youtube.com/watch?v=HdIEm1s6yhY
Fonte: srs di Federica Iezzi, da LIBERART del 15 agosto 2014