– Marco Bordoni –
Lo scorso febbraio (2015) l’influente società texana
specializzata in pubblicistica su materie geopolitiche e consulenza analitica e
investigativa Stratfor ha pubblicato
una previsione sugli sviluppi delle tendenze globali per il decennio 2015 –
2025.
Si tratta di un rapporto estremamente sintetico e diretto,
che in sostanza riprende la visione già
presentata da George Friedman, Presidente di Stratfor, consigliere del
Dipartimento di Stato, al Chicago Council on Global Affairs il 3
febbraio. Cerchiamo di riassumere i punti salienti avvertendo che la
versione integrale è disponibile in lingua inglese sul sito dell’agenzia.
Previsioni del decennio 2015 – 2025 traccia le linee
di tendenza globali esaminando sette macro aree: Unione Europea, Russia, Medio
Oriente, Cina, Paesi tropicali, Stati Uniti. Si tratta di previsioni, come
potete vedere, estremamente audaci e sorprendenti. Vediamole in sintesi:
Secondo Stratfor il tallone d’ Achille della Germania è
l’eccessiva dipendenza dall’export
La crisi dell’Unione Europea. L’Unione non riuscirà a
ricucire le divergenze emerse dopo la crisi del 2008. Secondo Stratfor l’Unione
è destinata a spaccarsi in quattro zone: Mediterrano, Europa Centrale (Germania
e Satelliti), Mare del Nord (Svezia e Regno Unito) ed Europa Orientale (sede di
una “nuova NATO dell’est” su cui torneremo). Questa disintegrazione ridarà
fiato agli Stati nazionali ed al protezionismo, il che colpirà violentemente
l’economia tedesca, che si sostenta troppo sull’ export nell’eurozona.
Conclusione: la nostra previsione è che la Germania
scivolerà e precipiterà in un grave declino economico che produrrà una crisi
interna, sociale e politica, crisi che ridurrà l’influenza tedesca sull’Europa
nei prossimi 10 anni.
L’implosione della Russia. Secondo gli analisti
americani la Russia non riuscirà ad emancipare la propria economia, e rimarrà
dipendente dalla oscillazione del costo delle materie prime e dai flussi
finanziari stranieri. Le temporanee interruzioni di valuta pregiata spezzeranno
il meccanismo redistributivo che tiene legate le province esterne al centro, in
una serie di crisi che porteranno alla deflagrazione del paese. Secondo
gli analisti le regioni che potrebbero uscire dall’orbita di Mosca sono il
Caucaso, la Carelia e l’estremo Oriente. Data per scontata la frammentazione
della Federazione Russa, Stratfor prevede che ne deriverà un problema di
gestione dell’arsenale nucleare, problema che dovrà essere affrontato dagli
Stati Uniti o con lo strumento militare o attraverso la gestione politica degli
stati che nascerebbero dall’ esplosione della Russia. Sotto questo profilo
viene ipotizzato che “l’alleanza Baltico Mar Nero” incentrata su Ucraina Polonia
e Georgia (nihil sub sole novum, per chi conosce il Progetto “Dei Due Mari” del
dittatore polacco Pilsudskij) dovrebbe estendersi verso il Caucaso e il Mar
Caspio “agevolando” il processo di scomposizione e ricomposizione dello spazio
russo.
Il Medio Oriente precipita nel caos. Gli Stati Uniti
non possono e non devono cercare di stabilizzare il processo di dissoluzione
degli stati del Medio Oriente: una simile azione di contrasto avrebbe costi
eccessivi e non produrrebbe risultati utili. Il compito di gestire il caos che
ne deriva viene assegnato alla Turchia, a cui è richiesto di sostenere
lo sforzo antirusso a nord (facilitando la creazione della grande “alleanza
Baltico Mar Nero”) ottenendo in cambio “mani libere” in Medio Oriente e nei
Balcani. Conclusione: Ci aspettiamo di vedere una accelerazione della
affermazione della Turchia quale potenza regionale dominante. Non una
parola viene dedicata dal rapporto ad Israele.
Cina in difficoltà. L’economia della Cina rallenterà,
e il suo governo si troverà di fronte al problema di gestire politicamente e
socialmente questo rallentamento. Stratfor traccia due scenari: uno “più
probabile” ipotizza un ulteriore appesantimento della stretta del Partito sulla
società, da cui potrebbe risultare una dittatura con aspettative di crescita
più modeste di quelle attuali. L’altro “meno probabile” è quello di una
spaccatura fra regioni sviluppate della costa e sottosviluppate dell’interno.
In ogni caso la Cina non viene descritta come una minaccia per gli equilibri
regionali: le sue tendenze espansive potranno essere contenute dal riarmo
navale del Giappone.
I sedici leoni. Gli analisti degli Stati Uniti
identificano un gruppo di paesi “tropicali” (Messico, Nicaragua, Repubblica
Domenicana, Perù, Etiopia, Kenia, Uganda, Tanzania, Sri Lanka, Bangladesh,
Myanmar, Laos, Cambogia, Vietnam, Indonesia e Filippine) che diventeranno
centri manifatturieri per le produzioni a minor gradiente tecnologico (materie
plastiche, indumenti). Paesi tutti per cui viene prevista una crescita
impetuosa nel decennio venturo.
Il rafforzamento dell’egemonia degli Stati Uniti. Gli
USA, osserva Stratfor, conoscono una ininterrotta espansione di potenza
economica e militare dal 1880. Il primo punto di forza su cui si basa questa
espansione è l’ autosufficienza, che gli analisti di Stratfor chiamano
“insularità”. Autosufficienza sia sotto il profilo commerciale, non dipendendo
l’economia USA dall’export, sia sotto il profilo delle materie prime: questa
autosufficienza consente agli Stati Uniti di superare indenni qualsiasi
tensione fra blocchi in Eurasia. Non solo: essendo gli Stati Uniti a tutti gli
effetti un “santuario” finanziario, le tensioni in Eurasia possono solo
provocare effetti benefici (afflusso di capitali in fuga) oltre oceano. A
causa dell’aumento della disparità sociale interna, si prevede che gli Stati
Uniti possano andare incontro ad una crisi sistemica, ma la data di questa
crisi viene differita al decennio successivo.
CHE NE PENSATE DI
QUESTE “PREVISIONI”?
A noi pare che, a volerle considerare frutto di una analisi
neutrale, funzionino assai male. Oggi come oggi la Russia, pur bersaglio di
violenti attacchi, non solo non mostra segni di sfaldamento, ma sembra “tenere”
assai bene. L’asse con la Cina (nemmeno menzionato nell’analisi) garantisce ad
entrambe le potenze una certa reciproca stabilità, che rende remoto l’orizzonte
ipotizzato. La Germania, lungi dall’essere sul ciglio del baratro, pare
esercitare una influenza crescente nell’Unione Europea di cui è senza dubbio
l’economia guida. Quanto agli Stati Uniti il Presidente Obama ha ceduto
molto su vari tavoli nel tentativo di stringere accordi che gli permettessero
di serrare l’accerchiamento intorno alla Russia e sembra ancora presto per
stabilire se queste mosse preludano ad un rilancio o ad un ripiegamento
dell’influenza americana nel mondo. Quindi no, questo rapporto non deve
essere letto come una semplice “previsione”.
Ma se proviamo a cambiare chiave e a considerarlo una
dichiarazione d’intenti, le cose cambiano. Come messaggio inviato dalla più
influente agenzia di analisi strategica degli Stati Uniti al decisore politico
le “previsioni” sono estremamente significative: lo scenario descritto
non è ciò che succederà ineluttabilmente, ma ciò che si auspica succeda: lo
scenario favorevole di domani cui deve essere tesa l’azione politica di oggi.
Consideriamo per un attimo l’analisi in questa ottica e chiediamoci: quale
condotta dovrebbero tenere gli Stati Uniti per inverare le previsioni di
Stratfor?
•
Disarticolare l’Eurasia. Non solo gli
Stati Uniti, essendo pienamente autosufficienti, non hanno alcun interesse a
che le economie e i sistemi politici dell’Eurasia si integrino e si
stabilizzino ma anzi, ospitando il centro finanziario mondiale, naturale
rifugio dei capitali, hanno interesse che le principali potenze dell’Eurasia
entrino in tensione fra loro e che si confrontino anche militarmente. La
politica estera degli Stati Uniti non deve quindi essere intesa a stabilizzare,
ma a destabilizzare. L’estremismo islamico e il collasso degli stati del Medio
Oriente, in questa ottica, non solo non costituiscono una minaccia prioritaria,
ma possono divenire addirittura una risorsa.
Angela
Merkel e Vladimir
Putin: per gli analisti
americani il rapporto russo tedesco è la maggiore minaccia all’egemonia USA
•
Separare la Russia dalla Germania. La
priorità assoluta degli Stati Uniti risulta dal rapporto essere la risposta
alla “sfida” posta dalla rinascita della Russa. La Russia viene vista come
nemico non solo per le sue attuali capacità, ma in quanto polo principale
dell’unica combinazione di potenze euroasiatiche attualmente in grado di sfidare
la supremazia statunitense: per un secolo, gli Stati Uniti si sono
preoccupati che potesse emergere una Potenza egemone in Europa, e, in
particolare, che non vi fosse un accordo fra la Germania e la Russia, o la
conquista di una da parte dell’altra. Questa combinazione, più di ogni altra,
potrebbe assemblare una forza (che unisca il capitale e la tecnologia tedeschi
e le risorse e la forza lavoro russe) capace di minacciare gli interessi
Americani. In questa geometria la Russia è IL nemico da distruggere, la
Germania il partner da ridimensionare.
•
Distruggere la Russia. I mezzi con cui
viene preparata la distruzione della Russia sono essenzialmente due: uno
economico e l’altro politico. Lo strumento economico prescelto è l’oscillazione
del costo delle materia prime, che assicurano il flusso di valuta pregiata su
cui si regge (nella ricostruzione, per la verità piuttosto semplicistica, di
Stratfor) la dorsale di potere putiniana e la concordia delle etnie della
Federazione Russa. L’obiettivo è sottoporre il paese a ripetuti shock economici
da aggravare con gli usuali strumenti di aggressione finanziaria. Il precedente
a cui ci si vuole ispirare è chiaramente il contributo della fluttuazione del
prezzo del greggio negli anni ’80 alla crisi dell’URSS. La leva politica è
l’alleanza Baltico – Mar Nero, una coalizione informale che svolga il compito
di “nuova NATO dell’est”, schierata su di una cintura di paesi a ridosso della
Russia: Finlandia, Stati Baltici, Polonia, Romania, Bulgaria, Georgia ed
Azerbaidjan, con l’incognita dell’Ucraina e l’auspicata (ma non scontata)
partecipazione della Turchia. Un cappio pensato per il contenimento e per
l’assorbimento progressivo, con strumenti politici e militari dei “pezzi” di
Federazione Russa via via disgregati e separati dal centro politico del paese.
Una trappola mortale che potrebbe costringere la Russia a misure difensive
estreme e pienamente giustificate.
Dal 2004 ad oggi la CIA continua a “prevedere” la disgregazione della Federazione Russa. Sin ora senza risultati.
Dal 2004 ad oggi la CIA continua a “prevedere” la disgregazione della Federazione Russa. Sin ora senza risultati.
•
Ridimensionare la Germania. Il
conglomerato politico militare Baltico – Mar Nero è un’arma puntata anche
contro la Germania. Infatti le aspirazioni tedesche devono essere
ridimensionate: la potenza di Berlino ha un tallone di Achille, che è la dipendenza
dalle esportazioni, e questo tallone si può colpire agevolando ed
accelerando il processo di disgregazione della unità economica europea (a
questo proposito Stratfor sottolinea che il problema non è l’unione monetaria,
ma quella doganale), sostenendo con discrezione le aspirazioni del mediterranei
(si veda il caso della Grecia) e promuovendo la formazione del blocco est.
Sottraendo alla Germania i mercati di sbocco si confida di farla precipitare in
una crisi economica e sociale che ne ridimensioni la taglia politica.
•
Convivere con la Cina. La Cina non viene
identificata come una minaccia primaria. L’obiettivo designato è quello di
soffocarne economicamente lo sviluppo attraverso la riallocazione della
produzione manifatturiera mondiale e la sua distribuzione in un numero di paesi
di taglia minore, con un costo del lavoro addirittura inferiore a quello
cinese, che possano essere gestiti in maniera più agevole. La collaborazione
sino russa è considerata strategicamente irrilevante, una somma fra due debolezze
per di più naturalmente ostili. Non viene esclusa né la possibilità di una
alleanza più stretta (attraverso una partecipazione cinese al banchetto seguito
la dissoluzione della Russia) né quella di una destabilizzazione del gigante
asiatico, considerata però residuale.
•
Dividere per Comandare. Il nemico da
distruggere è la Russia. L’ “amico” da ridimensionare la Germania. Al di fuori
di queste priorità non esistono strategie preferenziali salvo quelle di
frantumare l’Eurasia in una pluralità di centri di potere da giocare l’uno
contro l’altro aumentando ad arte le tensioni senza stabilire rapporti
privilegiati di sorta stringendo e sciogliendo alleanze secondo le convenienze
del momento.
Conclusioni. Letto come complesso di linee di azione,
e non come semplice previsione, il rapporto di Stratfor assume una connotazione
di inquietante realismo. Anche perché è un efficace strumento di
interpretazione non solo del futuro, ma anche delle tendenze di politica estera
USA già chiaramente delineate negli ultimi anni.
L’alleanza Baltico – Mar Nero: un progetto anni ’30 del
dittatore polacco Pilsudskj riportato in auge dagli USA
1 Perché viene delineata una linea di condotta aggressiva e
spregiudicata, tracciata senza tenere conto di nessun interesse diretto a parte
quello degli Stati Uniti. E’ facile verificare che né il parere né gli
interessi degli alleati tradizionali sono tenuti nel minimo conto.
2 Perché costringere la potenza Russa alla lotta per
l’esistenza potrebbe provocare, come auspicato (dagli analisti di
Stratfor) un collasso “controllato” del paese vittima senza ricadute
troppo negative per l’aggressore, ma, con probabilità pari se non superiore,
anche una reazione difensiva dagli esiti letali per tutte le parti coinvolte.
3 Perché né le opinioni pubbliche né i governi dei paesi
dell’emisfero orientale (con l’unica eccezione della Russia e, forse, della
Cina) appaiono consci del destino che si va loro apparecchiando con tanta
lucida lungimiranza.
Manca, evidentemente, uno strumento di analisi alternativo
capace di elaborare un programma antagonista che possa difendere il Vecchio
Mondo dall’aggressione del Nuovo. Per il momento siamo costretti a impostare le
nostre preferenze ed utilizzare i nostri stretti margini di valutazione e di
azione politica riferendoci a nostra volta alle strategie statunitensi,
cercando di leggerle per così dire al contrario per cercare di
contrastarle: dunque, rafforzare la Russia costruendo intorno ad essa una cintura
di solidarietà, favorire una convergenza Europa – Russa, curare che la
contestazione delle istituzioni dell’Unione Europea non degeneri nell’ isteria
anti tedesca. Quest’ultimo passaggio è chiaramente quello più difficile da
digerire per noi europei meridionali. Ma Stratfor ci ha descritto nei dettagli
il rischio che, il giorno dopo aver provocato una rottura irreversibile con la
Germania, noi si scopra di avere lavorato non per il nostro interesse, ma per
quello dei manovratori d’oltre Atlantico. Occorre quindi pesare bene le nostre
opinioni e le nostre azioni perché favorire se pure inconsapevolmente il
consolidarsi di questa egemonia è un rischio che non possiamo permetterci di
correre.
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