lunedì 9 maggio 2011

IL VANGELO DI GIUDA DIDINO TOMMASO - GENESI


Scoperto e dissotterrato nel 1945, il Vangelo di Giuda Didino Tommaso è forse il più antico manoscritto vicino al tempo del vero Gesù il Nazareno, quell’uomo (rabbi dei nazirei/esseni) vissuto circa 2000 anni fa in Palestina.
Un vangelo di natura gnostica non molto marcata, citato dai padri della chiesa cristiana del III secolo come eretico, ritrovato in una traduzione copta 50 anni fa; contiene quasi con certezza include il vero pensiero di Gesù il nazareno, setta giudaica vicina agli esseni di Masada, che vivevano nel deserto del mar morto.

Gesù disse: Se coloro che vi guidano vi diranno, Sì, il Regno è nei cieli, allora gli uccelli dei cieli vi precederanno. Se vi diranno, È nei mari, allora i pesci saranno in vantaggio su di voi. Il Regno è invece dentro voi e fuori di voi. Quando conoscerete voi stessi, allora sarete consci, e comprenderete di essere figli del Padre vivente. Ma se non vi conoscerete, allora dimorerete nella povertà, e sarete la povertà stessa”…….

Il volume contenente il Vangelo di Tommaso in copto, che si trovava nell'anfora ritrovata a Khenoboskion nel dicembre 1945, risale alla seconda metà del IV secolo.

Ma l'originale Vangelo di Tommaso fu scritto in greco, o in siriaco, molto tempo prima. Andremo a ritroso nel tempo per cercare di scoprire elementi o indizi che consentono datazioni sempre più precoci del Vangelo di Tommaso.


Indizi che porterebbero la datazione non oltre la prima metà del terzo secolo

1.. Frammenti in greco del Vangelo di Tommaso si ritrovano in papiri scoperti a Ossirinco, in Egitto, circa duecento miglia a nord di Nag Hammadi.
Nel papiro 1 (scoperto nel 1897) si ritrovano frammenti dei detti 26-33 e 77 della versione copta.
Nel papiro 654 (scoperto nel 1903) si ritrovano frammenti dei detti 1-7.
Nel papiro 655 (pubblicato nel 1904) si ritrovano frammenti dei detti 36-39.

Questi papiri sono databili non oltre il secondo secolo o l'inizio del terzo.

2.. Il detto 74 del Vangelo di Tommaso copto, che non si trova negli scritti canonici, è riportato da Origene (ca. 185-ca. 254), che lo cita da un documento e dice di ignorarne la fonte (Contro Celso 8, 15). Tale fonte potrebbe essere il Vangelo di Tommaso.

3.. Il detto 82 del Vangelo di Tommaso copto, che non si trova negli scritti canonici, è citato da Origene (Omelia su Geremia).
A proposito di tale detto
Chi è vicino a me è vicino al fuoco, chi è lontano da me è lontano dal Regno”, 
esso è ritenuto un autentico detto di Gesù da quattro dei più importanti studiosi dei detti autentici di Gesù: A. M. Hunter (1963),  J. Jeremias (1964),  O. Hofius (1983)  e W. Morrice (1997). Origene afferma di non ricordarne la fonte, ed è possibile che essa sia il Vangelo di Tommaso.

Indizi che porterebbero la datazione non oltre la prima metà del secondo secolo

1.. Una parte del detto 22 del Vangelo di Tommaso copto, che non si trova negli scritti canonici, si ritrova nella cosiddetta seconda Lettera di Clemente ai Corinzi, non attribuibile come la prima a Clemente Romano e scritta intorno alla metà del secondo secolo (cfr. W. Morrice, Detti apocrifi di Gesù, Editrice Massimo, Milano, 1999 (ed. orig. 1997), pag. 217).

2.. La risposta che Gesù dà ai discepoli che lo interrogavano sulla circoncisione nel detto 53 del Vangelo di Tommaso copto
“Se fosse utile, il loro padre li avrebbe generati già circoncisi dalla madre”,
 risposta che non si trova negli scritti canonici, è identica a quella data da Tineo Rufo, governatore romano della Giudea dal 132, in una disputa col rabbino Aqiba, morto nel 135; è possibile che Tineo Rufo abbia udito tale risposta dai cristiani (cfr. W. Morrice, cit., pag. 138).

Ma, a mio avviso, vi è un indizio che porterebbe la datazione dell'originario Vangelo di Tommaso verso la metà del primo secolo.

Nella prima Lettera ai Corinzi Paolo cita il testo di uno scritto (come è scritto):
Ciò che occhio non vide e orecchio non udì e mai entrò in cuore d'uomo, questo Dio ha preparato per quelli che lo amano” (1 Cor 2, 9).

 Il contenuto di tale scritto ha un equivalente nel detto 17 del Vangelo di Tommaso copto:
"Io vi darò ciò che occhio non ha veduto e orecchio non ha udito e mano non ha toccato e non ha mai dimorato nel cuore dell'uomo".

Secondo I. Wilson (1990) questo è uno dei detti autentici di Gesù contenuti nel Vangelo di Tommaso. Le sole differenze tra questo detto e quello che secondo Paolo “è scritto” stanno in un'aggiunta ("e mano non ha toccato") e nel fatto che nella citazione di Paolo si parla di ciò che Dio ha preparato per quelli che lo amano, mentre nel Vangelo di Tommaso si parla di ciò che Gesù darà ai suoi discepoli.

Tradizionalmente, la “scrittura” citata da Paolo è stata identificata con questo passo del Trito-Isaia (64, 3):
Orecchio non ha udito né occhio ha visto un Dio, all'infuori di te, che agisca così, in favore di chi confida il lui”.

Ma tale identificazione, l'unica possibile con un passo dell'Antico Testamento, è problematica, per tre motivi:

1) manca la frase centrale, che sembra tipica di Gesù: “mai entrò in cuore d’uomo”;

2) si parla dell'oggetto di ciò che viene udito e visto, che è Dio che agisce in un certo modo, un Dio già sperimentato; mentre nella frase citata da Paolo si parla di ciò che non è stato né udito né visto;

3) in altri tre passi della prima Lettera ai Corinzi viene citato il Libro di Isaia e in essi la citazione è molto più precisa (1 Cor 1, 19; 2, 16; 14, 21).
È possibile, dunque, non che Paolo consideri “scrittura” il Vangelo di Tommaso, ma che, dicendo “come è scritto” in 1 Cor 2, 9, abbia in qualche modo una reminiscenza di un passo del Libro di Isaia, ma citi in realtà un passo “simile” del Vangelo di Tommaso che aveva appena letto.

 Se questa ipotesi fosse corretta, si dovrebbe ammettere che l’originario Vangelo di Tommaso era già stato scritto nel momento in cui Paolo scrive, da Efeso (cfr. 1 Cor 16, 8), la prima Lettera ai Corinzi, databile, essendo già stato Paolo a Corinto durante il suo secondo viaggio (cfr. 1 Cor 2, 1-4; 3, 6; 4, 17-18), negli anni 53-55.

Ma per sostenere questa ipotesi occorre anche rendere conto del fatto che qualcuno ha portato a Efeso il Vangelo di Tommaso.
Vi sono elementi per pensare che sia stato Apollo. Vediamo quali.

Secondo (At 18, 24), Apollo veniva da Alessandria.
Egli è stato prima ad Efeso (At 18, 24), dove ha incontrato Prisca e Aquila (At 18, 26), e poi in Acaia, cioè a Corinto (At 18, 27).

Si trova ancora a Corinto al momento dell'arrivo ad Efeso di Paolo, che aveva attraversato le regioni dell’altipiano, quindi durante il terzo viaggio (At 19, 1).

Ma Apollo si trova con Paolo ad Efeso nel momento in cui egli scrive la Lettera (1 Cor 16, 12), quindi è tornato da Corinto ad Efeso; ciò è confermato dal fatto che, secondo (1 Cor 3, 6), Apollo è già stato a Corinto.

E Paolo dice che a Corinto si è formato un “partito” di Apollo (1 Cor 1, 12; 3, 4), il quale probabilmente incentrava la sua predicazione sulla sapienza (cfr. 1 Cor 1, 17-23; 2, 1-9; 3, 18-20).

Poiché Apollo veniva da Alessandria, “era stato istruito nella via del Signore” (At 18, 25) e predicava prima di aver  incontrato Prisca ed Aquila (At 18, 26), l’ipotesi che ho formulato presuppone anche che il cristianesimo era presente ad Alessandria prima del 50 d.C.

E in effetti, vi è una conferma di tale presenza nella lettera inviata dall'imperatore Claudio alla città di Alessandria (P. Lond. VI, 1912 = SP II, 212), spedita nel 41 d.C., dove Claudio parla di tensioni sorte in città tra giudei e non giudei e dice che deve cessare l’immigrazione di giudei palestinesi.

È possibile che stesse parlando dell’espansione del cristianesimo in Egitto, in ambienti di lingua greca, che era stata occasione di controversie e disordini.
Ed è anche possibile, dunque, che negli anni 50 circolasse già ad Alessandria il Vangelo di Tommaso, che poi Apollo ha portato ad Efeso.

Vi sono, a mio avviso, altri cinque indizi a sostegno di tale ipotesi.

Nella Lettera di Claudio agli alessandrini, che ho appena citato, l’imperatore ordina ai giudei di non introdurre più “dalla Siria o dall'Egitto” altri giudei.
Dunque, vi era un'immigrazione di giudei dalla Siria ad Alessandria.
E l'ipotesi più accreditata per la prima redazione del Vangelo di Tommaso è proprio la Siria, e in particolare Edessa, dove si trova tuttora una chiesa dedicata all'apostolo.

Nel testo occidentale degli Atti degli Apostoli, che contiene molte varianti ritenute originali rispetto al testo alessandrino, si legge che Apollo era stato istruito non “nella via del Signore” (testo alessandrino), ma “nella parola del Signore nella sua stessa nazione” (At 18, 25).

Se ad Alessandria esisteva a quel tempo un'istruzione “nella parola del Signore”, è possibile che esistesse un testo scritto su cui tale istruzione si basava.

I candidati possibili sono due: il Vangelo di Tommaso greco (forse tradotto dal siriaco) e la cosiddetta fonte dei detti (Q).

Escluderei il Vangelo aramaico di Matteo, perché è improbabile che già a quel tempo fosse stato tradotto in greco e si trovasse ad Alessandria, e il Vangelo di Marco, perché è improbabile che sia stato scritto prima del 52, e dopo tale data Apollo era già partito da Alessandria.

Ma poiché l'autore del testo alessandrino (forse lo stesso Luca in un secondo momento) non aveva motivo per eliminare un riferimento alla fonte Q (ammesso che questa sia esistita), perché vi attinge a piene mani nel suo Vangelo, mentre aveva un motivo per eliminare un riferimento al Vangelo di Tommaso, che nel periodo in cui lui scrive (ultimi decenni del primo secolo) cominciava ad essere utilizzato (e modificato) dagli gnostici, è possibile che il testo scritto per l'istruzione "nella parola" che si trovava ad Alessandria fosse proprio il Vangelo di Tommaso.

Un altro indizio è costituito dal fatto che la prima scuola gnostica, quella di Basilide, nacque proprio ad Alessandria.

Un ulteriore indizio nasce da due punti del ragionamento sulla sapienza che Paolo fa ai Corinzi.
In “1 Cor 2, 12” egli dice che abbiamo ricevuto "lo Spirito che viene da Dio, per conoscere i doni che egli ci ha elargito".
E in “1 Cor 2, 16” afferma che “noi abbiamo il pensiero di Cristo”.
Sembra avere in mente alcuni detti del Vangelo di Tommaso, come il 3, il 44, il 67, il 70, il 91, il 92, il 108.
E dunque, nella citazione fatta poco prima (1 Cor 2, 9) poteva avere in mente il detto 17.
Un ultimo indizio si trova un po' più avanti nella stessa Lettera, in (1 Cor 4, 6):
Queste cose, o fratelli [non porre la propria gloria negli uomini, non giudicare], le ho applicate a me e ad Apollo per vostro profitto, affinché in noi apprendiate a non andare oltre quello che sta scritto”.

Paolo afferma che lui ed Apollo si attengono a ciò che sta scritto.
Ma sta scritto dove?
A me sembra improbabile che Paolo parli qui dell'Antico Testamento, o della sua prima Lettera ai Tessalonicesi, o del Vangelo aramaico di Matteo, o del Vangelo di Marco.
Rimangono, come sopra, il Vangelo di Tommaso e la fonte Q.

Ed è anche possibile che Paolo si riferisca ad entrambi, poiché egli invita a non andare oltre ciò che è scritto, cioè non seguire ciò che dicono gli uomini, per evitare divisioni (1 Cor 4, 6-7); e in effetti, in entrambi (Vangelo di Tommaso e fonte Q) c'è l'invito a non fare semplicemente ciò che dicono gli uomini (VTom 3; 6; 14; 36; 55, 89; 101; (Mt 5, 39-40 = Lc 6, 29); (Mt 5, 46 = Lc 6, 33); (Mt 6, 24 = Lc 16,13); (Mt 6, 25 = Lc 12, 22-23); (Mt 10, 37 = Lc 14, 26); (Mt 19, 29 = Lc 18, 29-30); (Mt 23, 25 = Lc 11, 39).

L'insieme di questi indizi mi porta a ritenere possibile che il Vangelo di Tommaso originario (o una sua traduzione dal siriaco) fosse presente ad Alessandria intorno agli anni 50.

È chiaro che si tratta solo di una possibilità, anche perché non si può escludere che sia stato l'autore del Vangelo di Tommaso, in epoca successiva, ad attingere dalla prima Lettera ai Corinzi.

E rimane la possibilità che sia Paolo che Tommaso abbiano attinto da una stessa tradizione orale. Ma questa possibilità, anche se non dimostra che il Vangelo di Tommaso è stato scritto negli anni 50, lo indica tuttavia come un documento di enorme valore, perchè molti suoi contenuti possono riportare tradizioni risalenti ai primissimi anni del cristianesimo.


Fonte: nr/srs di Salvatore/ dig. Int.

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VANGELO DI TOMMASO: IL PROBLEMA DELLA DATAZIONE


Quello che comunemente viene definito "Vangelo di Tommaso" e che, più propriamente, dovrebbe essere chiamato, dalla prima riga di intestazione, "Parole segrete che Gesù vivente ha pronunciato e Didimo Giuda Tommaso ha trascritto", nella realtà dei fatti non sarebbe neppure correttamente definibile come un vero e proprio Vangelo.

A differenza dei Vangeli canonici, che uniscono discorsi di Gesù ad elementi narrativi riguardanti la sua vita, quello di Tommaso è un testo unicamente formato da detti, una sorta di collezione di 114 "loghia", di frasi (a volte con brevi elementi dialogici) attribuite a Gesù e raccolte, come si evince dall'incipit, dallo stesso Tommaso. Non vi è nessuna cornice narrativa e nessuna apertura a contesti filosofici o retorici.

Alcuni loghia rimandano ad insegnamenti già presenti nei Vangeli canonici, mentre altre affermazioni attribuite al Cristo sono completamente originali ed erano sconosciute al pubblico fino alla divulgazione del testo, avvenuta nel 1975 (anche se le prima edizione fotografica del papiro scoperto a Nag hammadi nel 1945 e ora di proprietà del Dipartimento delle Antichità egiziano, è del 1956 e la prima edizione critica, diffusa unicamente tra gli studiosi, data al 1959).

In realtà, però, al ritrovamento di questa copia in copto del testo completo, ci si rese immediatamente conto che alcune parti del Vangelo erano già conosciute attraverso tre fonti distinte, in greco della koiné, scoperte a Ossirinco nel 1898 e conosciute comunemente con il nome collettivo di "Loghia Iesu".

Tali parti comprendevano:

- frammenti dei loghia dal 26 al 33 e del loghion 77 (con una strana disposizione 26-30; 77; 31-33) presenti nel cosiddetto "P.Oxy.1";

- frammenti dei loghia dall'1 al 7, del loghion 24 e del 36, sul retro di un papiro contenente elementi geometrico-astronomici ora noto come "P.Oxy 654";

- frammenti dei loghia dal 36 al 39, che includono alcuni microframmenti denominati "a", "b", "c", "d", "e", "f", "g" e "h" (purtroppo i microframmenti "f" e "h" sono andati in seguito perduti), nel cosiddetto "P.Oxy.655".

L'esistenza di tali frammenti è di grande rilievo per almeno due ordini di ragioni:

- in primo luogo perché ci conferma che il codice di Nag Hammadi è una copia copta di un testo greco;

-  in secondo luogo perché certifica che il testo copto, la cui redazione è stata datata al 340 d.C. circa, risale originariamente ad un periodo certamente anteriore al 200 d.C. (data di redazione dei "Papiri di Ossirinco").

Questo ci introduce all'annosa questione della datazione della redazione originale.

Un notevole problema è dato dalla possibile confusione del "Vangelo di Tommaso" con altri testi apocrifi quali "Gli atti di Tommaso", "Il Vangelo dell'Infanzia di Tommaso" (una sorta di "arricchimento" mitologico basato sul "Vangelo di Luca") o il "Vangelo di Tommaso, l'Atleta", con in quali, in realtà, non ha nulla a che vedere.

Quando, intorno al 233, Ippolito e Origene (1) fanno riferimento al "Vangelo di Tommaso" come ad un testo eterodosso e apocrifo, è molto probabile che si riferiscano al "Vangelo dell'infanzia", sebbene Ippolito potrebbe avere presente il loghion 4 quando si riferisce ai Nisseni nelle sue "Refutationes(2), anche se ciò appare abbastanza improbabile.

Nel IV secolo, Cirillo di Gerusalemme fa menzione di un "Vangelo di Tommaso" dicendo: "Non fate leggere il Vangelo di Tommaso, perché non è opera di uno dei dodici apostoli ma di uno dei discepoli corrotti del manipolo di Mani(3).
Anche in questo caso, però, dal momento che molto difficilmente sarebbe possibile trovare tracce di dualismo manicheo nei 114 loghia del "Vangelo", è quasi certo che si riferisca ad un'altra opera.

Dunque, nella difficoltà persino di stabilire se gli autori classici parlino di questo o di un altro testo, quando possiamo pensare che le "Parole Segrete" siano state scritte?

Tra gli studiosi esistono due scuole di pensiero ben distinte, la prima che individua una data di composizione situabile intorno al 50 d.C., quindi più o meno contemporanea alla redazione dei Vangeli canonici, la seconda che pensa ad una redazione ben posteriore, situabile intorno al II secolo.

Su cosa si basano le supposizioni delle due correnti?

La "scuola del I secolo" afferma che il "Vangelo di Tommaso" è formato con materiale per lo più originale e non sembra essere basato sui Vangeli canonici, ma, piuttosto, sulla trascrizione di materiale orale precedente.

Dal momento che l'idea di considerare autorevole la tradizione orale cessò quasi completamente di esistere prima della fine del I secolo, sarebbe, di conseguenza, molto probabile una sua redazione antecedente al 100 d.C. e, forse, addirittura vicina al 40 d.C..

In quest'ultimo caso, dal momento che la data precederebbe quella di redazione dei sinottici, sussisterebbe la possibilità che il "Vangelo di Tommaso" sia da correlare alla ipotetica "Fonte Q", il testo (o la versione orale) da cui avrebbero attinto sia Matteo che Luca (4).
Dal momento, poi, che circa metà del materiale di Tommaso non ha paralleli nei Vangeli canonici, è quasi certo che almeno una parte dei loghia derivi direttamente da discorsi del Gesù storico.

Va notato, comunque, che quando si parla di "Fonte Q" si utilizza un termine generico: in realtà, tale fonte è formata da almeno tre tronconi, definiti "Q1", "Q2" e "Q3".
Ebbene, tutte le 37 concordanze tra "Vangelo di Tommaso" e Canonici sono relative a materiale certamente attribuibile alle fonti "Q1" e "Q2" e non a "Q3", da cui deriva il materiale più direttamente apocalittico del "Nuovo Testamento".
Dal momento che sia "Q1" che "Q2" sono, per nozione comune, antecedenti alla redazione dei Canonici, ne consegue logicamente che, non conoscendo Tommaso "Q3", la redazione del suo Vangelo sia precedente o almeno contemporanea a quella dei sinottici (5).

Elaine Pagels (6), inoltre, ritiene che esista un evidente conflitto tra "Vangelo di Tommaso" e "Vangelo di Giovanni" e che alcuni passaggi di quest'ultimo possano essere compresi solo alla luce dell'esistenza di una "comunità tommasina" già esistente al momento della redazione del quarto Vangelo (7), il che porta ovviamente a ritenere il "Vangelo di Tommaso" già esistente al momento della redazione del Vangelo giovannita (databile, secondo la maggior parte degli studiosi, tra il 95 e il 100 d.C.).

Ancora, alcuni esponenti della "scuola del I secolo" ravvisano comunanze tra alcuni loghia di Tommaso e tratti delle lettere di Paolo, normalmente ritenute precedenti rispetto ai Vangeli canonici (8): dal momento che Paolo sembra conoscere Tommaso, risulta chiara una precedenza del Vangelo tommasino rispetto ai canonici.

Infine, se l'autore del "Vangelo di Tommaso" avesse conosciuto Il "Nuovo Testamento", dal momento che è largamente diffusa l'idea che tale autore avesse tendenze gnostiche, ci si chiede perché non utilizzi mai parti evangeliche che avrebbero potuto supportare le teorie della gnosi (9).

In realtà, tutto il testo di Tommaso non presenta alcun termine riferibile alla gnosi del II secolo (elementi come Eoni, Pleroma, Demiugo, ecc.) e questa potrebbe essere una ulteriore riprova dell'antichità del testo.

Peraltro, nei loghia vi è riflesso ben poco dello gnosticismo valentiniano e, essendo lo gnosticismo una corrente molto fluida, pervasa da elementi "tradizionali" che si mescolano con elementi di novità, si potrebbe tranquillamente pensare che, prevalendo i primi sui secondi nel testo in esame, esso possa essere databile senza dubbio prima del 50 d.C..

Di fatto, comunque, come ampiamente dimostrato da Doherty (10), laddove sia Tommaso che i canonici prendono da Q, la forma del primo è sempre molto più primitiva e, conseguentemente, potrebbe essere reputata come precedente.
Fin qui le motivazione del primo filone di pensiero.

Ad esso, come detto, si contrappone la scuola che situa il "Vangelo di Tommaso" in un momento del II secolo.

A parte Nicholas Perrin (11), che ritiene il testo tommasino evidentemente dipendente dal Diatessaron (12), le ragioni più comunemente portate dai sostenitori di questa teoria sono relative a questioni prettamente filologiche (13): è comunemente accettato che Matteo e Luca dipendano da Marco oltre che da "Q" e, dal momento che alcuni degli elementi presenti in Tommaso appaiono essere derivazioni marciane presenti proprio in Matteo e Luca, si può desumere che la redazione di Tommaso sia posteriore a quella dei Vangeli canonici.
Visto che sia Matteo che Luca sono stati composti tra l'80 d.C. e circa il 96 d.C., Tommaso dovrebbe aver scritto il suo testo, tenendo in considerazione un certo lasso temporale per la trasmissione dei codici, almeno dopo il 100 d.C..

A riprova della conoscenza da parte di Tommaso di Matteo e Luca, vi sarebbe anche l'incorporamento da parte del primo del "Sondergut" (14) dei secondi, ciò implicando una loro già diffusa circolazione al momento della stesura delle "Parole segrete".

Un secondo ordine di considerazioni dei sostenitori dell'"ipotesi del II secolo" riguarda la strutturazione "a detti" del "Vangelo di Tommaso".
Se per i partigiani della teoria contrapposta questa struttura più semplice e decontestualizzata è indice di maggiore antichità, per alcuni autori di questo campo (15), essa sarebbe semplicemente una sorta di "escamotage".

I primi cristiani vivevano ardentemente il clima apocalittico che già esisteva nel loro ambiente culturale ebraico ed erano certi di un ritorno imminente del Cristo entro breve tempo, così come appare piuttosto evidente anche nei primi testi canonici, quali Marco ed il nucleo originale delle "Epistole" paoline.

Con il passare del tempo, però, le attese millenariste si andarono via via smorzando e già nei testi più tardi, da Luca a Giovanni, alla "Lettera a Timoteo", gli accenni alla "seconda venuta" si fanno sempre più sfumati, rari e tendenti a de-enfatizzare un evento che chiaramente non sembra più così imminente.

In questo quadro, la decontestualizzazione attuata da Tommaso altro non sarebbe che un metodo per evitare argomenti escatologici che in un contesto narrativo sarebbero apparsi assai più doverosi.

A tal proposito, anche Elaine Pagels nota che alcuni loghia tendono addirittura ad indicare le ipotesi apocalittiche come profondamente erronee. Tra l'altro, poi, in tutto il Vangelo di Tommaso non si fa mai menzione di elementi quali "inferno", "Satana" e "dannazione eterna", il che potrebbe stare ad indicare che l'autore non credesse a questo genere di soluzioni teleologiche, così come proprio della gnosi del II secolo e come, al contrario, impossibile da pensare per un cristiano della prima metà del I secolo, per il quale questi concetti dovevano essere assolutamente imprescindibili.

Infine, l'ultimo argomento portato dai fautori di una datazione posteriore riguarda la filosofia religiosa che pervade i "detti" riportati da Tommaso.
Se, infatti, la corrente gnostica si diffonde nel II secolo, nel I secolo il pensiero cristiano è, come evidente nelle Lettere di Paolo, ancora molto più vicino alla cultura ebraica che alla cultura "gentile" e molto più concentrata sulla morte e Resurrezione di Gesù che sui suoi discorsi.

Ebbene, il Cristo di Tommaso appare invero ben poco "ebreo" e, invece, molto vicino, per certi tratti, al pensiero della gnosi, ad esempio con il suo rigettare il mondo fisico ed il suo disprezzo per le distinzioni sessuali, tanto da far parlare, da parte di alcuni (16), di un vero e proprio manifesto gnostico.

Due scuole fortemente divergenti, dunque. Chi ha ragione?

Ovviamente, di fronte ad argomenti così pregnanti da entrambe le parti, è difficile azzardare giudizi nell'uno o nell'altro senso.

Forse, però, esiste una terza possibilità che, come spesso accade, facendo sintesi sincretica di entrambe le opposte posizioni, trova un giusto equilibrio risolutore tra esse.

Fondamentalmente, il vero nucleo conflittuale risiede nella presenza di evidenti tratti di filosofia gnostica in un testo che, altrimenti, potrebbe senza grossi problemi e per una maggior consistenza delle argomentazioni della "scuola del I secolo" essere facilmente indicabile come proprio di un periodo immediatamente successivo alla crocifissione.

A ben vedere, infatti, gli altri argomenti per una datazione post II secolo mostrano un po' la corda: le reminiscenze da Matteo e Luca (lasciando da parte il discorso relativo al "Sondergut" che, a detta di tutti gli studiosi, è di quasi impossibile determinazione scientifica), potrebbero essere solo derivazioni da un humus culturale comune o, ancor più probabilmente, da un diverso utilizzo di elementi tutti provenienti da "Q"; mentre la teoria riguardante gli aspetti escatologici è puramente ipotetica, dal momento che la mancanza di accenni apocalittici potrebbe essere dovuta a numerosissime variabili, prima fra tutte quella relativa proprio all'antichità del testo, che non conoscendo la fonte "Q3" potrebbe essere lontano da problematiche sicuramente posteriori al primissimo nucleo predicativo.

La presenza di una certa "tendenza" gnostica è, comunque, innegabile. Dobbiamo però chiederci se tale "tendenza" è uniformemente distribuita in tutto il testo e la risposta è no.

Gran parte del "Vangelo di Tommaso" non presenta tratti gnostici di rilievo.

Si è detto che i grandi "miti" gnostici sono pressoché totalmente assenti e solo alcuni loghia, in particolare all'inizio e alla fine del testo, risultano toccati da elementi filosofico-speculativi di stampo iniziatico-ellenistico.

Dobbiamo pensare che siamo di fronte ad un testo, come quello copto di Nag Hammadi, che, ipotizzando una stesura originaria attorno al 40-50 d.C., ha almeno 300 anni di distanza dalla sua fonte primaria.

Se confrontiamo, per quanto possibile, questo testo con i frammenti in greco di Ossirinco, non possiamo non notare differenze, a tratti anche di una certa rilevanza, tra le due stesure, differenze certamente dovute a copisti che, di volta in volta, nei 140 anni che separano le due redazioni, hanno aggiunto, interpretato, modificato il nucleo iniziale.

La stessa struttura "a loghia" ben si presta ad una operazione simile e se ciò è stato possibile in un periodo culturalmente piuttosto omogeneo (nella incredibile eterogeneità delle interpretazioni eterodosse) dal punto di vista filosofico-religioso, a maggior ragione la stessa cosa può essere capitata nei 300 anni tra ipotetica redazione della metà del I secolo e copia finale (per di più tradotta) della metà del IV secolo, in un periodo in cui l'enorme insorgenza delle correnti gnostiche non può non aver plasmato le menti di lettori e amanuensi dell'originario "Vangelo".

Perché, allora, non pensare che, come ogni testo proto-cristiano in nostro possesso, Vangeli canonici compresi, il "Vangelo di Tommaso" sia una struttura stratificata in cui ad un nucleo originario antichissimo sono state aggiunte notazioni e manipolazioni posteriori che gli hanno conferito proprio quel "gusto" gnostico con cui oggi lo leggiamo?

Solo in questo senso, allora, possiamo parlare di "un Vangelo apocrifo" quando, riferendoci al nucleo originario e sempre a patto di poter parlare di un insieme di loghia come di un Vangelo, dovremmo pensare al "Vangelo di Tommaso" come al primo Vangelo scritto della cristianità.



Note:

1. Cfr. Origene, "Contro Celso", VIII.15.

2. Cfr. Ippolito, "Refutationes", V.7.20.

3. Cfr. Cirillo di Gerusalemme, "Cathechesis", V.

4. Cfr. T.Koester, (1996), "The Gospel of Thomas", in J. Robinson, "The Nag Hammadi Library in English" (Revised ed.), Leiden, New York, Cologne, E. J. Brill, 1996, p. 125.

5. Cfr. R. Valantasis, "Il Vangelo di Tommaso. Versione copta integrale commentata", Roma, Arkeios, 2005, pgg. III-VII.

6. Cfr. E. Pagels, "Il Vangelo segreto di Tommaso", Milano, Mondadori, 2003, passim.

7. Ad esempio, l'episodio sul "dubbio" di Tommaso, che deve toccare la carne di Cristo per credere, sarebbe un'aggiunta parabolistica di Giovanni in funzione anti docetistica (i docetisti ritenevano che la natura di Gesù fosse unicamente divina e non anche umana), in confutazione delle tesi gnostiche a cui i tommasini erano ritenuti vicini.

8. Cfr. E. Pagels, "The Gnostic Paul: Gnostic Exegesis of the Pauline Letters", Harrisburg, Trinity press, 2004, passim.

9. Si pensi, ad esempio, a Gv. 8:58 "Prima che Abramo fosse io ero".

10. Cfr E. Doherty, "The Jesus Puzzle. Pieces in a Puzzle of Christian Origins", in Journal of Higher Criticism, Institute for Higher Critical Studies, Drew University, Madison, 1997.

11. Cfr. N. Perrin, "Thomas: The Other Gospel", Oxford, SPCK Publishing, 2007, passim.

12. Composto certamente dopo il 172 d.C..

13. Cfr., ad esempio, S. L. Davies, "Gospel of Thomas Annotated & Explained", New York, Skylight Paths Publishing, 2002, passim.

14. Cioè dell'insieme delle tradizioni locali che entrambi gli evangelisti inseriscono nei loro racconti a completamento del materiale di Marco e di "Q".

15. In particolare per Bart Ehrman in B.Ehrman, "Jesus, Apocalyptic Prophet of the New Millennium" San Francisco, O.U.P. inc., 2001, passim.

16. Cfr., ad esempio, G. Stanton, "The Gospels and Jesus", Oxford, O.U.P., 2002, p. 129.


Fonte: srs di Lawrence Sudbury, per Edicolaweb



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