venerdì 1 maggio 2015

STORIA VENETA - 7: 730 - LA PRESA DI RAVENNA. TOLTA AI LONGOBARDI GRAZIE ALLA FLOTTA VENETA


Dal testo di Francesco Zanotto


"Ma intanto uscivano i Veneziani la notte con ottanta legni, e sul romper dell'alba si presentavano dinanzi al porto di quella città. Così Ravenna improvvisamente assalita per terra e per mare ad un tempo mal potè resistere a quella battaglia. Imperocchè i  Veneziani, non ancor sorto il giorno, schieraronsi ir battaglia dando mano a fulminar la città con terribili proiettili, in quel tempo appellati fuochi greci ... "



ANNO  730



 Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri


Liutprando con il pretesto di difendere la fede dall'eresia iconoclasta attacca la città di Ravenna e la conquista.  Cade l'esarcato ma il governatore bizantino perora la sua causa presso il governo ducale e chiede l'aiuto del Papa.  Così alla fine i Veneziani offrono aiuto militare e sbarcati dalla flotta riescono a infrangere la resistenza ...


7 - LA SCHEDA STORICA


 La leggenda avvolge anche i due successori di Paoluccio, Augusto e Marcello Tegelliano, quest'ultimo già "magister militum" che pare abbia provveduto ad armare un certo numero di imbarcazioni veneziane per far fronte alle continue scorrerie dei corsari che allora infestavano le coste dell'alto Adriatico.

Alla morte di costui, i suffragi dell'assemblea riunitasi ad Eraclea per l'elezione del nuovo doge, si concentrarono su di un certo Orso Ipato, cittadino della stessa Eraclea che le fonti descrivono come un uomo bellicoso ed intraprendente.

Intanto il clima politico generale stava ancora una volta mutando rapidamente. L'imperatore d'Oriente, Leone III  Isaurico, aveva emanato infatti nel 726 un editto con il quale veniva proibito il culto delle immagini sacre (iconoclastismo). L'editto era naturalmente valido in tutto l'impero dove ancora rientravano le zone della penisola italiana occupate dai Bizantini e tra queste l'immediato entroterra veneto con tutta l'area lagunare.  Il  provvedimento non mancò di suscitare, tanto in Oriente quanto in Occidente, violente proteste, quando non si trattò di veri e propri tumulti. Fu quest'ultimo il caso di Ravenna dove l'esarca Paolo venne assassinato dai rivoltosi - rivolta che si estese ben presto in tutto l'Esarcato - e di Roma, dove il duca bizantino con il figlio vennero ugualmente trucidati.  Il culto delle immagini sacre era e doveva restare una delle caratteristiche peculiari ed irrinunciabili del culto cristiano.

In Italia, intanto, alla proteste del Pontefice contro il provvedimento imperiale, si erano unite anche quelle del re longobardo Liutprando che vedeva in quel momento di estrema debolezza dell'Impero bizantino, una preziosa occasione per poter conquistare l'Esarcato ravennate. Fatto che puntualmente si verificò.

Fu lo stesso successore di Paolo, Eutichio, che impossibilitato a entrare a Ravenna per la situazione di estrema incertezza che ancora regnava nella città, ad aprire le ostilità nel 732 contro i Longobardi. Lo scontro non fu certo favorevole all'esarca che infatti venne sconfitto dal re Liutprando presso Bologna in quell'occasione conquistata dai Longobardi.  Dalla città l'esercito di  Liutprando riuscì in successione a conquistare anche gran parte dell'Emilia e delle Marche, arrivando ad occupare l'importante porto bizantino di Classe, stringendo d'assedio la stessa Ravenna che venne infine conquistata. All'esarca non restò che la fuga e con lui fuggiva anche l'arcivescovo ravennate.  La meta? Eraclea, sede del duca veneziano Orso. Da questi l'esarca si aspettava evidentemente un aiuto per la riconquista di Ravenna, contando sulla efficienza della flotta veneziana. A tal fine premeva anche lo stesso Papa, preoccupato per l'avanzata dei Longobardi verso Roma.

Nel 732 il pontefice Gregorio III si era infatti rivolto anche al Patriarca di Grado Antonino, affinché si adoperasse perché Ravenna tornasse al più presto terra imperiale. E' probabile che il Papa si sia rivolto al Patriarca di Grado nella certezza che questi avrebbe potuto a sua volta intercedere con successo presso i Veneziani, convincendoli sull'opportunità e sulla necessità di un loro intervento armato a favore dell'esarca.


Una realtà consolidata


Ormai le 'Venetiae"rappresentavano, evidentemente, una realtà anche politica e militare determinante negli equilibri che si giocavano nell'intera penisola. Al suo rappresentante religioso - il Patriarca di Grado - e politico - il doge Orso- , si rivolgevano niente meno che le massime autorità dell'epoca, il Pontefice e, indirettamente tramite il suo rappresentante, l'imperatore di Bisanzio. In cambio del loro impegno militare a favore dell'esarca, i Veneziani avrebbero ottenuto franchigie ed immunità commerciali nelle terre e nei porti bizantini della penisola. Di fronte a tali benefici i lagunari, pur avendo stretto in passato dei trattati con i Longobardi, misero a disposizione dell'esarca una grossa flotta (Ravenna allora era ancora bagnata dal mare) che assalì la città dal lato marittimo mentre le altre truppe bizantine la prendevano da terra. Ildebrando, nipote del re longobardo Liutprando e Perendeo, duca di Vicenza, invano tentarono di tenere la città.

Ravenna venne infatti riconquistata dai Bizantini grazie anche al fondamentale aiuto dei Veneziani che non mancarono di approfittare dell'occasione per portare in patria una certa quantità di bottino e con questo anche Ildebrando quale illustre prigioniero.

Le drammatiche conseguenze dell'editto imperiale del 726, con la rivolta delle popolazioni italiche ancora sotto il dominio bizantino non lascia tuttavia ancora intravvedere, al di là delle motivazioni religiose, alcuna intenzione autonomistica o di scissione rispetto allo stesso Impero.

Il  processo, in particolare nelle isole realtine, doveva rivelarsi ancora lungo e complesso. Lo stesso duca Orso portava ancora il titolo di "Ipato", ovvero di console imperiale, persona quindi che si era recata a Costantinopoli a rendere omaggio all'imperatore. Lo stesso aiuto reso dai Veneziani ai Bizantini nella riconquista di Ravenna, testimonia ulteriormente di come le realtà veneto-lagunari si sentissero ancora parte integrante dell'impero bizantino.



Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  1, SCRIPTA EDIZIONI




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