lunedì 26 agosto 2019

ARTIGIANI, MORIA DI IMPRESE: SCOMPARSE 6.500 AZIENDE IN SEI MESI




La recessione? Per gli artigiani è già realtà.
Nel primo semestre del 2019 il comparto artigiano ha vissuto una netta contrazione, tanto che secondo l’analisi effettuata dalla Cgia di Mestre sono scomparse 6.500le aziende solo nei primi sei mesi dell’anno. E la tendenza permane pesantemente negativa. 
A pesare sugli artigiani, per la Cgia, sono soprattutto lo spettro dei maxi aumenti dell’Iva, il calo dei consumi, le tasse che non scendono, l’impennata degli affitti, l’accesso al credito che rimane difficoltoso.

Trentino Alto Adige, unica isola felice
Ad eccezione del Trentino Alto Adige, in tutte le altre regioni italiane il saldo del primo semestre è stato negativo. 
I risultati più preoccupanti si sono registrati in Emilia Romagna(-761), in Sicilia (-700) e in Veneto(-629). 
Per la Cgia è la «moria» delle aziende artigiane dura ormai da 10 anni. 
Tra il 2009 e il 2018, infatti, il numero complessivo è sceso di quasi 165.600 unità

L’Iva fa paura
«Lo spettro dell’aumento dell’Iva, rileva la Cgia, è una ulteriore “stangata” al mondo dell’artigianato e potrebbe arrivare il prossimo primo gennaio. Se non si disinnescherà l’aumento dell’Iva - rilevano gli artigiani di Mestre -, l’innalzamento di 3 punti percentuali sia dell’aliquota ordinaria che di quella ridotta rischia di provocare degli effetti molto negativi sul fatturato di queste attività che vivono quasi esclusivamente dei consumi delle famiglie».
E oltre agli effetti economici e occupazionali, la riduzione del numero delle attività artigiane e in generale dei negozi di vicinato ha provocato delle ricadute sociali altrettanto significative - aggiunge -. Con meno botteghe, si assiste a una desertificazione dei centri storici e anche delle periferie urbane sia delle grandi città che dei piccoli paesi».

La situazione drammatica del Sud
A livello territoriale è il Mezzogiorno la macro area dove la caduta è stata maggiore. 
Tra il 2009 e il 2018 in Sardegnala diminuzione del numero di imprese artigiane attive è stata del 18 per cento (-7.664). 
Seguono l’Abruzzocon una contrazione del 17,2 per cento (-6.220). 
L’Umbria, che comunque è riconducibile alla ripartizione geografica del Centro, con -15,3 per cento (-3.733). 
La Basilicatacon il 15,1 per cento (-1.808).
 E la Sicilia, sempre con il -15,1 per cento, che ha perso 12.747attività.

La carenza di personale qualificato
«Per rilanciare questo settore è necessario, oltre ad abbassare le imposte e alleggerire il peso della burocrazia, rivalutare il lavoro manuale - afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo - Negli ultimi 40 anni c’è stata una svalutazione culturale che è stata spaventosa. L’artigianato - continua Zabeo - è stato dipinto come un mondo residuale, destinato al declino e per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra la scuola e il lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali, in passato determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese. Oggi, invece, sono percepiti dall’opinione pubblica come scuole di “serie b”». 

Nonostante la crisi e i problemi generali che assillano l’artigianato, non sono pochi gli imprenditori di questo settore che segnalano la difficoltà a trovare personale disposto ad avvicinarsi a questo mondo. «Soprattutto al Nord - spiega Mason - si fatica a reperire nel mercato del lavoro giovani disposti a fare gli autisti di mezzi pesanti, i conduttori di macchine a controllo numerico, i tornitori, i fresatori, i verniciatori e i battilamiera. Senza contare che nel mondo dell’edilizia è sempre più difficile reperire carpentieri, posatori e lattonieri. Più in generale, comunque, l’artigiano di domani sarà colui che vincerà la sfida della tecnologia per rilanciare anche i `vecchi saperi´. Alla base di tutto, comunque, rimarrà il saper fare che è il vero motore della nostra eccellenza manifatturiera».

Fonte: da Corriere economia del 17 agosto 2019 


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