Di Simonetta Dondi dall'Orologio
Venezia fin dalla sua fondazione aveva sempre difeso la sua
indipendenza non solo politica ma anche religiosa; in particolare rifiutando la
giurisdizione di Roma e del Papato.
Un episodio chiave è quello legato alla figura di Fra Paolo
Sarpi (teologo, storico e scienziato dell'Ordine dei Servi di Maria). Siamo nel
1606 e a Venezia erano stati arrestati per reati comuni due sacerdoti (che a
Venezia venivano giudicati dal Foro civile e non da quello ecclesiastico).
Papa Paolo V chiese l’immediata consegna dei due religiosi e
con l’occasione pretese anche che fossero abolite alcune leggi di privilegio
civile grazie alle quali la Serenissima impediva la costruzione di edifici
religiosi senza l’autorizzazione del potere statale, ed altre leggi atte a
limitare il controllo di Roma sul clero veneziano.
Venezia naturalmente rifiutò e così il Papa emise scomunica
verso la città intera, proibendo a tutto il clero veneziano di operare in alcun
modo.
La crisi fu retta in modo esemplare dal Doge Leonardo Donà,
coadiuvato dal consigliere di Stato in teologia e diritto Fra Paolo Sarpi.
Si rispose al Papa che Venezia, nata in libertà, non
intendeva render conto a nessuno delle cose temporali mentre in materia
religiosa riconosceva come unico superiore il Signore Iddio e la sua Parola.
La Repubblica pertanto vietò la pubblicazione della
scomunica nei suoi territori e impose a tutto il clero di continuare senza
alcuna alterazione l’esercizio delle pratiche religiose. Tutti gli ordini
religiosi presenti a Venezia ubbidirono alla Repubblica; l’unica eccezione
furono i Gesuiti, che infatti vennero cacciati dalla città.
Una notte mentre Fra Sarpi tornava verso casa fu assalito da
due sicari, sul ponte di Santa Fosca, venne colpito da diverse coltellate ma
sopravvisse; dei passanti riuscirono a fermare i sicari che vennero subito arrestati
e così si seppe che erano stati inviati da Papa Paolo V per uccidere il frate
che tanto abilmente stava difendendo Venezia contro la scomunica! Sembra che
Sarpi, mentre cadeva sotto i colpi inferti abbia sussurrato : "Riconosco
la mano della Curia" (ignosco stilum -stile o pugnale- Sacrae Romanae
Ecclesiae).
Questo episodio rafforzò ulteriormente la durezza con cui
Venezia rispondeva a Roma, ma soprattutto mise sotto una luce diversa la
spinosa questione agli occhi delle altre grandi potenze europee.
In ogni caso il braccio di ferro tra Roma e Venezia durò
qualche mese, ma alla fine Roma dovette cedere, e Venezia ne uscì vittoriosa,
con la riaffermazione della sua doppia indipendenza.
Insomma la minaccia pontificia non aveva avuto altro
risultato se non cementare ancor più il legame tra le varie categorie sociali
veneziane, e rafforzare il senso di appartenenza ad un' idea di Stato che per
l’epoca era davvero impensabile in qualunque altro Paese europeo.
E' interessante altresì notare che Fra Paolo Sarpi è il
primo religioso nella storia ad affermare la necessità di tenere separati gli
interessi temporali da quelli spirituali (nel secolo precedente, un altro
veneziano, il nobile Gasparo Contarini, aveva espresso più volte questo
concetto in diversi suoi scritti).
I GESUITI LASCIANO
VENEZIA
Durante
l’Interdetto lanciato da Paolo V contro Venezia, nel 1606, il Doge ed il Senato
diedero ordine che i religiosi continuassero a celebrare la messa e gli altri
uffici divini e ad amministrare i sacramenti, pena l’espulsione dal territorio
della Repubblica.
I gesuiti,
pur continuando a celebrare i loro consueti uffici si rifiutarono di dir messa
sotto pretesto che tale atto non rientrava nei loro obblighi religiosi.
In tal modo
osservavano l’Interdetto pontificio pur rimanendo nello Stato: ma il Senato
deliberò che, avendo trasgredito agli ordini della Repubblica, dovevano
lasciare Venezia.
Il racconto del loro
esodo ci viene fatto da fra’ Paolo Sarpi.
“Li gesuiti
di Venezia, intesa la deliberazione, chiamarono tumultuariamente alla chiesa le
loro divote, da quali ottennero somma di dinari assai grande, e fecero officio
con li capuccini che partendo uscissero processionalmente col Cristo inanzi,
per concitare la plebe, se fosse stato possibile.
Poi, venuta
la sera, dimandarono ministri pubblici alli magistrati per la loro sicurezza,
quali anco furono mandati.
Né
contentandosi di questo, mandarono a ricercare l’ambasciatore di Francia, che
li facesse assistere per guardia dalli suoi servitori: il che non fu giudicato
conveniente da quel signore, essendoci la guardia pubblica.
Partirono
la sera alle doi ore di notte, ciascuno con un Cristo al collo, per mostrare
che Cristo partiva con loro.
Concorse
moltitudine di popolo, quanto capiva il loco fuori della chiesa, così in terra
come in acqua, a questo spettacolo; e quando il preposito, che ultimo entrò in
barca, dimandò la benedizione al vicario patriarcale, che era andato a ricevere
il loco, si levò una voce da tutto il populo, che in lingua veneziana gridò
dicendo: Andè in mal’ora.
Avevano
occultato per la città li vasi e ornamenti preziosi della chiesa, la miglior
suppellettile di casa, e assai libri, e lasciarono la casa quasi vuota e nuda.
Vi restò
anche per tutto il giorno seguente reliquie di fuoco in dui luochi, dove
avevano abbriciato indicibil quantità di scritture……. ”
Fra’
Paolo Sarpi, Istoria dell’Interdetto, Bari 1940, pp. 49-50
Nella
Biografia di padre Paolo Sarpi scritta da:
Fulgenzio
Micanzio.
Fonte: srs di Carlo De Paoli 26 marzo 2017
Link: https://dalvenetoalmondoblog.blogspot.it/2017/03/venezia-caccia-i-gesuiti-in-una.html?spref=fb
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