mercoledì 29 febbraio 2012

PAROLE DI TORERO


"E all'improvviso il toro si fermò e mi fissava.
Con l'innocenza di tutti gli animali nei loro occhi, ma anche con una supplica.
E ' stato l'aspetto di un'ingiustizia inspiegabile, l'appello contro la crudeltà inutile.
Questa volta ho avuto pietà per me stesso, e mi sono sentito il cestino spazzatura peggiore del mondo."

martedì 28 febbraio 2012

lunedì 27 febbraio 2012

SAN GIOVANNI LUPATOTO. IL PAESE FESTEGGIA DON LEONE PORRA, PARROCO EMERITO DEL BUON PASTORE, HA DATO VITA A MILLE INIZIATIVE PER AIUTARE GLI ALTRI

Don Leone davanti alla foto della chiesa del Buon Pastore (FOTO AMATO)

Sacerdote da sessant´anni, ha chiesto di non comprare regali ma di fare offerte ad Annalisa, bimba affetta da una rara malattia

Don Leone  Porra festeggerà tra qualche settimana i suoi 60 anni da sacerdote (è stato ordinato nel marzo 1952) e ha da poco girato la boa dei 50 anni di presenza pastorale a San Giovanni Lupatoto. 

L´anniversario del cinquantesimo, per esplicita volontà del sacerdote, è passato un po´ in sordina.  Per i 60 anni dall´ordinazione don Leone ha già espresso un´indicazione: nessun regalo.   Chi vuole donare qualcosa può fare la sua offerta ad Annalisa, la bimba lupatotina di 3 anni affetta dalla nascita da lissencefalia, una malattia rara (al momento non curabile) che aggredisce il cervello e la corteccia cerebrale. A rendere nota questa volontà è stato dal pulpito don Gianpaolo Marcucci, attuale parroco del Buon Pastore.

Don Leone non è nuovo a questi atti di generosità. L´ottantacinquenne sacerdote, di origini vicentine, è arrivato in paese nel maggio 1961.  A mandarlo a San Giovanni fu il vescovo Giuseppe Carraro che vedendo la voglia di fare del giovane sacerdote, decise di metterlo alla prova in una realtà in turbolenta crescita com´era il paese nei primi anni Sessanta. 


A riceverlo, in quel maggio 1961, fu il parroco dell´allora unica parrocchia del capoluogo, monsignor Aldo Gobbi, un prete di carattere, poi diventato vescovo di Imola. A Don Leone, che gli aveva fatto capire di essere disponibile anche ad assumersi responsabilità fuori dalla parrocchia, monsignor Gobbi propose nel 1967 di fare il parroco della costituenda parrocchia del Buon Pastore, destinata a presidiare la zona di espansione residenziale e industriale del paese. Don Leone cominciò a mettere in atto iniziative per certi aspetti dirompenti. Per pagare la nuova chiesa avviò la raccolta della carta nella quale coinvolse per alcuni anni oltre cento giovani della parrocchia. 

Dopo qualche anno fondò anche un´associazione di volontari per l´assistenza agli ammalati.
Poi scoprì la passione per la bicicletta che lo portò in escursione ciclistica fin sul Pordoi.  
Nel 1980 una grave malattia alla vista, causata da una botta in testa presa in seguito alla caduta di una balla di carta, lo costrinse a lasciare la guida della parrocchia. Don leone rischiò di perdere la vista e fu costretto a peregrinare per vari ospedali, assistito da decine di persone, quelle alle quali aveva insegnato ad assistere gli altri.


Ma chi pensava che si mettesse in pensione sbaglia di grosso. Iniziò ad assistere i carcerati e poi cominciò a collaborare con una tivù locale, proponendo ai telespettatori un quiz settimanale sul Vangelo.


Un´idea talmente curiosa da farlo arrivare sugli schermi nazionali fino al Maurizio Costanzo Show. L´esperienza successiva fu con i tossicodipendenti, per i quali creò a Bovolone una casa di accoglienza.
Poi scoprì che facendo il radioamatore poteva contattare tanta povera gente (passione ultimamente evoluta in Internet) e da qui partirono anche molte iniziative di aiuto per persone bisognose. L´ultima invenzione del parroco emerito del Buon Pastore è stata quella di diventare cappellano del centro sportivo comunale.
L´obbligo impostogli dai medici di abbandonare la bicicletta, lo ha fatto avvicinare alla piscina e alla palestra di viale Olimpia.


«Il legame con il paese?», dice Don Leone. «Dopo Cristo e la Madonna nel mio cuore c´è San Giovanni Lupatoto. Questo paese mi ha dato tutto». 

La comunità lupatotina, legatissima a questo prete che non è solo un organizzatore ma anche un grande predicatore, gli vuole molto bene. Di questo si è accorta anche il Comune che qualche anno fa gli ha conferito la qualifica di cittadino onorario e le chiavi della città. Anche perché quelle del cuore dei lupatotini, don Leone le aveva già.

LA CHIESA DEL BUON PASTORE 
FU PAGATA 
CON LA CARTA

La chiesa del Buon Pastore sorse su un prato lungo via Enrico Toti fra il 1966 e il 1967. L´edificio sacro nasceva bello e grande ma bisognava pagarlo.
Don Leone ebbe l´idea di finanziare la spesa con la raccolta delle carta. Così una domenica al mese per due anni la raccolta delle carta a cura dei ragazzi dell´Osa (Organizzazione sempre amici, fondata da don Leone e costituita da un centinaio di adolescenti) che passavano per il paese su camion e furgoni fu destinata alla chiesa. La carta da macero veniva conferita alla cartiera Saifecs che la pagava alla parrocchia. Questa iniziativa fruttò in pochi anni quasi 100 milioni di lire, pari al 95% della spesa per costruire la nuova chiesa e il parco giochi.
Don leone con la sua tuta da operaio era al fianco dei ragazzi che lavoravano. Poi acquistò un´Ape e continuò, aiutato da qualche volontario, a raccogliere carta e cartoni, sempre con il sorriso sulle labbra e svolgendo anche la sua opera pastorale. Oggi il sacerdote quando passa davanti alla chiesa dove tuttora celebra la messa le dice «Ciao, putina» che in vicentino sta per «Ciao bambina». R.G.

Fonte:  srs  di Renzo Gastaldo, da L’Arena di Verona, di  sabato 25 febbraio 2012, PROVINCIA, pagina 35. (FOTO AMATO)


domenica 26 febbraio 2012

MILANO. LE TOMBE DI EPOCA ROMANA NEI CANTIERI BOX IN SANT’AMBROGIO ( UN CASO TUTTO SIMILE A QUELLO DEL PARCHEGGIO DI PIAZZA CORRUBIO A VERONA)‎


Il comitato: «Fermare subito le ruspe». Ma i lavori non saranno bloccati: si asporteranno i resti e si continuerà

La tomba è scavata nella terra nuda, lo scheletro è adagiato in una nicchia, i resti appaiono ben conservati. Da questa sepoltura si può provare a ricostruire come fosse il cimitero che tra il IV e il V secolo, in epoca tardo romana, si trovava appena oltre le mura della città.
I resti sono affiorati nel cantiere del parcheggio interrato accanto alla basilica di Sant’Ambrogio, isolati, fotografati e catalogati dagli esperti della Società lombarda di archeologia. È una scoperta delicata, preziosa ma ampiamente prevista, che arricchisce il tesoro di tracce e frammenti accumulato in questi anni di lavori: «Abbiamo già recuperato una novantina di tombe» chiarisce Anna Ceresa Mori, ispettrice della Soprintendenza per i Beni archeologici.

Quest’ultimo ritrovamento riaccende però la polemica sui box. Italia Nostra e il comitato «Salva la piazza» (leggi l’intervento di Luca Carra) si appellano al Comune: «Fermi subito le ruspe, eviti lo scempio del patrimonio storico di Milano».
La replica è garbata, ma ferma: «I lavori non saranno bloccati».

La necropoli è nascosta e conservata tra i 3,5 e i 4 metri sotto terra. Da 1.700 anni.
Ambrogio, che fu vescovo di Milano dal 374 d. C. alla morte, decise di edificare la Basilica Martyrum proprio nell’area in cui erano state seppellite le vittime cristiane delle persecuzioni. La localizzazione è segnata nei testi ed evidenziata sulla mappa delle zone sensibili dal punto di vista archeologico. «Sono tombe senza corredo né struttura», ribadisce Ceresa Mori: «I resti ossei vengono asportati, immagazzinati, ma ci dicono ben poco. Al più sono interessanti per eventuali studi antropologici e scientifici».

Gli esperti le definiscono «tombe povere», difficili da datare. Le prime sono emerse tra il 2005 e il 2006, durante la fase dei saggi archeologici preliminari che hanno anticipato l’apertura del cantiere pesante. L’ultima, lunedì: «È una sepoltura non monumentale, già bonificata — spiega l’assessore ai Lavori pubblici, Lucia Castellano —. Ho chiesto una relazione tecnica alla Soprintendenza per accertare che tutto sia a posto. Ma i lavori andranno avanti».
Sul «valore» del cimitero si confrontano e si combattono due visioni culturali alternative. Favorevoli e contrari.
Peana in difesa del progetto e ricorsi in Tribunale. Italia Nostra ha presentato un nuovo esposto in Procura, a dicembre, denunciando l’ipotesi di reato di «danneggiamento su cosa d’interesse storico». L’azione del comitato no-box, firmata da Luca Carra e Jacopo Gardella, ha il sostegno — tra gli altri — di Cini Boeri, Salvatore Settis, Carlo Bertelli e Pierluigi Cervellati: «Mi auguro — dice Carra — che questa scoperta convinca l’assessore Castellano a bloccare il cantiere».

Monsignor Erminio de Scalzi, vescovo ausiliare e abate di Sant’Ambrogio, si smarca dalla polemica. La posizione della Chiesa milanese, però, è chiara: si realizzi presto il parcheggio, oppure si blocchi subito. L’agonia di Sant’Ambrogio è iniziata con l’ex giunta Albertini nel lontano anno 2000. La convenzione del Comune con l’impresa privata (la Borio Mangiarotti di Claudio De Albertis, leader dei costruttori Assimprendil e neopresidente della Triennale) risale al 20 aprile 2006 e i lavori sono partiti il 22 novembre 2010. Il progetto — 234 posti a rotazione e 347 privati, un project financing da 20,4 milioni di euro — è stato indagato dalla Procura, modificato, sdoganato da una commissione di saggi, approvato dalla vecchia giunta di Letizia Moratti e confermato dall’attuale amministrazione Pisapia. Il tabellone elettronico installato sul cantiere «informa che mancano 633 giorni» alla consegna dei box e all’inaugurazione dell’isola pedonale.

Aggiornamento: Ho tolto il riferimento ai martiri cristiani nel titolo. È infatti opportuno attendere una più precisa datazione e analisi prima di definirli come tali, visto che le persecuzioni finirono agli inizi del IV secolo.

Fonte: Il fatto storico del  16 febbraio  2012
Fonte:  srs di Armando Stella, Corriere della Sera del 14 febbraio 2012


VENDONSI SEPOLCRI NEL PARCHEGGIO


Riposavano in pace. Il rumore assordante di ruspe e perforatrici e i colpi di cazzuola, per quanto delicati, degli archeologi, hanno interrotto il loro riposo millenario. In piazza S. Ambrogio, a riconferma che l’area interessata dal parcheggio sotterraneo corrisponde e si sovrappone a quella dell’antico Coemeterium ad Martyres, sono ancora venuti alla luce tombe e resti di defunti.

Nonostante la Soprintendenza ai beni archeologici avesse inizialmente prescritto l’indagine completa dell’area interessata dal progetto e questa fosse prevista nel cronoprogramma dei lavori di realizzazione del parcheggio approvato dal Sindaco Albertini il 20 aprile 2006, parti della piazza erano rimaste finora inesplorate. Una di queste porzioni, a ridosso dei numeri civici 12, 14, 16, ha restituito oggi il suo tesoro, nascosto e rispettosamente custodito per secoli. Nel corso degli scavi di questi giorni, non è uno solo – come sembra – lo scheletro rinvenuto, adagiato nella nuda terra. Piccoli reperti, impacchettati e accumulati in una carriola lasciata tra le tombe ben riconoscibili nella loro forma, fanno supporre che altri resti, ossa probabilmente, siano stati già rinvenuti e rimossi.
Il tempo di uno sguardo e di un rapido scatto tra l’intrico di metallo e di plastica delle recinzioni, poi la tomba viene coperta con assi di legno. Sotto, il suo segreto di storia, fede, umanità.
Al di là della carreggiata che percorre longitudinalmente la piazza e il cantiere, tagliandolo a metà, analoghe scoperte erano già state effettuate nel 2005 in scavi di assaggio preliminari.
La relazione del novembre 2005 della Società Lombarda di Archeologia, incaricata dei lavori di indagine, parla di nove sepolture individuate (tre in anfora, quattro in  nuda terra e due tombe a cassa di muratura) e nove fosse. I ritrovamenti del 2005 e quelli attuali comprovano la natura cimiteriale dell’area della piazza ora destinata ad essere frazionata in box da lanciare sul mercato.

L’uso funerario dell’area intorno alla basilica di S. Ambrogio è attestato dal I sec. a.C. e assume via via sempre maggior importanza fino a diventare – come sempre riporta la relazione archeologica – “una delle più importanti ed estese aree funerarie legate alla presenza di sepolture dei martiri cristiani: necropoli ad martyres”.
S. Agostino (Confessiones, VI,2) ricorda come la madre Monica onorasse le tombe di questi martiri e come le fosse stato impedito, secondo le indicazioni del vescovo Ambrogio, il rito pagano, in uso in Africa, delle libagioni.

Nella zona sono localizzate – dice la relazione archeologica – “aree funerarie recintate, una memoria per la custodia dei Santi Naborre e Felice, e la basilica Faustae, presso cui lo stesso Ambrogio trasferisce i corpi del martiri Gervasio e Protasio per la veglia notturna”, dopo averli rinvenuti. Ed è qui, su questi resti santi, che nel 379 Ambrogio avvia l’edificazione della basilica che ne porta il nome.
 Sempre S. Agostino (Conf. IX,7) ricorda la traslazione delle reliquie nella basilica, avvenuta il 17 luglio 386, e i miracoli che l’accompagnarono.


La dislocazione delle sepolture, parallela alla fiancata della basilica, con il capo del defunto rivolto a meridione, fa “ritenere – sempre secondo la relazione – che il fulcro portante di questa porzione di cimitero fosse costituito dall’edificio ambrosiano stesso” (cui le sepolture sarebbero, quindi, successive), verso cui sono rivolti i defunti. Segno di devozione, di una venerazione antica, tramandata nel tempo, fino ad oggi.

E oggi? Le carrozzerie dei SUV prenderanno il posto di queste memorie sacre, in tanti box reclamizzati sulle pubblicità dell’impresa costruttrice?
Ripetutamente e a gran voce personalità eminenti e semplici cittadini sensibili al valore dei beni culturali e della memoria hanno chiesto che il progetto di parcheggio sotterraneo in piazza S. Ambrogio venisse revocato, non ultimo al Sindaco Pisapia, che questo aveva promesso in campagna elettorale. Promessa non mantenuta: “dieci milioni di costo di revoca sono troppi per il Comune di Milano”.

Ma qual è il prezzo della nostra più profonda memoria sacra, quale il valore di un luogo che rappresenta il fulcro costitutivo dell’identità milanese, detta appunto “ambrosiana”? La cifra per la revoca non ha mai avuto da parte dell’Amministrazione una seria e documentata verifica, la riflessione sull’assurdità di un parcheggio sotterraneo con posti a rotazione in piena Area C non è stata raccolta.

Sul Corriere, edizione di Milano, dell’11 febbraio, l’Assessore ai Lavori Pubblici Lucia Castellano vanta giustamente la revoca del progetto di parcheggio in piazza Fontana: “sono emerse criticità legate al valore archeologico, storico, architettonico dell’area. Si è così voluto anche tutelare un luogo della memoria”.

E piazza S. Ambrogio? Nello stesso, unico, documento del 5 dicembre 2005 il Soprintendente per i beni architettonici Artioli dava parere nettamente negativo contemporaneamente ai progetti di piazza Fontana e piazza S. Ambrogio. La scelta di piazza S. Ambrogio vi è definita “inopportuna per la vicinanza del complesso di S. Ambrogio, riferimento simbolico e monumentale della città”.

I lavori di realizzazione del parcheggio procedono, ma, se è in fase di costruzione la “scatola” di cemento che costituisce la struttura portante esterna dell’autosilo, lo scavo non è ancora iniziato.
L’Amministrazione Comunale – se vuole, con tutta la forza contrattuale della sua posizione – può ancora fermare questo progetto che ha più volte criticato. Può salvare ancora il tesoro nascosto e inestimabilmente prezioso, oltre a quello intimo e simbolico, della nostra memoria.
Maria Bertolotti

Fonte:  srs di Maria Bertolotti da  Salva la piazza  del  14 febbraio 2012



UNA FIRMA PER SALVARE SANT’AMBROGIO


Più intensa l’emozione per la nuova, recente scoperta del Coemeterium ad Martyres o più forte il richiamo all’impegno perché un patrimonio così prezioso non venga irrimediabilmente cancellato? Difficile dirlo, anche se certo l’emozione non può che rafforzare il senso di responsabilità perché piazza S. Ambrogio ottenga la tutela che la Costituzione garantisce ai beni culturali.
I Cittadini per la tutela di piazza S. Ambrogio hanno depositato il 22 dicembre 2011 un esposto in Procura (sottoscritto con due firme in rappresentanza), che, richiamandosi al valore costituzionale della tutela, fa riferimento al danneggiamento del bene culturale. Molte persone, tra cui esponenti di spicco del mondo della cultura, hanno chiesto di poter dare la loro adesione, tanto più sollecitate dai recenti ritrovamenti. Per questo le firme saranno raccolte (autografe) e depositate in Procura come integrazione all’esposto.
Chi desidera firmare può:
scaricare (qui) e stampare il foglio per la raccolta-firme,
compilarlo e firmarlo (e, se crede, farlo firmare ad altri),
spedirlo per posta (così da avere le firme autografe) a: Salvalapiazza, piazza S. Ambrogio 1, 20123 Milano.

Fonte: Salva  la piazza  16 febbraio 2012

sabato 25 febbraio 2012

TUTTI I PARTITI SONO DEMOCRATICI… QUANDO CONVIENE LORO


Secondo un sondaggio effettuato in 19 paesi durante il primo semestre del 2010 si rileva che l’opinione pubblica mondiale nell’85% degli intervistati crede che “la volontà del popolo” dovrebbe essere la base per l’autorità di governo, e il 74% crede che il principio della sovranità popolare nella pratica è ancora insufficientemente realizzato. In altre parole, la gente è d’accordo che la democrazia diretta deve essere un pilastro centrale della vita pubblica; ma la maggior parte sono anche consapevoli che questo è ben lungi dall’essere una realtà.

C’è una storiella che meglio d’ogni altra spiegazione chiarisce la differenza tra democrazia rappresentativa (quella che i politicanti difendono a spada tratta, poiché in tal modo difendono i loro privilegi) e la democrazia diretta. L’ha creata il fiammingo Jos Verhulst e può spiegare meglio d’ogni altra argomentazione.

Egli immagina di venire bloccato di notte da cinque ladri che l’obbligano a consegnare loro il portafogli. Però gli lasciano la scelta a quale fra i 5 consegnarlo. Lui lo da’ a quello che gli sembra meno odioso, il quale successivamente viene arrestato dalla polizia. Durante il confronto il ladro afferma: «Io non ti ho rubato il portafogli; tu me l’hai dato di tua spontanea volontà. In fondo potevi anche decidere di non darmelo.» La perversità di questa argomentazione è chiara. Jos Verhulst poteva davvero decidere di non dare il portafogli a questo ladro, ma era stato obbligato a dare il suo portafogli ad uno dei 5 contro la sua volontà. Gli era stata cioè negata la possibilità di tenersi il portafogli.

A questo punto il cittadino-elettore-contribuente può sostituire in questa storiellina i ladri con i partiti politici. Il suo diritto a partecipare direttamente al processo decisionale, con il portafogli. Otterrà così l’argomentazione che i sostenitori della democrazia rappresentativa pura di solito usano.

Come la libertà di scegliere a chi dare il suo portafogli era una falsa libertà, così il mandato nella democrazia rappresentativa pura è un falso mandato, proprio perché imposto.

Gli strumenti della democrazia diretta sono presenti in molti paesi. Anche nel paese di Arlecchino e Pulcinella; tuttavia qui sono stati edulcorati e resi inservibili. Si pensi al referendum “consultivo” presente quasi ovunque in Comuni, Province e Regioni. Cosa sia lo dice la sentenza della Corte costituzionale n. 334/2004, che chiarisce benissimo in cosa consista: «…dal momento che il referendum ha carattere consultivo e non priva il legislatore nazionale della propria assoluta discrezionalità quanto all’approvazione della legge che…».

Dunque, per analogia, anche il Consiglio comunale o provinciale o regionale sono liberi di NON tener conto dell’esito. Ovverosia, dopo che la maggioranza dei cittadini si è espressa su di un determinato argomento, una minoranza di ‘rappresentanti’ s’arroga il diritto di deliberare anche in senso contrario. È stato così per il referendum del Comune di Lamon che voleva cambiare Regione, ed è stato così per gli altri Comuni che lo hanno imitato. E la chiamano democrazia. Sigh!

Ebbene se il referendum è lo strumento di democrazia diretta per eccellenza. Ci sono anche la facoltà d’iniziativa (di delibere per gli Enti locali e di Leggi regionali e nazionali), oltre alla revoca del mandato, assai praticata in quei paesi dove la democrazia si esercita realmente. Si veda “Recall election” http://en.wikipedia.org/wiki/Recall_election
Malgrado ciò, vediamo che la maggior parte dei politici argomentano contro il referendum. Colpisce il fatto che più elevato è il livello di potere reale di cui dispongono, più vigorosamente molti politici fanno resistenza al referendum. Così facendo, essi adottano in pratica gli stessi argomenti che erano già stati utilizzati un tempo per opporsi al diritto di voto dei lavoratori e delle donne. Si può anche dimostrare che questi argomenti sono di valore molto scarso.

Da sondaggi d’opinione tenuti tra i politici in genere appare chiaro che la maggioranza di loro sono avversi all’esercizio della sovranità popolare.

In Danimarca ai membri del Parlamento nazionale è stato chiesto il loro parere sull’affermazione: «Ci dovrebbero essere più referendum in Danimarca». La grande maggioranza dei membri del Parlamento era contraria a questo. In tre partiti: Socialdemocratici, Liberali di sinistra e Democratici di centro furono contrari al 100%; inoltre erano contro il 96% dei membri della Destra liberale e il 58% dei conservatori. Solo una (larga) maggioranza dei Socialisti e del Partito popolare danese erano a favore. [vedasi: giornale «Jyllands Posten», 30 dicembre 1998].

Nel 1993 Il professor Tops di Tilburg (uno scienziato politico) condusse un sondaggio di opinione nei Paesi Bassi tra i membri di consigli comunali. Meno di un quarto erano a favore dell’introduzione del referendum obbligatorio. [vedasi: «NG Magazine», 31 dicembre 1993] Un altro sondaggio, condotto dall’Università di Leiden, trovò che il 36% di tutti i consiglieri comunali si pronunciarono a favore della introduzione del referendum facoltativo e il 52% era contro. Consiglieri del VVD (Liberali di destra) e del CDA (Democratici cristiani) erano contro addirittura con una media del 70%. Solo i Verdi di sinistra ed il D66 (Liberali di sinistra) presentavano una maggioranza dei consiglieri a favore del referendum facoltativo [vedasi: Binnenlands, Bestruur periodico del governo locale, 18 febbraio 1994].

L’Instituut voor Plaatselijke Socialistische Actie (Istituto per l’azione socialista locale) condusse in Belgio un sondaggio d’opinione tra i politici socialdemocratici locali sul referendum comunale. Solo il 16,7% erano sostenitori incondizionati del referendum obbligatorio. [vedasi: giornale «De Morgen», 31 gennaio 1998].

Le ricerche di Kaina (2002) hanno fornito un interessante quadro sulle dinamiche del sostegno delle élite. Esse hanno esaminato la volontà di varie élite tedesche di introdurre la democrazia diretta. Tra l’altro le ha suddivise in élite politiche, élite sindacali ed élite imprenditoriali. Sul totale delle élite il 50% espresse un grado «elevato» ovvero «molto elevato» di sostegno alla democrazia diretta (nel pubblico in generale questo dato è considerevolmente superiore, l’84%). Ci sono però grandi differenze fra le varie élite.
 Nell’élite sindacale l’86% espresse un grado ‘elevato’ o ‘molto elevato’ di sostegno, mentre nell’élite imprenditoriale questo grado fu solo del 36%.
Tra l’élite politica vediamo una rappresentazione di estremi. Nei post-comunisti PDS e nei Verdi il sostegno ‘elevato-molto levato’ non era meno del 100%; nei socialdemocratici SPD era il 95% e nei Liberali della FDP il 78%, ma nella CDU/CSU solamente il 34%. Infatti una maggioranza del Parlamento tedesco aveva già approvato un emendamento alla Costituzione introducendo un sistema abbastanza buono di democrazia diretta; purtroppo, essendo richiesta una maggioranza dei due terzi, furono in particolare i politici del CDU/CSU che lo bloccarono. Se andiamo a vedere gli elettori di tutti i partiti, però, senza eccezione alcuna, hanno una larga maggioranza a sostegno della democrazia diretta. Per concludere: i politici della CDU non rappresentano più il popolo riguardo a questo punto, e nemmeno i propri elettori, ma pare che si pieghino ai desideri dell’élite del business.

La questione fu a suo tempo spiegata dal professor Gianfranco Miglio, il quale affermava: «A differenza che nel passato, oggi il capo politico non distribuisce più terre conquistate, e nemmeno feudi, ma rendite economiche. La filosofia però non è cambiata, nemmeno se la confrontiamo con quella che regolava i rapporti fra le famiglie nelle società di cacciatori-raccoglitori. Infatti, non esiste alcuna differenza strutturale fra l’atto con cui il capo-caccia stacca e divide le parti della preda tra coloro che hanno partecipato alla caccia e l’atto formale con cui un «capo-banda» politico dei nostri giorni attribuisce una rendita politica a uno dei suoi seguaci: un posto in un’azienda pubblica, una prebenda qualsiasi, un posto di giornalista o di dirigente della Radio-TV e via dicendo. Quello che un tempo faceva l’esercito oggi lo fa il partito politico, che è (secondo lo studioso) una grande macchina per assegnare rendite politiche ai propri seguaci» (vedi Miglio: «Federalismi farsi e degenerai»).

Ciò nonostante in molti luoghi nel mondo d’oggi gli strumenti d’iniziativa dei cittadini e il referendum sono diventati una robusta componente della moderna democrazia. Questo è vero per circa la metà degli USA, della Svizzera, ed anche per la monarchia ereditaria del Principato del Liechtenstein.

Una lezione su cui meditare ci viene dal paese dove i cittadini decidono tutto: la California patria della democrazia diretta. Il “Parlamento” più grande del mondo che chiama alle urne ogni due anni circa 15 milioni di elettori-deputati. Basta raccogliere le firme del 5% degli aventi diritto per promuovere una consultazione, varare, abolire o emendare leggi, diminuire le tasse, tagliare la spesa pubblica, elevare il salario minimo. Mentre con le firme dell’8% si può cambiare la Costituzione.

Nel ‘Belpaese’ la cosa più assurda è che siano proprio i ‘nominati’ dai partiti (troppo spesso corrotti) a tassarci. Una classe politica, senza vergogna che in coro ripete: “Italiani avete vissuto al di sopra delle vostre possibilità… è questa la causa del debito pubblico.” Che è come dire “vi abbiamo regalato ciò che avete, quindi possiamo tassarvi come vogliamo.”

A parte il fatto che milioni di Italiani ciò che hanno se lo sono guadagnato, c’è da constatare come il risultato di innumerevoli referendum sia stato eluso o cassato dai ‘rappresentanti’: uno per tutti il finanziamento pubblico ai partiti. Questi signori possono parlarci dall’alto in basso, perché la nostra democrazia è ‘rappresentativa’, e gli strumenti della democrazia diretta sono aggirati ed edulcorati. Così noi cittadini dobbiamo pagare per i loro comodi e privilegi, le loro tangenti, i loro investimenti sbagliati, le grandi opere da loro progettate: ospedali ed altre opere pubbliche non finite, strade che portano al nulla e chi più ne ha più ne metta. Mentre i cittadini che lavorano e producono sono esposti alla berlina mediatica come riprovevoli evasori fiscali.

Analizziamo, invece, ciò che ebbe a dire Kaspar Villiger, uomo politico e industriale svizzero, che è stato consigliere federale dal 1989 al 2003 e presidente della confederazione (carica che dura un solo anno) nel 1995 e nel 2002:
«Il federalismo svizzero vive del principio sancito nella Costituzione. È la sussidiarietà verticale istituzionale, dal basso verso l’alto: quello che non può fare il singolo cittadino lo fa il Comune, ciò che non può fare il Comune lo fa il Cantone e quello che non fa il Cantone lo fa la Confederazione. Questo enorme vantaggio svizzero funziona solo se chi decide la spesa è anche colui che decide le imposte. In altre parole, si tratta di ciò che il popolo svizzero accettò a larghissima maggioranza nel 2004 nell’ambito degli articoli costituzionali per la nuova perequazione finanziaria e il nuovo riparto dei compiti tra Confederazione e Cantoni. In una frase: chi comanda paga, chi paga comanda».

Domanda retorica: chi sono da noi i politici che pagano ed avrebbero titolo a comandare?


Fonte: srs di di ENZO TRENTIN da  L’indipendenza del  21 febbraio 2012



giovedì 23 febbraio 2012

COSA CI HA GUADAGNATO LA GRECIA? (UN ESEMPIO PER TUTTI NOI)


“Non cambiamo posizione, i responsabili greci lo sappiano”, ha detto la Merkel. E’ la sua ultima parola. Se il governo greco non fa’ gli ultimi tagli – e non può farli, perchè ha tagliato la carne dei greci fino all’osso, e la rivolta travolge il governo stesso – la Grecia non avrà l’ultimo pacchetto di “salvataggio” europeo-Fmi, i 130 miliardi in sospeso. Ciò significa che il 20 marzo la Grecia farà bancarotta, non potendo rinnovare i 14,5 miliardi di Buoni del Tesoro in scadenza.
La durezza inflessibile  della Merkel ha un motivo:  il fallimento greco non è più una minaccia per la zona euro. I tre anni di negoziati e austerità devastanti che il governo greco ha concesso ai suoi creditori, nel vano tentativo di restare nell’euro, ha  regalato ai banchieri il tempo per liberarsi dei titoli del debito greco, e divincolarsi dalla stretta del debitore: le banche straniere, si calcola, hanno ridotto la loro esposizione del 60 per cento.  Per il resto, hanno già raggiunto un accordo di ristrutturazione tutto sommato a loro favorevole.
Lo ha spiegato al Telegraph William Buiter, capo-economista di Citigroup: “Ai primi di settembre ritenevamo che il costo dell’uscita della Grecia sarebbe stato molto alto per il resto del mondo; oggi pensiamo che il rischio sia molto minore perchè il contagio può essere contenuto”.   Anzi, per “il resto del mondo”, è diventato più alto il rischio nel salvare la Grecia: secondo il FMI, il paese avrebbe bisogno di iniezioni di 250 miliardi di dollari per i prossimi 10 anni. E  tutto questo, per un paese che rappresenta solo il 2,5% dell’economia dell’area euro.  Vale la pena? No, per i  banchieri globali.
Ciò significa che i governanti greci si sono privati da sè dell’unica arma (di ricatto) che avevano, ossia di trascinare con sè nella rovina gli altri membri dell’euro-zona.  E per nulla:  la bancarotta  era già nei fatti da tre anni. Basti dire che l’ultimo pacchetto di salvataggio offerto dai poteri forti, quei 130 miliardi, rappresentano il 56% del Pil greco, un Pil che sta collassando. Quando mai quei 130 miliardi (un prestito, mica un regalo) avrebbero potuto essere restituiti?
Adesso la Grecia viene comunque abbandonata a sè stessa e alla bancarotta in catastrofe. E ci arriva, tagli dopo tagli alla spesa pubblica, rigore dopo rigore, con un’economia distrutta, una produzione industriale che è collassata,  una popolazione ridotta alla miseria e senza paracadute sociali, una disoccupazione passata dal 18,2 per cento ad ottobre al 20,9 a novembre (un aumento del 14 per cento in un solo mese),  capitali fuggiti all’estero per 60 miliardi (il 20% del Pil), le sue banche svuotate dai depositi,  un’esazione fiscale atroce che però non riesce più a crescere  perchè non c’è più niente da tosare, una gioventù che fugge all’estero perchè il paese è senza prospettive, il caos sociale insieme al caos finanziario.
Conclusione: la Grecia avrebbe fatto meglio a fallire prima. Tre anni fa. Dare un calcio alla “Troika” e alle sue interessate terapie di “risanamento”, rifiutare gli “aiuti”  a caro interesse, e cessare i pagmenti alle banche tedesche e francesi – subito, quando ancora aveva un po’ di carne attaccata alle ossa. Avrebbe affrontato la bancarotta, e il ritorno alla dracma, con qualche energia in più da spendere nella stretta di cinghia che avrebbe preparato  il rilancio. Rilancio che sarebbe avvenuto sicuramente, dopo due o tre semestri, con la riacquistata competitività: basti pensare che il turismo, che conta per il 16% del Pil, avrebbe avuto una ripresa tumultuosa grazie alla dracma debole.  E così i noli navali,  l’altro cespite nazionale.
La lezione dovrebbe servire anche per l’Italia, come per Spagna, Portogallo e Irlanda. E’ inutile accettare rigori e austerità  per continuare a servire un debito impagabile. Il debito impagabile non va’ pagato. Meglio accettare l’austerità auto-imposta dal default sovrano, ugualmente trragica, ma che prepara al rilancio e alla crescita, che insistere con tagli, svendita (privatizzazioni)  e austerità che non danno prospettive, e pagare il prezzo della perdita di sovranità a vantaggio di un comitato di creditori e agenti pignoratori sovrannazionali.
Nel tenebroso caos che la Grecia deve adesso affrontare da sola, c’è un solo raggio di luce, ancorchè paradossale: ed è che la polizia greca sta facendo causa comune con i rivoltosi, la cui protesta è stata mandata a stroncare nella strade. Il maggior sindacato di polizia ha emesso il seguente comunicato: “Rifiutiamo di metterci contro i nostri genitori, fratelli , figli, contro i cittadini che chiedono un cambiamento”. 
Questo sì può cambiare le cose. Il popolo tosato e dissanguato, da solo, non ha potere di cambiare le cose. Per un semplice  fatto: non ha armi, ha abbandonato le armi al stato che ha il monopolio della violenza, ed è capaci di organizzarla contro i cittadini.  Ma pensate se la nostra polizia, pensate se i carabinieri rifiutassero di fare da scorta ai nostri politicanti avidissimi, i colpevoli del nostro immane debito pubblico, a questi parassiti che ci hanno portato alla rovina, e poi hanno ceduto la sovranità  che gli avevamo delegato ai “tecnici”, ossia ai maestri della tosatura e del salasso  per conto dei banchieri e della Kommissione. Pensateci:  chi ha le armi per cacciar via questi parassiti miliardari dal governo e dal sottogoverno, per allontanarli dai posti dove  continuano  ad intascarsi il maltolto e a succhiarci il sangue?  C’è da sognare.
La Grecia sta cominciando a diventare un esempio per noi, proprio adesso. 


Fonte:  srs di  Maurizio Blondet  da Rischio Calcolato

sabato 18 febbraio 2012

CERCO DISPERATAMENTE QUALCUNO DI SINISTRA


Gent.mo Sign. Bersani,
la prego, qualche volta, di ricordare di difendere gli operai ed il ceto medio che, in questo momento, sono letteralmente MASSACRATI da Monti.
L’ultima notizia sulla cassa integrazione ridotta e la buonuscita per licenziarci è la goccia che ha fatto traboccare il mio personalissimo vaso.
Cerco disperatamente qualcuno di sinistra… lei non mi rappresenta più! Addio.

Fonte: da Lettere al direttore


venerdì 17 febbraio 2012

LA BUFALA DEL SIGNORAGGIO


"Il Signoraggio è il massimo potere del pianeta e tutti noi ne siamo schiavi".

Dopo aver affrontato la bufala delle scie chimiche, continuiamo la nostra via crucis alla ricerca di bufale, affrontando quella del signoraggio bancario. Anche qui siamo di fronte ad una sorta di teoria del complotto, secondo cui da secoli vi sarebbe un gigantesco complotto da parte delle banche per sottomettere e schiavizzare l'intera popolazione. Anche in questo caso si dice che, stranamente, nessuno ne parla, e questa ovviamente è una prova che il fatto sussiste...

Alla base di questa come di altre bufale vi sono sempre gli stessi meccanismi, la teoria del complotto, l'odio (e dunque la segreta invidia) nei confronti di chi ha potere e/o denaro, la semplificazione della realtà, e il tentativo di trovare un'unica causa per tutti i problemi. Certamente contribuisce anche il malessere invididuale, economico e sociale in cui vivono molte persone, che porta loro a considerare credibile l'idea che sia in atto un complotto contro di loro.

In questa epoca di crisi, poi, la teoria del signoraggio può risultare quasi credibile per chi va sempre in cerca di una monocausa che spieghi tutto ("è tutta colpa del signoraggio").

Interessante anche l'uso del termine, che in realtà è un termine tecnico riferito soprattutto all'antichità (quando la garanzia della moneta era l'oro, e i sovrani emettevano monete che avevano un valore nominale superiore alla quantità di oro realmente presente in esse), e quindi si trova anche nel vocabolario, ma viene utilizzato per dire altro...

Ma ecco le tesi principali di questa teoria-bufala del signoraggio:

1 - Il valore intrinseco della moneta è dato dai costi sostenuti per stamparla.

Secondo i "teorici" del signoraggio, quando la Banca Centrale stampa nuova moneta, compie un furto, un raggiro, perché scrive sulla banconota (quello essi che chiamano "valore nominale" o "di facciata") una cifra che non corrisponde al costo della stampa. Per cui ad esempio una banconota da 100 Euro che è costata per la sua stampa 30 centesimi, avrebbe come valore intrinseco, appunto 30 centesimi, quindi la Banca centrale ruberebbe 99,70 Euro, dal momento che la fa circolare "come se" valesse 100 Euro. Insomma, posto che stampare una banconota costi mediamente 30 centesimi, si potrebbero stampare solo banconote del valore di 30 centesimi! che tra l'altro andrebbero a finire tutte nelle mani di chi le ha stampate (la zecca o la banca centrale).

Ma se fosse così, non sarebbe semplicemente possibile stampare nuova moneta. Allora che facciamo, torniamo al baratto?

2- I soldi vengono stampati dal nulla.

I sostenitori della "teoria" del signoraggio sostengono che i soldi vengono stampati dal nulla, dal momento che non rappresentano la contropartita di nulla, essendo stampati senza portare nulla a garanzia, a differenza di come è accaduto fino al 1971, quando veniva portato come garanzia l'oro. Questa tesi, che in realtà smentisce la tesi precedente, e la tesi correlata secondo la quale da 300 anni sarebbe in atto una colossale truffa da parte delle banche ai danni dei cittadini (perché se fosse sufficiente la copertura dell'oro a garanzia, dovremmo concludere che fino al 1971 andava tutto bene!), si basa sull'idea che l'oro possa rappresentare una forma di valore "intrinseco". In realtà l'uso dell'oro ha rappresentato soltanto una convenzione, e il sistema aureo ha avuto i suoi pregi, ma si è rivelato presto inadeguato in un'economia di mercato avanzata. Ad esempio, la crescita dell'economia, con l'aumento delle merci prodotte, comporta seri rischi di deflazione, e dunque di un successivo ristagno economico, a meno che non si provveda a fornire nuovo oro dalle miniere, il che dimostra ulteriormente i limiti del sistema, troppo legato alla scoperta delle miniere, alla capacità di estrazione dell'oro e alla sua giusta collocazione (se vi è scarsità di oro, sarà impossibile stare al passo con i tempi e si produrrà deflazione, mentre se si produce troppo oro, si produrrà inflazione).

Altrimenti, se questo sistema fosse perfetto, perché è stato abbandonato?

Va detto inoltre che il sistema adottato da allora, e in vigore a tutt'oggi, non è un sistema di pura anarchia, perché anche oggi esiste una contropartita all'emissione di moneta, rappresentata dall'acquisto di titoli.

La Banca Centrale infatti stampa nuova moneta per soddisfare le esigenze di liquidità, dunque risponde ad una richiesta del mercato (e non a propri fantomatici interessi...), e la quantità che stampa è legata a queste esigenze.

Se venisse stampata troppa moneta, si creerebbe un'enorme inflazione, che farebbe perdere valore a questa moneta prodotta in eccesso. Da ciò si vede che è falsa la tesi che la moneta che circola attualmente "non vale niente". Se fosse così non si capirebbe come mai il sistema va avanti in questo modo, e con il denaro ci si possono fare acquisti, come comprare case, fare acquisti al supermercato ecc.

Questo accade perché i soldi, ben lungi dall'essere cartastraccia creata dal nulla, sono il controvalore della ricchezza prodotta dalla società.

Se la società non producesse nulla e sul mercato non ci fosse nulla, allora veramente i soldi non varrebbero nulla. Se si stampano più soldi di quanto giustifichi la ricchezza presente nella società, allora il denaro si svaluterà e si produrrà inflazione. Se sul mercato ci sono 100 polli, e circola moneta del valore totale di 100 Euro, mediamente ogni pollo varrà un Euro. Se si stampano altri 100 Euro, senza aumentare però il valore totale del mercato (cioè aggiungendo nuovi polli, o mucche, maiali ecc.), ecco che il denaro si svaluterà, e ogni pollo aumenterà di prezzo e ora varrà mediamente 2 Euro.

O come accadde agli Spagnoli nel '600, che si illusero di arricchirsi importando enormi quantità di oro dall'America, e in tal modo produssero un'enorme inflazione e un blocco dell'economia (a proposito dell'oro che dovrebbe essere la panacea di tutti i mali...). Se questo normalmente non succede, vuol dire che non è vero che "i soldi si stampano dal nulla" o che "non valgono nulla".

3- Emettendo moneta senza copertura, la Banca Centrale si arricchisce senza averne il diritto, indebitando la comunità.

In realtà, come accennato sopra, le banche centrali non possono emettere moneta senza uno strumento offerto a garanzia. Un tempo la garanzia era data dall'oro che veniva depositato come riserva, oggi invece la garanzia è data dall'emissione di titoli. Dunque, le banche centrali non utilizzano la moneta stampata per un uso privato, ma ci comprano titoli (emessi dal sistema bancario, da investitori o dagli Stati), e dunque in questo modo mettono il denaro in circolazione. I soggetti che hanno collocato questi titoli, utilizzeranno il denaro preso in prestito dalla Banca Centrale per le loro attività (investimenti, prestiti, pagamenti ecc.); questi soldi però li dovranno restituire a rate, e con tanto di interesse. Quando poi questo prestito verrà restituito, la banca centrale collocherà di nuovo questi soldi che tornano indietro sul mercato. Dunque la banca centrale se "guadagna" qualcosa, non è sulla moneta che ha emesso, ma esclusivamente sugli interessi.

4- La Banca Centrale sfrutta il privilegio di poter emettere moneta, chiedendo illegittimamente un interesse, che così indebita la comunità.

In realtà, gli interessi sono la parte che si paga per il fatto che, in un'economia di mercato, possedere dei soldi può generare profitto. Per cui una banca (o anche un privato) che chiede denaro in prestito, con quei soldi, se li investe, potrà generare più ricchezza. E' assurdo immaginare che possa esistere la moneta senza gli interessi, chiunque sia a stamparla. Il meccanismo del credito è quello che fa andare avanti l'economia. I privati ci comprano le case a rate. Le aziende ci fanno gli investimenti. Altro che signoraggio e schiavitù!

La Banca Centrale può decidere autonomamente se alzare o abbassare il tasso di interesse. A volte le banche centrali scelgono di portare il tasso di interesse a zero, il che dimostra che il loro interesse non è quello di lucrare, ma semplicemente di mantenere stabile il sistema del credito e dei prezzi. Infatti, la manovra sul tasso di interesse avviene per contenere l'inflazione, e nel contempo evitare una deflazione. Si stabilisce cioè, a seconda della situazione del momento, che chiedere denaro in prestito abbia un determinato costo. Infatti se c'è un eccesso di domanda di liquidità (e dunque di indebitamento) c'è il rischio che si generino meccanismi pericolosi per l'economia; d'altro canto, se la liquidità scarseggia, il meccanismo del credito si inceppa e l'economia va in crisi. Tra l'altro, uno dei punti fermi del Trattato di Maastricht è il contenimento dell'inflazione (che infatti in Italia è scesa da quando il Paese ha aderito al Trattato).

I sostenitori del signoraggio pensano erroneamente che l'inflazione sia generata dall'interesse e che il debito sia creato dall'emissione di moneta, confondendo la causa con l'effetto. Invece l'inflazione è data dall'emissione di moneta, e viene appunto contenuta con l'interesse (che i sostenitori del signoraggio vorrebbero eliminare!), mentre il debito è creato da qualcuno (i privati, le aziende, lo Stato) che decide di spendere (per spese o investimenti) del denaro che non possiede, e dunque tale debito non è una "creazione" della Banca Centrale.

Le banche private che prestano denaro ai cittadini e alle imprese, poi, fanno solo da intermediari, prestando il denaro dei conti correnti depositati.

L'inflazione è normale in un'economia di mercato, ed è legata al fatto che normalmente gli investimenti producono un profitto. Laddove si è sperimentata la deflazione (come nella Grande Depressione degli anni '30...) la situazione era ben peggiore, l'economia era ferma e milioni di persone erano senza cibo e senza lavoro. Una leggera deflazione è stata sperimentata anche dal Giappone negli anni '90, e questo ha creato non pochi problemi all'economia... e dov'erano i cattivi banchieri del signoraggio, sempre pronti a creare la terribile inflazione per rovinarci la vita? saranno andati in vacanza...

Ma, per non farsi mancare niente, i "teorici" del signoraggio insinuano (senza ovviamente dimostrarlo) che la Banca Centrale "rubi" questi soldi che, dopo essere stati stampati e immessi sul mercato comprando titoli, tornano indietro, e cioè non li rimetta in circolazione, ma li faccia sparire nei paradisi fiscali... ovviamente non c'è alcuna prova di questo tesoro nascosto, che deve dunque essere nascosto molto bene, nel senso che non dovrebbe proprio essere speso, insomma sarebbe l'equivalente di una nave carica di preziosi e affondata, dal momento che se questa ricchezza venisse prima o poi spesa, verrebbe finalmente scoperta, oltre al fatto che produrrebbe una enorme inflazione.

5- La Banca Centrale è privata e non ha diritto di stampare moneta. La moneta dovrebbe essere stampata dallo Stato.

In realtà, la Banca Centrale è un ente di diritto pubblico, per cui non può comportarsi, e di fatto non si comporta, come un ente privato. Si tratta di un ente riconosciuto dallo Stato, che non ha finalità di lucro, e che naturalmente ha una sua autonomia nell'ambito della divisione dei poteri, autonomia che del resto hanno i diversi organi dello Stato, come il Parlamento, la Magistratura, la Polizia ecc.

Dire che lo Stato dovrebbe stampare da sé i soldi è più o meno come dire che lo Stato dovrebbe pensare da sé all'ordine pubblico, e non lasciare tale compito alla Polizia...
La Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico che è sottoposto al controllo del Ministero del Tesoro, non è una Spa, e il suo governatore è nominato dal governo (e non dall'assemblea dei soci, come accade in una Spa).

L'autonomia della Banca Centrale è comunque importante perché, se lo Stato potesse stampare direttamente la moneta, potrebbe essere tentato di utilizzare la leva monetaria per coprire il proprio deficit, generando così un'iperinflazione come è accaduto in passato in alcuni paesi che non avevano questa divisione. Paradossalmente se si facesse come vogliono i teorici del signoraggio, accadrebbe proprio quello che secondo loro accade adesso: i cittadini verrebbero impoveriti, e questo accadrebbe perché il loro potere d'acquisto crollerebbe. Dunque di fatto lo Stato trasferirebbe il proprio debito sui cittadini.

Anche il tanto vituperato interesse serve per evitare un indebitamento eccessivo: se chi chiede denaro in prestito non dovesse restituire anche un interesse, vi sarebbe il pericolo di un uso allegro del debito che alla lunga potrebbe essere impossibile ripagare. La crisi economica iniziata nel 2008 secondo molti analisti è stata dovuta ad un eccessivo indebitamento dei privati, favorito tra le altre cose da un'errata politica economica, sui tassi di interesse troppo bassi praticati in America (e non dalla creazione di moneta di per sé...).

6 - Emettendo moneta, la Banca Centrale crea debito pubblico e dunque indebita i cittadini.

Come abbiamo visto, il debito pubblico non viene causato dalla creazione di moneta. La moneta non viene creata per creare debito o per schiavizzare qualcuno, ma viene creata quando c'è bisogno di liquidità e di credito. Il credito è proprio ciò di cui c'è bisogno per il funzionamento dell'economia, e le prime a chiedere credito sono le aziende che vogliono fare investimenti. Mentre le aziende più indebitate sono proprio le banche, che come mestiere prestano denaro.

Inoltre non è vero che gli Stati finanziano il debito pubblico creando (o facendo creare) moneta, ma lo fanno vendendo obbligazioni. La Banca Centrale non può neanche acquistare direttamente queste obbligazioni dallo Stato (è proibito dal Trattato di Maastricht). I possessori di Titoli di Stato (BOT, CCT, BTP), sono spesso privati cittadini, i quali traggono un guadagno dal fatto di prestare in questo modo soldi allo Stato, attraverso gli interessi. Altro che popolo schiavizzato!

In ogni caso, il debito pubblico deriva dalle eccessive spese dello Stato rispetto alle entrate, dunque da politiche errate, e non ha nulla a che vedere con la creazione di moneta.

7 - Il debito accollato sui cittadini viene ripagato con il loro lavoro "servile".

Qui si vuole insinuare che il lavoro sia una schiavitù voluta dal sistema bancario. Ma, essendo falsi i punti precedenti, è falso anche questo. Riemerge l'antico e in fondo comprensibile desiderio umano di non lavorare, ma si dimentica che, da che mondo è mondo, gli esseri umani devono lavorare per poter sopravvivere, e questo accadeva, come e più di oggi, anche quando le banche e il denaro non esistevano. Non si capisce di cosa dovremmo campare qualora non lavorassimo.

8 - Le banche prestano soldi che non hanno.

Questo non è vero perché le banche possono prestare soltanto in base ai depositi dei loro correntisti, dunque non fanno prestiti scoperti. Certo, se domani tutti i correntisti andassero a ritirare i propri depositi presso le filiali delle banche, queste non avrebbero materialmente la possibilità di pagarli tutti, dal momento che, avendone presato una parte, le banche non hanno disponibile l'ammontare totale dei depositi. Ma se le banche non potessero utilizzare i depositi dei correntisti, ma li dovessero tenere immobilizzati, come potrebbero poi fare dei prestiti, ai cittadini o alle imprese? In questo modo il meccanismo del credito verrebbe meno. Inoltre, non si capisce perché ci si dovrebbe preoccupare di un eventualità che di fatto non si verifica, anche perché comunque i depositi dei correntisti sono garantiti per legge.

9 - Prestando denaro, le banche schiavizzano i cittadini.

In realtà, non tutti i cittadini sono indebitati presso le banche. Solo chi ha chiesto un prestito o un mutuo può dirsi debitore. Gli altri, i correntisti e i risparmiatori, semmai sono creditori.

10 - Chiunque possiede denaro è indebitato perché in questo sistema la moneta è debito.

Questa perla deriva dalle tesi precedenti, che però abbiamo visto essere errate. Si sostiene cioè che, dal momento che tutto il sistema creditizio è basato sulla produzione di denaro "dal nulla", allora chi entra in possesso di denaro, diviene per ciò stesso debitore nei confronti delle banche. Il che è semplicemente assurdo. Tanto più che, come abbiamo visto, i depositi dei correntisti sono garantiti dalla legge.

11- Il signoraggio è il profitto di cui si appropria chi ha il potere di emettere una data moneta.

Questa (intendendo per profitto l'interesse derivato dai titoli comprati dal sistema bancario, v. punto 3) è l'unica definizione sensata di signoraggio, ed è infatti riconosciuta anche dalla Banca d'Italia. Peccato che non dimostra quello che vorrebbero dimostrare i sostenitori della "truffa da signoraggio", e cioè che la Banca centrale avrebbe l'ingiusto privilegio di emettere moneta, e dunque si approprierebbe di una ricchezza che non le spetta, a scapito dei cittadini e dello Stato. Infatti, questi profitti (che comunque non sono quella massa enorme di denaro che ci vorrebbero far credere, confondendo questa definizione con quella data nel punto 1, secondo la quale sarebbero addirittura il 99,97% delle banconote emesse, e con quella data nel punto 6, secondo la quale i profitti della Banca Centrale corrisponderebbero con il debito pubblico) non vengono incamerati dalla Banca Centrale o dai banchieri, ma tornano (al netto delle spese della gestione della Banca Centrale) allo Stato attraverso la tassazione, la distribuzione degli utili e la concessione di tassi agevolati. In ogni caso stiamo parlando di una cifra stimabile intorno all'8% del totale della moneta circolante, che è (in banconote in Euro) circa un terzo del debito pubblico. Ora, l'8% di 1/3 è circa il 2,7%, il che dimostra (anche se fosse vero che tutti questi soldi rimangono come debito dello Stato nei confronti della Banca Centrale) l'inconsistenza della tesi che lega il debito pubblico all'emissione di moneta.

Altri argomenti per confondere le idee.

Poiché la base teorica del "signoraggio" è come abbiamo visto del tutto assurda, i suoi sostenitori la condiscono con considerazioni specifiche sulla politica economica dei Paesi ricchi, sugli errori della politica economica, sulle truffe ecc.

Qui però siamo su un terreno diverso, cioè sul terreno della critica politica e sociale, che può essere a volte condivisibile a volte meno, ma che non dimostra che la teoria del signoraggio sia vera. Però visto che, come al solito in questi casi, tutto fa brodo, questi argomenti vengono usati per "dimostrare" che "siamo schiavi delle banche".

Altri argomenti "interessanti" sarebbero il fatto che alcuni personaggi noti ai media, come Beppe Grillo, avrebbero parlato del signoraggio. Se questa è una prova... tra l'altro il fatto che Grillo ne ha accennato dieci anni fa, e da allora non ne ha più fatto menzione (si vede che gli hanno fatto capire che era una sciocchezza...), è utilizzato come prova del fatto che... il signoraggio è vero!

E del resto come abbiamo visto sopra, anche il fatto che "non ne parla nessuno" è utilizzato come prova che... il signoraggio è vero!

Anche qui siamo di fronte ad una teoria non scientifica, e lo si vede proprio dal fatto che per dimostrarla vengono utilizzati argomenti contrari tra loro. La stessa recente crisi finanziaria viene utilizzata per "denunciare" lo strapotere delle banche: le banche sono così cattive e così potenti che tutto ciò che fanno lo fanno per sottometterci, anche quando falliscono!

(Per approfondire: Frottolesignoraggio.info)

Pubblicato da Eugenio Ermes a 11:50

Il 29  nmarzo  2009 su  democrazia e liberta

giovedì 16 febbraio 2012

IL SIGNORAGGIO PRIMARIO E SECONDARIO; L’ILLICEITÀ DEL SISTEMA FISCALE

On. Avv. Alfonso Luigi Marra



IL SIGNORAGGIO PRIMARIO E SECONDARIO L’ILLICEITÀ DELLE TASSE, IN QUANTO FRUTTO, PER LA PIÙ GRAN PARTE, DEL SIGNORAGGIO.

L’inveramento del denaro. La neutralizzazione dell’inflazione da signoraggio per effetto della diminuzione dei costi dovuta alla continua semplificazione dei processi frutto dell’evoluzione tecnologica.


Ho intuito nel 1980 l’aspetto cruciale di quello che avrei poi capito essere il signoraggio secondario, ma ho appreso della privatezza delle banche centrali e del signoraggio, con sommo stupore, solo nell’estate del 2006, da Euroschiavi, il libro del mio amico Marco della Luna. Proseguendo l’analisi, ho poi impiegato sei mesi per definire ciò che ho chiamato ‘inveramento’ (che considero essenziale per la comprensione del signoraggio), nonché il concetto di ‘inflazione’ e le altre cose non note alla precedente letteratura in materia di cui a questo foglio. Ora che è scritto, e per leggerlo basta un quarto d’ora, mi chiedo quanto impiegherà per capirle la magistratura. ALM



La  neutralizzazione della svalutazione  da signoraggio per effetto della diminuzione dei costi frutto della continua semplificazione e delle produzioni e della loro commercializzazione

Indisturbate, sotto gli occhi della magistratura, le banche centrali, fra cui la Banca d'Italia (BdI) e la Banca Centrale Europea (BCE), incredibilmente private, praticano il crimine del signoraggio primario, mentre le banche commerciali praticano l'ancor più grave signoraggio secondario, realizzando peraltro un'evasione fiscale maggiore sia delle tasse pagate che delle tasse evase dal resto della società.

Dopo averlo infatti segretato già dalla nascita della Repubblica fin negli atti del Parlamento (con gli omissis), si è 'scoperto' che la BdI è di privati (85% banche, 10% assicurazioni, 5% ignoti), come gran parte delle altre banche centrali; fra cui la BCE, che è al 14,57% della BdI, e quindi dei suoi proprietari.

Una privatezza di cui, da quando, pochi anni fa, la si è scoperta, si cerca di sminuire la rilevanza, ma che è la causa del malessere economico e finanziario del mondo.

Signoraggio primario della BdI/BCE e delle altre banche centrali che consiste in quel che segue.

1) Nello stampare continuamente le banconote al costo della carta e dell'inchiostro (dal 1929 non occorre alcun corrispettivo in oro, né è mai realmente occorso). Banconote la cui quantità è nota solo a loro, perché i numeri di serie non sono progressivi, e non se ne conosce il significato.

2) Usarle (al valore in euro, dollari ecc. su esse stampato) per comprare dagli Stati - udite udite - un pari importo in titoli del debito pubblico (BOT, CCT, BPT, CTZ).

3) Vendere i titoli alle aste, riprendendosi i soldi e lasciando allo Stato  il “debito pubblico”  inventato mediante questo crimine.

4) Iscrivere fraudolentemente al passivo l'importo delle banconote stampate a costo zero allo scopo di 'pareggiare' iscrivendo all'attivo i titoli o il ricavato della loro vendita, e di occultare queste enormi somme.

Un occultamento al quale (fermo restando che, come vedremo, anche il sistema fiscale è illecito), all'aliquota del 50%, segue poi un'evasione fiscale per un importo pari alla metà delle banconote emesse per 'acquistare in contropartita' il debito pubblico, al solo pagamento dei cui interessi dobbiamo destinare una non modesta parte del bilancio.

Fermo restando che molti deducono dalla non progressività dei numeri di serie delle banconote che la loro quantità è fuori controllo.

Un fenomeno prima di produzione incontrollata e da falsari delle banconote, poi, come vedremo, di cinquantuplicazione del loro uso a opera delle banche di credito (signoraggio secondario), che è la causa sia dell'inflazione che dell'attuale, illecito sistema fiscale, creato anche a fini di dominio dei cittadini mediante il criminalizzarli quali evasori, riciclatori ecc.

Crimini che, tra l'altro, fermo restando l'obbligo dello Stato di pagare ai compratori alla scadenza i titoli già emessi con i promessi interessi, rendono però responsabili del ‘debito pubblico'  la BdI/BCE, avendone esse (non lo Stato) riscosso il corrispettivo.

5) Riciclare il denaro così truffato mediante centrali interbancarie mondiali, fra cui innumerevoli fonti Internet indicano la Clearstream, l’Euroclear, la Swift e altre.

Fenomeni che hanno stravolto il mondo, a partire da ciò che si definisce inflazione, che è tutt'altro da ciò che si ritiene, perché è frutto della produzione del denaro a opera di falsari (le banche).

Osserviamo infatti che se, ad esempio, il denaro globale è 100, e un falsario (è un falsario chiunque produca denaro ma non sia lo Stato, e quindi anche le banche) ne crea un altro ammontare pari di nuovo a 100, nel momento in cui lo mette in circolazione (lo spende), da un lato si appropria indebitamente di metà della ricchezza reale, e dall'altro porta a 200 il denaro globale, per cui ne diminuisce del 50% il potere di acquisto, ovvero determina una (cosiddetta) inflazione del 50%.

Inflazione che non si verifica se è lo Stato a produrre il denaro.

Questo perché lo Stato, per legge, può poi erogarlo solo a corrispettivo di beni, prestazioni, diritti ecc., ovvero inverandolo (facendoselo coprire) mediante il parallelo incremento della ricchezza reale che riceve in cambio, per cui il potere di acquisto del denaro rimane invariato, dato il parallelo incremento del denaro e della ricchezza reale.

Inveramento (processo che ho definito proprio io) che non c'è quando a produrre il denaro è un falsario (una banca), perché il falsario lo assegna a sé senza prima coprirlo, e solo dopo lo mette in circolazione spendendolo.

Definisco quindi inflazione quel fenomeno che si verifica quando, avendo dei falsari introdotto del denaro non inverato mediante lo spenderlo, abbiano così causato (oltre che un incremento della percentuale del denaro nelle loro mani che, appena speso, si traduce in un aumento della percentuale di ricchezza reale di loro proprietà) un incremento del denaro globale senza un incremento della ricchezza e quindi una diminuzione del potere di acquisto del denaro.

Considerazioni dalle quali si deduce anche che i cittadini hanno il potere di inverare i soldi (chiunque li produca) per il sol fatto di riceverseli, perché sussiste la presunzione di fondo che non li ricevano a titolo gratuito, ma sempre coprendoli con la prestazione, il bene o il diritto che offrono a corrispettivo.

Un quadro nel quale, se un falsario 'presta' dei soldi a un ignaro cittadino, che li spende mettendoli irrimediabilmente in circolazione, ma poi viene a sapere della loro falsità e può provarla, nulla dovrà al falsario, sia perché il falsario nulla gli ha dato, e sia perché il corrispettivo dello spendere quei soldi il cittadino lo otterrà dalla collettività, non dal falsario; sicché è alla collettività (allo Stato) che dovrà restituirli.

Motivi per i quali sostengo di seguito che fidi, mutui, quinti di stipendio ecc. non vanno restituiti alle banche, e che se si vogliono rendere veri i 'debiti' dei cittadini verso di esse, per poterli poi esigere, occorre prima confiscarle e nazionalizzarle, essendo altrimenti i loro crediti inesigibili in quanto crediti di falsari e di truffatori.

Cose la cui eliminazione e crediti la cui riscossione renderà ricchissimo lo Stato debellando anche la drammatica demonetizzazione pilotata dalle banche per indebolirci e dominarci.

Infatti, nel momento in cui il denaro è prodotto dalla Stato, sicché produrlo non causa inflazione, ne va stampato un adeguato quantitativo, perché ciò incrementa gli scambi ed è benefico per l'economia.

Accuse di violazione degli artt. del c.p. 241, 283, 648 bis, 501, 501 bis, 416, 61 ecc. che vanno ai soli beneficiari diretti e consci di questi delitti.

Opera di falsificazione delle Banche Centrali (signoraggio primario), e poi delle banche di credito (peraltro loro proprietarie) attraverso il meccanismo del 'moltiplicatore monetario' (signoraggio secondario).

Moltiplicatore monetario in virtù del quale le banche, secondo prassi che una prona e scellerata dottrina di regime dà per scontate, ma sono il massimo della criminalità, realizzano prestiti per un ammontare 50 volte maggiore del denaro che detengono.

In sostanza, se Tizio versa su Banca Intesa/San Paolo (proprietaria del 44,25% di BdI) 100.000 euro, essa banca tratterrà il 2% come riserva (per arrotondare, in realtà è l'1,6%), e presterà il 98% che, una volta depositato in un'altra banca, di nuovo, a cascata, sarà prestato al 98% all'infinito.

Finché, non la singola banca, ma il sistema bancario, attraverso un giro di prestiti di un importo ogni volta più basso del 2%, avrà azzerato i 100.000 euro iniziali, ma avrà lucrato interessi su prestiti per 5.000.000.

Un usare 50 volte sempre lo stesso denaro che serve a monetizzare la società e non arreca, di per sè, vantaggi alle banche (gliene arreca molti, fermo restando però che ogni volta che una banca presta a taluno c'è un altro a cui deve restituire), ma serve loro per lucrare illecitamente interessi su ognuno di questi prestiti di denaro altrui, per i quali hanno diritto solo al compenso per il servizio (che già riscuotono), mentre gli interessi devono andare ai proprietari del denaro, e allo Stato per i prestiti frutto della cinquantuplicazione.

Interessi cinquantuplicati che costituiscono una creazione di denaro dal nulla in loro vantaggio che si realizza come effetto di ogni forma di 'versamento', ovvero anche attraverso l'uso degli assegni, delle carte di credito, dei bonifici ecc.

Se infatti Caio paga a Tizio 1.000 euro con una carta di  credito, un assegno o un bonifico, la banca addebita a Caio 1.000 euro inverati, perché abbiamo detto che il cittadino il denaro non può crearlo dal nulla.

1.000 euro che si configureranno come la costituzione presso la banca di un fondo che essa userà per fare pagamenti o prestiti al 98% come sopra cinquantuplicati lucrando anche qui i predetti interessi su denaro altrui.

Meccanismi di moltiplicazione che si deve ritenere trovino degli ammortizzatori attraverso un gran numero di trucchi bancari acclarare realmente i quali richiede che una magistratura molto specializzata entri finalmente con i suoi poteri nel profondo del sistema, anziché astenersene garantendo così che vi fioriscano ogni genere di imperscrutabili mostruosità.

Meccanismi di moltiplicazione del denaro ad opera di falsari che non possono che provocare una continua svalutazione che però non si avverte, o si avverte meno, perché è neutralizzata dall'altrettanto continua grande diminuzione dei costi frutto della crescente meccanizzazione \semplificazione dei processi produttivi.

Quanto poi all'attuale sistema fiscale è illecito perché la sua principale funzione è costringere i cittadini a finanziare l'acquisto delle banconote (che già gli appartengono), presso le banche centrali.

Più in dettaglio il fisco serve a rastrellare, attraverso le imposte e tasse, denaro già inverato (oppure titoli corrispondenti) da usare per il pagamento del denaro da comprare (inverare\coprire).

Tasse e imposte che non serviranno più quando lo Stato non dovrà più comprare il denaro, ma lo stamperà e se lo farà pagare\coprire\inverare dalla collettività con beni o servizi necessari per realizzare quanto occorre.

Un sistema in cui può credo bastare un'unica imposta (potremmo definirla la 'generale') da pagarsi - senza compensazioni tra dare e avere - sui consumi di beni o servizi.

Meccanismi fraudolenti che, tra signoraggio primario e secondario, processi inflattivi a loro vantaggio, tasse evase e fiscalità illecita, sversa fiumi di denaro nelle banche, la cui esistenza è quindi basata su denaro accumulato nel tempo illecitamente.

Ecco perché, per gli stessi motivi per i quali non è dovuta a un ladro la restituzione di un prestito di somme rubate, si può ben sostenere nelle cause che non è dovuta alle banche la restituzione dei fidi, mutui, quinti di stipendio ecc., essendo essa dovuta al vero proprietario: la collettività.

Così come, nella stessa logica, non è dovuto il pagamento della attuali imposte e tasse.

Contestazioni che vanno fatte salvaguardandosi con ogni indispensabile strategia giudiziaria e, specie per i mutui e le imposte, continuando, se possibile, nel mentre a pagarli.

Cause che noi avvocati dobbiamo iniziare in massa adducendo anche, in subordine, ciò che la giurisprudenza già riconosce: come l'illegittimità di anatocismo, accredito tardivo dei versamenti, commissione di massimo scoperto, usura ecc.

Conquiste giurisprudenziali ora in forse a causa dalle sei leggi illegittime regala-soldi alle banche, quattro delle quali recentissime, contro le quali spero però riusciremo presto a condurre a buon fine l'opera di abrogazione, o in via referendaria, mediante il Comitato promotore del referendum per la loro abrogazione, o mediate la loro bocciatura da parte della Corte costituzionale (vedi da  http://www.marra.it/ per anticostituzionalità che io stesso ho formulato).

Citazioni impostate cioè in modo da ottenere già in primo grado l'accoglimento anche solo parziale delle subordinate (per importi sovente elevati), per poi proseguire, per il resto, in appello e in cassazione, in attesa che, in breve, la giurisprudenza si evolva.

Come pure vanno promosse le cause contro le tasse e le imposte, formulando anche qui, quale domanda principale, la richiesta che venga pronunziata la loro non debenza stante la illiceità del sistema fiscale e, quali subordinate, tutte le altre ordinarie richieste.

Cosche che hanno imposto al mondo le loro regole codificandole nei sistemi fiscali vigenti o nei famosi accordi di Basilea, di cui tutti si riempiono ridicolmente la bocca, ignorando che sono solo dei volgari accordi illeciti tra privati.

Cose che ora, per la verità proprio in seguito alla vasta diffusione di questo documento, sono divenute note.

Cose da eliminare attraverso la nazionalizzazione delle banche (qualunque entità produca denaro in via primaria o secondaria deve essere nazionalizzata), in modo che lo Stato, quando ha bisogno di denaro, possa semplicemente stamparlo, o crearlo virtualmente (accade già perché lo Stato crea le monete di metallo, che  però sono solo il 2% delle banconote).

Vanno inoltre pareggiati gli interessi passivi e attivi in modo che vadano ai proprietari dei soldi, e quelli frutto del moltiplicatore monetario vadano allo Stato.

Interessi, quelli bancari, peraltro generalmente usurai. Usura che - consistendo il signoraggio secondario, come abbiamo visto, nell'appropriarsi indebitamente di interessi cinquantuplicati sui prestiti di denaro altrui - ne costituisce quindi la forma estrema.

Stampa delle banconote e creazione del denaro virtuale da parte dello Stato che richiede una modifica del trattato di Maastricht e della Costituzione Europea, però aggirabile confiscando e nazionalizzando le banche ed eliminando i fattori di criminalità dal loro operato.

Trattato, Costituzione Europea e sistemi fiscali scritti di pugno dalle banche, e con i quali hanno tentato di rapinare gli Stati della sovranità economica per ricettarla a queste cosche, ma senza potervi riuscire, perché resta il contrasto con tutti i principi fondamentali della Costituzione Italiana, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, e con tutti gli altri principi della stessa Costituzione Europea e di ogni altra norma.

Stampa dei soldi da parte dello Stato non indispensabile anche da varie altre angolazioni, essendo sufficiente che lo Stato li paghi alla BCE/BdI al mero costo tipografico, o anche solo che le banche centrali iscrivano come è ovvio all'attivo le banconote che creano e vi paghino le tasse: cosa che non risolve tutto il problema, ma basta ad arricchirci e ad evidenziare la criminalità dell'attuale sistema.

Prassi - queste della BCE come della Federal Reserve, della Bank of England, Banca del Giappone eccetera, nonché dei sistemi fiscali - contro le quali non è vero che nessuno e nessun Paese può nulla, perché non appena magistratura, politica e informazione inizieranno a fare il loro dovere questi mostri saranno sconfitti in un baleno; e se non lo faranno saranno travolti lo stesso insieme ai loro mezzani; grazie a Internet: la nuova alleanza.

Alfonso Luigi Marra
PS. Le mie tesi in tema di signoraggio secondario originano da importanti rettifiche che devo allo sforzo di affrontarmi fatto, nonostante le mie dure contestazioni, da mio figlio Giulio, per persuadermi dell'errore in cui ero incorso.


Fonte. Srs di On Avv. Alfonso Luigi Marra, da www.marra.it


ATTENZIONE:  EDIZIONE DEL 19.DICEMBRE. 2011  (CONTIENE NUMEROSE MODIFICHE)
1° EDIZIONE 1. GENNAIO. 2007