mercoledì 28 agosto 2019

PICCOLA ERA GLACIALE E CACCIA ALLE STREGHE




Europa Centrale, mezzogiorno del 3 agosto 1562. Il cielo improvvisamente comincia a farsi scuro, sembra che la notte sia scesa con ore di anticipo. Poco dopo comincia a soffiare un vento sempre più forte che presto si trasforma in tempesta. Le finestre delle case vanno in frantumi, i tetti vengono spazzati via come se fossero di paglia, gli alberi cadono come piegati da una forza sovrannaturale. Ma il peggio deve ancora venire. L’’acqua torrenziale si trasforma in una grandinata di intensità mai vista.
Frutteti e vigneti sono distrutti quasi all’istante, così come il grano nei campi. La gente ha cercato riparo nelle chiese o dentro le mura domestiche ma gli animali sono rimasti privi di protezione. A mezzanotte, quando finirà l’inferno, si conteranno migliaia di capi di bestiame e cavalli uccisi dalla tempesta. Un nobile spostandosi da Vienna a Bruxelles ricorderà di avere visto devastazione ovunque durante il suo viaggio, lasciando intendere che questa perturbazione di proporzioni bibliche ha avuto un fronte di diverse centinaia di chilometri. 
Perturbazione che ancora oggi non sappiamo come si sia formata, ma della quale i contemporanei credevano di sapere con certezza l’origine: la stregoneria.


Durante la piccola era glaciale in Europa gelo, neve e inondazioni provocarono carestie con centinaia di migliaia di morti. All’inizio per i contadini, i più colpiti da questo feroce cambiamento climatico, i responsabili potevano essere solo tre.
Dio che puniva il mondo per i suoi peccati, il diavolo che si divertiva a tormentare l’uomo o le streghe. Idee nate in un ambiente culturale profondamente degradato e alle quali la chiesa, almeno in un primo periodo, tentò di mettere un freno.

Purtroppo però gli eventi atmosferici anomali continuarono a flagellare il continente europeo e alla fine la stregoneria divenne capro espiatorio di qualsiasi cosa accadesse. Anche quando i processi assumevano i toni della farsa, come nel caso dell’interrogatorio del tirolese Christoph Gostner che nel 1595, evidentemente insano di mente, pretendeva di avere poteri magici con i quali, per proteggere la comunità, poteva trasformare le grandinate in una debole pioggia. Quando l’inquisitore gli chiese perché non avesse evitato una burrasca verificatasi una settimana prima rispose che quel giorno aveva bevuto, e da ubriaco non se ne era preoccupato.

Per quanto illogiche certe affermazioni erano perfettamente credibili agli occhi della popolazione. Al contrario va però segnalato che l’inquisizione spesso si rendeva conto di non trovarsi dinnanzi a un pericoloso eretico ma più semplicemente a un folle, e cercava di porre rimedio. Presto però anche i tribunali ecclesiastici cominciarono a credere che certi fenomeni atmosferici fossero di origine magica. 
In particolare la grandine fu vista un po’ come la specialità di streghe e stregoni, e come tale considerata un vero e proprio crimine. Un cambiamento di prospettiva che portò a circa 40 mila condanne a morte dal 1450 al 1750. 

La chiesa a dire il vero si era sempre dimostrata ostile a condannare per semplice superstizione. Fino al XIV° secolo il suo nemico principale era l’eretico, colui che metteva in dubbio il primato dell’ortodossia. Ma dal 1380 in poi vi fu un cambio di prospettiva, e nel 1430 si registra la prima grande caccia alle streghe accusate di aver rovinato i raccolti nella Savoia francese. Nel 1480 poi, sotto il pontificato di papa Innocenzo VIII, la figura della maga in grado di mutare il tempo diventerà totalmente reale agli occhi degli inquisitori.

Per comprendere questo cambiamento occorre però cercare di capire cosa significassero a quei tempi una gelata fuori stagione, una grandinata o più semplicemente un periodo di siccità. Per i contadini dell’epoca un raccolto distrutto non rappresentava semplicemente una perdita economica ma la morte certa per fame. Naturale quindi che in un ambiente culturale dove si credeva realmente che con qualche formula o con la forza del pensiero si potesse mutare il tempo, la ricerca di un capro espiatorio fosse la conseguenza più logica della collera popolare. Ne è un triste esempio il fenomeno delle levatrici.

In un contesto storico nel il quale la mortalità infantile era già altissima durante il periodo caldo medioevale, con l’arrivo di temperature più rigide e conseguente malnutrizione il fenomeno dei bambini che non supera il primo anno di età assunse le dimensioni di un’ecatombe. Ed è così che cercando di sfogare il proprio dolore in qualche modo genitori e parenti se la prendevano con chi li aveva fatti nascere, e le levatrici cominciarono a finire sul rogo a migliaia accusate di aver fatto il malocchio al momento del parto. Sono reazioni psicologiche che per la loro irrazionalità faranno sicuramente sorridere il lettore, ma che erano perfettamente verosimili per chi viveva in quei secoli bui, sia che ci si trovasse di fronte a un bambino morto o a un raccolto perso.




Basti pensare alla terribile caccia alle streghe svoltasi per tra il 1626 e il 1631 nel bacino del Reno, in particolare a Trier, Colonia e Mainz. La psicosi di massa era cominciata il 24 maggio del 1626 quando, secondo l’astronomo contemporaneo Friedrich Ruttel, una grandinata di proporzioni eccezionali si abbatté sulla città di Stoccarda. La grandine raggiunse i 2 metri di altezza e fu immediatamente seguita da un rapidissimo calo delle temperature. La mattina seguente la gente rimase terrorizzata dalla presenza di ghiaccio negli specchi d’acqua della zona.

Tutto ciò provocò naturalmente la perdita di tutto il raccolto seguita da un vertiginoso aumenti di prezzo e dalla conseguente carestia. Un fenomeno che avrebbe impressionato anche noi che viviamo nel XXI° secolo. Naturale che l’unico effetto possibile su una popolazione indottrinata a credere in episodi come la distruzione di Sodoma e Gomorra fosse il panico. E infatti in tutta la regione processi e roghi si diffusero a macchia d’olio. Dopotutto le spiegazioni era due: qualcuno aveva lanciato il malocchio o Dio stesso aveva voluto punire l’intera regione per i suoi peccati. Tanto valeva fare piazza pulita di ogni possibile sospetto.

Un’altra testimonianza di questa follia popolare ce la porta Hans Linden che nel suo “Gesta traverorum” del 1675 racconta il caso della diocesi dell’arcivescovo Johannes VII Von Schonenberg. Dal 1581 al 1599 vi furono solo due anni fertili. Gli altri 16 furono caratterizzati da lunghi periodi di carestia. Mancava infatti il grano a causa del gran gelo. Per questo motivo la popolazione, convinta di essere vittima di un incantesimo, procedette alla – testualmente nel documento originale – “eradicazione” delle sospette fattucchiere. 

Concludendo si può quindi affermare che la caccia alle streghe è un fenomeno, a livello temporale, perfettamente sovrapponibile a quelle della piccola era glaciale in tutti i paesi europei.
Se analizziamo i processi svoltisi nella regione alpina notiamo che si concentrano maggiormente dal 1560 al 1630. Nel solo cantone di Vaud, in Svizzera, tra il 1580 e il 1620 furono messe a morte 971 streghe. 
Ed è molto interessante notare che negli stessi anni proprio quelle zone videro due fasi di grande recrudescenza della piccola era glaciale tra il 1550 e il 1560 e tra il 1580 e il 1600.

Il fenomeno della caccia alle streghe andò poi declinando nel XVIII° secolo. Gli ultimi processi si svolsero in Baviera tra il 1715 e il 1722, in Svizzera nel biennio 1737-1738 e in Germania nel 1746-1749, con l’ultima condanna a morte nel 1782. Non a caso già qualche tempo più tardi, all’inizio del XIX° secolo, terminava la fase più rigida della piccola era glaciale.

Fonte: srs di ALESSANDRO ASPESI, da Meteolive del 19 agosto 2019






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