Uno studio suggerisce che le trasfusioni di sangue che non
tengono conto del sesso di donatore e ricevente potrebbero danneggiare
quest’ultimo. Il risultato deve tuttavia essere confermato da ulteriori
ricerche, poiché altri dati non sono coerenti con questa scoperta di Karen
Weintraub/Scientific American
Ogni volta che gli operatori sanitari prendono in mano una
sacca di sangue per una trasfusione, si assicurano che il donatore e il ricevente
abbiano gruppi sanguigni compatibili. Ma non prestano attenzione al sesso del
donatore. Un nuovo studio solleva il dubbio che le cose dovrebbero cambiare.
Nel primo grande studio dedicato a osservare come
trasfusioni da donne che in precedenza avevano avuto una gravidanza influiscano
sulla salute dei riceventi, i ricercatori hanno scoperto che i maschi sotto i
50 anni avevano 1,5 volte più probabilità di morire nei tre anni successivi
alla trasfusione se ricevevano globuli rossi da una donna donatrice che era
rimasta incinta. Questo implica un aumento del due per cento della mortalità
complessiva ogni anno. Le riceventi donne, però, non sembrano correre un
analogo rischio elevato. Lo studio di oltre 42.000 pazienti sottoposti a
trasfusione nei Paesi Bassi è stato pubblicato su “JAMA, The Journal of the American
Medical Association”.
La Croce Rossa americana, e gli stessi ricercatori si sono affrettati a dichiarare che lo studio non offre risultati sufficientemente definitivi per cambiare l’attuale prassi di abbinamento donatori-riceventi. Ma se questa clamorosa ricerca sarà confermata da studi futuri, potrebbe cambiare il modo in cui il sangue viene distribuito, e suggerire che milioni di pazienti sottoposti a trasfusione in tutto il mondo sono morti prematuramente.
La Croce Rossa americana, e gli stessi ricercatori si sono affrettati a dichiarare che lo studio non offre risultati sufficientemente definitivi per cambiare l’attuale prassi di abbinamento donatori-riceventi. Ma se questa clamorosa ricerca sarà confermata da studi futuri, potrebbe cambiare il modo in cui il sangue viene distribuito, e suggerire che milioni di pazienti sottoposti a trasfusione in tutto il mondo sono morti prematuramente.
"Se questa risulterà essere la verità, è di estremo interesse
biologico e clinico", dice Gustaf Edgren, un esperto non coinvolto nello
studio, su cui però ha scritto un editoriale. "Di sicuro dobbiamo
scoprire che cosa sta succedendo." Edgren, professore associato di
epidemiologia al Karolinska Institutet ed ematologo al Karolinska University
Hospital di Stoccolma, dice che una sua ricerca suggerisce che il
sesso del donatore non faccia alcuna differenza per il paziente trasfuso.
"I nostri dati non sono in effetti coerenti con questa scoperta",
dice.
Ma il nuovo studio è il quarto lavoro – incluso uno studio pilota degli stessi autori – che scopre differenze nei tassi di sopravvivenza dei riceventi di una trasfusione associati a una mancata corrispondenza di sesso. E i risultati indicano che i potenziali problemi si estendono al di là della questione se le donatrici siano mai state incinte. Uno degli studi suggerisce che le donne siano danneggiate quando ricevevano sangue maschile e viceversa.
Ma il nuovo studio è il quarto lavoro – incluso uno studio pilota degli stessi autori – che scopre differenze nei tassi di sopravvivenza dei riceventi di una trasfusione associati a una mancata corrispondenza di sesso. E i risultati indicano che i potenziali problemi si estendono al di là della questione se le donatrici siano mai state incinte. Uno degli studi suggerisce che le donne siano danneggiate quando ricevevano sangue maschile e viceversa.
Inoltre, i tre gruppi di ricerca provenivano da paesi
diversi, usavano set di dati diversi e tutti avevano risultati leggermente
diversi. La direzione indicata da ciascuno dei loro risultati è comunque la
stessa: le questioni relative al sesso biologico, afferma Henrik Bjursten,
professore nel Dipartimento di chirurgia cardiotoracica, anestesia e terapia
intensiva all'Università di Lund/Skane University Hospital di Stoccolma.
Bjursten, che ha contribuito allo studio che ha trovato problematiche anche le
trasfusioni da maschio a femmina, non ha partecipato all'ultimo lavoro
pubblicato su “JAMA”.
Per dimostrare definitivamente che esiste un problema, Bjursten dice che gli scienziati dovrebbero trovare un meccanismo biologico plausibile per spiegare queste differenze e quindi eseguire due studi controllati randomizzati per verificare se il sesso del donatore e la storia gestazionale influenzino il destinatario. Tuttavia, lo studio olandese solleva abbastanza interrogativi da indurre Bjursten ad auspicare che le trasfusioni di globuli rossi applichino il protocollo maschio-maschio e femmina-femmina anche prima della eventuale conferma di una connessione. "Il mio parere personale è sì... vorrei che ci fosse attenzione all'abbinamento del sesso", dice Bjursten, aggiungendo che non sarebbe difficile attuare un cambiamento di questo tipo. "Ci sono milioni di vite a rischio. Vogliamo assumercelo o vogliamo seguire una strada sicura e cercare di evitare il danno?".
La ricerca di Bjursten ha rilevato rischi per pazienti maschi e femmine sottoposti a chirurgia cardiaca che hanno ricevuto sangue da qualcuno del sesso opposto, suggerendo che le trasfusioni che incrociano i generi possano costare al paziente, in media, un anno di vita circa. Con 100 milioni di trasfusioni all'anno in tutto il mondo, se da 10 milioni a 40 milioni di esse provocano danni, dice, "i conti sono presto fatti".
Può essere difficile giungere a una solida conclusione in merito al fatto che il sesso sia importante nelle donazioni di globuli rossi. L'etica di uno studio randomizzato, in cui alcuni pazienti ricevono emoderivati non conformi al sesso, può essere discutibile ora che tanti dubbi sono stati sollevati, osserva Bjursten. Ma trovare risposte definitive senza queste sperimentazioni sarà difficile. Le banche dati attualmente disponibili, come quelle usate dal gruppo olandese, spesso hanno lacune. "Non è chiaro se le banche dati attualmente disponibili potranno rispondere a queste domande", afferma Ritchard Cable, direttore scientifico della Croce Rossa americana, che ha scritto l'editoriale con Edgren e spera di compilare una banca dati affidabile. Anche in Francia i ricercatori stanno pianificando uno studio di follow-up, afferma Maxime Desmarets, epidemiologo ed esperto di salute pubblica all’Université de Franche-Comté a Besançon, in Francia, la cui ricerca non suggerisce alcuna differenza di genere nelle trasfusioni di sangue.
Desmarets e Cable, insieme alla Croce Rossa americana, dicono che la ricerca corrente non giustifica un cambiamento nel modo di abbinare donatori e pazienti. Lo studio "ha bisogno di conferme, dato che esistono anche studi contrastanti", ha dichiarato Mary O'Neill, direttore sanitario della Croce Rossa americana, in un comunicato stampa. "Poiché è necessaria un'ulteriore ricerca, non si prevede una modifica dei criteri standard di donazione di sangue o delle attuali pratiche di trasfusione. La Croce Rossa esaminerà attentamente i successivi studi su questo argomento per garantire la sicurezza e la disponibilità dell'approvvigionamento di sangue."
Gli scienziati speculano che le donne che sono state incinte potrebbero avere nei globuli rossi un certo fattore immunitario che provoca un rigetto tra i riceventi maschi più giovani. La teoria che va per la maggiore è che forse le donne che hanno avuto figli sviluppavano anticorpi contro le proteine nel cromosoma Y del DNA maschile, come reazione immunitaria alla gravidanze. Ma questa è un'ipotesi che il nuovo studio non ha potuto testare, perché i ricercatori non avevano informazioni sul sesso della progenie delle donne. È anche possibile che i sistemi immunitari maschili e femminili siano in qualche modo fondamentalmente diversi o che gli uomini reagiscano a differenze di sesso nell’RNA presente nel sangue delle donne, dice Bjursten.
Per dimostrare definitivamente che esiste un problema, Bjursten dice che gli scienziati dovrebbero trovare un meccanismo biologico plausibile per spiegare queste differenze e quindi eseguire due studi controllati randomizzati per verificare se il sesso del donatore e la storia gestazionale influenzino il destinatario. Tuttavia, lo studio olandese solleva abbastanza interrogativi da indurre Bjursten ad auspicare che le trasfusioni di globuli rossi applichino il protocollo maschio-maschio e femmina-femmina anche prima della eventuale conferma di una connessione. "Il mio parere personale è sì... vorrei che ci fosse attenzione all'abbinamento del sesso", dice Bjursten, aggiungendo che non sarebbe difficile attuare un cambiamento di questo tipo. "Ci sono milioni di vite a rischio. Vogliamo assumercelo o vogliamo seguire una strada sicura e cercare di evitare il danno?".
La ricerca di Bjursten ha rilevato rischi per pazienti maschi e femmine sottoposti a chirurgia cardiaca che hanno ricevuto sangue da qualcuno del sesso opposto, suggerendo che le trasfusioni che incrociano i generi possano costare al paziente, in media, un anno di vita circa. Con 100 milioni di trasfusioni all'anno in tutto il mondo, se da 10 milioni a 40 milioni di esse provocano danni, dice, "i conti sono presto fatti".
Può essere difficile giungere a una solida conclusione in merito al fatto che il sesso sia importante nelle donazioni di globuli rossi. L'etica di uno studio randomizzato, in cui alcuni pazienti ricevono emoderivati non conformi al sesso, può essere discutibile ora che tanti dubbi sono stati sollevati, osserva Bjursten. Ma trovare risposte definitive senza queste sperimentazioni sarà difficile. Le banche dati attualmente disponibili, come quelle usate dal gruppo olandese, spesso hanno lacune. "Non è chiaro se le banche dati attualmente disponibili potranno rispondere a queste domande", afferma Ritchard Cable, direttore scientifico della Croce Rossa americana, che ha scritto l'editoriale con Edgren e spera di compilare una banca dati affidabile. Anche in Francia i ricercatori stanno pianificando uno studio di follow-up, afferma Maxime Desmarets, epidemiologo ed esperto di salute pubblica all’Université de Franche-Comté a Besançon, in Francia, la cui ricerca non suggerisce alcuna differenza di genere nelle trasfusioni di sangue.
Desmarets e Cable, insieme alla Croce Rossa americana, dicono che la ricerca corrente non giustifica un cambiamento nel modo di abbinare donatori e pazienti. Lo studio "ha bisogno di conferme, dato che esistono anche studi contrastanti", ha dichiarato Mary O'Neill, direttore sanitario della Croce Rossa americana, in un comunicato stampa. "Poiché è necessaria un'ulteriore ricerca, non si prevede una modifica dei criteri standard di donazione di sangue o delle attuali pratiche di trasfusione. La Croce Rossa esaminerà attentamente i successivi studi su questo argomento per garantire la sicurezza e la disponibilità dell'approvvigionamento di sangue."
Gli scienziati speculano che le donne che sono state incinte potrebbero avere nei globuli rossi un certo fattore immunitario che provoca un rigetto tra i riceventi maschi più giovani. La teoria che va per la maggiore è che forse le donne che hanno avuto figli sviluppavano anticorpi contro le proteine nel cromosoma Y del DNA maschile, come reazione immunitaria alla gravidanze. Ma questa è un'ipotesi che il nuovo studio non ha potuto testare, perché i ricercatori non avevano informazioni sul sesso della progenie delle donne. È anche possibile che i sistemi immunitari maschili e femminili siano in qualche modo fondamentalmente diversi o che gli uomini reagiscano a differenze di sesso nell’RNA presente nel sangue delle donne, dice Bjursten.
Fino a un precedente piccolo studio sulla non corrispondenza
di sesso condotto dallo stesso gruppo olandese sei anni fa, nessuno aveva
pensato di esaminare la storia di gravidanze delle donatrici di globuli rossi,
dice Rutger Middelburg, epidemiologo alla Sanquin Research nei Paesi Bassi, e
uno dei coordinatori sia di quello studio pilota sia di quello pubblicato di
recente. Le differenze di mortalità sono difficili da rilevare a meno che i
ricercatori non sappiano che cosa cercare, ha scritto Middelburg via e-mail. "Anche ora, se nel nostro insieme di dati
guardiamo semplicemente a tutti i pazienti, l'effetto può essere diluito al
punto da diventare non rilevabile", ha aggiunto. "Abbiamo dovuto
guardare in modo specifico al gruppo di pazienti giusto." E non sa perché
il gruppo di ricerca abbia rilevato una differenza di sopravvivenza solo tra gli
uomini più giovani.
È possibile, afferma, che gli uomini più giovani abbiano malattie differenti all’origine della loro necessità di trasfusioni rispetto agli uomini più anziani, e questo potrebbe renderli più vulnerabili ai problemi provocati dai globuli rossi delle donne.
I dati non erano perfetti, dice Middelburg. I ricercatori hanno esaminato dati relativi a pazienti che avevano ricevuto trasfusioni anni prima, e non erano a conoscenza delle eventuali precedenti gravidanze di tutte le donatrici. I ricercatori hanno eliminato i dati dei pazienti che avevano ricevuto sangue sia da uomini che da donne, e poiché gli uomini possono donare sangue più spesso delle donne, il gruppo dei donatori non era uniforme, osserva. Anche se le donne che erano rimaste incinte in qualche momento precedente rappresentavano solo il sei per cento del gruppo di donatori studiato dai ricercatori, l'associazione era ancora statisticamente valida. "Siamo molto sicuri dei nostri risultati", dice Middelburg.
Middelburg sta continuando la sua ricerca, e spera di ottenere ulteriori finanziamenti. "Le mie priorità sono esaminare in modo più dettagliato le storie di gravidanza e le cause della morte – dice – ma con risorse sufficienti si potrebbero condurre molte altre ricerche."
(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su Scientific American il 17 ottobre 2017. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)
È possibile, afferma, che gli uomini più giovani abbiano malattie differenti all’origine della loro necessità di trasfusioni rispetto agli uomini più anziani, e questo potrebbe renderli più vulnerabili ai problemi provocati dai globuli rossi delle donne.
I dati non erano perfetti, dice Middelburg. I ricercatori hanno esaminato dati relativi a pazienti che avevano ricevuto trasfusioni anni prima, e non erano a conoscenza delle eventuali precedenti gravidanze di tutte le donatrici. I ricercatori hanno eliminato i dati dei pazienti che avevano ricevuto sangue sia da uomini che da donne, e poiché gli uomini possono donare sangue più spesso delle donne, il gruppo dei donatori non era uniforme, osserva. Anche se le donne che erano rimaste incinte in qualche momento precedente rappresentavano solo il sei per cento del gruppo di donatori studiato dai ricercatori, l'associazione era ancora statisticamente valida. "Siamo molto sicuri dei nostri risultati", dice Middelburg.
Middelburg sta continuando la sua ricerca, e spera di ottenere ulteriori finanziamenti. "Le mie priorità sono esaminare in modo più dettagliato le storie di gravidanza e le cause della morte – dice – ma con risorse sufficienti si potrebbero condurre molte altre ricerche."
(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su Scientific American il 17 ottobre 2017. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)
Fonte: da Le
Scienze del 21 ottobre 2017-11-01
Link: http://www.lescienze.it/news/2017/10/21/news/trasfusioni_sangue_differenza_genere_danno-3719665/
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