IN RICORDO DI BEPIN SEGATO, L’AMBASCIATORE DELLA SERENISSIMA MORÌ IL 24 MARZO 2006
di ETTORE BEGGIATO
Giuseppe Segato era nato a Borgoricco (Pd) il 17/06/1954, laureato in scienze politiche all’Università di Padova con una tesi di storia veneta, autore di diversi volumi (Il mito dei Veneti, Io credo, Uno sconfitto di successo e altri); era l’ambasciatore dei Serenissimi che il 9 maggio 1997 occuparono il Campanile di San Marco a Venezia: per questo fu condannato a tre anni e sette mesi di reclusione, subendo tre carcerazioni e l’affido ai servizi sociali.
Le sofferenze patite lo portarono a morte prematura il 24 marzo 2006, a soli 52 anni.
Vorrei riproporre a quanti non hanno avuto modo di conoscerlo, alcune note che avevo scritto qualche anno fa.
“Ho conosciuto Bepin Segato in una delle tante riunioni spontanee e semiclandestine che hanno caratterizzato l’area venetista verso la fine degli anni ottanta e fui colpito dalla sua mitezza e dalla sua dimensione in qualche modo “spirituale”: mentre noi parlavamo di progetti politici, di manifesti, di scritte murali e tutto il resto, Bepin Ti portava con le sue elaborazioni in un altro mondo nel quale emergeva comunque la Sua inattaccabile fiducia nella capacità dei Veneti di riappropriarsi del proprio destino, della propria storia.
Ci siamo rivisti a Vicenza nella primavera del 1994. Avevo organizzato la presentazione del volume “I Veneti, progenitori dell’uomo europeo” alla presenza dei due (su tre) autori sloveni, Savli e Tomazic. Alla fine Bepin venne a salutarmi, con quell’atteggiamento a metà fra la timidezza, il rispetto, l’educazione innata che lo caratterizzava e mi regalò il suo volume “Il mito dei Veneti dalle origini a noi”. Ricordo la sua ritrosia quando gli dissi “Fame na dedica, Bepin” e lui si limitò a una firma in basso. Di quel volume ho evidenziato la conclusione che vi propongo, perché è quasi un testamento spirituale:
“ Dagli anni Sessanta conosce grande fortuna la comunità economica europea, con obiettivi politici di medio-lungo periodo. Il Veneto ritorna immediatamente al suo tradizionale splendore economico. Nutre il grande ideale dell’autogoverno di ogni popolo dell’Europa Unita. Le difficoltà sono tante ma la fede dei Veneti è incrollabile perché la loro autorità culturale è massima e l’idea è serenissima”.
Per un po’ di tempo ci perdemmo di vista, anche se la sua azione di “divulgatore di storia veneta” come amava definirsi continuava in silenzio, com’era nel suo stile; diffondeva soprattutto le carte del Veneto con i toponimi in lingua veneta: Altin, Padoa, Sitadea, Casteo (Castelfranco per gli italiani) che ritrovavi puntualmente nell’ingresso dei laboratori artigiani ma anche nella hall degli alberghi o nella sale d’attesa dei medici.
Lo incontrai in un altro incontro, penso fosse il 96-97, e mi passò un volantino intitolato “Non una Regione ma una Veneta Nazione” che si concludeva con un messaggio nel quale, a distanza di qualche anno, si può intravedere l’ipotesi dell’azione di San Marco
“Oggi, molti giovani veneti lottano contro ogni avversità e con fede incrollabile per concretizzare i loro ideali di libertà. AIUTALI ANCHE TU! E non chieder mai cosa puoi ricevere, ma soltanto cosa puoi fare, affinché la grande e nobile veneta storia riprenda il suo corso nello splendore di una nuova, libera, indipendente e sovrana Veneta Serenissima Repubblica. W SAN MARCO.”
Il volantino era firmato “Portavoce interinale G. Segato”: cosa volesse dire credo che nessuno l’abbia mai capito, ma questa era un’altra caratteristica di Bepin; lanciare messaggi, parole d’ordine, segnali “subliminali” come li chiamava lui con lo scopo di risvegliare l’amore dei veneti per la propria terra, per la propria storia.
Lo ritrovai, e con me milioni di veneti e di europei, nel maggio del 1997 nell’azione dei “Serenissimi”, in piazza San Marco, a Venezia. Bepin fu arrestato il giorno dopo la spettacolare azione del campanile, in quanto accusato di essere “l’ambasciatore” del gruppo, colui che doveva gestire i contatti fra i patrioti veneti asserragliati in piazza San Marco e le forze dell’ordine.
Sull’azione del campanile è stato scritto di tutto, ormai; per me rimane una straordinaria dimostrazione d’amore verso la madrepatria veneta da parte di otto, nove, dieci, undici “Serenissimi”. Un’azione che poteva veramente sfociare in qualcosa di importante, vista la straordinaria partecipazione con la quale il popolo veneto seguì gli eventi.
Fu stoppata da chi ha sempre avuto timore e sospetto nei confronti della potenzialità e dell’identità del popolo veneto, da quell’Umberto Bossi che non a caso parlò di “uomini dei servizi segreti” e peggio. Per non parlare della spropositata reazione dello stato italiano, l’allora presidente Scalfaro in testa, che reagì in tutte le sedi con una durezza inaudita, arrivando a teleguidare la stessa magistratura che con una velocità impressionante condannò i Serenissimi a svariati anni di carcere. Bepin Segato, soprannominato “l’ideologo” del gruppo fu condannato a tre anni e sette mesi di carcere. Bepin, per la verità, ha sempre preferito dichiararsi “l’ambasciatore dei Serenissimi” e questo è il ruolo che il gruppo gli aveva affidato; anche in questo frangente emerge l’onestà intellettuale del Nostro che rifugge un ruolo non suo, anche se di maggior impatto mediatico.
In quel periodo ero consigliere regionale ed avevo quindi la possibilità di entrare in carcere. Ritrovai così Bepin dietro le sbarre, proprio a Vicenza e qui emerge, a mio modesto avviso, la dimensione più autentica e più significativa di Segato: la straordinaria serenità con la quale ha affrontato il periodo del carcere. Pur consapevole di non aver compiuto alcun atto violento né di aver mai teorizzato azioni violente, Bepin affronta il carcere come un apostolo pacifico e nonviolento della causa veneta, certo che il Suo sacrificio potrà rappresentare un prezioso patrimonio per tutti che lottano per l’autogoverno, per l’autodeterminazione del nostro popolo veneto.
Ricordo con emozione come mi ringraziò per aver lanciato l’iniziativa di spedire delle cartoline ai Serenissimi: “E’ straordinario, siamo sommersi da saluti che arrivano da tutte le parti” mi disse con l’aria festante di un fanciullo che ha appena ricevuto un regalo inaspettato.
E anche in carcere, pur non essendo un capopopolo, diventa un punto di riferimento per tanta gente, che vedono in lui un megafono per istanze di libertà e di giustizia. Un portavoce che non guarda al colore della pelle dei suoi compagni di sventura, né alla loro religione, né alle loro colpe.
Nel 2000 Bepin dopo essere stato più volte scarcerato e imprigionato è nell’inferno dantesco del carcere circondariale di Padova.
Anche qui si fa apprezzare da tutti, lo vedo più volte, una volta accompagnato da due europarlamentari fiamminghi e gallesi (eravamo riusciti a far passare una mozione per la Sua scarcerazione nel Parlamento Europeo), un’altra per raccogliere la sua accettazione alla candidatura al Senato nelle politiche del 2001; non viene eletto per pochi voti ma la mobilitazione che viene scatenata per la sua ingiusta incarcerazione è notevole e il 4 giugno il “Mandela bianco” viene scarcerato.
Da allora continua incessante la sua attività per la tutela e la valorizzazione della nostra storia e delle nostre tradizioni: dalla pubblicazione di volumi (in particolare “Uno sconfitto di successo” e “Io credo”) alla festa del boccolo, il giorno di San Marco, al capodanno veneto (primo marzo) che rilancia con varie iniziative a partire dalla stampa dei calendari veneti.
Ciao Bepin, grazie di tutto, e …..non temere, “la fede dei Veneti è incrollabile”!
Viva San Marco!”
Fonte: srs di Ettore Beggiato, da Miglioverde del 24 marzo 2020