Papa Lucio III
Lucio III, nato Ubaldo Allucingoli, fu Papa dal 1 settembre 1181 alla sua morte, avvenuta il 25 novembre 1185.
Nativo della repubblica indipendente di Lucca, entrò nell'ordine Cistercense. Venne nominato cardinale-sacerdote di Santa Prassede da Papa Innocenzo II e cardinale-vescovo di Ostia e Velletri da Papa Adriano IV. Fu uno dei cardinali più influenti durante il pontificato di Papa Alessandro III.
Dopo essere stato eletto Papa, visse a Roma dal novembre 1181 al marzo 1182, ma il dissenso che regnava in città lo spinse a passare il resto del suo pontificato in esilio, principalmente aVelletri, Anagni e Verona.
Disputò all'imperatore Federico I come venne disposto dei territori della Contessa Matilde di Toscana. La controversia sulla successione all'eredità della Contessa era rimasta in sospeso dalla pace del 1177, e l'imperatore Federico propose nel 1182 che la Curia dovesse rinunciare alle sue pretese, ricevendo in cambio due decimi delle entrate imperiali dell'Italia: un decimo per il Papa e l'altro per i cardinali. Lucio non acconsentì né a questa proposta, né ad un compromesso avanzato da Federico l'anno successivo; tantomeno la discussione personale tra i due potenti, che si svolse a Verona nell'ottobre del 1184, portò a risultati definitivi.
Nel frattempo apparvero altri motivi di disaccordo, nel rifiuto del Papa a soddisfare i desideri di Federico circa la regolamentazione delle elezioni episcopali tedesche, che si erano svolte durante lo scisma, e in particolare delle contestate elezioni per la sede di Treviri nel 1183.
Nel perseguimento della sua politica anti-imperiale, Lucio infine declinò, nel 1185, l'invito a incoronare Enrico VI come successore predestinato di Federico, e la frattura tra impero e Curia divenne ancor più ampia sulle questioni della politica italiana.
Nel novembre 1184 Lucio tenne un sinodo a Verona, che condannò Catari, Patarini, Valdesi e Arnaldisti, e anatemizzò tutti quelli che erano stati dichiarati come eretici e i loro sostenitori.
Nel 1185 cominciarono i preparativi per la Terza Crociata, in risposta agli appelli di Baldovino IV di Gerusalemme. Prima che questi venissero completati, Lucio morì a Veronal 25 ottobre 1185 dove fu sepolto nel duomo della città
Lo stesso giorno della morte di Lucio fu eletto l’arcivesovo di Milano Uberto Crivelli e consacrato in Dumo il 1 dicembre 1185 con il nome di Urbano III
Papa Urbano III
Urbano III, nato Uberto Crivelli, fu Papa dal 25 novembre 1185 alla sua morte, avvenuta il 19 ottobre 1187. Venne nominato cardinale ed arcivescovo di Milano da Lucio III, al quale successe il 25 novembre 1185). Urbano riprese vigorosamente le diatribe del suo predecessore con l'imperatore Federico I Barbarossa, inclusa la duratura disputa sulla successione ai territori della Contessa Matilde di Toscana. Anche dopo la sua elevazione al Papato continuò a detenere l'ufficio di arcivescovo di Milano, e in base a questa carica si rifiutò di incoronare come Re d'Italia il figlio di Federico, Enrico, che aveva sposato Costanza, erede del Regno di Sicilia. Mentre Enrico a sud cooperava con il senato ribelle di Roma, Federico a nord bloccò tutti i valichi alpini, tagliando così le comunicazioni tra il Papa, che risiedeva a Verona, e i suoi aderenti tedeschi. Urbano era ora risoluto a scomunicare Federico, ma i veronesi protestarono contro un tale procedimento preso all'interno delle loro mura; anzi le autorità di Verona più fedeli a Federico che a Urbano gli imposero di togliere la sua residenza da Verona. Urbano di conseguenza si ritirò a Ferrara, ma morì (19 ottobre) prima che potesse dare corso alle sue intenzioni. Il suo successore fu Gregorio VIII.
Secondo la leggenda, morì di dolore udendo le notizie della sconfitta crociata nella battaglia di Hattin del luglio 1187.
Il ritratto di Federico Barbarossa
Il Papa di Cuggione: Urbano III, L'uomo che osò sfidare il Barbarossa
Proprio dove sorge l'ospedale di Cuggiono, la strada comunale che giunge da Inveruno, prende il nome di Via papa Urbano Crivelli, un uomo, passato agli onori della storia nonostante il suo breve pontificato, non tanto per le sue doti politiche e amministrative, quanto per la sua combattività nei confronti di un nemico all'epoca temuto da molti: Federico Barbarossa. In un documento scritto in dialetto milanese all'inizio del Novecento, di lui si legge:
"In dèl 1187, moeur a Ferrara papa Urbano tèrz, Arcivèscov de Milan, e ven nominaa, al so post, Milone da Cardano. Com'è, disarii, l'era Papa e Arcivèscov de Milan?…Sigura. Urbano III non l'era che Uberto Crivello, milanes, che per quanto Papa l'ha vorsuu conservass lu la sede Arcivèscovil."
Alle osservazioni spiritose di questo cronista di cento anni fa, potremmo aggiungere che lo scopo del duplice impegno assunto dal Crivelli, di essere contemporaneamente papa e arcivescovo, era quello di contrastare la potenza imperiale di Federico Barbarossa; e inoltre potremmo anche precisare, che il Crivello, come lo chiama l'anonimo cronista, era nativo di Cuggiono e non di Milano. Ma cosa si sa esattamente di questo personaggio? Tentiamo di ricostruirne la storia ricercando, per quel che consentono i pochi documenti, le sue radici.
Della sua famiglia si dice che sia molto antica e che conti pure un santo, Ausonio, morto nel 567, che fu il 28° arcivescovo di Milano. Ma il cognome Crivelli, che letteralmente significa setaccio (oggetto che appare nel loro stemma gentilizio ad indicare il presunto mestiere dei capostipiti), compare già nel 337 tra gli iscritti nelle Tavole della Chiesa Metropolitana di Milano, ai cui membri era affidato il prestigioso e delicato compito di eleggere i cardinali. E anche nel libro "Manipolus Florum" si parla di loro, precisando che quando i Franchi scesero in Italia per conquistare il Regno Longobardo, i Crivelli erano valvassori dell'esercito del re Autari.
Ma giungiamo al 1149, anno nel quale la famiglia Crivelli composta dal capofamiglia Gualla I, e dai figli Domenico, Pietro, Pastore, Gualla II, Uberto (il futuro papa) e Floriana, ricevette in feudo ereditario da Giovanni di Assago, abate del monastero di Sant'Ambrogio di Milano, delle rive, delle ghiaie e dei boschi, posti nei territori di Bernate e di Cuggiono. Nell'infeudazione fatta ai Crivelli non viene menzionato il castello di Cuggiono, oggi scomparso (ma di cui si conosce l'esistenza grazie ad una permuta tra il monastero di Sant'Ambrogio e il presbitero Waldevertum), e che invece risulta essere stato proprietà vassallatica di quella famiglia fino al 1231. Ma andiamo ora a conoscere più da vicino il nostro papa.
Uberto, che nacque a Cuggiono presumibilmente verso il 1130 scelse, una volta adulto, di seguire la carriera ecclesiatica e così, nel 1156, diventò canonico e arcidiacono di Bourges. Fu lì che conobbe e strinse amicizia con Tommaso Becket, allora arcivescovo di Canterbury e amico del re d'Inghilterra Enrico II Plantageneto. Becket, che si trovava in esilio in quella città francese per aver rifiutato le "Costituzioni di Clarandon", con le quali il sovrano intendeva rafforzare il proprio controllo sulla Chiesa inglese, al suo rientro in patria, avvenuto di lì a poco, sarebbe stato assassinato da quattro cavalieri mandati probabilmente dallo stesso Enrico che voleva liberarsi di quel prete divenuto troppo scomodo. Dell'amicizia tra il Becket e il Crivelli rimangono oggi delle lettere che i due si scambiarono. Dopo quel primo incarico la carriera di Uberto proseguì in modo molto rapido, seguiamolo quindi passo passo in questo suo avanzare fino al soglio di Pietro.
Nel 1168 divenne arcidiacono del Duomo di Milano; nel 1178 vescovo di Vercelli, nel 1181 fu eletto cardinale da papa Lucio III, nel 1182 legato pontificio in Lombardia, nel 1185 divenne 83° arcivescovo di Milano e, infine, sempre in quell'anno, precisamente il 25 novembre, fu proclamato papa con il nome di Urbano III, nome col quale intendeva confermare la sua intenzione di voler proseguire le Crociate, bandite dal suo predecessore Urbano II. Il conclave non avvenne come di norma a Roma, bensì a Verona, divenuta nuova sede pontificia dal 1181 con papa Lucio III, in quanto in quel periodo l'imperatore Federico Barbarossa occupava le terre pontificie e ne proibiva l'accesso. Fu nell'esilio veronese che Uberto Crivelli ricevette la pesante eredità lasciatagli dal papa appena defunto: la lotta contro l'impero, le spaccature politiche tra i vescovi che sostenevano il sovrano teutonico, e quelli fedeli al papato; problemi questi, ai quali si aggiunsero gli attriti personali tra lui e l'imperatore. Vediamo quindi di rispolverare quelle loro faccende "private" per meglio comprendere i motivi che scatenarono l'astio, ma che diedero anche tanta grinta al nostro compaesano.
I rancori personali tra Uberto e Federico, cominciarono quando quest'ultimo decise di premiare per i suoi buoni servigi il suo consigliere ed amico Rainaldo di Dassel, concedendogli in feudo la pieve di Dairago e i paesi di Busto Arsizio e di Bernate, ma volle il caso, che quest'ultimo fosse di proprietà del Crivelli, che si vide di punto in bianco espropriato del suo feudo. Ma questo era ancora niente. Tre anni più tardi, nel 1167, l'imperatore si comportò in modo anche più ignobile: fece uccidere alcuni parenti di Uberto che lui teneva in ostaggio. Ormai la situazione era irrecuperabile, e il tempo, invece di lenire le ferite, spingeva il Barbarossa a rigirare il coltello nella piaga: per umiliare ulteriormente il suo nemico, pensò di colpirlo pure nelle sue vesti di arcivescovo. Vediamo come.
Il 27 gennaio del 1186 Federico entrò a Milano e si recò al monastero di Sant'Ambrogio (strettamente legato alla famiglia Crivelli), per la solenne celebrazione delle nozze tra suo figlio Enrico VI e Costanza d'Altavilla, erede al trono di Sicilia. Era quello, un matrimonio assai pericoloso in quanto con esso, si apriva la possibilità di strozzare lo stato pontificio tra il dominio svevo a nord e quello normanno a sud.
Ma al di là della già grave minaccia politica, quel 27 gennaio rappresentò per Uberto anche un affronto perché il figlio di Barbarossa fu incoronato re dal patriarca di Aquileia, mentre la tradizione voleva che i sovrani italiani dovessero essere incoronati dal metropolita della chiesa di Sant'Ambrogio, in quel caso il Crivelli, e non da altri.
Urbano III che non era certo uomo da ignorare un tale affronto, cercò allora di sollevare l'episcopato tedesco, ma quando seppe che una delegazione di vescovi germanici si stava movendo alla volta della sua residenza veronese per comunicargli i risultati negativi della dieta di Gelnhausen, per non incontrarla, si diresse a Venezia, e da lì di intimò al Barbarossa di comparire a giudizio per notificargli la scomunica, condanna che toccò pure al patriarca di Aquileia.
La situazione era davvero grave e così, nell'87, l'imperatore pensò che fosse il caso di appianare almeno i contrasti più pesanti. Si recò allora a Ferrara per incontrarsi col Crivelli e firmare un "concordato". Con quella firma il papa cuggionese era riuscito a piegare un po' la testa del suo avversario; ma nonostante la vittoria, la tempra e il coraggio non bastarono a guarirlo dalle febbri intestinali di cui soffriva da tempo e, se a quell'indebolimento aggiungiamo il dispiacere per il fallimento della terza Crociata, possiamo comprendere perché il 20 ottobre di quell'anno passò a miglior vita. Le sue spoglie furono sepolte nella cattedrale di Ferrara e commemorate da un monumento funerario che è stato recentemente scoperto da un ricercatore dairaghese, il professor Lino Colombo.
Fonte: NR
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