sabato 14 febbraio 2015

MICHELORIE DI ALBAREDO D'ADIGE UNA DARSENA DI EPOCA ROMANA SPUNTA DA SCAVI AL GASDOTTO


Il pozzo venuto alla luce al centro del sito archeologico di età romana scoperto a Michellorie di Albaredo d’Adige



Verona
L'intervento eseguito dalla Snam ha portato alla luce un approdo fluviale a ferro di cavallo con magazzini  e attività di lavorazione del grano.

Un piccolo approdo fluviale per le imbarcazioni, con tanto di magazzini ed attività di lavorazione del grano, nella Michellorie romana. Il gasdotto dei record Zimella-Cervignano d'Adda (Lodi) continua a restituire tesori agli archeologi.
Ancora una volta, com'era successo per gli scavi di Oppeano e Palù, i lavori per la posa del metanodotto più lungo d'Europa hanno dato infatti la possibilità agli studiosi di avanzare ipotesi interessanti sulla storia antica dei paesi della Bassa.
Nel corso del 2014 la società «Snam Rete Gas», che sta finanziando la costruzione del gasdotto da 170 chilometri che parte dal Basso veronese e raggiunge il Lodigiano (in Lombardia), ha effettuato la bonifica archeologica di un'area di 400 metri quadrati nella frazione di Michellorie, a sud est del centro di Albaredo. 

I lavori di bonifica sono stati compiuti durante la primavera e l'estate dello scorso anno, sotto la direzione della Soprintendenza ai beni archeologici del Veneto, Nucleo operativo di Verona. Coordinatrici del cantiere sono state Chiara Maccani e Silvia Nuvolari, archeologhe della cooperativa «Ante Quem» di Bologna.
«Ringrazio sia la ditta che ha compiuto gli scavi, formata da un team molto preparato, sia la Snam per l'apertura al dialogo che ci ha permesso di trovare le soluzioni più congeniali per la gestione di un cantiere su cui è stata fatta un'importante tutela archeologica», commenta Federica Gonzato, funzionario del Nucleo veronese della Soprintendenza.

Durante lo scavo sono emersi resti di ceramiche, frammenti di mattoni e tegole risalenti ai primi secoli dopo Cristo. Si tratta di un sito di età romana, probabilmente con funzioni produttive. L'ipotesi più accreditata, portata avanti dal gruppo di lavoro che sta studiando i ritrovamenti fatti, è che in quella zona vi fosse una darsena a forma di ferro di cavallo che occupava un'area di circa 100 metri quadri. Con ogni probabilità, i lati est e nord erano delimitati da pareti in legno o in mattoni crudi, data la presenza di una fondazione in laterizi, mentre il confine ad ovest e il tratto lungo il canale navigabile erano coperti soltanto da pensiline. Tutto intorno all'ormeggio erano collocati depositi e piccole attività legate al commercio, all'agricoltura e al settore tessile. Prova ne sono una serie di buche di palo di varia grandezza (residui di tettoie per il ricovero merci), sei macine (tre in trachite e tre in porfido rosso), alcune anfore e pesi in terracotta per telai. 

«Se venisse confermata la presenza in loco di un ormeggio per le barche, si tratterebbe di una scoperta davvero significativa, visto che nel Veronese non era stata finora rinvenuta alcuna darsena di età romana», spiega l'ispettore onorario della Soprintendenza Gianni Rigodanzo.
 «La darsena è una prova dell'importanza della navigazione fluviale per il trasporto di uomini e merci, in una zona ricca d'acqua come la nostra e in un'epoca in cui lo spostamento su strada era molto difficoltoso. Grazie alla rete di canali minori si potevano raggiungere anche le località più remote dell'impero», continua Rigodanzo.
Al centro del sito è stato riportato alla luce un pozzo per l'approvvigionamento dell'acqua di falda. Il pozzo, di ottima fattura, è stato costruito tramite il cosiddetto affondamento, una tecnica che prevede l'uso di un anello ligneo che viene inserito nella fossa e via via scavato. Mentre il manufatto si abbassa gradualmente, si sovrappongono gli elementi del rivestimento fino a raggiungere la profondità voluta. Nel fondo del pozzo è stato infine recuperato un vaso per l'acqua ancora integro. 

Paola Bosaro


Fonte: srs di Paola Bosaro, da L’Arena di Verona del 2 febbraio 2015



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