mercoledì 25 febbraio 2015

BUGNINI ERA MASSONE! LO CONFERMA UN MONSIGNORE A INSIDE THE VATICAN

Bugnini Annibale


Sull'ultimo numero della principale rivista cattolica in lingua inglese "Inside the Vatican", il giornalista Robert Moynihan racconta della sua intervista con un "monsignore" anonimo indicatogli dal  Cardinal Gagnon poco prima che quest'ultimo morisse. Il "monsignore" è il depositario del mistero relativo all'affiliazione massonica di Bugnini (noto anche agli addetti ai lavori come nome in codice "BUAN").

Ma non solo! Sappiamo infatti anche dal libro di Mons. Marinelli (Via col vento in Vaticano) che Gagnon fu redattore di un dettagliatissimo dossier sui Massoni in Vaticano (vedi pagg.57-59). Commentano "i Millenari": "Il materiale raccolto fu interessante e rivoluzionario. Il presidente della commissione monsignor Gagnon stette per tre mesi impegnato a stendere una voluminosa relazione che alla massoneria vaticana apparve subito scottante e pericolosa: si facevano i nomi e le attività occulte di certi personaggi di curia."

Questo dossier fu rubato fra il 31 maggio ed il 1 giugno del 1974 dalla scrivania di Mons. Mester (collaboratore di Gagnon). Il Cardinale così rifece il dossier di suo pugno e chiese udienza. Non gli fu accordata, capì l'antifona e dopo qualche anno se ne tornò in Canada.

Ma la questione di Bugnini è fondamentale. Le lettere qui citate e indirizzate a Bugnini dal Gran Maestro furono pubblicate da "30 Giorni" nel 1991 in un articolo a firma di Andrea Tornielli. Non riuscendo a recuperare l'edizione italiana vi segnalo un articolo in cui sono tradotte in inglese ed un altro in cui sono leggibili in portoghese (entrambi provengono da autori un po' estremi e molto duri riguardo alla riforma, ma sono le uniche fonti sulla rete riguardo alla pubblicazione di 30Giorni).

Il reportage-intervista di Inside the Vatican preannuncia ulteriori sviluppi e comunque afferma con ulteriore certezza che Bugnini, l'autore della Riforma Liturgica, era stipendiato dalla Massoneria Italiana.  Libertè, Egalitè, Fraternitè!




di Dr. Robert Moynihan



Ho cominciato la mia conversazione con il monsignore indicatomi dal Cardinal Gagnon dopo la sua morte nell'agosto del 2007. Questa conversazione ebbe luogo sul finire del 2007.

"Sono rimasto molto rattristato dalla morte del Cardinal Gagnon" dissi.

"Si, anch'io" disse il monsignore. "E' stato un valido servo della Chiesa. Ha sofferto molto."

"Lo conoscevo", dissi. "Mi ha sempre aiutato, specialmente agli inizi".

"Era un uomo gentile".

E quindi abbiamo cominciato la nostra solita conversazione sullo stato della Chiesa, le ultime notizie dal Vaticano e così via. La nostra conversazione si è così concentrata naturalmente sulla pubblicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, che promuoveva un più ampio uso del rito antico della Messa.

"Sono confuso" dissi.

"Perchè?" fece lui.

"L'intera questione. Ciò che è accaduto nel Concilio Vaticano II, la Costituzione sulla Liturgia, la Commissione stabilita per rivedere la Messa, Monsignor Bugnini... ed ora, 40 anni dopo, sembriamo ancora in uno stato di confusione. Sembra come se tutte le cose che consideravamo sacre - tutte le cose che amavamo - fossero state calpestate."

"Tu sei troppo cupo" disse, facendo ondeggiare le mani come a voler respingere le mie conclusioni. "Si, molte cose sono state calpestate, ma l'essenziale rimane. Non si è perso il cuore."

"L'essenziale rimane? Si guardi intorno. Abbiamo alcuni che non si interessano affatto ad alcuna tradizione, guardano la 'Chiesa Antica' con senso di colpa e farebbero di tutto per non tornare indietro. E abbiamo molti tradizionalisti che sembrano focalizzarsi soltanto sulle cose esteriori - e ciò talvolta somiglia ad una idolatria del rituale..."

"Non la vedo così in bianco e nero. Stai tralasciando del tutto gli individui, tutti i loro atti di sacrificio, il loro buon umore, le loro preghiere. Sei caduto nella trappola. Nella battaglia per la verità, non dimenticare la grazia. Ricorda c'è Dio, lo Spirito Santo, la Vergine..."

"Ma perchè così tanti sembrano indifferenti?".

"Alcuni non hanno un'opinione, alcuni sono persuasi che la Chiesa doveva essere cambiata. Alcuni semplicemente hanno seguito la marea. Alcuni sono motivati dal denaro. E poi ci sono quelli che servono altri padroni. Questo era il caso di Bugnini..."

Così cominciammo. Non per ciò che disse, visto che si tratta di una antica accusa, ma per il modo in cui lo disse, come se fosse una cosa fuori discussione e ormai assodata.

"Naturalmente, ho udito di ciò" dissi, "ma perchè lei lo dice così schiettamente, come se ne fosse certo? Pensavo fosse solo un'accusa?"

"E' certo" mi disse "almeno certo come lo sono le cose di questo mondo. Lui si recò ad un incontro dal Segretario di Stato con la sua valigetta. Era il 1975. Più tardi quella sera, quando tutti erano andati a casa, un monsignore trovò la valigetta che Bugnini aveva lasciato. Il monsignore decise di aprirla per vedere chi ne fosse il proprietario. E quando la aprì, trovò lettere indirizzate a Bugnini definito 'fratello', da parte del Gran Maestro della Massoneria Italiana..."

"Ma è possibile che queste lettere fossero dei falsi?" domandai. "Qualcuno poteva aver aperto la valigetta, visto che era di Bugnini, e quindi infilatoci le lettere false, per diffamarlo?"

"Beh, teoricamente, suppongo che sia possibile. Ma Paolo VI, almeno, non lo pensava. Quando gli fu portata questa prova, giunse alla conclusione che Bugnini dovesse essere rimosso immediatamente dal suo posto. Così Bugnini fu nominato nunzio apostolico in Iran. Dopo più di 25 anni alla guida della riforma liturgica fu licenziato bruscamente e inviato in una nazione in cui non ci sono affatto cattolici. Era una forma di esilio."

"Ciò è davvero triste".

"No," disse, "è davvero umano... E oggi, 35 anni dopo, appartiene al passato. E' qualcosa per cui non possiamo fare nulla."

"Ma se è realmente vero," dissi "allora Paolo VI avrebbe potuto approvare la Nuova Messa sotto false pretese, così com'era? Ciò non avrebbe dobuto sollevare domande sull'intera riforma liturgica? E perchè allora Paolo VI non risalì all'intera commissione preparatoria, se credeva che quanto lei mi sta dicendo fosse vero?"

"Guardi, " disse il monsignore "non è importante quante sconfitte subisca la Chiesa, non è importante quanti tradimenti, ma che ci sia sempre la speranza..."

"Ma le perdite sono immani" dissi, "è come se il nostro legame col passato fosse stato interrotto..."

"No!". Mi guardò con fierezza: "Tu stesso sei la prova che questo legame non è stato rotto. E lo sono anch'io. E ti dico che anche se dovessi cadere e tradire la fede, e anche se dovessi farlo io, ed anche se tutti nel mondo dovessero cadere, la Chiesa non sarebbe sconfitta. Essa prevarrà! Non praevalebunt!"

E lo guardai meravigliato per la sua fede. Ma non gli domandai ancora del dossier Gagnon. (continua).


Traduzione: Francesco Colafemmina - Tratto da Inside the Vatican 19.07.2000



Fonte: visto su  FIDES ET FORMA del  21 luglio 2009

NOME IN CODICE: BUAN



Papa Paolo VI


Il Concilio Vaticano II, monsignor Bugnini, la massoneria, e la Babele dell’informazione


La questione dell’influenza massonica sui lavori del Concilio Vaticano II è stata ampiamente dibattuta: qui vorrei solo proporvi uno spunto - che lascio ai vostri approfondimenti- su un personaggio che è stato al centro della riforma liturgica e di cui tutt’oggi permangono dubbi sulla sua appartenenza massonica.

Districarsi fra notizie e contro-notizie non è semplice, specialmente in vicende così complesse: ed è proprio questa confusione uno dei mezzi utilizzati dalla massoneria, ma anche dai servizi segreti, per fare in modo che le persone si stanchino di cercare e non si pongano domande. Cosa che dovremmo invece fare molto più spesso e con molta più ostinazione.

Monsignor Annibale Bugnini, di cui potete trovare informazioni biografiche su Provincia Romana e su Wikipedia, fu nominato da papa Paolo VI segretario della Commissione per la Liturgia per il Concilio Vaticano II. Questo cruciale evento prese avvio nel 1962 sotto il pontificato di Giovanni XXIII e terminò nel 1965 sotto Paolo VI. I risultati furono tanto imponenti quanto radicali su molti aspetti: da riforma che riguardava inizialmente più gli aspetti formali della dottrina e la modernizzazione della Chiesa, si trasformò in una riforma che mutava passaggi fondamentali della liturgia stravolgendone spesso il significato.


Mons. Annibale Bugnini


Un video documentario che tratta questo punto è per esempio “Ciò che abbiamo perso”, che offre ancora spunti interessanti sebbene un po’ datato e dal taglio molto tradizionalista, visibile in streaming con RealPlayer.

Protagonista del Concilio fu proprio Mons. Bugnini, che apportò le modifiche principali alla liturgia definendo le “linee-guida” per il nuovo rito della Messa, da cui scaturì il Missale Romanum del 1969 (Novus Ordo Missae, Nuovo Ordinario della Messa), che è la riforma vera e propria della liturgia, sempre pubblicata da papa Paolo VI.

Non si tratta, come spesso si dice, di soli cambiamenti di forma, per esempio l’abbandono del latino e l’adozione delle lingue nazionali, ma anche di riforme sostanziali del rito, tra cui l’avvicinamento alle idee protestanti con l’abolizione o la modifica di varie frasi-chiave del rito eucaristico, per cui il dogma della transustanziazione, caposaldo della messa cattolica, diviene qualcosa di evanescente e “interpretabile”: da qui il decentramento del tabernacolo (che conserva le ostie consacrate e quindi sottolinea la presenza reale di Cristo in mezzo ai fedeli), tolto dalla posizione centrale e relegato sempre più ai margini della chiesa. Le chiese post-conciliari sono riconoscibili anche per questo aspetto, oltre che per un ambiguo concetto di “creatività architettonica”.


Chiesa post-conciliare (Irlanda)


Una disamina della nuova liturgia post-conciliare è il “Breve esame critico del Novus Ordo Missae” presentato a Paolo VI dai cardinali Ottaviani e Bacci, respinto dall’allora Prefetto della Fede, cardinale Seper.

Durante i lavori della Commissione Liturgica, diversi gruppi esternarono le proprie rimostranze (tra questi per esempio la Fraternità San Pio X fondata da Marcel Lefebvre, i cui sacerdoti furono poi sospesi dalle loro funzioni): essi criticavano in particolare le eccessive concessioni al Protestantesimo in nome dell’ecumenismo e il divieto di celebrare la messa secondo l’antico rito tridentino, in vigore fino al Concilio Vaticano II.

Ma torniamo a mons. Annibale Bugnini e al suo ruolo di promotore della riforma liturgica.

La sua vicenda si intreccia strettamente con quella del Concilio, perciò ho deciso di spendere due parole su di esso e far capire cosa vi fosse in gioco.

E qui inizia anche la parte più nebulosa di tutta la faccenda. Cerchiamo quindi di chiarirne i punti principali seguendo un ordine cronologico.


Mons. Gagnon


Secondo quanto affermato in “Via col vento in Vaticano”, fra il 31 maggio e il 1 giugno del 1974 un voluminoso dossier sulla presenza massonica in Vaticano viene rubato dalla scrivania di mons. Mester, collaboratore dell’autore del dossier, il cardinale Gagnon.
Mons. Gagnon non si perde d’animo: riscrive di suo pugno l’intero dossier e chiede udienza. Non gli viene accordata.

E’ l’estate del 1975 quando Mino Pecorelli, affiliato alla P2, pubblica sulla rivista “Osservatorio Politico” la fotografia di un assegno, con tanto di matrice, del Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Lino Salvini. L’assegno è in favore di Annibale Bugnini.

Lo stesso Mino Pecorelli riporterà in seguito gli estremi dell’affiliazione di Bugnini al GOI (Grande Oriente d'Italia): iniziato il 23 aprile 1963 con il numero 1365/75 e il nome in codice BUAN.

Consiglio questa pagina web per approfondire i ruoli dei prelati presenti sulla “lista Pecorelli” e le oscure vicende che le fecero seguito.

Nell’aprile del 1976 lo scrittore cattolico Tito Casini pubblica un articolo in cui sostiene che Paolo VI avrebbe ricevuto informazioni sull’affiliazione di Bugnini alla massoneria. Queste accuse emergono all’indomani dell’allontanamento di Bugnini dal Vaticano, essendo stato da poco nominato nunzio apostolico in Iran.

Bisogna aspettare fino a ottobre del 1976 per una smentita da parte del Vaticano, dopo che a giugno altri cento prelati vengono accusati di far parte della massoneria (la “lista Pecorelli” compare sulla rivista Panorama).


Lino Salvini


Passano quindici anni. Siamo nel 1991: la rivista “30 Giorni” pubblica un articolo a firma di Andrea Tornielli e riporta due lettere che, si dice, vennero trovate in una valigetta lasciata in Vaticano da mons. Bugnini:
la prima lettera, datata 14 luglio 1964, comincia con “Caro Buan” e sarebbe a firma del G.M. Salvini;
la seconda invece, del 2 luglio 1967, sarebbe dello stesso Bugnini.

Il Gran Maestro della massoneria italiana espliciterebbe il compito affidato al monsignore di “diffondere la de-cristianizzazione tramite la confusione dei riti e dei linguaggi” e di “mettere vescovi e cardinali l’un contro l’altro”.
La lettera continua dichiarando che “tutto deve avere luogo entro un periodo di 10 anni” e sottolinea:
la Babele linguistica e rituale sarà la nostra vittoria”.

La lettera di risposta di mons. Bugnini rassicurerebbe sul fatto che “la de-sacralizzazione prosegue rapidamente” e annuncia:
possiamo già cantar vittoria, poiché la lingua volgare è già sovrana in tutta la liturgia, incluse le parti essenziali”.
La lettera proseguirebbe ringraziando per i fondi ricevuti e auspicando un incontro a breve.

Le lettere, fotocopie prive di intestazione, si possono leggere in inglese e in portoghese sul sito Tradition in action.


La rivista 30giorni (vers. portoghese)


Passa un'altra ventina d’anni prima dell’ennesima rivelazione: nel numero del 19 luglio 2009 di “Inside the Vatican” il dr. Robert Moynihan pubblica una conversazione avvenuta nell’autunno del 2007 con un anonimo monsignore indicatogli dal cardinale Gagnon.

E’ possibile leggerne la traduzione in italiano sul blog Fides et Forma.

Nella conversazione, il monsignore dà per assodata l’affiliazione di Annibale Bugnini alla massoneria
(“Alcuni non hanno un'opinione, alcuni sono persuasi che la Chiesa doveva essere cambiata. Alcuni semplicemente hanno seguito la marea. Alcuni sono motivati dal denaro. E poi ci sono quelli che servono altri padroni. Questo era il caso di Bugnini” …
“Lui si recò ad un incontro dal Segretario di Stato con la sua valigetta. Era il 1975. Più tardi quella sera, quando tutti erano andati a casa, un monsignore trovò la valigetta che Bugnini aveva lasciato. Il monsignore decise di aprirla per vedere chi ne fosse il proprietario. E quando la aprì, trovò lettere indirizzate a Bugnini definito 'fratello', da parte del Gran Maestro della Massoneria Italiana”).

A seguito di questa pubblicazione si scatena di nuovo la bagarre, come si può leggere per esempio sui blog di Francesco Colafemmina e di Padre Giovanni Scalese, che torna sulla vicenda a seguito di critiche mossegli da Padre Matias Augé.

Ora.
Immagino sarete un filo confusi.
Se non lo siete, permettetemi di esporre alcuni fra i motivi per cui ritengo naturale sentirsi confusi dopo un simile profluvio di date, eventi e personaggi.

(Se avete anche la sensazione che i vostri neuroni siano prossimi a fare harakiri, è il momento giusto per prepararvi un buon thè prima di proseguire la lettura!)

Ci sono alcune domande a cui non è facile rispondere con i pochi e incerti elementi in nostro possesso. E ogni domanda sembra contraddire qualunque punto fermo acquisito in precedenza.

1) La questione della valigetta

E’ questo il punto più nebuloso dell’intera faccenda. Sembra anzi un tipico elemento inserito ad hoc per depistare e confondere.

Innanzitutto: se io fossi un alto prelato affiliato alla massoneria e stessi lavorando per sovvertire la tradizione cattolica, mi porterei appresso lettere compromettenti? E se fossi così sciocco, sarei anche così sbadato da dimenticare la mia valigetta col suo prezioso contenuto proprio nella "tana del lupo", così che chiunque possa scoprirmi? Peraltro, le due lettere sono talmente brutali nella loro chiarezza da risultare grottescamente ingenue. Se non puzza di bruciato questo, non so che altro potrebbe farlo.

In secondo luogo: perché le lettere sono fotocopie prive di intestazione? Se avessi voluto portarmi appresso un documento che potesse provare la mia affiliazione, avrei scelto -se non gli originali- almeno una copia fedele. (Ma torniamo al punto: perché portare con sé in Vaticano documenti così scottanti?)

E infine: perché mons. Bugnini venne spedito a fare il nunzio apostolico in un paese come l’Iran? Se Paolo VI si convinse della sua affiliazione alla massoneria, avrebbe dovuto scomunicarlo. Altrimenti avrebbe potuto mantenerlo in Vaticano, come segno evidente che riteneva infondate tutte le accuse.

2) La “lista Pecorelli”


Mino Pecorelli


Vero o no, l’elenco contiene i nomi dei più alti prelati vaticani, cardinali della cerchia papale che avevano in mano la direzione della Chiesa. Se Paolo VI riteneva infondate le accuse, perché non c’è stata alcuna querela nei confronti di chi pubblicò la lista, nemmeno da parte dei singoli prelati, e nemmeno in forma di richiesta di indagine giudiziaria? Se invece le accuse erano vere, come sembra almeno nel caso di alcuni cardinali, perché non vi è stata una “epurazione generale” nelle file della cerchia papale?

Eppure, che “il fumo di Satana” si fosse infiltrato in Vaticano era chiaro allo stesso Paolo VI già da tempo ("Attraverso qualche fessura il fumo di Satana è entrato nella Chiesa”, 29 giugno 1972).

E il suo successore, papa Luciani, che dichiarò di voler fare pulizia dei prelati massoni, morì dopo 33 giorni di pontificato in quel terribile settembre del 1978.
Ma sono coincidenze…

3) La riforma liturgica

E veniamo al punto fondamentale. Se papa Paolo VI si convinse delle accuse contro Bugnini (ricordiamo che nel ’76 lo spedì in Iran), perché non rigettò la riforma che era palesemente una sua creatura? Perché non rimetterla in discussione, riaprendo il dibattito? Se l’impianto della riforma liturgica era stato ideato da un massone, sarebbe stato doveroso nei confronti dei fedeli e della stessa Chiesa tornare sui propri passi e rivedere tutto. D’altra parte era in gioco l’essenza stessa del rito della Messa e il futuro della religione cattolica.

E se Paolo VI ritenne mons. Bugnini un massone, perché spedirlo in Iran e non scomunicarlo, come avrebbe dovuto fare? Le prove della sua affiliazione sembravano piuttosto solide, dopotutto. I riferimenti alle date e ai codici di iniziazione avevano almeno l’apparenza di essere qualcosa più che una montatura (e se montatura era, a che pro?).


Chiesa post-conciliare (Foligno)


Certo se consideriamo l’atteggiamento nei confronti del cardinale Gagnon e del suo dossier sulla massoneria in Vaticano, a cui non venne concessa udienza, l’intero operato di Paolo VI viene illuminato da una nuova luce.
Pensiamo anche a quanto doveva essere ben infiltrata la massoneria in Vaticano se fu in grado di sottrarre il dossier dalla scrivania di Gagnon quando esso iniziò a diventare troppo corposo…

Certo la storia della valigetta sembra inventata appositamente per gettare discredito su mons. Bugnini. Ma le circostanze in cui la sua vicenda è immersa sono senza dubbio torbide. Teniamo presente inoltre che quelli erano gli anni dello IOR, di Marcinkus, Calvi e Sindona: di massoneria in Vaticano si parlava già da tempo.

Forse si è riusciti a zittire tutto prima che a qualcuno venisse in mente di fare davvero le "pulizie di primavera" in Vaticano. O forse, la parte più legata alla tradizione cristiana è sempre stata una minoranza, in quegli aurei lidi…

Nel mare di informazioni ambigue che intesse questa vicenda, emerge chiaro forse solo un punto: è essenziale porsi domande, chiedersi sempre i “perché” delle cose. Spesso la risposta è semplice, a fronte di un caos informativo messo a bella posta: bisogna cercare le giuste connessioni logiche.


Fonte: visto su  NUOVO ORDINE MONDIALE del 2 gennaio 2012



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