"La donna gettata nel Bus de la Lum non è
un'invenzione. C'è: è mia madre".
Dopo quarantacinque
anni di silenzio Gian Aldo De Pieri, figlio di Nella, fucilata dai partigiani
sul Cansiglio, ha deciso di uscire allo scoperto per raccontare la sua verità.
Quella di cui è stato testimone diretto in quella mattina del settembre '44
quando, a sei anni di età, si vide portar via la madre sotto gli occhi.
Gian Aldo De Pieri ha scelto di parlare, e di mostrare tutte
le carte che ha raccolto, dopo aver letto la smentita dei partigiani a
proposito dei cadaveri gettati nel Bus de la Lum, e la controversione da loro
fornita. "Una serie di falsità e di inesattezze", contesta. E replica:
"La presero per vendicarsi di mio padre, volontario della Guardia
nazionale repubblicana.
L'accusarono di essere una spia, era innocente. Un loro
medico chiese loro di non ucciderla, perchè era incinta. In un primo tempo le
concessero la grazia, poi la fucilarono ugualmente. E infine la gettarono nel
Bus de la Lum: lo dice lo stesso certificato di morte¯.
Nella De Pieri aveva 36 anni quando venne uccisa. Era
sposata con Lino, ricevitore del dazio a Ponte nelle Alpi. Dal matrimonio erano
nati due figli: Gian Aldo e Gabriella. Nel settembre del '44, Lino militava
nella Guardia nazionale repubblicana. A Ponte era rimasta Nella con i bambini.
Una mattina, mentre stava andando in bicicletta a Soccher con Gian Aldo per
comprargli un maglione, venne fermata da alcuni partigiani, che la condussero
dapprima in un albergo, e poi con una moto su in Cansiglio. Il bimbo venne affidato a un uomo del posto,
Olindo Pierobon.
La donna fu accusata di essere una spia. Racconta oggi suo
figlio: "La denuncia parte da qualcuno che voleva compiere una vendetta. Alcuni partigiani hanno poi ammesso che era
innocente. Altri hanno sostenuto che era
andato bruciato tutto. Nessuno ha mai potuto dimostrare quelle accuse. Per
giunta, dopo il processo l'avevano graziata, perché aveva due bambini piccoli e
perchè era incinta. Ma proprio mentre la
stavano mandando a casa, arrivò un altro partigiano che insistette per
l'esecuzione".
A conferma della sua tesi porta molti documenti raccolti nei
mesi successivi da una sua zia, Ilde Fasolato De Pieri, sorella del marito di
Nella.
Dice uno di questi, riferendosi appunto al processo:
"Il medico che avevano con loro si alzò, e disse che stessero bene attenti
prima di commettere un delitto, perchè era in stato interessante".
Sul fatto della grazia, poi revocata, c'è anche la
testimonianza di Decimo Granzotto, sindaco di Belluno dopo la Liberazione, al
quale la cognata di Nella si era rivolta per avere notizie: "Granzotto mi
disse che nei giorni che mia cognata si trovava in Cansiglio, lui era già…
venuto via, che però seppe dal dottore che essa era con la Divisione Nannetti,
che da questa venne condannata a morte, ma che poi fu graziata perchè madre di
due bimbi piccoli".
Fucilata il 9 settembre '44 da partigiani della brigata
"Tollot" su in Cansiglio, Nella De Pieri non morì subito: fu
necessario darle il colpo di grazia, secondo la testimonianza resa al parroco
di Cadola (la parrocchia della donna) da Luigi Boito, un partigiano di Ponte
nelle Alpi.
E dopo? Dopo, hanno detto i partigiani nella recente conferenza
stampa tenuta a Vittorio Veneto, fu sepolta in un cimitero della zona.
Contro questa versione c'è il certificato di morte redatto
dal parroco, don Giacomo Viezzer, custodito nell'archivio parrocchiale di Santa
Maria di Cadola al numero 50 bis.
Dice il testo: "Anno 1944 del mese di settembre. Dal B•
Marianna di Giovanni e di Troncon Rosa, da Ponte nelle Alpi, di anni 36,
coniuge De Pieri Lino, casalinga, uccisa dai partigiani il giorno 9 corrente
mese al Pian Cansiglio ed ivi sepolta presso il burrone detto Bus de la Lum.
Comunicazione avuta da partigiani del Cansiglio testimoni al processo”.
I due figli della donna intanto erano stati affidati alle
suore di Casa del Sole, un istituto di Ponte nelle Alpi. Il marito Lino,
qualche settimana dopo, venne intercettato col suo battaglione in Val Camonica
dai partigiani e fu ferito nello scontro a fuoco. Riuscito a trascinarsi fino a
un ospedale della provincia di Brescia, mori pochi giorni dopo: era il 9
novembre 1944, due mesi esatti dopo la fucilazione della moglie. Quasi mezzo
secolo dopo, di quella storia si continua a parlare. E su quella storia si
continua a cercare una verità che resta ancora divisa.
IL GAZZETTINO del 18 Marzo 1989 a firma Francesco Jori
Fonte: da Facebook di Manola Sambo del 23 luglio 2017
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