lunedì 22 aprile 2013

SE N'È ANDATO ATTILIO BENETTI IL PATRIARCA DELLA LESSINIA


Attilio Benetti davanti al Museo geopaleontologico di Camposilvano, la sua «creatura»

VELO VERONESE. È morto alla soglia dei 90 anni: “el Tilio” non aveva mai smesso di studiare e di scrivere.  Memoria storica dell´altopiano e autorità riconosciuta nel mondo della paleontologia si è spento nella sua casa di Camposilvano. È stato anche pioniere della speleologia. Martedì 23 aprile  il funerale.

Si è fermato quasi alla soglia dei novant´anni, il cuore forte e indomito di Attilio Benetti, il patriarca della Lessinia, l´uomo, prima ancora che il ricercatore e lo studioso, che meglio l´ha rappresentata negli ultimi decenni e sicuramente più di tutti l´ha amata. Il funerale sarà celebrato martedì 23 nella chiesa parrocchiale di Velo, alle 15.30.

Ricoverato nel reparto di lungodegenza dell´ospedale di Marzana per i postumi di una frattura al femore che dallo scorso ottobre lo costringeva su una sedia a rotelle, aveva voluto tornare a casa sua, a Camposilvano, perché non si rassegnava a stare «a guardare i muri», come ci aveva confidato lo scorso gennaio durante una visita; non poteva stare senza i suoi fossili e il suo computer zeppo di schede e ricerche. «Ho ancora tanto lavoro da fare, ci sono delle scoperte nuove di cui devo scrivere. Ho bisogno ancora di tempo per studiare», ci aveva ripetuto raccomandando di tornare a trovarlo perché c´erano cose di cui non poteva tacere.
Non erano una novità, purtroppo: ne parlava ogni volta con sempre più tristezza, ma mai rassegnato: lo tormentava l´abbandono del patrimonio architettonico, anche quei piccoli capitelli che ai più sfuggono nella fretta dei passaggi in auto, ma per lui ogni pietra aveva una storia, ogni angolo apriva visioni diverse e si stupiva che non ci fosse gente abbastanza indignata per ridare decoro e rispetto.

Con la terza elementare, dopo aver ripetuto due volte la prima e due volte la seconda, è diventato memoria storica della Lessinia e autorità riconosciuta nel mondo della geopaleontologia, che gli ha dedicato due nuove scoperte: il brachiopode «Benetticeras Benettii», esemplare unico al mondo e l´ammonite «Lessinorhynchia Benettii», di cui sono stati trovati altri esemplari, ma la prima scoperta e classificazione è universalmente riconosciuta a Benetti.


Benetti con il bastone con ammonite ricevuto per il compleanno 2011

«A scuola non andavo bene perché la maestra non mi sopportava. Facevo domande a cui non sapeva rispondere. Allora andavo a scuola solo quando faceva freddo e nei giorni di pioggia. Per il resto dell´anno la mia scuola era la montagna, i suoi animali, anche le sue pietre e le sue piante. Ho imparato molto in ore di silenzio e di osservazione e ho coltivato il mio spirito libero», ci aveva raccontato in occasione dell´intervista per i suoi 80 anni.
Affascinato da quei «serpenti pietrificati nelle acque del diluvio universale» come gli erano stati raccontati i fossili da piccolo, non si era convinto che quella fosse la giusta spiegazione e aveva letto e riletto, pagine e pagine, fino a diventare tra i massimi esperti riconosciuti della materia e intrattenere conversazioni e scambi con studiosi di tutto il mondo.

La curiosità e la ricerca delle spiegazioni meno ovvie lo avevano portato a calarsi anche nel cuore della montagna, scendendo da speleologo tra i pionieri della Spluga della Preta, l´abisso più profondo e misterioso allora conosciuto.
Da minatore, in Belgio, aveva frequentato altre profondità ed era stata proprio la passione per i fossili e le simpatie di un ingegnere minerario per quel minatore che sapeva spiegargli tutto sui reperti che emergevano dai blocchi di carbone, a rendergli meno duro un lavoro nel quale non sarebbe resistito molto: «Amavo troppo la luce, il cielo, gli spazi aperti, l´aria dei miei monti: sarei morto se fossi rimasto là», confidò.
Una scorza dura come le pietre dei suoi fossili e un animo sensibile e attento come quello di un bambino: così era «El Tilio», capace di avviare in un garage di casa una raccolta di fossili ai quali poi la Comunità montana della Lessinia ha dato dignità di Museo geopalentologico; capace di raccontare favole ai bambini ma anche di scrivere in modo documentato di storie e tradizioni lessiniche; rispettoso di tutti, ma capace di essere sempre libero.

Fonte:  srs di Vittorio Zambaldo,  da L’Arena di Verona sabato 20 aprile 2013 PROVINCIA, pagina 27



NELLE SUE PAROLE OGNI STORIA  
DIVENIVA LEGGENDA, MITO, ETERNITÀ

Benetti con Alessandro Anderloni e il regista Josef Schwellensattl

IL RICORDO. Il regista e autore Alessandro Anderloni racconta il suo rapporto con il maestro

«Vei avanti e séntete qua».
Il custode del Cóvolo apriva la porticina del suo rifugio ai piedi dell´erta che sale alla caverna. «Anche Dante salì questo pendio, quando visitò il Cóvolo per trarne ispirazione per l´ingresso dell´Inferno».

In quella stanza pregna del fumo del trinciato, con l´impressione di trovarsi in un sacello sacro, al cospetto di un maestro, di un sacerdote, del «patriarca della Lessinia», ogni storia, nelle parole di Attilio Benetti, si trasfigurava, diveniva leggenda, mito, eternità.
«Siediti su una galassia e contempla l´infinito», mi disse un giorno.
Lo scrissi sul muro della mia camera, come quel verso di Goethe che ti accoglieva, all´ingresso della sua stanza in contrada Cóvolo: «Ogni cosa che vuoi fare, o sognare di fare, incominciala. L´audacia ha in sé genio, potere, magia. Incomincia adesso». La stessa caparbietà e tenacia lo guidarono quando costruì il piccolo Museo dei fossili di Camposilvano dove aveva esposto la sua prima collezione di ammoniti. Le sue mani di pietra cavavano dal passato i segni della vita sulla terra, grattando via la patina dell´oblio. Recuperò e salvò la memoria della Lessinia senza nostalgia, sentimento di chi ha paura del nuovo. Nessuna paura del futuro negli occhi di Attilio, nelle sue dita grandi a correre veloci sui tasti di una tastiera, nelle sue email che dal Cóvolo partivano, in molte lingue diverse, verso il mondo.
«Camposilvano è il centro della Terra», diceva. E lui era figlio di Silvano, il progenitore «kimbro» che dalla Danimarca percorse le terre germaniche per giungere e fondare la sua stirpe qui. Era il prediletto dalle fade a cui, uniche, regalò il suo cuore, dischiuse la sua tenerezza di amante. Era il figlio di Bertoldo, lui, lo scienziato di Camposilvano che, come l´astuto contadino metteva in ridicolo l´arroganza del Re, si confrontava con saccenti professori, per poi non curarsene e dedicarsi con molta più passione ai loro studenti. Seduto su una pietra, davanti al suo museo, Attilio dischiudeva in poche parole il mistero della nascita della vita sulla terra, l´evoluzione del mondo vegetale e animale, fino al protagonismo, spesso distruttivo, della specie umana. Erano l´arroganza e la disonestà dell´uomo a farlo arrabbiare e accendevano in lui la tempra di un combattente indomito, capace di guardare negli occhi e di non abbassare mai lo sguardo.
«Vai avanti. Non fermarti. Non avere paura. Fai cose grandi». Quante volte sono salito a Camposilvano a cercare coraggio e ispirazione? Attilio mi aprì la porta per il mondo delle fiabe, e io geloso, perché lui soltanto sapeva dei baci e delle carezze della Fada Àissa Màissa, lui soltanto aveva penetrato l´antro della Fada Calamita, lui aveva fatto a pugni con Mùssele e Màssele, i due orchi dei Marognoni. Io a chiedere storie e lui a suggerirmi di inventarle, come in un infinito e interminabile filò. Di ogni ferita inferta dagli uomini alla Lessinia, Attilio portava i segni nelle sue rughe, perché lui era la Lessinia. Nella mappa impressa sul suo volto si potevano decifrare i segni della sua giovinezza, dei viaggi di emigrante, dell´amore totale per la sua montagna, dove ha voluto tornare, negli ultimi giorni, per andarsene proprio da qui, portato in volo da una fada dentro la spirale infinita di un´ammonite.


Fonte:  srs di Alessandro Anderloni, da L’Arena di Verona di sabato 20 aprile 2013 PROVINCIA, pagina 27



SUI MONTI L´ADDIO
 AL «TILIO», ANIMA
 DELLA LESSINIA

El Tilio

VELO VERONESE.  Oggi nella parrocchiale. Al funerale di Benetti le armonie delle Falìe dirette da Anderloni

Oggi pomeriggio alle 15.30, nella chiesa parrocchiale di Velo ci sarà l´ultimo saluto ad Attilio Benetti, nella cerimonia funebre accompagnata dalle voci del coro Le Falìe, dirette da Alessandro Anderloni.  Per desiderio della famiglia, dopo la comunione, la figura del «patriarca della Lessinia» sarà commemorata da una sola persona, che parlerà a nome di tanti amici e amiche che vorranno accompagnare il suo ultimo viaggio.


Benetti, «El Tilio» per gli amici, è stata la figura di riferimento al Museo geopaleontologico di Camposilvano e il personaggio di Velo più conosciuto nel mondo per la sua attività legata agli studi sui fossili, ma anche alla vita, alle tradizioni e alla toponomastica della Lessinia. «Sarò al funerale con la fascia tricolore», assicura il sindaco di Velo Emiliano Ferrari, «perché la nostra comunità riconosce l´indiscutibile valore intellettuale di questo suo figlio, che è anche figlio e padre dell´intera Lessinia, ma nello stesso tempo lo sentiamo vicino nella modestia e nella semplicità. Non ha mai fatto pesare il suo sapere perché si è sentito e lo abbiamo sentito come uno di noi».


«È stata una perdita importante per il nostro territorio», ammette il presidente della Comunità montana della Lessinia Paolo Garra, «perché si è fondata su di lui la voglia di aprire orizzonti importanti di ricerca in Lessinia e credo che continuerà ad essere, con il suo esempio di studioso autodidatta, propulsore di interesse sulla nostra storia e cultura. Alle condoglianze alla famiglia da parte di tutto l´ente, unisco anche la promessa di attivarci per poterlo ricordare degnamente».


«L´ultimo saggio di questa nostra terra», definisce Benetti Diego Lonardoni, direttore del Parco naturale regionale della Lessinia, «persona saggia che sapeva sempre che cosa dire, con argomentazioni concrete, reali e nitide, sempre molto a fuoco nonostante i problemi di salute degli ultimi anni. Con lui ho avuto un filiale rapporto da allievo a maestro», confessa Lonardoni, «che mi sarà difficile ripetere con altre figure. Conservo gelosamente la sua voglia di tornare a casa, a Camposilvano, dove la sua vita è iniziata e dove voleva si concludesse, come un´ammonite, che resta per sempre, come pietra, là dov´è vissuta».


«Attilio è un pezzo di cuore della Lessinia», rimarca i consigliere regionale Stefano Valdegamberi, «che ha fatto appassionare molti a questa terra, facendo conoscere a noi stessi quanto neppure sapevamo di avere, grazie alla sua cultura straordinaria, a competenza enorme e profonda conoscenza».


Ugo Sauro, già docente di Geografia all´università di Padova, riconosce all´amico Tilio «la forza di aver aperto orizzonti nuovi; infatti, con il suo impegno nella ricerca ci ha svelato svariati aspetti, prima pressoché sconosciuti, ha testimoniato che è fondamentale conoscere per amare: se si conosce si ama, e diventa più facile rispettare e valorizzare ciò che è patrimonio di tutta la comunità. Ora è nostro compito far conoscere lui e proporlo alle nuove generazioni come esempio da imitare, che continuerà ad accompagnarci e a incoraggiarci nel nostro impegno per un futuro migliore».

Fonte:  srs di Vittorio Zambaldo, da L’Arena di Verona,  di martedì 23 aprile 2013, PROVINCIA, pagina 23.
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L´ULTIMO SALUTO AL PATRIARCA
«TILIO, CUSTODISCI LA LESSINIA»



Folla commossa ai funerali del patriarca della Lessinia, Attilio Benetti (FOTO AMATO)


VELO. Folla commossa e autorità alle esequie di Attilio Benetti, studioso di fama internazionale e cantore dei miti locali.
Lonardoni: «Il museo dei fossili di Camposilvano venga intitolato a lui», il canto del coro La Falìa per un uomo semplice e profondo

Il sole accarezzava i prati attorno al monte Purga che fasciano il piccolo camposanto di Velo, mentre la bara di Attilio Benetti calava nella fossa e il coro La Falìa dava l´ultimo saluto in canto: «Lessinia del primo sole, il cielo non ha confini il vento ti canterà».
C´erano tutti gli elementi cantati: il sole, il cielo, i prati come mare verde e una leggera brezza pungente, ultimo soffio d´inverno a salutare El Tilio, il patriarca della Lessinia, studioso di fama internazionale, cantore di miti e leggende della sua terra, accompagnato nell´ultimo viaggio da una chiesa stracolma di parenti, paesani, amici, dal sindaco Emiliano Ferrari in fascia tricolore come il vicesindaco di Bosco Chiesanuova Claudio Melotti e il consigliere Vincenzo Danzi, delegato dal sindaco di San Pietro di Morubio Giorgio Malaspina, perché il paese della Bassa, grazie alla consulenza prestata da Benetti per una mostra geopaleontologica, gli ha conferito lo scorso gennaio la cittadinanza onoraria.


Sono stati numerosi i riconoscimenti che Benetti ha ricevuto ancora in vita ma altri continueranno a testimoniare il debito che questa terra ha nei suoi confronti. Quella piccola raccolta di fossili e ammoniti in particolare, che erano la sua specializzazione di studioso autodidatta, è diventata un importante museo geopaleontologico inserito nel sistema museale del Parco che ora il direttore Diego Lonardoni vorrebbe proporre di intitolargli, in segno di riconoscenza.


In chiesa il parroco don Giuseppe Campara aveva concelebrato con l´amico di Attilio don Luigi Adami, parroco a San Zeno di Colognola ai Colli, mentre otto portatori di grosse torce accese, simbolo pasquale della risurrezione e della vitalità della comunità, facevano da ali al feretro.


«Sono qui solo da cinque anni», ha ricordato don Giuseppe nell´omelia, «ma ho avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo entrando nella sua casa dove notavi il computer acceso, centinaia di ritagli di riviste, tantissimi libri e il quadro di san Giovanni Calabria a cui era devoto. La sua capacità di riflettere sul mondo e sulla natura lo ha portato a capire che alla fine di tutto c´è Qualcuno più grande di noi che sovrintende le cose».



La benedizione della salma di Attilio Benetti

La preghiera dei fedeli è stato un ringraziamento a Dio per il dono di una personalità così semplice e profonda: da imitare, da seguire per contemplare le meraviglie del creato. «Tilio, custodisci la Lessinia», è risuonata alta la supplica durante la preghiera.


Vittorio Castagna, già presidente dell´Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, compagno dei primi anni di scuola, ne ha tracciato il ritratto di «uomo semplice e spontaneo, alieno all´alterigia, di fede solida, di profondo senso di giustizia, carità e solidarietà» e Vito Massalongo, presidente del Curatorium Cimbricum Veronense, ha ricordato come Benetti abbia insegnato a tutti «l´umiltà e l´essenzialità, il rispetto per la terra, a essere uomini liberi».


«Uomo di ieri, oggi e domani», lo ha definito lo studioso Ugo Sauro, annunciando che sarà dedicato a lui il prossimo «Quaderno della Lessinia», riconoscimento a «un uomo tenace, profondo che ora ci affida il compito di farlo conoscere ai giovani e al quale chiediamo di aiutarci a custodire la Lessinia».


Un ricordo intimo è stato quello di Adriana Rezzele, l´amica che con i familiari lo ha seguito e accompagnato fino agli ultimi giorni: di lui ha raccontato l´infinito amore per il creato, per quella formichina che gli camminava sulla manica e che lei avrebbe voluto togliere: «Lasciala, non toccarla», mi disse, «sono due giorni che sale e scende. Le ho anche messo qualche cristallo di zucchero. Torna sempre e mi fa compagnia».


Alessandro Anderloni, che ha portato in teatro le sue storie di fade e orchi, ha parlato di Attilio come «roccia a cui la Lessinia si sente stretta, e ora non traballa più perché si aggrappa a lui».


«Dio del cielo, Signore delle cime», cantato dal coro La Falìa assieme a tutti i fedeli e accompagnato all´organo dal suo autore, Bepi De Marzi, ha spalancato le porte della chiesa: usciva il corpo di un uomo molto amato il cui spirito da oggi sta con più forza dentro il cuore di tutti.

Fonte: srs di Vittorio Zambaldo , da L’Arena di mercoledì 24 aprile 2013 PROVINCIA, pagina 23.
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