Dal testo di
Francesco Zanotto
"Giunti al
cospetto del Doge scesero facendo tre inchini; e dopo la celebrazione di una
messa solenne, Jacopo De' Favri, dottore, uno degli inviati, in mezzo di due
cavalieri, presentò la lettera credenziale del suo Comune, datata 5 luglio;
recitando l'apparecchiata orazione. Quindi gli altri, per ordine, offrirono chi
il sigillo della città, chi le chiavi delle tre porte principali, cioè di
quella S. Giorgio , del Vescovo, e de' Calzari, allusive alli tre ordini de'
cittadini, cioè dei cavalieri e dottori, de' mercatanti, e della plebe ...
"
ANNO 1405
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Nel nuovo scontro
per il possesso dell'entroterra veneto, Novello da Carrara occupa Verona, ma la città dopo lunghe devastazioni chiede la
pace a Venezia ed entra dopo
Vicenza a far parte dei domini
della Serenissima.
LA SCHEDA STORICA - 64
La fine del XIV e i
primi anni del secolo successivo segnarono l'ascesa di una nuova stella nel già
multiforme panorama politico italiano. La stella era quella dei Visconti di
Milano. II dominio di questa famiglia si stava pericolosamente espandendo verso
sud, incombendo su Firenze e Bologna, ma anche e contemporaneamente verso est.
Tuttavia, per Venezia, il pericolo immediato veniva ancora
dalla vicina Padova. Nel 1384 a soli tre anni dalla pace di Torino, Francesco
da Carrara ritrovava la forza e l'arroganza per tornare a tessere una nuova
rete di alleanze anti-veneziana. In quell'anno aveva già acquistato dal duca
d'Austria Treviso, Conegliano e Ceneda, ovvero quegli stessi territori che
Venezia aveva da poco ceduto al signore austriaco per non vederli cadere
proprio in mano ai padovani. Come se non bastasse, il da Carrara aveva
acquistato per 70.000 ducati anche Feltre e Belluno.
Il sogno espansionistico dell'irrequieto signore carrarese
doveva tuttavia infrangersi ben presto, questa volta, contro gli interessi e le
ambizioni di Gian Galeazzo Visconti. Questi, preoccupato quanto Venezia, seppur
per le proprie e particolari ragioni, del dilagare della potenza padovana, si
alleò con il governo veneziano " ... per procurare il danno e la
confusione del Signore Padovano ... " . E così il Visconti occupò
prontamente tutte le terre entrate di recente nei domini padovani, cedendole
invece al suo nuovo e recente alleato' Venezia. La stessa città di Padova venne
occupata e inglobata nei possedimenti viscontei mentre Francesco da Carrara,
l'infaticabile tessitore di alleanze anti-veneziane, avrebbe finito i suoi
giorni in una prigione lombarda.
Venezia, a questo punto però, vedeva semplicemente
sostituirsi alla potenza carrarese quella ancor più temibile dei Visconti.
Si aprì così un lungo periodo di convulse trattative tra i
governi di Venezia e Bologna, di Venezia e Firenze e, da ultimo, anche con il
nuovo signore di Padova, Novello da Carrara. Questi era riuscito a fuggire
dalle carceri viscontee proprio grazie all'aiuto dei veneziani ed era riuscito
a riprendersi la sua città grazie al denaro e agli uomini offerti generosamente
dal governo ducale.
Nel frattempo era comunque venuto a morte il Visconti
facendo apparire ora più debole il suo dominio ereditato dalla vedova. Di
questo momento di debolezza, tuttavia, sembrava approfittarne ancora una volta
Padova e il suo nuovo signore. Novello da Carrara infatti si alleò ben presto
con il signore di Ferrara Niccolò Estense che, forte di questo appoggio, si
riprese il Polesine che aveva da poco ceduto a Venezia quale rimborso di un
grosso prestito. Nel contempo Novello da Carrara entrava in Lombardia e tramava con
Firenze contro i Visconti.
A Venezia, intanto, visti i nuovi sviluppi, si faceva sempre
più strada la convinzione che, se la città voleva stare tranquilla, doveva al
più presto intervenire nelle faccende di terraferma per creare una fascia di
sicurezza direttamente controllata dai veneziani.
Era questa l'intima convinzione del nuovo doge Michele
Steno, succeduto al Venier: una fascia che proteggesse la repubblica dalle mire
espansionistiche delle più forti signorie venete e lombarde, affamate di sempre
nuovi ed ulteriori territori. Convinzione che si fece tanto più necessità dopo
la conquista del da Carrara di Verona. Da qui, il signore padovano stava
minacciosamente puntando anche su Vicenza che, di fronte alla prospettiva di
cadere in mano al da Carrara, preferì inaspettatamente consegnarsi alla
Serenissima che naturalmente accettò di buon grado. Attaccare Vicenza, ora,
significava attaccare un territorio veneziano.
E così, disdegnati gli inviti del senato veneziano di
sgombrare al più presto, tra Padova e Venezia erano ancora venti di guerra
quelli che soffiavano nel 1405. Novello
aveva già provveduto a fortificare i confini e a procurarsi alleanze quando
anche Venezia fece la sua prima mossa avanzando da Vicenza verso Verona, la
città che il da Carrara aveva strappato agli Scaligeri. Lo scontro fu
inevitabile e, dopo devastanti scorrerie nel territorio veronese, la città
chiese la pace ai veneziani.
Jacopo da Carrara, figlio di Novello e responsabile per
conto del padre della città, veniva nel frattempo catturato mentre il 23 o
forse il 24 giugno del 1405 le truppe veneziane entravano a Verona. Gabriele
Emo a nome della Repubblica riceveva i simboli della Signoria veronese. Il possesso della città scaligera venne
successivamente ed ufficialmente sancito a Venezia dove vennero spediti 22
rappresentanti veronesi.
Il 12 luglio i cavalieri si presentarono così a Michele
Steno. Per l'occasione e data la bella stagione, era stato allestito un palco
in Piazza S. Marco sul quale presero posto il doge e i membri del Maggior
Consiglio. Reso omaggio al doge e all'alta assemblea, Jacopo de Faveri presentò
a Michele Steno la lettera credenziale del suo Comune. Finita la lettura della
missiva vennero offerti al doge dagli altri cavalieri veronesi i sigilli della
loro città e le chiavi della tre principali porte: S. Giorgio, Porta Vescovo e
dei Calzari, allusive ai tre ordini dei cavalieri, dei mercanti e della plebe.
Era la resa e la sottomissione di un'intera città alla Serenissima Repubblica
di S. Marco.
Nel giro di 25 anni, tanti ne erano trascorsi dalla
conclusione della guerra di Chioggia, quando sembrava prossima la fine di
Venezia, questa era diventata la prima ed unica potenza anche territoriale
della regione. Dopo Treviso, il feltrino ed il bellunese, Venezia nel giro di
due anni aveva inglobato nei suoi domini anche Vicenza e Verona senza quasi
combattere.
L'esasperata volontà di espansione del da Carrara aveva
provocato una situazione esattamente opposta a quella da lui sperata, una
situazione che vedeva resistere a Venezia, anche se ancora per pochi mesi, la
sola Padova. Per Novello da Carrara era un incubo che improvvisamente diventava
realtà. Per Venezia era invece l'inizio di una delle sue più splendide
avventure.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 3, SCRIPTA EDIZIONI