mercoledì 22 aprile 2020

RISCHIO PANDEMIA PER I NAVAJO

Ragazza navajo


Covid-19 nella lingua Navajo si dice così: Dikos Ntsaaígíínáhást’éíts’áadah. Il termine è stato tradotto presto, perché la Nazione Navajo teme d’essere spazzata via dal virus. Da quando il 7 marzo sono stati segnalati i primi casi, i morti sono arrivati a 7 e i contagi a 214 nella riserva di 180mila persone che si estende su vasti deserti e altipiani coperti di pinete in Arizona, New Mexico e Utah.

La paura è legata al fatto che i servizi sanitari sono insufficienti, paragonati da professionisti che ci hanno lavorato a quelli dei Paesi più poveri del mondo. Uno su tre abitanti non ha l’acqua corrente, soprattutto nelle parti più remote della riserva, il che rende difficile lavarsi spesso le mani. I nativi americani, primi cittadini del continente, sono oggi gli ultimi. Cancro, diabete e problemi cardiaci sono superiori alla media nazionale. I leader della comunità hanno cominciato a diffondere bollettini radio a febbraio, da metà marzo vige lo stato di emergenza, con il coprifuoco dalle 8 di sera alle 5 del mattino, e sono stati chiusi i quattro casinò. Da settimane i Navajo chiedevano la chiusura ai turisti del parco nazionale del Grand Canyon, adiacente alle loro terre; sono stati ascoltati soltanto mercoledì scorso. Ma non sono ancora arrivati i fondi del pacchetto di aiuti approvato dal Congresso.

Nel fine settimana l’Arizona ha inviato la Guardia Nazionale, che ha predisposto 50 posti letto nella comunità di Chinle, dove il personale sanitario resta però inadeguato; ha distribuito 300 kit di guanti e mascherine a Kayenta, e inviato medici a Tuba City, a est del Grand Canyon, dove c’è l’unico vero ospedale della regione, con “più pazienti che necessitano di cure urgenti che dottori a disposizione”. Le donne della comunità si sono organizzate per rifornire le persone più fragili di cibo e acqua, in modo che non debbano percorrere lunghi tragitti in un territorio grande il triplo della Lombardia, rischiando la vita per raggiungere un supermercato: ce ne sono solo 13 nella riserva, mentre in quella degli Hopi, nel cuore della Nazione Navajo, tre botteghe servono 3000 persone. Il “Navajo & Hopi Families Covid-19 Relief Fund” ha una pagina per raccogliere donazioni su Gofundme. 
E qui torna utile un’altra parola navajo: T’áá hwó ajít’éego, autodeterminazione.

Viviana Mazza, “Corriere della Sera”.


Fonte: da Etnie del 04-04.2020

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