Alberto Solinas e Giorgio Vandelli
Due liberi ricercatori sfidano la versione ufficiale
VERONA - Una vecchia leggenda raffigurata anche sulle fornelle della facciata della chiesa di San Zeno, narra di come Teodorico il Grande abbia un giorno incrociato gli occhi di brace di un cervo mentre era ammollo nelle acque dell’Adige. Gli scagliò contro i suoi cani, invano. Così, prese a rincorrerlo, finche riuscì a salirvi in groppa. Ma il cervo era un emissario del Diavolo, e lo condusse all’inferno attraverso la bocca dello Stromboli, come punizione per aver violato alcunetombe paleocristiane.
Lo scavo di Piazza Corrubio
Dio non voglia che la stessa tremenda punizione inflitta al re barbaro tocchi in sorte a chi oggi scava in piazza Corrubbio per realizzare un garage sotterraneo.
Nell’area del contestato parcheggio, i sondaggi hanno finora portato al ritrovamento di alcune tombe «alla cappuccina» che la soprintendenza ha datato intorno all'anno mille, ritenendole di scarso valore, anche perché non è stato trovato alcun oggetto di corredo che permetta di sapere di più di quei morti. Ma secondo i due liberi ricercatori con in comune un’allenata allergia per le verità ufficiali del mondo accademico, proprio nel sottosuolo di piazza Corrubbio si trovano i resti dei primi cristiani di Verona.
Sulla carta Alberto Solinas è solo un grafico in pensione, ma il suo è un nome noto in letteratura preistorica. Fu lui a scovare la Pineta d'Isernia, che ha abbassato di 250mila anni la presenza dell'uomo sulla penisola italiana. Oltretutto è figlio d’arte; a suo padre, lo storico Giovanni Solinas, si devono numerose scoperte sugli insediamenti preistorici di Baldo e Lessinia.
«Nell'anno mille a Verona non si costruivano più le tombe alla cappuccina - sostiene - la produzione degli embrici che le costituiscono si arrestò nel '300; ne furono costruite ancora, fino al 700, ma con materiali di recupero. E di tombe alla cappuccina, due semplici tegoloni appoggiati a triangolo, se ne sono trovate anche nel 2000 avanti Cristo».
Secondo Solinas, non c'è che una spiegazione per le tombe di piazza Corubbio: sono i resti del primo cimitero paleocristiano di Verona.
Ma perché non sono stati trovati oggetti di nessun tipo?
«Gli oggetti di corredo, scudi o lance per gli uomini, pettini o fermagli per le donne, sono tipiche nelle tombe longobarde o ariane - spiega - ma i primi cristiani, per non commettere il peccato mortale della superbia, si facevano seppellire nudi, avvolti in un semplice sudario. Anche dei primi vescovi di Verona non conosciamo le tombe; perché non c’era nemmeno il nome sulle lapidi».
Che la zona di San Zeno fosse usata come cimitero fin dai romani pare un fatto assodato: fu ritrovata qui anche la tomba dei Gavi, una delle famiglie più ricche della Verona di quei tempi, cui si deve il celebre arco.
«Se in piazza Corrubbio si trovassero veramente le tombe dei cristiani sarebbe
un documento importantissimo - si infervora Solinas - Potremo sapere cosa mangiavano e come vivevano, quanti erano approssimativamente. Potremo insomma fare un po' di luce su quelli che, per gli storici, sono i secoli bui».
Tombe paleocristiane cercasi, quindi.
«Ci fosse anche una sola possibilità su dieci di trovarle, ne varrebbe la pena. Qui si tratta di ricostruire la storia sconosciuta dei primi anni dei cristianesimo a Verona.
A piazza Corrubbio si deve scavare per trovare queste prove, non per il parcheggio».
La Cripta di Piazza Corrubbio sotto la Pasticceria San Zeno
Nicchie della cripta
A parlare è anche il professor Giorgio Vandelli, già presidente dell'Archeoclub, che ha dedicato buona parte delle sue risorse a mappare passo passo il tragitto che portò Attila il re degli Unni allo storico incontro con papa Leone Magno a Salionze.
Ma tornando al sito del futuro parcheggio nel quartiere di San Zeno, Vandelli punta la sua attenzione sulla cripta rinvenuta sotto la pasticceria di Piazza Corrubbio, che lo storico dell’arte Riccardo Battiferro aveva identificato nella cripta della Chiesa di San Luca, risalente al XII secolo. Vandelli ritiene sia molto più antica, vista l’irregolarità delle linee della volta. A suo parere, si tratta di una catacomba che conteneva resti ossei importanti nelle sette feritoie aperte sulle pareti. «Probabilmente quelli dei primi sette vescovi veronesi», afferma. L'ottavo fu San Zeno.
Chissà se nulla di quello che sostengono i due archeologi dissidenti potrà mai essere provato. Alle conclusioni di chi autorizza gli scavi, non possono che opporre i loro - pur ben motivati - dubbi. Dubbi che si trasformerebbero facilmente in certezze, dovesse qualcuno un giorno avvistare dalle parti di San Zeno un cervo errante con gli occhi rossi di brace.
Fonte: srs di Alessio Corazza da Il Corriere della Sera, edizione di Verona di giovedì 28 gennaio 2010 (pag.6) - (Sartori/Fotoland)
Nota: Il parcheggio a piazza Corrubbio è stato autorizzato dalla giunta Zanotto. Prevede 300 posti auto sotterranei, in parte pertinenziali, in parte a rotazione. L’amministrazione Tosi si è detta contraria al parcheggio, ma impossibilitata a fermare i lavori se non si trovano reperti di rilievo. Finora non ne sono stati rinvenuti
(VR 03 febbraio 2010)
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