venerdì 1 gennaio 2016

STORIA VENETA – 139: 1766 - RIESPLODE IL PROBLEMA DELLA PIRATERIA. VENEZIA E IL BEY DI TRIPOLI

Dal testo di Francesco Zanotto


" Dignitoso fu il modo con cui il Nani presentossi dinanzi a quel porto, intimando al bey, che se entro breve periodo di giorni non avesse condegnamente risarcito i Veneziani del danno, avrebbe egli operato l'eccidio di que' luoghi e di quelle coste. La minaccia non era di vane parole; imperocchè con ogni facilità avrebbe il Nani potuto  ottenere l'effetto delle sue minaccie. Impaurito quindi il Bey di Tripoli, recossi egli stesso a bordo della nave dell'ammiraglio, ed acconsentì ben presto alle condizioni che gli vennero imposte".


ANNO 1766


Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


Con la scomparsa delle grandi battaglie navali nel Mediterraneo, la pirateria, appoggiata dai signori nord africani, diventa un insopportabile problema per i traffici delle navi europee e veneziane.


LA SCHEDA STORICA  - 139


 La tensione tra Santa Sede e governo veneziano rientrò immediatamente dunque, dopo l'elezione di un cittadino della Repubblica al soglio di S. Pietro.
Venezia nel corso della sua secolare storia, a dire il vero, non si era mai distinta per un particolare fervore religioso e tanto meno per una decisa politica filo-papale, tutt'altro, erano stati molti di più i momenti di tensione fra le due "potenze" che quelli di serena collaborazione.  La spiccata laicità dello stato veneziano, ma specialmente la coscienza di una chiesa "nazionale" e perciò autonoma in un certo senso da Roma, contribuirono a questo stato di cose che neppure ora vennero smentite.
Pochi anni dopo aver ricevuto in dono la rosa d'oro da parte del pontefice, il governo ducale pensò bene di chiudere ben 127 monasteri e conventi con la messa in vendita delle loro rispettive proprietà a favore dello stato che incassò la notevole cifra di tre milioni di ducati.
Era il 1767 e Venezia aveva più che mai bisogno di denaro contante dal momento che in quegli stessi anni la Repubblica doveva cercare di risolvere un altro gravoso problema, quello della pirateria.
Era questo un altro degli antichi problemi che avevano praticamente accompagnato la nascita stessa della città e della repubblica veneta che sin dai lontani V-VI secolo dovette fare i conti infatti, con le feroci scorrerie dei pirati slavi nell'Alto Adriatico.
Allora, con la potenza veneziana in costante ascesa, il problema si risolse alla fine con la soppressione puntuale delle bande piratesche, anche se quello della pirateria resterà sempre per Venezia una questione da affrontare.


Mediterraneo: mare di Venezia ma anche dei pirati ...


Dopo gli slavi infatti, arrivarono gli arabi e dopo di questi i turchi. Il Mediterraneo, insomma, non si  poteva certo considerare un mare tranquillo. Chi lo attraversava, oltre che gli elementi naturali, non poteva non mettere in conto anche eventuali, spiacevoli incontri.
Il problema si fece a dir poco assillante proprio nel corso del XVIII secolo quando, cessate le grosse battaglie navali tra l'Europa Cristiana e il Turco, le acque del Mediterraneo - e dell'Adriatico - divennero libero campo d'arrembaggio da parte delle squadre navali dei più importanti regni del nord Africa.
In Marocco, Algeria, Tunisia e attuale Libia, infatti trovavano riparo e protezione i pirati che con le  loro azioni preoccupavano non solo Venezia, ma tutte le potenze europee che con l'Oriente intrattenevano cospicui traffici commerciali.
E così Francia, Inghilterra e Olanda considerarono molto più vantaggioso scendere a patti con i regnanti di quei paesi piuttosto che muovere loro guerra, una guerra navale che nessuna delle potenze europee in questione aveva la benchè minima idea di scatenare o di affrontare.


E Venezia scende a compromessi: pagare per evitare gli assalti alle navi ...


La Serenissima a quel punto non potè che prendere atto di questo e comportarsi di conseguenza. E così il governo ducale arrivò a firmare un accordo con i principali signori nord africani.
I trattati che dal 1764 vennero via via firmati, prevedevano che Venezia avrebbe pagato ai diversi governi africani chiamati in causa, una somma complessiva di 60.000 ducati annui. In cambio le navi della Serenissima non sarebbero state più attaccate dai pirati collegati a quei paesi; nessun cittadino veneziano poteva essere catturato e trattenuto prigioniero nè venduto in uno dei loro porti; nel caso in cui le navi veneziane venivano aggredite da navi corsare, i firmatari dei trattati dovevano provvedere ad arrecare loro assistenza.
Detto questo, tuttavia, le cose ben presto in realtà presero ben altra piega. Incuranti dei trattati, infatti, i pirati d'Algeri, di Tunisi e di Tripoli ripresero ben presto ad infestare le coste veneziane della Dalmazia. Dopo alcune proteste da parte del governo veneziano, le cose sembrarono rientrare almeno con i due bey (signori) di Algeri e di Tunisi, ma non con quello di Tripoli.
Dopo inutili e poco convincenti proteste, il governo veneziano decise alla fine di passare all'azione inviando una propria flotta fino a Tripoli per rivendicare il rispetto del trattato e la restituzione del bottino.
Jacopo Nani comandante della spedizione, dopo aver attraccato in quel porto intimò al bey di Tripoli la restituzione del maltolto se non voleva trovarsi le coste devastate dalla sicura ritorsione che i veneziani erano pronti a mettere in atto.
La flotta anzi venne prontamente schierata in assetto di guerra, in attesa della risposta del sovrano di Tripoli. Questi alla fine riconobbe tutto il vantaggio di una saggia scelta, restituendo per quanto possibile, le merci trafugate nelle azioni di pirateria ai danni della repubblica.
Per le merci mancanti, Venezia avrebbe accettato anche un indennizzo in denaro sempre molto gradito, naturalmente. Le richieste del governo veneziano vennero dunque accolte e la faccenda per il momento si esaurì così anche se la questione "pirati" non era ancora finita e sarebbe ben presto riesplosa chiedendo alla Serenissima un ben altro impegno e un più alto sacrificio.


Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  5,  SCRIPTA EDIZIONI




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