venerdì 27 marzo 2020

I GHIRI NELLA CUCINA VENETA




Parlavo stamattina col mio dirimpettaio di bosco (lui ha la proprietà del bosco di fronte alla casa), e mi assicurava che il “gir in tecia” (ghiro in tegame, in umido), era considerato una prelibatezza da contendere al gatto di casa. Hanno gli ossicini piccoli (intendeva che finiva tutto sotto i denti) ma la carne delicatissima e tenera, a differenza dello scoiattolo, che ce l’ha legnosa. Oggi è un tipo di cucina non più praticato, almeno credo, con somma gioia dei simpatici animaletti che nutro io stesso con le mele del “pomaro” di casa, ma fino a una quarantina di anni fa tutto concorreva a placare la fame, e se era buono di sapore, era particolarmente gradito.

Come potete leggere sopra, oggi la caccia è vietata, e il povero ghiro può finire  come preda  solo di gatti domestici, volpi, faine. Chi  abita in mezzo al bosco deve stare però attento: è un animale infestante e se trova un pertugio si infilerà dentro casa vostra, specie in soffitta che diventerà un breve una nursery di simpatici ghiretti che vi lorderanno però con gli escrementi il pavimento e vi terranno svegli con tossicchiamenti vari e salti di contentezza (la loro) tutte le notti. Sono animali non molto veloci, per cui un gatto adulto ne può catturare anche più di due o tre per sera. Lo testimoniano le code che trovo intorno casa.

Fonte: srs di  Millo  Bozzolan., da Veneto storia  del 1 dicembre 2020

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