Vedete, cari amici indipendentisti(almeno per chi lo
è, non amico, ma indipendentista) è persino banale dire che “oggi siamo
tutti Doddore Meloni“.
Lui, il più conosciuto e battagliero degli indipendentisti
sardi, si è lasciato morire in carcere dopo 69 giorni di sciopero della fame e
della sete. Ha voluto ripercorrere, fino all’estremo sacrificio, la strada
indicata da Bobby Sands, eroe dell’indipendentismo nordirlandese
che si lasciò morire in carcere in segno di protesta per il regime duro a cui
venivano sottoposti i detenuti repubblicani.
Doddore Salvatore Meloni era stato messo in galera il 28
aprile scorso a seguito di una sommatoria di pene per reati fiscali
(il nostro amico Leo Facco lo farebbe santo subito per quei
reati finalizzati a fregare lo stato italico), e all’appuntamento si era
presentato innalzando la bandiera dei Quattro Mori e portando sottobraccio la
biografia di Bobby Sands. In un certo senso lui aveva già scelto il proprio
destino. Sapeva che i reati fiscali per i quali era stato condannato erano più
che altro un pretesto per fiaccare e mettere all’angolo un personaggio scomodo
per le istituzioni italiche, soprattutto dopo che nel 2008 aveva proclamato la Repubblica indipendente di Malu Entu,
non tanto per il gesto in se stesso, quando sul suo significato in prospettiva:
il nucleo iniziale intorno al quale organizzare la battaglia verso
l’indipendenza della Sardegna.
Si considerava dunque un prigioniero politico, la cui
storia, ahimè, è conosciuta quasi esclusivamente nei nostri ambienti. Gli
italiani non ne sanno quasi nulla, perché i grandi mezzi di comunicazione da
cui si abbeverano se ne guardano bene dall’affrontare, con etica professionale,
i temi dell’indipendentismo e dell’autonomismo. Proni alla volontà del potere,
preferiscono il silenzio o semmai mettere in ridicolo certe idee e talune
manifestazioni. In questo facilitati a volte dalla sprovvedutezza di taluni
personaggi. Vedremo comunque in queste ore e nei prossimi giorni se e come
parleranno della morte di Doddore.
Se ancora ci fosse bisogno di avere una prova provata che
lo stato italiano “l’è tutto sbagliato e tutto da rifare”, anzi metaforicamente
da far saltare per aria, essa viene da alcuni casi giudiziari di queste ultime
settimane.
Mentre Doddore Meloni veniva fatto marcire in carcere, e
addirittura un giudice arrivava ad affermare che dietro le sbarre non
correva alcun pericolo di vita (se fossi in lui andrei a nascondermi in qualche
buco di culo del mondo), le istituzioni italiche e gli italiani si azzuffavano
sul fatto se al capo assoluto della mafia, Totò Riina, dovesse
essere riconosciuto il diritto di tornare a casa per essere avviato a una
“morte dignitosa”.
E Igor? E lo Zingaro? Mai trovati o fuggiti mentre stavano
all’ergastolo! E che ci si poteva aspettare di diverso da uno Stato di cui la
mafia è uno dei soci con le azioni che pesano.
Secondo caso. Doddore Meloni stava in carcere per alcuni
reati fiscali e uno dei più grandi malversatori di questa fogna di paese, il
signor Giovanni Zonin, per un ventennio presidente e dominus
assoluto della Banca Popolare di Vicenza, uno che ha distrutto una banca e
azzerato i risparmi di decine di migliaia di soci e clienti ma arricchito amici
e amici degli amici, se ne va tranquillamente in giro da nullatenente
ricchissimo. Nessuno gli toccherà nemmeno un bene, perché li ha trasferiti a
tempo debito a moglie e figli, evidentemente perché ben sapeva che il suo
operato da banchiere tutto era fuorché specchiato.
Non c’è nulla da fare, questo è un paese tutto alla
rovescia, nato male e cresciuto peggio. Come diceva il nostro grande Gilberto
Oneto, il vero problema delle nostre comunità territoriali è l’Italia.
Doddore, con il suo estremo sacrificio, ci ha insegnato che
quando si insegue un’idea precisa e solida per la propria terra e la propria
comunità, sul percorso ci può essere anche l’esito fatale, soprattutto quando
questo è l’estremo gesto di ribellione verso uno stato che quelle terre e
quelle comunità le vessa e le depreda costantemente. E ricorre alla
persecuzione giudiziaria per spaventare e infiacchire gli uomini più esposti
sulle cui gambe camminano tali idee.
Caro Doddore, onore
a te e che la tua terra ti sia lieve…
Fonte: srs di
Gianluca Marchi, da Rischio Calcolato del 5 luglio 2017
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