giovedì 18 agosto 2011

VERONA, MUSEO DI STORIA NATURALE, LA CONSERVATRICE DI PREISTORIA LAURA LONGO

Laura Longo

Leggendo su internet un post del museo di Verona, si viene a sapere che Verona è un luogo accogliente e ideale per viverci sin  da tempi immemorabili, come testimonia il grande patrimonio di reperti fossili disseminato sul suo territorio.
Pochi sanno che il Museo di Storia Naturale di Verona è il più antico del mondo e che la dott.ssa  Laura Longo, paleoantropologa e Conservatore di Preistoria, è attivamente impegnata nella valorizzazione delle testimonianze provenienti dal patrimonio preistorico locale e che  si dedica con passione sia a campagne di scavo nei siti di tutto il mondo che alla valorizzazione delle testimonianze del nostro territorio. A lei si devono la riscoperta e la rivalutazione di reperti custoditi nell’istituzione cittadina, con risultati di grande valore scientifico.

MA OGGI, DOV’È LA DOTT. SSA LAURA  LONGO?
Di lei a Verona non si hanno  più notizie. Dopo aver contribuito, nel 2010 a portare a  conoscenza del grande pubblico il “mistero delle selci blu del Museo di Verona”,  dall’inizio del 2011 se ne  sono perse tutte le tracce: scomparsa, sublimata.
Che  sia stata letale  alla nuova e misteriosa molecola che gli studiosi hanno battezzato «Juliet», Giulietta, che potrebbe essere la responsabile del cambio di colore delle pietre?  Oppure, dopo  che la giunta comunale del sindaco Flavio Tosi  ha messo in vendita, per  far schei, il palazzo del Museo di Verona, non ne siano  in vendita anche i dipendenti?

Per avere una memoria  della dott. essa  LAURA  LONGO recupero  un post, tratto da excellencebook.it


PRIMA DELLA STORIA


Pochi sanno che il Museo di Storia Naturale di Verona è il più antico del mondo. Laura Longo, paleoantropologa e Conservatore di Preistoria, è attivamente impegnata nella valorizzazione delle testimonianze provenienti dal patrimonio preistorico locale

Verona è un luogo accogliente e ideale per vivere da tempi immemorabili, come testimonia il grande patrimonio di reperti fossili disseminato sul suo territorio.
La paleoantropologa Laura Longo, Conservatore di Preistoria del  Museo di Storia Naturale di Verona, si dedica  con passione sia a campagne di scavo nei siti  di tutto il mondo che alla valorizzazione delle  testimonianze del nostro territorio. A lei si devono la riscoperta e la rivalutazione di reperti custoditi nell’istituzione cittadina, con risultati di grande valore scientifico.

Ci parli di lei...

Sono nata a Verona, ma ho trascorso la mia infanzia a Pedemonte, in Valpolicella, dove è scaturita la mia passione per i “sassi”. Mia mamma conserva ancora il primo fossile che ho raccolto, un’ammonite. Sono sempre stata affascinata dalle cose precise e concrete. Non a caso ho studiato Scienze Naturali, scelta favorita anche dalla vicinanza all’esperienza di mia nonna, che era una naturalista e frequentava il Museo di Verona. Già al liceo avevo maturato l’idea di proseguire gli studi in un ambito legato all’archeologia o alla geologia, ma la vera fascinazione è avvenuta con la lettura del libro di Donald C. Johanson, lo scopritore di Lucy.

Qual è stato, quindi, il suo percorso di studi?

Mi sono laureata a Ferrara, università che lavora nel territorio veronese nel settore della preistoria antica. A Verona si trovano infatti siti importantissimi, come i Ripari Mezzena, Zampieri, Tagliente e la Grotta di Fumane. Ho proseguito quindi all’estero con il dottorato: un anno in Inghilterra, quasi un altro tra Francia e Russia, e infine il post dottorato negli Stati Uniti, a S.M.U. Dallas, Texas.  Sono state esperienze fondamentali per introdurmi in un circuito internazionale, ma anche per farmi comprendere l’importanza e la peculiarità del nostro territorio, in modo da poterlo valorizzare. Essere aggiornati sulle metodologie più attuali permette di tirar fuori molto di più dai giacimenti. Il mio slogan è: pensare globale, agire locale.

Anche perché il ritrovamento di un reperto si incasella in una scena globale...

Assolutamente sì. Pensiamo ai reperti di Riparo Mezzena, quasi dimenticati per 50 anni. Quando sono tornata a Verona come Conservatore, nel ’98, sono rimasta molto meravigliata dal fatto che avessimo dei fossili umani di tale importanza e che non fossero oggetto di ricerche aggiornate e moderne.
Attraverso metodologie estremamente innovative abbiamo estratto da uno dei reperti il Dna nucleare, importantissimo perché presenta sia i geni materni che quelli paterni. Siamo riusciti così a risalire, tra l’altro, ad informazioni relative all’aspetto esteriore, scoprendo il fenomeno dello schiarimento della pelle nell’uomo di Neanderthal, processo intervenuto poi altre volte nel corso dell’evoluzione umana. Se si vive a nord, dove non c’è lo stesso irraggiamento solare che in Africa, non si ha ragione di avere pelle e capelli scuri, perché non si ha più bisogno di proteggersi dal sole, ma si necessita anzi di una pelle chiara che permetta il corretto funzionamento della vitamina D. Si tratta di una convergenza adattativa estremamente significativa. Di questa scoperta hanno parlato le più importanti riviste scientifiche, prima tra tutte Science.
Senza un continuo aggiornamento non è possibile arrivare a certi risultati. Ora stiamo lavorando sulla sequenza di geni che codifica il linguaggio e abbiamo effettuato la campionatura dell’altro reperto di Mezzena, la mandibola femminile. La preistoria interessa molto anche i non addetti al settore, perché ci parla delle nostre radici. Capire la storia del l’uomo dà chiavi di lettura per decifrare molti nostri comportamenti che, seppure spinti da necessità diverse, hanno forti analogie con il passato remoto.

Una scoperta con un grande valore scientifico...

Sì, indubbiamente! Ma è anche significativo sottolineare come questi risultati provenganoda reperti che erano già conservati da tempo in un museo. Questo significa che i musei, soprattutto il nostro, con 500 anni di storia alle spalle, hanno tanto da dire oggi e in futuro. Basta saperli far parlare! E la pubblicazione di una ricerca sulla più prestigiosa rivista scientifica del mondo lo dimostra...
Ciò che conserviamo può raccontare molto sul nostro territorio e rappresenta un forte legame con le nostre radici. Credo che pochissimi veronesi sappiano di avere un museo così antico e di così grande valore. Abbiamo tanto da fare, da dire; bisogna trovare il modo e le risorse sia economiche che umane per farlo. Fondamentale è credere in quello che si fa.

Come si riesce a trasmettere conoscenze anche complesse a chi non è del settore?

Nel 2002/03 abbiamo allestito in museo la mostra “Fossili antichi e modelli virtuali”, utilizzando linguaggi adatti alla comunicazione moderna. La mostra ha avuto un successo tale da spingere il Museo dell’uomo del Similaun di Bolzano ad acquistare il nostro format; non era mai successo!
Abbiamo inoltre organizzato una serie di eventi ad hoc, creando un vero e proprio pacchetto culturale che ha accompagnato tutta la durata della mostra, con attività dedicate anche ai più piccoli, e persino un cineforum, realizzato in collaborazione con il Centro Mazziano, dal nome “2002, Odissea nella specie”, con film e cartoni animati dedicati all’argomento.

Il Museo di Storia Naturale è molto amato e frequentato da varie generazioni di ve- ronesi; da anni si parla di un suo spostamento, in modo da dargli più spazio...

Il museo è molto legato all’architettura in cui è collocato, ma gli spazi sono davvero troppo ridotti. A mio avviso il progetto Chipperfield, che prevedeva l’Arsenale come nuovo spazio museale, era perfetto nella sua veste iniziale. A tutt’oggi non si sa quale sarà la nuova sede. Purtroppo si sta dando insufficiente importanza a questa realtà, tanto che le nostre stesse ricerche vengono spesso sottovalutate.
Quando Science ha pubblicato la nostra ricerca, nel 2007, le istituzioni cittadine non hanno ritenuto che la cosa rivestisse un’importanza tale da dedicarle una conferenza stampa. E ad ottobre 2008 la ricerca sul Neanderthal dai capelli rossi ha addirittura ottenuto la copertina del National Geographic International, venduto in decine di milioni di copie in tutto il mondo!  Non solo è stata pubblicata su Science e NG, ma il Museo di Verona può vantare una ricerca selezionata tra le cinque più importanti dell’anno per la paleoantropologia.
Questa disattenzione è sintomatica della sottovalutazione del patrimonio preistorico nel nostro territorio, che rappresenta invece un’autentica ricchezza. Tutta la provincia veronese è un museo vivente; siamo arrivati qui 500 mila anni fa e non ce ne siamo più andati, vi sono testimonianze ovunque, siti importantissimi e strutture archeologiche. E non dimentichiamoci dei fossili di Bolca, che dovrebbero essere maggiormente valorizzati. Quanto lavoro c’è ancora da fare!



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