lunedì 2 ottobre 2017

CATALOGNA: RAJOY NON E’ SCEMO MA PERSEGUE UN DISEGNO


Mariano Rajoy 



di GIANLUCA MARCHI

Il 1-O è ormai storia, e non solo cronaca, quello che è avvenuto in Catalogna è sotto gli occhi di tutto il mondo. E per l’opinione pubblica di tutto il mondo non può che esserci un vincitore, cioè il popolo catalano con tutta la sua dignità, il suo coraggio e la sua determinazione, e di conseguenza un perdente, vale a dire il governo nazionale del franchista Mariano Rajoy e del Partido Popular, che con la loro repressione hanno riportato la Spagna e la Catalogna indietro di cinquant’anni.

Non c’è molto altro da commentare sui fatti che abbiamo potuto seguire abbondantemente attraverso i social media. Mesi fa, in altre circostanze, avevo definito quella catalana come la madre di tutte le battaglie indipendentiste. Beh, non ci voleva poi un grande acume per capire che il passaggio del referendum sarebbe stato assai più pesante, politicamente parlando, anche per le conseguenze sulla derelitta Ue, di qualsiasi altro appuntamento già messo alle spalle, compresa la Brexit. Bontà loro i cosiddetti grandi media italici lo hanno scoperto solo in questi ultimi giorni, dopo aver ignorato per mesi, se non per anni, il clima che stava montando in Catalogna. Ma, vabbè, questo è solo un piccolo dettaglio, quasi insignificante…

Detto questo devo ammettere che per tutta la giornata mi sono chiesto come Rajoy potesse essere così scemo, politicamente parlando. Come cioè potesse insistere in un atteggiamento tanto ottuso contro le istanze del popolo catalano, ed usare il pugno di ferro di franchista memoria, regalando su un piatto d’argento la vittoria morale e politica agli odiati catalani. Avrebbe potuto far svolgere tranquillamente il referendum, riservandosi sempre di consideralo illegale, e aiutando la campagna elettorale contro l’indipendenza, molto probabilmente avrebbe portato a casa una vittoria del no, che avrebbe messo a tacere gli indipendentisti per almeno una generazione.

Perché Rajoy si è incaponito in un atteggiamento che quasi tutti gli osservatori hanno considerato un errore? La domanda me la sono ripetuta più volte, fino al tardo pomeriggio quando ho ascoltato le riflessioni di un editorialista intervenuto alla televisione pubblica catalana, che mi ha rafforzato in un sospetto che già da qualche tempo mi era sorto.

Mariano Rajoy, ordinando alla Guardia Civil di intervenire nel modo che ieri tutto il mondo ha potuto vedere, non ha commesso un errore, ma ha perseguito una sua idea ben precisa. Che è folle a questo punto, ma resta la sua idea. Lui se ne frega in tutto e per tutto dei catalani, a cominciare dal Partito Popular catalano, che poi vale un misero 8 per cento del voto territoriale. Lui è e vuole continuare a essere il nemico giurato della Catalogna e in questo è convinto di ottenere un dividendo politico crescente in tutto il resto della Spagna, dove i catalani, bisogna ammetterlo, non godono di grande simpatia.

Il suo ragionamento è molto semplice: tengo la Catalogna sotto il tacco, e il resto della Spagna, applaudendomi per questo, mi assicura la maggioranza necessaria a continuare a essere il presidente del governo. Se invece salto io, salta tutto per aria e la Spagna non può permetterselo.

Lo schema è lineare, quasi elementare, estremamente cinico e anche un po’ folle, ma fin qui tutto sommato ha funzionato. Adesso, però,  dopo lo spettacolo di ieri, la speranza è che qualcosa nel meccanismo si sia inceppato. Quella eccessiva violenza contro la pacifica gente catalana potrebbe aver aperto una crepa nella società spagnola che finora ha sostenuto Rajoy. Le manifestazione a favore del popolo catalano indette ieri sera in diverse città spagnole, a cominciare da Madrid, potrebbero essere i primi segnali di un distacco da Rajoy. E una riflessione sul loro appoggio al governo (appoggio necessario ad approvare il bilancio) in qualche modo dovranno cominciare a farlo anche i nazionalisti baschi del Pnv, chiedendosi se possono continuare a tenere in vita un esecutivo che reprime le istanze di libertà di un’altra comunità territoriale.

Di certo per i catalani, anche per quelli non favorevoli all’indipendenza, il domani non potrà più essere uguale allo ieri.

Fonte: srs di Gianluca Marchi, da Miglioverde del  1 ottobre 2017


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