martedì 7 luglio 2015

STORIA VENETA - 56: 1376 - L'IMPERATORE RINUNCIA A FUGGIRE. GIOVANNI PALEOLOGO RIFIUTA L’AIUTO VENEZIANO



Dal testo di Francesco Zanotto


"Sotto a questa recossi lo Zeno entro una barchetta, e col favor della notte, secondo l'ordine preso, calata una fune, per mezzo di questa salì Carlo entro la torre, e concertò col principe il modo di calarvisi e porsi in salvo. Ma sullo accingersi alla impresa fallì l'animo al prigioniero, rammentandosi degli altri due suoi figliuoli, con lui in stanze diverse incarcerati, ai quali non poteva procurare lo scampo, ed i quali gli parvero esposti, per la fuga di lui, alla rabbia del loro iniquo fratello; e, lacrimando, ricusò affidarsi alla preparata via di salute ... "


ANNO 1376


Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


Il gioco delle influenze incrociate sui resti dell'impero bizantino continua: Genova e Venezia tramano una alle spalle dell'altra per assicurarsi posizioni influenti alla corte di Costantinopoli. E la vicenda della famiglia dei Paleologhi si mischia agli interessi di Stato della Serenissima. Ma succede che alla fine trionfino i sentimenti ...


LA SCHEDA STORICA - 56


 Come spesso era accaduto anche in passato, gli interessi delle due repubbliche nemiche si scontravano primariamente in Oriente.
Nel 1373, proprio mentre Venezia siglava la pace con Padova, l'isola di Cipro cadeva in mano dei genovesi. Il  loro quartiere nella capitale dell'isola era stato da poco devastato e saccheggiato forse dai veneziani, non si sa, ma il solo sospetto fu sufficiente per riaccendere antichi rancori.
Il mutamento del delicato equilibrio in una delle più importanti isole del Mediterraneo scatenò inevitabilmente la reazione veneziana che per il momento si incanalò verso vie più indirette. E queste vie portavano ancora una volta a Costantinopoli da dove l'imperatore Giovanni V Paleologo aveva visto cadere l'importante città di Adrianopoli e con essa gran parte della Tracia in mano dei Turchi Ottomani senza potervi opporre alcuna resistenza.
I Turchi, dopo quella conquista, erano quasi giunti praticamente alle porte della stessa capitale. L'imperatore tuttavia, non aveva più denaro per pagare le truppe o per poterne assoldare di nuove e di fresche, coperto com'era dai debiti. L'unica possibilità era di chiedere aiuto all'Occidente, dal momento che l'avanzata turca avrebbe ben presto riguardato direttamente anche l'altra metà dell'Europa se non si fosse provveduto al più presto di fermarla. A parte le promesse del pontefice, l'imperatore bizantino trovò in Occidente tuttavia solo indifferenza se non addirittura ostilità.
Dal governo veneziano, anzi, durante la sua visita nel 1370 ottenne addirittura una solenne umiliazione con il suo confino in una prigione per debitori! Suo figlio Andronico non mosse comunque neppure un dito per liberare il disgraziato genitore che riacquistò la libertà solo per il pagamento al governo veneziano effettuato con gli ultimi gioielli da parte dell'altro figlio.
L'imperatore se ne tornava così a Costantinopoli umiliato e ancora con tutti i suoi debiti ottenendo solo una dilazione di cinque anni dal governo ducale. Trascorso velocemente questo tempo e ritrovandosi il povero imperatore ancora insolvente, il governo veneziano decise di passare alla linea dura.
Cipro era caduta in mano dei genovesi, si doveva assolutamente e necessariamente recuperare una base altrettanto strategica in Oriente per compensare la grave perdita. Venne così mandata un'ambasciata all'imperatore bizantino scortata da una flotta armata guidata da Marco Giustiniani. La richiesta, con tanto d'intimidazione era quella di ipotecare alla Repubblica di Venezia l'isola di Tenedo se l'imperatore voleva continuare ad aver buoni rapporti con la Serenissa che gli concedeva in cambio altri cinque anni di tempo per rientrare con i suoi debiti.
Situata alle porte dell'Ellesponto, l'isola era un luogo strategico per il controllo degli stretti e oltre questi, del Mar di Marmara. Se anche quest'isola fosse caduta dopo Cipro, in mano dei genovesi che da Galata già controllavano anche l'ingresso del Bosforo, il traffico commerciale veneziano sarebbe risultato mortalmente stritolato. Giovanni Paleologo, del resto, non era certo nelle condizioni di rifiutare la richiesta dei veneziani ai quali l'isola venne ceduta.
Le cose sembravano essersi appena riequilibrate quando nel 1375 il figlio di Giovanni Paleologo, Andronico, si accordò col figlio del sultano turco Murad per assassinare i rispettivi genitori ed insediarsi sul trono. La congiura venne però fatalmente scoperta e mentre il giovane ottomano venne presto giustiziato, Andronico beneficiò della pietà del padre che lo fece solo incarcerare. Fu l'errore più drammatico della sua vita.
Le cose, infatti per il vecchio imperatore non andavano già di per sè molto bene, dato il generale e dilagante malcontento della popolazione dopo che Giovanni aveva accettato di riconoscere l'autorità del Papa in cambio del suo aiuto contro i Turchi. E così, in un estremo momento di debolezza al quale si aggiungeva l'aiuto concreto dei genovesi, Andronico veniva liberato e piazzato sul trono al posto del debole padre che venne catturato e tenuto prigioniero nella torre di Amena.
Il  primo atto del nuovo imperatore fu naturalmente, la concessione dell'isola di Tenedo agli amici genovesi che lo avevano astutamente aiutato nella sua ascesa al trono. Il governatore locale dell'isola, tuttavia, non era disposto ad accettare un simile ribaltamento restando fedele al deposto imperatore Giovanni e ai patti da lui conclusi coi veneziani. Per tutta risposta Andronico fece arrestare i capi della comunità mercantile veneziana dell'isola e lo stesso governatore.
Fu allora probabilmente, che Venezia pensò alla possibilità di ripristinare sul trono il fidato Giovanni Paleologo tanto più, pare, che lo stesso imperatore era riuscito a far pervenire a Carlo Zeno una richiesta d'aiuto. Carlo Zeno era il genero dell'ammiraglio Marco Giustiniani ed aveva già conosciuto probabilmente l'imperatore data la sua carica di comandante della flotta veneziana. Alla richiesta d'aiuto naturalmente, il veneziano non potè che acconsentire.
C'era il problema, non da poco, di farlo uscire dall'alta torre dove era tenuto prigioniero. E così, nottetempo, lo Zeno si recò con una piccola barca fino alla base della torre, sotto la feritoia della cella dell'infelice imperatore.
Una volta attraccato, Giovanni, preventivamente avvisato, fece calare una fune che permise allo Zeno di raggiungerlo. Tuttavia mentre il veneziano stava spiegando gli ultimi dettagli per la fuga, l'imperatore si rammentò improvvisamente degli altri figli che con lui, ma in altre celle, erano stati fatti prigionieri. All'idea di fuggire da solo abbandonandoli alla loro sorte, il sovrano greco retrocesse dall'impresa mentre inutilmente Carlo Zeno tentava di convincerlo ugualmente a seguirlo. Di fronte alla determinazione del vecchio imperatore, Carlo Zeno si vide costretto a fuggire e a reimbarcarsi di tutta fretta per riuscire ad avvisare i suoi uomini del mutato piano.
Il tentativo di liberare l'imperatore Giovanni si era così infranto sul generoso, paterno atto di solidarietà dell'imperatore Giovanni. Niente sembrava ora poter arginare lo strapotere di Genova in Oriente. Forse solo una guerra. E guerra infatti, fu.


Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  2, SCRIPTA EDIZIONI



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