sabato 11 luglio 2015

STORIA VENETA - 58: 1379 - IL PISANI LIBERATO DAL CARCERE. VOLUTO DAL POPOLO PER RESPINGERE GLI INVASORI



Dal testo di Francesco Zanotto


"La fatal nuova sparse in Venezia desolazione e terrore; e diede argomento a' nemici di Vittore di accagionarlo di colpa, accusandolo d'imprudenza e pusillo animo; per cui si richiamò a render conto, avvinto fra ceppi. (. .. ) Ciò non di manco mormorava il popolo e le milizie minacciavano non voler altro capitano. Il Senato però forte era nella sua risoluzione, nè porgea orecchio ai clamori, e pensava solo al riparo del sovrastante pericolo (. .. ). Allora ruppe la moltitudine in voci alte e terribili: si cavasse Vittor di prigione, si desse loro a capitano, con esso voller combattere. Turbaronsi i Padri, e dopo lungo consiglio decisero che si togliesse .. dai ceppi"


ANNO 1379


Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


C'è sempre una gran ingiustizia nel comportamento dello Stato ma per il Pisani, valoroso comandante militare, l'oltraggio fu oltremodo pesante. Privato della carica  e messo in carcere, di fronte alla necessità di un salvatore della patria, il senato con opportunismo lo ripescò riaffidandogli l'incarico ...


LA SCHEDA STORICA - 58


Il  1379 fu senza dubbio per Venezia ed i suoi abitanti un anno da dimenticare, un anno che coincise con uno dei periodi più bui dove la fine non era stata mai così vicina. Il  7 maggio di quell'anno, all'alba, una flotta genovese di 25 navi si presentava minacciosa all'imboccatura del porto di Pola, in Istria.
Lo scontro tra Venezia e Genova si era pericolosamente ed improvvisamente spostato dall'Oriente all'alto Adriatico. Il  comandante veneziano Vittor Pisani inizialmente evitò lo scontro con le navi nemiche nella speranza che presto sarebbero giunti i rinforzi. Il Pisani infatti, consapevole dell'inferiorità numerica delle sue navi, contava sull'arrivo della restante flotta veneziana comandata da Carlo Zeno di stanza ancora nel Mediterraneo orientale. Di fronte alla saggia decisione di non muoversi tuttavia, gli equipaggi veneziani insorsero contro lo stesso Pisani accusandolo di codardia. Messo alle strette e non vedendo arrivare alcun rinforzo, Pisani decise alla fine di scendere in campo ed affrontare il nemico.
Lo scontro inevitabilmente, e come il comandante veneziano temeva, si risolse velocemente in favore dei genovesi malgrado il generoso slancio di Pisani che, malgrado le ferite, continuò a combattere. La battaglia si risolse quando improvvisamente sbucarono  altre galee genovesi fino ad allora tenute nascoste e che piombarono sul fianco della flotta veneziana. Ben 15 galee, 24 patrizi e molti marinai veneziani vennero catturati dai genovesi. Pisani tuttavia, riuscì a salvare quel poco che si poteva ancora salvare rifugiandosi a Parenzo. Da qui, tuttavia venne richiamato prontamente a Venezia per rispondere della sonora sconfitta.

Una ingiusta punizione

Il clima in città era a dir poco rovente. Coi genovesi alle porte di casa era necessaria la massima severità ed esemplarità.  Pisani così, venne accusato di non aver approntato sufficienti difese al porto venendo per questo condannato a sei mesi di carcere e all'interdizione dai pubblici uffici.
Il popolo tuttavia, non sembrò condividere eccessivamente questa decisione. Pisani restava in fondo uno dei pochi, valorosi comandanti su cui poter contare. Inoltre le milizie fecero sapere che non avrebbero accettato altra guida all'infuori del Pisani stesso. Il Senato comunque, non retrocesse dalla sua decisione anche se l'evolversi drammatico della situazione l'avrebbe fatto ben presto ricredere.
A Genova infatti, la vittoria di Pola sui veneziani aveva galvanizzato gli animi e mentre in città si gridava "A Venezia, a Venezia!", il comandante Pietro Doria lasciava il porto per dirigersi nell'Adriatico dove riusciva a devastare Grado, Caorle e Pellestrina, puntando pericolosamente verso Malamocco che venne frettolosamente evacuata. Le truppe veneziane vennero allora concentrate intorno a S. Niccolò di Lido e nell'eventualità più tragica, a S. Giorgio, di fronte a Rialto.
Il pericolo, intanto, cresceva anche alle spalle. Francesco da Carrara infatti si era spinto con il suo esercito affiancato da ben 5.000 ungheresi inviategli dal re Luigi, fino alle porte di Mestre riuscendo a conquistare strada facendo la città di Treviso. A dividerlo da Venezia restava un solo braccio di mare. Se qui i movimenti militari sembravano rallentare, le cose invece procedevano, anzi, precipitavano sul fronte del mare.


La flotta genovese in laguna!


Il 6 agosto del 1379 infatti, la flotta genovese al comando di Pietro Doria fece la sua comparsa al largo di Chioggia.  L'importante centro all'estremità meridionale della laguna, posto sulla linea dove i lidi si incontrano con la terraferma, costituiva il più importante canale d'accesso al cuore di Venezia. Qui la flotta genovese doveva incontrarsi con l'esercito di Francesco da Carrara che scendendo con i suoi 24.000 uomini lungo la valle del Brenta avrebbe costituito una preziosa fonte di rifornimento. In questo modo Venezia si ritrovava completamente circondata venendo contemporaneamente chiusa alle spalle e dal mare. Chioggia era difesa da una guarnigione di 3.000 uomini comandati dal Podestà Pietro Emo che si vide costretto a chiedere rinforzi immediati al doge Andrea Contarini che vedeva realizzarsi, sotto i suoi occhi, le sinistre profezie che si diceva avessero preceduto la sua elezione. I rinforzi ducali, tuttavia, non furono sufficienti e dopo un'eroica resistenza durata ben 10 giorni, Chioggia capitolava venendo abbandonata ad una violenta devastazione.
Era dall'809 che la città non subiva il saccheggio di un esercito nemico. Era da quell'anno, da quando cioè l'esercito di re Pipino invase il centro lagunare, che Venezia non aveva più conosciuto la paura della conquista straniera.
Le campane di S. Marco alla notizia della caduta di Chioggia suonarono l'allarme mentre il Senato si riuniva in seduta permanente. Non si avevano ancora notizie della flotta di Carlo Zeno e Venezia si trovava praticamente sguarnita. Bisognava guadagnare tempo, ma soprattutto si doveva trovare al più presto un comandante valoroso cui affidare quelle poche navi rimaste disponibili.
Fu in quelle drammatiche e convulse ore per la città di Venezia, che il popolo chiese a gran voce la liberazione del comandante Vittor Pisani dopo che la nomina del Senato di Taddeo Giustiniani a comandante generale della flotta era stata clamorosamente rifiutata dalle stesse milizie che avrebbero combattuto e avrebbero accettato di morire, dissero, solo a fianco del loro comandante.
Vittor Pisani venne così liberato e l'indomani gli si fecero incontro il popolo ed il Senato veneziani che lo portarono in trionfo. Era la loro ultima, disperata speranza di salvare la propria città.



Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  2, SCRIPTA EDIZIONI


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