martedì 12 maggio 2015

STORIA VENETA - 18: 958 - CANDIANO III PREGA GRAZIA PER Il FIGLIO. PIETRO AVEVA TENTATO DI DEPORRE IL PADRE



Dal testo di Francesco Zanotto


"Era Pietro di carattere torbido ed inquieto, e ... non appena si vide salito a tal dignità, diedesi, sotto mano e coll'opera di alcuni suoi fidi, a commuovere il popolo a rivolta contro il genitore suo medesimo.  Perlocchè, nuovo Assalone, adunato numeroso stuolo di tristi, mosse verso il palazzo ducale per assalirlo. Ma presa di subita ira la maggior parte del popolo, nè potendo sofferire la inguiria fatta alla stessa natura, accorse armato alla difesa del vecchio Doge; e venuto alle mani coi congiurati ben preso la vittoria spiegossi ... "


ANNO 958



Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri


Un  tentativo di assalire il palazzo ducale e di deporre il vecchio e amato doge Candiana III viene stroncato dalla reazione del popolo. Il  figlio, Pietro Candiana, viene arrestato e condannato a morte. Ma la pietà del padre e il suo carisma gli concedono la vita e l'esilio perpetuo, una soluzione che però non risolse il problema visto che ...


LA SCHEDA STORICA


Dopo  la morte del doge Pietro Tribuno sotto il cui dogato vennero fortunatamente fermati gli Ungari presso il porto di Albiola,  i suffragi del popolo veneziano si concentrarono su di un esponente della famiglia Partecipazio: Orso II che si dimostrò degno continuatore della saggia politica di sviluppo urbano e difensivo delle isole realtine già iniziato dal suo predecessore.
Rialto stava così assumendo sempre più la fisionomia di una vera e propria città. L'isola venne innanzitutto collegata alla vicina Olivolo, sede del vescovado mentre si accelerava il processo di espansione della zona abitativa verso oriente e nelle isole minori più vicine. Anche le zone agricole e paludose subivano un notevole ridimensionamento contribuendo così a configurare sempre più l'area di Rialto come un'area propriamente urbana.
All'indomani della sua elezione, il doge inviò a Costantinopoli il figlio Pietro per rendere omaggio all'imperatore bizantino ricevendo in cambio il titolo, ormai vuoto e puramente formale, di protospatario imperiale. Tuttavia ciò dimostrava e confermava comunque la secolare intesa tra Venezia e la lontana capitale imperiale.
Dopo un dogato tranquillo e laborioso durato vent'anni, il vecchio doge si ritirava nella pace del monastero di  S. Felice e Fortunato nell'isola di Ammiana dove finì i suoi giorni.
Gli successe l'esponente della seconda grande famiglia veneziana del momento, Pietro Candiano II, a riprova che nel corso del IX secolo il dogato era appannaggio di un numero ristrettissimo di antiche e potenti famiglie, nel caso specifico, i Partecipazio e i Candiano. Non a caso, alla morte di Pietro, fu nuovamente la volta di un Partecipazio, l'ultimo doge di tale patronimico e appartenente al ramo collaterale dei Badoer che resse tuttavia il dogato per soli tre anni.
Era il 942 e in quel medesimo anno veniva eletto il nuovo doge, questa volta, ovviamente, un Candiano: Pietro III figlio del precedente doge Pietro II.  La personalità del nuovo eletto, diversamente da quella del padre, appare quella di un uomo incline ad una politica di forza, imperniata eminentemente sulle iniziative militari.
In questa direzione si presentano le due spedizioni navali che Pietro organizzò contro gli Slavi di  Narenta con i quali ormai da secoli i Veneziani si scontravano con alterni esiti. La prima, di ben 33 navi, sembra avesse avuto uno scopo puramente dimostrativo, di semplice pressione sui bellicosi pirati affinché garantissero la sicurezza per le navi veneziane che transitavano nell'alto Adriatico. La spedizione infatti, non sortì alcun esito né di ordine politico, né militare. Diversamente invece, si concluse la seconda spedizione a seguito della quale i Narentani accettarono e sottoscrissero un patto di salvaguardia richiesto dal traffico commerciale veneziano.
Tuttavia i problemi e le difficoltà più grosse, il doge doveva affrontarli in casa propria, all'interno della sua stessa famiglia composta da tre figli che il doge aveva provveduto a collocare.
Il primo era stato investito del vescovado di Torcello, l'altro, che portava lo stesso nome del padre, venne assunto da questi come coreggente mentre il terzo ed ultimo figlio, molto probabilmente era stato spedito a Costantinopoli come da consuetudine, quale ambasciatore o, più verosimilmente, quale garanzia di fedeltà alla corte greca da parte del padre.
L'assunzione alla ducea del figlio Pietro, si dimostrò ben presto, tuttavia, una scelta alquanto infelice tanto che molto probabilmente il vecchio doge si era visto più che altro costretto ad accettare che gli venisse affiancato il figlio nella gestione del potere.
Fu infatti  " ... per istanza - volontà- del popolo ... " dicono le fonti, che Pietro salì al trono ducale accanto al padre che, visto come andarono le cose, ne avrebbe fatto probabilmente volentieri a meno. Si ha notizia, al riguardo infatti, di una vera e propria ribellione del figlio nei confronti del proprio padre, trasgredendo ad ogni sorta di ammonimento fino ad arrivare allo scontro aperto e diretto. Le ragioni, con tutta probabilità, erano riconducibili a due diversi modi di gestire ed improntare la politica veneziana. Il vecchio doge incline a sviluppare e tutelare la politica tradizionalmente marittima di Venezia -le due spedizioni contro i pirati slavi comprovano questa linea di condotta -, mentre dall'altro canto il figlio si dimostrava portatore di una visione completamente diversa che puntava sull'espansione veneziana anche sulla terraferma e sui beni fondiario-immobiliari.
Gli stessi Candiano, del resto, specie dopo Pietro III, avevano fondato il patrimonio familiare sull'incremento dei beni già posseduti sulla terraferma. Progetti ed aspirazioni diverse allontanavano i due dogi, espressione, in questo senso, di due ben diversi ed opposti interessi di parte. Non c'è dubbio infatti che all'interno di una società come quella veneziana del X secolo in rapida espansione, si facessero sempre più sentire le pressioni di gruppi mercantili che guardavano alla terraferma e alle sue ricche rendite con crescente interesse.
I limiti imposti dalla tradizione lagunare non erano più sufficienti a contenere esigenze ed interessi cresciuti e maturati con la stessa società. Per il momento, tuttavia, prevaleva ancora la tradizione, quella parte di popolo da sempre legata alle attività marittime, custode dell'antica tradizione. Nello scontro presso il mercato di Rialto tra le due fazioni, venne infatti catturato il giovane coreggente dalla parte di popolo e clero rimasta ancora fedele al vecchio doge che dovette personalmente intervenire affinché venisse risparmiata la vita al proprio figlio.
Ottenuta la grazia, Pietro si vide tuttavia costretto a bandire il figlio dalle isole veneziane dopo che il popolo ebbe giurato che mai avrebbe eletto in futuro quale proprio doge il figlio traditore.  Figlio che ben presto si organizzò per tentare di far ritorno in patria. Rifugiatosi presso la corte del re d'Italia Berengario, Pietro organizzò infatti una piccola flotta con la quale attaccò delle navi veneziane presso Ravenna. Preludio di uno scontro ben più grave e doloroso? Non è dato saperlo. Il destino decise le sorti della contesa con la morte del vecchio doge e padre, Pietro III Candiano.


Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  1, SCRIPTA EDIZIONI


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